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Il concetto di domanda

Nel documento Impianti Industriali (pagine 64-67)

Capitolo 2. IL SISTEMA AZIENDA

2. ORGANIZZAZIONE AZIENDALE Raggruppa tre classi di funzioni che sono:

2.2. L’ANALISI DI SETTORE: ASPETTI STRUTTURALI E DINANICI DINANICI

2.2.2. Il concetto di domanda

Cosa è la “domanda”? Banalmente si può dire che la domanda altro non è che la quantità di merce che gli acquirenti appartenenti ad un certo ambito geografico desiderano e sono in grado di comprare ad un determinato prezzo e in un determinato periodo. Eppure dietro questo concetto tanto intuitivo si celano problematiche molto complesse, difficili da affrontare e da risolvere. Iniziamo dal concetto di “merce”; ha un significato univoco solo se il bene, di cui si desidera analizzare la domanda si presenta altamente omogeneo e nettamente distinto da tutti gli altri beni, ma se siamo in presenza di un bene che assume caratteristiche di differenziazione, in quanto i singoli produttori ne realizzano versioni più o meno diverse, anche se largamente sostituibili, allora la definizione di merce può dare adito a dubbi e a problemi metodologici non trascurabili; se ad esempio si fa riferimento

agli strumenti per la riproduzione del suono (giradischi, lettori mp3, registratori, ecc.) si nota subito che i modelli di lettori sul mercato appartengono a numerose categorie differenziate per prezzo e per prestazioni. Problemi analoghi sorgono qualora si cerchi di dare un significato rigoroso ai termini che abbiamo usato per definire la “domanda”, quali, ambito geografico, prezzo, periodo di tempo. Tutto ciò a conferma della complessità della definizione richiesta. Il tentativo di pervenire a delle modalità di definizione della domanda in termini operativi, quindi utilizzabili ai fini di una determinazione empirica di specifici mercati, è evoluto attraverso una articolazione-distinzione in classi dei prodotti, allo scopo di raggiungere, attraverso una serie di approssimazioni successive, una più precisa descrizione ed interpretazione dei comportamenti degli acquirenti nei diversi mercati. Una prima classica distinzione riguarda le due fondamentali categorie di beni:

1. beni destinati al consumo; 2. beni destinati alla produzione.

1. La caratteristica principale del bene destinato al consumo deriva dal fatto di essere il frutto di una scelta soggettiva, influenzata largamente da fattori esterni alla personalità del consumatore, a cominciare dal suo reddito disponibile, e dalle caratteristiche sociali e culturali presenti nell’ambiente in cui vive, ed è innegabile che tutte queste forme di influenza esterna vengono combinate, filtrate e sintetizzate dai singoli consumatori attraverso una graduatoria di preferenze personali. Un modo per cercare di tener conto della “componente emotiva” nel comportamento d’acquisto si basa su una distinzione dei beni destinati al consumo in funzione dello “sforzo d’acquisto”; si è dunque soliti distinguere:

a) convenience goods: beni di largo consumo che si caratterizzano per una modesta differenziazione di qualità e prezzo da parte dell’offerta, di basso valore unitario, di distribuzione e di acquisto assai frequente. Questa categoria rappresenta tipicamente beni acquistati “ad impulso”, in quanto non richiedono particolari valutazioni e confronti di convenienza e quindi un modestissimo sforzo d’acquisto;

b) shopping goods: beni aventi una caratterizzazione ben più marcata sia per la maggior entità della spesa, sia per la minor frequenza d’acquisto. In genere coinvolgono il consumatore in processo di confronto e selezione attento, basato sulle caratteristiche peculiari (qualità, prezzo, stile, ecc.) dei prodotti offerti da ciascuna marca;

c) specialty goods: in tal caso si tratta di beni che si presentano altamente differenziati da marca a marca, e a cui il consumatore intende dedicare il massimo di attenzione nella scelta. In genere, ma non necessariamente, essi sono rappresentati da beni aventi un alto costo unitario, sono solitamente durevoli e strettamente associati alla personalità del consumatore e all’immagine che egli intende dare di sé.

La natura del bene considerato fornisce importanti elementi di valutazione in merito alle modalità di comportamento dei consumatori:

 reattività della domanda alle variazioni di prezzo;

 grado di influenzabilità dei consumi per effetto di trasformazioni socio-economiche;  possibilità dell’offerta di influenzare la domanda.

Tutte queste considerazioni costituiscono la base di partenza per l’analisi del comportamento del consumatore e per la previsione della domanda.

2. Anche lo studio dei beni destinati alla produzione presuppone un processo di classificazione che porti a delle sottoclassi più omogenee e compatte.

 Un aspetto che è implicito nella natura di beni industriali deriva dal fatto che la loro domanda si manifesta solamente in funzione della produzione di altri beni o servizi. In altri termini esiste una domanda di beni destinati alla produzione solo se esiste una domanda di beni di consumo la cui produzione ne richieda l’impiego in modo diretto o mediato. La variabilità della domanda di beni per la produzione è quindi derivata attraverso una catena più o meno lunga di passaggi dalla domanda “iniziale” di un ventaglio di beni di consumo.

 Strettamente legato all’aspetto derivato appare anche la natura eterogenea della domanda di beni di produzione, in quanto essa non è solitamente formata da una categoria omogenea di acquirenti (imprese). In altri termini l’acquisto non è fatto da imprese tutte appartenenti allo stesso settore, ma da aziende che svolgono produzioni anche molto diverse; ad esempio, un cuscinetto a sfere può essere acquistato da aziende che producono lavatrici, automobili, macchine utensili, ecc.

 Esiste poi una natura concentrata della domanda di beni per la produzione in quanto la clientela effettiva e potenziale è normalmente costituita da un numero ridotto di acquirenti. Il singolo acquirente industriale negozia quantità consistenti di prodotto o singoli prodotti di elevato valore unitario, ed è quindi in grado di far valere una propria capacità di condizionamento dell’offerta.

Questa breve digressione sui beni destinati alla produzione, fa intuire quanto sia complessa la stesura razionale di una classificazione opportuna di tali beni; esistono numerose tipologie di prodotti. La classificazione più usuale è quella che distingue fra:

a) Beni di consumo industriale detti anche “a fecondità semplice” quali ad esempio: materie prime, semilavorati, componenti, ecc. ;

b) Beni strumentali ovvero “a fecondità ripetuta” quali: macchinari, impianti, brevetti, ecc.

Nel documento Impianti Industriali (pagine 64-67)