6. TRA COORDINAZIONE E SUBORDINAZIONE
6.2 LA FRASE RELATIVA
6.2.5 RELATIVE INDIPENDENTI
Per tutti gli esempi di frase relativa riportati finora può ancora valere la definizione della grammatica tradizionale di ‘frasi aggettive’, nel senso che tali unità macrosintattiche si comportano come aggettivi in funzione di modificatori [GRAFFI
1994 : 118]. Questa etichetta è tuttavia idonea a descrivere solo le relative con antecedente; ma esistono anche le relative senza antecedente (relative indipendenti; ‘rel ind’), le quali non svolgono nessuna funzione modificatrice, ma saturando una valenza della frase matrice si contraddistinguono come argomentali171.
La relativa indipendente è, a nomine, caratterizzata dall’apparente assenza di un antecedente relativizzato, essendo questo ‘incorporato’ dal pronome relativo stesso:
Ma vegna qua qualunque è [per cura] familiare o civile nella umana fame rimaso… (Cv I I 13)
Veramente in voi è la salute, per la quale si fa beato chi vi guarda…(Cv II XV 4)
Sì come è detto di sopra, la invidia è sempre dove è alcuna paritade…(Cv I XI 16)
È generalmente rilevato172 un altro tipo di relativa indipendente con specificità sintattiche sue proprie:
171 Per la nozione di frase argomentale v. il capitolo successivo. Abbiamo deciso di sviluppare in questa sede l’analisi delle relative indipendenti per non scostarci troppo dalla trattazione tradizionale e per non scorporare una tipologia sintattica unitaria.
172 Guglielmo Cinque parla di «Un uso speciale anacolutico del pronome indipendente chi, oggi ricercato e arcaico, ma appartenete alla tradizione letteraria» [CINQUE 1988 : 486].
È loda nella punta delle parole, è vituperio chi cerca loro nel ventre. (Cv I II 7)
…lo latino sanza lo comandamento di questo signore averebbe esposite molte parti della sua sentenza - ed espone, chi cerca bene le scritture latinamente scritte -: che non lo fa lo volgare in parte alcuna. (Cv I VII 8)
E non altrimenti sarebbe fatta la dimanda e la risposta di colui e di me, chi mi domandasse se amore alla mia loquela propria [sia] in me e io li rispondesse di sì, apresso le sù proposte ragioni (Cv I XII 1)
Dico che intra tutte le bestialitadi quella è stoltissima, vilissima e dannosissima, chi crede dopo questa vita non essere altra vita … (Cv II VIII 8)
Non solamente in tutti insieme, ma ancora in ciascuno è numero, chi ben considera sottilmente… (Cv II XIII 18)
In tutti i precedenti esempi «Chi è un pronome dimostrativo-relativo che è capace di introdurre la protasi di un periodo ipotetico, prendendo il significato di «se uno»
[AGENO 1978d : 258]. Tale costruzione, piuttosto rara presso D., è stata per ovvie
ragioni marcata ‘rel ind ipo’.
Alle relative indipendenti sono ascrivibili altre tipologie sintattiche che, tradizionalmente, non sono mai state assimilate alle frasi relative173: relative indipendenti modali, relative indipendenti limitative, relative indipendenti temporali, relative indipendenti concessive acondizionali.
Per la trattazione di queste categorie rinviamo, per economia espositiva, al capitolo e ai singoli paragrafi dedicati alla subordinazione circostanziale.
7. LE FRASI SUBORDINATE
«A complex sentence, syntactically defined, is a unit that consists of more than one clause. A clause that can stand alone con be referred to as a “nucleus”. A complex sentence may consist of a nucleus and one or more additional nucleus and one or more “margins”, relatively dependent clauses that may not stand alone but neveretheless exhibit different degrees of dependency. Among clauses which forms margins, three types con be semantically distinguished: those which function as noun phrases (called complements), those which function as modifiers of nouns (called relative cluases), and those which function as modifiers of verb phrases or entire propositions (called adverbial clauses)» [HOPPER-TRAUGOTT 1993 : 169].
Avendo già trattato della subordinazione relativa (cap. VI), restano da analizzare la subordinazione argomentale (noun clauses) e quella avverbiale.
