Capitolo 3. ELEMENTI SULLA CONTABILITA’ GENERALE E SULLA CONTABILITA’ INDUSTRIALE SULLA CONTABILITA’ INDUSTRIALE
3) La nota integrativa. Lo strumento operativo per mettere a fuoco la fotografia e far comprendere la storia
3.4. L’ANALISI COSTO-VOLUME-PROFITTO
3.4.6. Riclassificazione del Conto Economico
Lo sviluppo dell’analisi CVP richiede una riclassificazione delle singole voci del Conto Economico, rispetto alla forma convenzionale con cui esse vengono comunemente riportate in bilancio. Tale riclassificazione è intesa a porre in migliore evidenza la suddivisione dell'insieme dei costi in costi variabili e costi fissi.
Nella tab. 6 a seguire è riportato il Conto Economico di un’ipotetica azienda configurato nella “maniera convenzionale” che appare in bilancio. I costi sono suddivisi per “natura” e l’attenzione è focalizzata sul “Margine Lordo” MAL definito come differenza tra i
Ricavi ed i Costi di fabbricazione del prodotto venduto.
- tab. 6 -
Nella tab. 7 successiva invece è riportato lo stesso esempio di Conto Economico configurato nella “forma più adatta per lo sviluppo dell’Analisi CVP”. In questo caso i
- tab. 7 -
In tal senso i costi di fabbricazione, che ammontano in totale a 48.000 Euro, sono divisi in una parte variabile (p.e. materie prime, manodopera, energia, ecc.) pari a 40.000 Euro ed in una parte fissa (p.e. retribuzione tecnici, ammortamenti, ecc.) pari a 8.000 Euro. Analogamente le spese generali (28.000 Euro), commerciali ed amministrative, sono ripartite in un’aliquota fissa (11.000 Euro) ed in una variabile (17.000 Euro) con i volumi di produzione. L’attenzione è focalizzata sul parametro “Margine di Contribuzione”
MAC.
In entrambe le forme di Conto Economico sviluppato si perviene allo stesso utile al lordo delle tasse UT = 4000 Euro.
a). Il primo tipo di Conto Economico è quello comunemente riportato nel bilancio aziendale per tutti gli usi esterni (Contabilità Generale, documentazione per il fisco, per gli organi di controllo, per le banche, per gli azionisti, ecc.) che l’azienda fa di quest’ultimo, e di cui si è parlato all’inizio di questo capitolo.
b). Per contro il secondo tipo di Conto Economico è quello che generalmente l’azienda sviluppa per usi interni, quali la pianificazione della produzione la stesura dei budgets, il controllo dei risultati, ecc.
aziende industriali, non sempre gli Utili Netti determinati con due differenti tipi dì Conto Economico coincidono come invece accade nell’esempio dell’ipotetica azienda cui le tabelle riportate si riferiscono. Ciò dipende dal fatto che nel Modello a margine di Contribuzione, ovvero Modello CVP, alcuni costi fissi di fabbricazione vengono inclusi nei costi dei prodotti venduti. Per contro nel Modello a Margine lordo, ovvero Modello Convenzionale tali costi vengono riversati sui prodotti in giacenza.
Invece per aziende esclusivamente commerciali, che non operano alcun processo di trasformazione sul prodotto acquistato, entrambi i modelli di Conto Economico inducono allo stesso valore dell'utile netto aziendale.
In definitiva può quindi affermarsi che il modello convenzionale del Conto Economico è impostato sulla base della struttura funzionale dell'impresa; sicché le singole voci di costo sono classificate secondo la loro corrispondenza funzionale all'interno della struttura operativa dell'azienda. Nel modello CVP ciascuna voce di costo è classificata in base all’andamento (fisso o variabile) che essa ha in relazione ai volumi di vendita realizzati.
Prima di concludere riteniamo opportuno ricapitolare le fondamentali differenze esistenti ira i parametri MAL e MAC utilizzati nei due diversi modelli:
Margine Lordo MAL: è ciò che rimane all’azienda dopo aver detratto dai Ricavi i Casti di acquisto, ovvero di fabbricazione, del prodotto finito.
Margine dl contribuzione MAC: è ciò che rimane all'azienda dopo aver detratto dai Ricavi i Costi variabili.
Sicché il verificarsi dell'uguaglianza: MAL = MAC può considerarsi un evento puramente occasionale.
3.4.7. Conclusioni
Riassumiamo brevemente i punti salienti dell’analisi CVP.
I “costi” a cui si fa riferimento nell'analisi CVP, innanzi tutto, sono l'espressione del cosiddetto costo di produzione, che racchiude la somma dei costi fissi e dei costi
variabili che caratterizzano l'attività di un qualsivoglia sistema produttivo.
Riguardo al “volume di produzione”, che è la seconda grandezza presa in considerazione dall'analisi CVP, esso sta a rappresentare la quantità di prodotto che il sistema produttivo
realizza. Attraverso la cosiddetta “funzione di produzione” è possibile mettere in relazione le quantità prodotte con le quantità di risorse occorrenti. Tale funzione, nel caso monoprodotto è la seguente:
q = f (x1, x2, …xn) (1)
in cui le xi stanno a rappresentare le quantità delle i = 1 - n risorse produttive occorrenti a realizzare la quantità di prodotto q.
Nel caso multiprodotto, la “funzione di produzione” è esprimibile mediante un sistema di equazioni in cui compaiono i “coefficienti di assorbimento” xij, le “disponibilità di risorse produttive” bi ed i “prodotti realizzati dall'azienda” qj:
∑j xij qi ≤ bi per ogni i (2) (i = 1 - m; j = 1 - n)
La terza grandezza presa in considerazione dall'analisi CVP è il “profitto”, pari alla differenza fra il fatturato F realizzato dall'azienda con riferimento ad un certo intervallo di tempo (in generale l'esercizio finanziario) e i costi sostenuti nello stesso periodo di tempo:
P = F - C = p q - (Cf + Cv) (3)
Nella relazione (3) il fatturato è stato espresso in base alla sua definizione come il prodotto fra il prezzo del prodotto e la quantità di prodotto realizzata q.
Al di là delle considerazioni generali fatte sull'analisi CVP e sui casi particolari che assumono rilievo per il loro significato ed espressività (in particolare le condizioni ricordate di costo unitario minimo, di pareggio fra ricavi e costi e di massimizzazione del profitto), appare evidente la portata di questo strumento che, seppure limitato dalle ipotesi poste, risulta di grande utilità fino a renderne indispensabile il ricorso in ogni realtà aziendale anche quando le considerazioni che si fanno portano ad individuare condizioni che vanno verificate nella realtà e/o che vorrebbero quanto meno vedere applicati idonei margini di sicurezza ai volumi di produzione ottimali trovati, in particolare in corrispondenza del punto di pareggio. Queste ed altre considerazioni possono essere fatte ricorrendo ad un’analisi di sensibilità dei parametri caratteristici dell'analisi CVP, ovverosia verificando praticamente cosa accade al variare marginale di una o più dei tali grandezze.