Capitolo 3. ELEMENTI SULLA CONTABILITA’ GENERALE E SULLA CONTABILITA’ INDUSTRIALE SULLA CONTABILITA’ INDUSTRIALE
3) La nota integrativa. Lo strumento operativo per mettere a fuoco la fotografia e far comprendere la storia
3.2.3. Principi contabili per la redazione del bilancio
L'art. 2423 bis del Codice Civile stabilisce i “principi di redazione del bilancio” che divengono così “norma di legge” a differenza di prima, in quanto nella vecchia normativa erano solo norme comportamentali di riferimento.
Il Principio della Prudenza
Ai fini civilistici il principio della prudenza si estrinseca essenzialmente nella regola secondo la quale:
devono essere iscritti in bilancio solo gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio;
devono essere iscritti tutti i rischi prevedibili ed eventuali perdite dell'esercizio o di esercizi precedenti, anche se conosciuti dopo la data di chiusura dello stesso;
si deve tener conto dei deprezzamenti sia che l'esercizio si chiuda con una perdita che con un utile.
Occorre comunque evitare gli eccessi di prudenza che darebbero origine a riserve occulte, danneggiando l'interesse dei soci e la correttezza del bilancio stesso.
Ai fini fiscali l'art. 75 del TUIR prevede che i ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi concorrono a formare il reddito d'impresa nell'esercizio di competenza a condizione che ne sia certa l'esistenza e ne sia determinabile in modo obiettivo l'ammontare.
E' dunque chiaro che, mentre per i “ricavi” vi è un sostanziale accordo (si parla di realizzati da una parte e certi e determinabili dall'altra), così non si può dire per i “costi” per i quali si parla di certi e prevedibili da una parte e certi e determinabili dall'altra. In tale discordanza ricadono ad esempio tutti quei costi legati a contenziosi dovuti a controversie con fornitori, clienti, agenti, ecc. Tali costi sono ammissibili a fini civilistici ma non deducibili fiscalmente.
Questi disallineamenti, insieme ad altri (quali alcuni limiti massimi di deducibilità imposti ai fini fiscali dal TUIR) hanno portato alla consuetudine di redigere due bilanci.
uno vero e corretto (quello conforme al Codice Civile),
l'altro ottenuto apportando le variazioni necessarie per arrivare al reddito d'impresa imponibile.
Il principio della competenza
Il principio della competenza consiste nel rilevare l'effetto delle operazioni attribuendolo all'esercizio a cui tali eventi si riferiscono per competenza economica e non all'esercizio di manifestazione numeraria.
Tale principio si concretizza in maniera sostanzialmente simile nel bilancio redatto a fini civili ed in quello redatto a fini fiscali. Ad esempio i ricavi per cessioni e prestazioni di servizi sono in entrambi i casi rilevati come segue:
Beni immobili, alla stipula dell'atto di cessione; Beni mobili, alla data di consegna e spedizione;
Prestazioni di servizi, alla data di ultimazione dei servizi;
Opere forniture e servizi di durata ultrannuale, in base all'avanzamento dei lavori. Quello che resta ancora disallineato è la correlazione dei costi ai ricavi (la contrapposizione ai ricavi dell'esercizio di tutti e solo i costi relativi) ed i costi conosciuti dopo la chiusura dell'esercizio, entrambi previsti nel C.C. ma non nella normativa tributaria.
Il principio dell'omogeneità
L'art. 2423 bis del Codice Civile prevede che gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci del bilancio devono essere valutati separatamente.
Questo principio ispirato all'obiettivo della chiarezza consiste nell'esporre in bilancio le voci omogenee tali da poter essere comparate nel tempo, di esercizio in esercizio e nello spazio, fra imprese dello stesso settore.
Non esistendo norme fiscali esplicite in merito il principio della omogeneità appena espresso è valido integralmente anche ai fini fiscali.
Il principio della continuità di applicazione dei criteri di valutazione
L'art. 2423 bis del Codice Civile dispone che i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro. Tale rigidità ai fini civili è necessaria per la corretta determinazione del risultato economico dell'esercizio.
Per esempio, la politica degli ammortamenti deve essere realizzata attraverso la sistematica riduzione del costo d'acquisizione in relazione alla residua possibilità di utilizzazione del bene materiale o immateriale; la valutazione delle rimanenze deve essere effettuata con costanza in base alla configurazione di costi effettivamente sostenuti prescelta (Lifo, Fifo, Costo medio ponderato, ecc.); i crediti devono essere esposti in base al loro valore di presunto realizzo; ecc.
Ai fini fiscali, invece, la legislazione sulla continuità di applicazione dei criteri di valutazione segue la strada liberistica. Ad esempio, nella valutazione delle rimanenze finali si può cambiare criterio di anno in anno, gli ammortamenti si possono fare di anno in anno accelerati, decelerati, ordinari, anticipati, ecc.
Il principio della continuità aziendale
Il bilancio d'esercizio redatto in base ai principi contabili e ai principi di valutazione sopra esposti presuppone l'impresa in normale funzionamento tanto che il bilancio è anche definito "bilancio di funzionamento" o bilancio ordinario.
Detti principi non possono essere adottati quando l'impresa si trova in situazioni particolari quali la cessione, la liquidazione o il fallimento. In questi casi nelle valutazioni dovrà tenersi conto di detti eventi straordinari sia in positivo che in negativo.
I diversi obiettivi perseguiti dalla normativa fiscale portano a non distinguere i diversi criteri di valutazione dell'impresa in normale funzionamento da quelli adottati in casi particolari quali la cessione e la liquidazione.
Il costo come criterio base delle valutazioni di bilancio
Per l'art. 2426 del Codice Civile il costo d'acquisto o di produzione costituisce il criterio base delle valutazioni di bilancio dell'impresa in normale funzionamento.
Tale criterio in paesi come l'Italia che ha inflazione costante e rilevante porta non poche distorsioni al cosiddetto “quadro fedele” soprattutto alla situazione patrimoniale ed al risultato economico.
Tali distorsioni sono spesso bilanciate da riserve occulte che si ritrovano in varie voci quali le immobilizzazioni, il magazzino, le partecipazioni, ecc.
Per la normativa fiscale il criterio del costo è inteso esclusivamente nell'ottica della deducibilità quale componente negativa del reddito di impresa. Le disposizione del TUIR dettano le regole per la deducibilità nei vari esercizi di competenza fiscale.
Il principio della significatività
Le stime delle voci di bilancio devono essere fatte in base al principio della prudenza, dove si intende per prudenza la corretta applicazione dei principi di valutazione, per imprudenza la soprastima dell'attivo e sottostima del passivo, e superprudenza la sottostima dell'attivo e sovrastima del passivo.
Pertanto l'applicazione ragionevole dei principi di valutazione nell'ottica di fornire il quadro fedele è il comportamento corretto da tenere. Si può affermare che si è ancora in stime corrette quando queste non si discostano in maniera rilevante dal loro valore di funzionamento.