7.1 SUBORDINAZIONE ARGOMENTALE
«Le proposizioni, collegate mediante congiunzione subordinativa, sono in rapporto gerarchico: una (detta principale) è autonoma; l’altra, o le altre (dette
secondarie, rette o subordinate), dipendono da esse sia grammaticalmente sia
semanticamente.» [SERIANNI 1991 : 530].
Rispondiamo a Luca Serianni, esponente di una teoria grammaticale di stampo più tradizionale, con Giorgio Graffi: «È stato obiettato da alcuni linguisti (ad esempio Jespersen 1924: 105-6) che la cosiddetta “frase principale” non sempre può essere “indipendente”, ma anzi, in certi casi deve essere obbligatoriamente accompagnata dalla secondaria; inoltre è discutibile che in casi di questo tipo, sia veramente la proposizione principale ad esprimere “l’idea principale”.» [GRAFFI 1994 : 102].
È il caso di: Non si concede per li rettorici alcuno di se medesimo sanza
necessaria cagione parlare… (Cv I II 3). Un’analisi tradizionale definirebbe non si concede per li rettorici come frase indipendente, e alcuno sanza necessaria cagione parlare come secondaria: ma ha un senso sostenere che non si concede basti a sè? A un
livello di sintassi ingenua, «il problema è risolvibile facendo ricorso al concetto di valenza»174 [ibidem]: il verbo concedersi è un verbo monovalente, che prende come
174 Per comodità espositiva citiamo nuovamente la teoria della valenza: «…gli elementi che saturano la valenza di un verbo, cioè quelli che obbligatoriamente devono ricorrere insieme ad esso, sono
argomento una frase; ne consegue che una sequenza del tipo *non si concede risulta agrammaticale175, causa insaturazione delle valenze. «L’equivoco nasce quindi dal voler basare la nozione di frase principale su quella di frase indipendente, pur essendo certamente, come si è appena detto, la principale» [ibidem] in quanto frase matrice della subordinata (di cui ad esempio regola e dispone i tratti flessionali).
A un livello di sintassi più astratta e più teorica, diremo che alcuni verbi hanno un ruolo tematico proposizione, intendendo per ruolo tematico o θ-roles (come già detto in precedenza) un’entità di tipo semantico e non sintattico che esprime le relazioni di significato assegnate da una voce lessicale ai suoi argomenti. Ad esempio in Cv I III 10 la voce lessematica dire assegna due ruoli tematici, di agente (Virgilio) e di proposizione (che la Fama vive…):
Virgilio dice nel quarto de lo Eneida che la Fama vive per essere mobile…
Invece, in Cv II I 3 fare assegna tre ruoli tematici, di agente (Orfeo), di paziente (li alberi e le pietre), di proposizione (a sé muovere):
sì come quando dice Ovidio che Orfeo facea con la cetera mansuete le fiere, e li arbori e le pietre a sè muovere…
I ruoli tematici proposizione hanno tradizionalmente il nome di: frase soggettiva, predicativa, completiva oggettiva, completiva obliqua, interrogativa indiretta. Con Sara Gigli, tra le frasi argomentali, abbiamo considerato anche la frase epesegetica.
7.1.1 LA FRASE SOGGETTIVA.
Le frasi soggetto, tanto in forma infinitivizzata quanto temporalizzata, possono dipendere da: strutture di predicazione (con aggettivo o avverbio), strutture di specificazione, strutture identificative, strutture inaccusative (eventualmente costruite con sollevamento del soggetto)176.
definiti da Tesnière attanti (actants); naturalmente nella frase possono apparire insieme al verbo anche altri elementi facoltativi chiamati circostanti (oppure circostanziali [circostants]). Gli elementi che T. chiama attanti sono definiti, in diversi lavori, come ad esempio da Renzi elementi nucleari; qui li chiameremo argomenti.» [GRAFFI 1994 : 51]
175 Con agrammaticalità intendiamo con Chomsky la cattiva formazione di un enunciato, in contrapposizione ad accettabilità e grammaticalità: «Questa distinzione tra grammaticale e accettabile, introdotta da Chomsky 1965, si lega a un’altra distinzione di importanza fondamentale, e cioè quella fra competenza ed esecuzione. Con il primo di questi due termini si intende “la conoscenza che il parlante-ascoltatore ha della sua lingua”, con il secondo di essi “l’uso effettivo della lingua in situazioni concrete”…grammaticale è quindi un concetto relativo alla competenza, mentre accettabile riguarda l’esecuzione» [idem : 24].
