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CAPITOLO 2 Il management pubblico 49

2.5 Come selezionare le risorse umane e la dirigenza 95

2.5.1 Le figure dirigenziali 96

La dirigenza negli enti locali ha preso forma all’interno del DPR 347/83, il quale identifica ruoli e competenze che appartengono alle figure apicali enunciando alcuni limiti nello svolgimento delle loro mansioni.

All’interno del processo di cambiamento organizzativo anche il ruolo del dirigente ha subito profonde modificazioni, dal termine ”public manager”, in sostituzione di quello di dirigente, sintomo di una nuova mentalità notevolmente più aperta alle grandi democrazie occidentali.

Il dirigente amministrativo è chiamato a operare e a essere valutato secondo criteri di efficienza, di efficacia e di qualità dei risultati conseguiti durante la sua gestione. La realtà del nuovo quadro sociale ed economico deve rientrare anche nelle pubbliche istituzioni chiedendo ai dirigenti di svolgere un ruolo di regolatore della vita pubblica, offrendo agli altri attori sociali scenari di sicurezza in tempo reale, ossia accorciando i tempi e i metodi di risposta dando continuità ai cambiamenti.

Non sarà ritenuto più attuale il modello burocratico, impostato su una concezione gerarchica - accentrata. Le nuove modifiche hanno fatto sì che l’Amministrazione sia stata gestita come un’azienda. La figura del dirigente è diventata sempre più presente sia nel dibattito sulle riforme, sia nella normativa degli ultimi anni.

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In proposito è emersa l’importanza di unione di forze e culture diverse per iniziare un processo di riforma vera, laddove l’attenzione sembrava essere insufficiente verso i contenuti tecnologici e non anche a quelli etici e umani della riforma stessa.

Sono insufficienti e contraddittorie le condizioni affinché possa emergere un ruolo effettivo della dirigenza secondo quanto è stato realmente previsto; una vera dirigenza non potrà nascere soltanto da una norma ma dovrà comporsi secondo processi di formazione e accesso al ruolo, modalità d’interazione con i responsabili politici, regolazione di aspetti economici e organizzativi inerenti all’esercizio della funzione. Ci sono diversi ostacoli che restano su altri piani e che sono messi in contrasto con la messa in atto di una dirigenza adeguata all’attuale realtà del governo locale.

Sono diverse le situazioni e i problemi che dovranno essere superati e affrontati. Queste riguardano i seguenti punti (Rebora, 1988):

1. L’accesso alle posizioni dirigenziali rappresenta un nodo di principale

importanza per gli enti. La combinazione tra meccanismi di concorsi rigidi e restrittivi, condizioni particolari di accesso (che sono molto più favorevoli per il personale già in servizio) nei momenti di transizione, condizioni che non sono competitive sul mercato del lavoro, ha portato il crearsi di un gruppo dirigente selezionato in maniera poco attenta e molto spesso inadeguato; poi, una volta superata la fase di “inquadramenti sul campo”, non si è potuto più “aggirare” la normativa riguardante i concorsi e sono così nati forti ostacoli che non hanno permesso il rinnovo della dirigenza ed anche la semplice sostituzione di chi stava terminando il servizio;

2. I livelli retributivi fissati per la dirigenza rappresentano motivo

d’insoddisfazione diffuso e motivo per cui il rinnovo e il ricambio della dirigenza pubblica subisce molte difficoltà; i livelli retributivi per i dirigenti sono inadeguati in base alle prestazioni erogate dagli stessi; a preoccupare sarà più che altro il carattere rigido della retribuzione, la mancanza di collegare e graduare la remunerazione della dirigenza in funzione di quanto questi ultimi siano realmente professionali e del contributo da loro prestato; va tenuto presente che il livello retributivo rappresenta uno dei principali fattori che ostacolano l’indirizzo verso il settore della pubblica amministrazione di “investimenti personali” da parte di giovani che sono dotati di elevata scolarità e abitudini manageriali; tutto questo porta anche all’impossibilità di rinnovamento della dirigenza e di allargamento degli strati sociali;

3. Il rapporto della dirigenza con la “sfera politica”; sono molto critici i rapporti

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corrispondenti materie; è proprio per questo motivo che si è sentita forte l’esigenza di una necessità di riforma istituzionale per far in modo che il processo di sviluppo di un management integrato e unitario degli enti potesse essere più completo;

4. I limiti posti dai contratti all’inserimento di figure dirigenziali nell’organico riguardo alle dimensioni dell’ente che produce inconvenienti solo in alcune situazioni;

la complessità di determinate funzioni dirigenziali non può essere correttamente considerata funzione della sola dimensione degli enti e non solo gli enti di grandi dimensioni hanno bisogno di avere figure di questo tipo;

5. Le modalità di sviluppo nei potenziali candidati a tali ruoli, siano essi “interni” o “esterni”, di conoscenze, capacità e abilità idonee rispetto ai compiti di management pubblico e della ricerca di formule di selezione e formazione che possano dar peso a tali requisiti; devono essere introdotti nuovi strumenti che possano promuovere le

capacità manageriali della dirigenza.