Esempi di infinitiva con funzione di soggetto in costrutti di predicazione aggettivale (‘sogg’):
…è biasimevole muover la cosa d'un luogo dove sia utile e portarla in parte dove sia meno utile. (Cv I VIII 9)
Ancora: è impossibile, però che in ciascuna cosa, naturale ed artificiale, è impossibile procedere, se prima non è fatto lo fondamento…(Cv II I 12)
…onde, con ciò sia cosa che ne le scritture [la litterale sentenza] sia sempre lo di fuori, impossibile è venire all’altre, massimamente all'allegorica, sanza prima venire alla litterale. (Cv II I 9)
L’assioma chomskyano già citato altrove, «tutte le frasi devono avere un soggetto», vuole che la principale è biasimevole/è impossibile abbia un soggetto pro (empty) di tipo espletivo, che nell’italiano di oggi non è mai espresso, ma nell’italiano antico può avere realizzazione fonetica nelle forme elli-e’-egli ecc177. In tutti i casi citati, poi, il soggetto della frase argomentale è un PROarb : PRO (maiuscolo) poiché non può
mai avere interpretazione deittica, arbitrario poiché frutto di un controllo arbitrario. È cioè un PRO che «non si riferisce a nessun individuo determinato, ma asserisce genericamente» [GRAFFI 1994 : 216]).
Ci sembra diverso il caso:
…onde, se non conosce lo latino lo volgare, come provato è di sopra, impossibile è a lui conoscere li suoi amici. (Cv I VI 9)
Il controllo in questo caso non è arbitrario, ma deputato al complemento indiretto
a lui: ‘impossibile è a luii PROi conoscere li suoi amici’
Non mancano i casi in cui l’infinitiva soggettiva si sottrae alla costruzione a controllo, esprimendo un proprio soggetto: è la cosiddetta costruzione ad accusativum
cum infinitivo (‘sogg aci’):
Dunque se noi, per le ragioni di sopra e per molt'altre, intendiamo Dio aver possuto fare innumerabili quasi creature spirituali, manifesto è lui questo avere fatto maggiore numero. (Cv II IV 15)
177 «La presenza degli espletivi è dovuta a un principio che Chomsky [1986a] ha chiamato principio
di proiezione esteso … ‘Le rappresentazioni ad ogni livello sintattico (cioè FL, struttura-p e struttura- s) sono proiettate dal lessico e tutte le frasi devono avere un soggetto’» [GRAFFI 1994 : 150] Tale obbligatorietà dell’argomento esterno a livello di struttura-p equivale all’introduzione di un principio di natura puramente strutturale, che enuncia cioè una proprietà delle rappresentazioni sintattiche indipendentemente dal lessico: quel soggetto riempitivo non si spiega con la teoria dei ruoli tematici o delle valenze che è di tipo semantico.
Si v. Cv II Voi che ‘ntendendo 56-7 «Onde, se per ventura elli adivene che tu dinanzi da persone vadi…»
Non si concede per li rettorici alcuno di se medesimo sanza necessaria cagione parlare…(Cv I II 3)
Cesare Segre contrappone il frequente ricorso dantesco a questo giro sintattico dal sapore fortemente latineggiante a quello modestissimo della prosa d’arte del Duecento, che era «ancora titubante ad accogliere quella costruzione così lontana dall’uso volgare, e già abbandonata, o almeno divenuta più rara, nella latinità medievale» [SEGRE 1952 : 72]. Questo confronto ci dà la misura dell’arricchimento
costruttivo perseguito e raggiunto dalla prosa del Convivio mediante un colloquio
costante e ravvicinato coi classici. «L’accusativo con infinito, tutt’altro che frequente nei primi prosatori, ed usato con una certa titubanza, nel Convivio entra con tutta la gamma delle sue possibilità … Anche qui la spinta maggiore deve essere venuta dagli usi scolastici della costruzione; la si trova infatti molto sovente come soggetto di è
manifesto, è impossibile, non è inconveniente…come nel latino della Monarchia…Ma,
come e più di altri latinismi sintattici di D., questo diviene parte integrante della lingua del Convivio» [idem : 177].
Tale costrutto, prevedendo l’espressione di un soggetto proprio, si pone in forte discontinuità con le altre costruzioni infinitivizzate, soggette necessariamente al
governement and binding178 e dunque a un soggetto pro o PRO.
Esempio di soggettiva temporalizzata:
…onde qualunque ora lo guidatore è cieco, conviene che esso e quello, anche cieco, ch'a lui s'appoggia, vegnano a mal fine.
(Cv I XI 4)
Il congiuntivo vegnano è di tipo volitivo, nel senso che la frase modalizzante, la principale conviene, veicola implicitamente un portatore di volontà [WANDRUSZKA
1988 : 416].
Esempio di struttura specificativa179 (‘spec’) con introduttore di:
178 Per questo binomio chomkyano si cfr. BERTUCCELLI 1993 : 132 e sgg, oppure GRAFFI 1994 :
213 e sgg.
179 «
In un altro tipo di costruzione, apparentemente simile [alla soggettiva tout court]…la copula non instaura una relazione di predicazione, ma di identità. Per questo motivo, la proposizione, che può essere infinitiva o temporalizzata, è da considerarsi esplicativa del sintagma nominale…» [ACQUAVIVA 1988 : 663].
…séguito io, alla preghiera fatta dell'audienza questa persuasione, cioè, dico abbellimento, annunziando loro la mia intenzione, la quale è di dire nuove cose… (Cv II VI 6)
Esempio di soggettiva specificativa, dipendente da una subordinata causale, con soggetto espresso (‘spec aci’):
Terziamente, però che la operazione della vertù per sè dee essere acquistatrice d'amici, con ciò sia cosa che la nostra vita di quello abisogni, e lo fine de la vertù sia la nostra vita essere contenta. (Cv I VIII 12)
Esempi di frase specificativa, evoluzione diacronica di un gerundio preposizionale (‘spec infinitoprep’):
Dico che lo naturale amore principalmente muove l'amatore a tre cose: l'una si è a magnificare l'amato; l'altra è a esser geloso di quello; l'altra è a difendere lui…(Cv I X 6)
L’introduttore a, infatti, si spiega diacronicamente come flessione dell’infinito180: «Dante ha qualche esempio del più raro infinito con a, dipendente da un’espressione impersonale … si tratta di una costruzione nata nel periodo postclassico dall’incrocio di frasi del tipo: “Non est locus ad tergiversandum” con l’infinito soggetto, e abbastanza diffusa nel volgare delle origini» [AGENO 1978g : 273].
Esempio di specificativa temporalizzata :
La prima è che bestemmia l'ora che questa donna li vide. (Cv II IX 4)
Esempio di struttura identificativa (‘sogg id’):
Ché dare a uno e giovare a uno è bene181; ma dare a molti e giovare a
molti è pronto bene, in quanto prende simiglianza dalli benefici di Dio, che è universalissimo benefattore. (Cv I VIII 3)
Frasi soggettive in dipendenza di verbi inaccusativi:
Ahi, piaciuto fosse al dispensatore dell'universo che la cagione della mia scusa mai non fosse stata! (Cv I III 3)
con complementatore preposizionale di182:
180 Si confronti anche SEGRE 1952 : 76 e sgg in cui emergono le ambiguità funzionali dell’uso
preposizionale e non di infinito e gerundio: «Quest’uso dell’infinito preposizionale si avvicina molto a quello dell’infinito. E, invero, tra gerundio e infinito si effettuò nelle origini romanze una certa lotta». 181 A patto che bene non si interpreti come avverbio. Altrimenti ci troveremmo di fronte a una predicazione avverbiale. A proposito delle strutture identificative v. ACQUAVIVA 1988 : 664: «Altre costruzioni che esprimono identità…hanno invece una frase come soggetto del verbo: ‘Fare certe domande significa non aver capito niente’».