Tra tutte queste mancanze e limitazioni fin qui analizzate si può trarre una conclusione generale. L’assetto attuale della dirigenza, la formazione e composizione del gruppo di massimi responsabili a livello tecnico, risente di questi condizionamenti all’interno degli enti, del tipo di quelli finora considerati, da essere alla fine come un fattore che rende più gravi gli elementi di frammentazione, rigidità, delegittimazione della struttura organizzativa formale che già derivano dal complessivo ordinamento dell’impiego pubblico.

La differenza che c’è nelle competenze e nei ruoli pone i dirigenti in una posizione di piena autonomia sia operativa sia gestionale di consistente ampiezza, che ha come unico limite la possibilità di annullamento dei propri atti per vizi d’illegittimità. Quest’autonomia si riflette anche nella dirigenza, all’interno della quale le competenze non sono suddivise per materia o per valore, ma in maniera più funzionale. Il principio della separazione sarà dunque necessario per trasformare il dirigente in manager, cioè un amministratore che ha autonomia decisionale, con un proprio budget, gestore di risorse umane e strumentali e destinatario di precise responsabilità giuridiche e di risultato. Anche per i dirigenti di carriera ci sarà una scissione fra lo status di dirigente (acquisito con procedura concorsuale), il quale è a tempo indeterminato e la funzione svolta, che è conferita a tempo determinato (temporalità degli incarichi).

Ai dirigenti spetta lo svolgimento delle attività che hanno come fine la cura degli interessi pubblici attribuita all’apparato amministrativo.

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• L’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, compresi quelli a rilevanza esterna;

• La gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo;

• La responsabilità in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

Queste attribuzioni si possono derogare solo con specifiche disposizioni legislative. Ai dirigenti che svolgono la loro attività all’interno degli uffici dirigenziali generali (in pratica i direttori generali e gli ispettori generali capo) appartengono le responsabilità più rilevanti. In particolare:

• Formulano proposte ed esprimono pareri al Ministro;

• Curano l’attuazione dei piani, dei programmi, delle direttive generali;

• Attribuiscono ai dirigenti gli incarichi, le responsabilità di specifici progetti e gestioni, le risorse umane, finanziarie e strumentali;

• Definiscono gli obiettivi che i dirigenti devono raggiungere;

• Adottano gli atti organizzativi degli uffici da loro dipendenti, gli atti e i provvedimenti di competenza, e le misure organizzative per la rilevazione e l’analisi dei costi e dei rendimenti dell’attività amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative;

• Esercitano i poteri di spesa e acquisizione delle entrate;

• Dirigono, coordinano e controllano l’attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi;

• Si sostituiscono ai dirigenti inerti;

• Gestiscono i rapporti sindacali e di lavoro;

• Richiedono i pareri e rispondono ai rilievi degli organi di controllo; • Promuovono e resistono alle liti, conciliano e transigono;

• Decidono i ricorsi gerarchici;

• Curano i rapporti con gli organismi internazionali;

• Riferiscono al Ministro sull’attività svolta, di propria iniziativa o a richiesta.

Le funzioni che invece spettano ai dirigenti preposti agli altri uffici dirigenziali sono: • Collaborano con i dirigenti preposti agli uffici di livello generale con la formulazione di proposte, esprimendo pareri, curando l’attuazione dei progetti e delle gestioni ed esercitando i compiti loro delegati;

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• Adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi necessari per lo svolgimento delle attività che gli sono affidate;

• Esercitano poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;

• Dirigono, coordinano e controllano gli uffici da loro dipendenti e i responsabili dei procedimenti amministrativi, sostituendosi a essi in caso d’inerzia;

• Provvedono alla gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici.

C’è da dire che collegata a ogni competenza c’è una relativa responsabilità. Oltre alle responsabilità penali, civili, amministrative, contabili e disciplinari che spettano a tutti i pubblici dipendenti, ai dirigenti fanno capo anche responsabilità di tipo organizzativo, per le quali possono essere chiamati a rispondere quando l’attività amministrativa non persegue gli obiettivi che si era prefissata. La conseguenza minima (sanzione) per questo tipo di responsabilità è la revoca dell’incarico conferito e la destinazione ad altro incarico; nei casi più gravi l’esclusione dal conferimento di altri incarichi per un periodo non inferiore ai due anni o caso ancora più grave il licenziamento.