La seconda mente che ciò riceve, non solamente alla dilatazione della prima sta contenta, ma 'l suo riportamento, sì come qu[as]i suo effetto, procura d'adornare… (Cv I III 9)
La frase appena riportata presenta un ordo verborum marcato sintatticamente e pragmaticamente in virtù della ormai familiare topicalizzazione contrastiva: “MA 'L SUO RIPORTAMENTO, sì come qu[as]i suo effetto, procura d'adornare…”.183
Esempio di soggettiva al congiuntivo volitivo in dipendenza di struttura inaccusativa modalizzante:
…conviemmi che con più alto stilo dea184 [al]la presente opera un
poco di gravezza, per la quale paia di maggiore autoritade. (Cv I IV 13)
Esempio di soggettiva modalizzata al congiuntivo epistemico185 da struttura inaccusativa:
…e così seguiterebbe che lo perfettissimo animale, cioè l'uomo, fosse imperfettissimo… (Cv II VIII 11)
Seguono due esempi di frase soggettiva in dipendenza di un verbo inaccusativo. Nel primo dei due esempi notiamo il soggetto espletivo (e’) e il dativo (mii) controllore
del soggetto proi dell’infinitiva:
E certo e’ mi conven lasciare in pria, s'io vo' trattar di quel ch'odo di lei,
ciò che lo mio intelletto non comprende… (Cv III Amor che nella mente mi ragiona, 9-11)
Onde, con ciò sia cosa che molti più siano quelli che desiderano intendere quelle [le canzoni] non litterati che litterati, séguitasi che non averebbe pieno lo suo comandamento come 'l volgare, [che] dalli litterati e non litterati è inteso. (Cv I VII 12)
7.1.1.1 Soggettive a sollevamento
Esiste poi una particolare costruzione soggettiva, marcata dalla codifica di Sara Gigli e dalla nostra ‘sogg soll’; seguono due esempi di soggettiva a sollevamento186 (implicita ed esplicita):
182 Non si tratta cioè di vera e propria preposizione (e in quanto tale facente parte del verbo reggente), ma di introduttore di subordinata (e in quanto tale facente parte della dipendente).
183 «Mentre il Tema ha anche altri mezzi per rendersi identificabile, il Nuovo dispone soltanto di questo [l’intonazione marcata]» [SIMONE 1990 : 404].
184 Tra i caratteri distintivi del fiorentino trecentesco «Si ha la conservazione di e tonica in iato nelle voci del congiuntivo presente di dare er stare» [MANNI 2003 : 37].
Questo loco è di spiriti beati, secondo che la Santa Chiesa vuole, che non può dire menzogna; e Aristotile pare ciò sentire, a chi bene lo 'ntende, nel primo Di Cielo e Mondo. (Cv II III 10)
Onde 'l parlar della vita ch'io provo,
par che si drizzi degnamente a vui. (Cv II Voi che ‘ntendendo 7-8)
Parere è un verbo monovalente, che ha come unico attante un soggetto frasale,
eppure, in contesti di questo tipo, sembra saturare una seconda valenza mediante l’espressione di un soggetto nucleare. In realtà ‘l parlar e Aristotile costituiscono una valenza della frase soggettiva che ha subito un processo di raising (sollevamento) da posizione preverbale in seno alla subordinata a posizione preverbale in seno alla frase matrice. A differenza delle costruzioni a controllo del soggetto, le quali prevedono l’espressione di due soggetti (la prima in forma lessicale o pronominale, la seconda in forma pro), nelle soggettive a sollevamento «abbiamo un solo elemento, il soggetto dell’infinito che compare come soggetto del verbo reggente» [SKYTTE-SALVI-
MANZINI 1988 : 452].
Passando da un livello di analisi più ingenuo ad uno più teorico, diremo che non è il verbo principale ad assegnare i ruoli-th ‘l parlar e Aristotele, poiché «il ruolo-th del soggetto di una principale il cui verbo è sembrare [nel nostro caso il sinonimico parere] viene sempre assegnato dal verbo della secondaria» [GRAFFI 1994 : 208]. La struttura profonda di una frase come Aristotile pare ciò sentire è dunque: [e]187 pare [Aristotile sentire ciò].
Come nel caso delle frasi fattitive e di quelle a ristrutturazione (v. 3.2.2.2.1) l’infinitizzazione, la condivisione dei partecipanti e l’oscuramento dei confini tra la frase matrice e il margine sono espressione di una subordinazione grammaticalizzata.
[HOPPER-TRAUGOTT 1993 : 168 e 170].
7.1.1.2 Soggettive prolettiche
La quasi totalità dei casi citati pospone la subordinata soggettiva al verbo principale: il che sembrerebbe in forte contrasto con il ruolo e la posizione di nominale
[ACQUAVIVA 1988 : 657]. Tuttavia, essendo la frase soggetto un costituente
evidentemente pesante, per il principio dell’Heavy NP-Shift la sua posizione non marcata 186 Sono verbi in cui il soggetto dell’infinito appare come soggetto del verbo reggente: «Alla categoria dei verbi a sollevamento appartengono verbi come apparire, parere, risultare, sembrare, i modali dovere, potere e solere, gli aspettuali cominciare a, continuare a, finire di, stare per; per tutti questi verbi vale la sinonimia tra attivo e passivo discussa sopra» [SKYTTE-SALVI-MANZINI 1988 : 452]. 187 empty, per la legge chomshyana del soggetto espletivo.
è in fondo alla principale: «Un caso particolare di costituente pesante è dato dalle frasi che svolgono funzione di sintagma nominale: una frase soggettiva, per es., benché la sua posizione sintatticamente non marcata sia quella del soggetto, cioè davanti al verbo, si troverà molto facilmente in posizione finale…» [BENINCÁ-SALVI-FRISON 1988 : 116].
Tuttavia, si dànno anche numerosi esempi di prolessi della soggettiva, il cui effetto è di maggiore nominalizzazione di una noun clause quale è la frase soggettiva (v.
HOPPER-TRAUGOTT 1993 : 177) e di marcatezza pragmatica come dimostra il
frequente ricorso al congiuntivo:
Che non fosse stato lo latino empitore del comandamento del suo signore, e che ne fosse stato soverchiatore, leggiermente si può mostrare…(Cv I VII 11)
Che lo latino [non] sia conoscente del volgare e de’ suoi amici, così si pruova…(Cv I VI 6)
Che fosse stata cotale, appare per questo… (Cv I VII 8)
E che in ciò io lo magnifico, per questa ragione vedere si può … (Cv I X 7)
«Le frasi completive tematizzate che precedono la frase principale presentano di regola il congiuntivo…Il congiuntivo qui viene determinato solo dal fattore posizionale, del tutto indipendentemente dalla struttura semantico-modale, cioè indipendentemente dalla presunta verità della frase subordinata. Mettere all’inizio della frase un costituente nucleare, che nel caso non-marcato non occupa tale posizione, ha una funzione tematizzante…attraverso questa sua collocazione viene marcato come autentico tema della frase, quindi come elemento informazionale già noto su cui il resto della frase comunica qualcosa di nuovo…» [WANDRUSZKA 1988 :454].
La prolessi, ovvero la tematizzazione della subordinata, ha come effetto la modalizzazione al congiuntivo in tutti i casi citati tranne che nell’ultimo (E che in ciò io
lo magnifico): la scelta dell’indicativo è sinonimo di maggiore autonomia sintattica (il
congiuntivo è senz’altro una marca di subordinazione), ma contemporaneamente è una rivendicazione di obiettività e realtà in contrapposizione al piano della raffigurazione soggettiva. Quest’ipotesi potrebbe essere suffragata dall’oggetto del magnificare, il volgare, che D. ha realmente e obiettivamente elevato al rango di grammatica.
Con Paul Hopper ed Elizabeth Closs Traugott diremo che la prolessi della soggettiva equivale al livello di dipendenza più stretta (iconicità diagrmmatica): «Of particular interest to us is the extent to which the cline of dependency matches up with a
cline of grammatical integration, for example, finiteness on the left and non-finiteness on the right…» [HOPPER-TRAUGOTT 1993 : 170].
7.1.2 LA FRASE PREDICATIVA.
Con l’etichetta frase predicativa (‘pred’)188 abbiamo marcato quell’infinito preposizionale in dipendenza di un verbo copulativo (essere, rimanere, restare…) esprimente modalità deontica: «Come costruzione correlativa di habeo aliquid ad facere si formò in età preromanza est mihi aliquid ad facere modulo passato in francese e in italiano, dove ha gli stessi valori (obbligo, necessità, perifrasi del futuro) del primo. In D. la costruzione è frequente meno con a e più con da …» [AGENO 1978 : 285].