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La “conclusione” dell’accordo anteriore

3.3 (Segue): l’inapplicabilità della distinzione ai regimi convenzionali che creano obblighi erga omnes partes

4. L’ambito di applicazione ratione temporis

4.1. La “conclusione” dell’accordo anteriore

Il termine “conclusione”, impiegato dall’art. 351 per individuare il momento discretivo tra convenzione anteriori e convenzioni successive rispetto alla data del 1 gennaio 1958 (o di quell’adesione), non è scevro da incertezze interpretative. Di per sé, infatti, il termine non ha, almeno per il diritto internazionale, un significato 88 R. Mastroianni, Art. 351 cit., 2547. Si veda, ad esempio, l’art. 5 dell’Atto relativo

alle condizioni di adesione e agli adattamenti dei trattati di Danimarca, Irlanda e Regno Unito, in GU L 73 del 27 marzo 1972; art. 5 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ellenica e di adattamento ai trattati, in GU L 209 del 19 novembre 1979; art. 5 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione e di adattamento ai trattati del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese, in GU L 302 del 15 novembre 1985; vedi altresì l’art. 6 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’ Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’ Unione europea, in GU C 241 del 29 agosto 1994.

89 Resta ferma, naturalmente, l’inapplicabilità delle convenzioni precedenti concluse con Stati membri; in questo caso, infatti, troverà applicazione il principio secondo cui i nuovi Stati membri, aderendo all’Unione, hanno rinunciato a far valere nei rapporti con altri Stati membri, gli accordi con essi precedentemente conclusi. Sul punto cfr. CGUE, causa C-3/91, Exportur SA c. LOR SA e Confiserie du Tech, sentenza del 10 novembre 1992. Secondo le conclusioni dell’Avvocato generale Lenz, presentate il 18 marzo 1992, questo deriverebbe semplicemente dal primato del diritto dell’UE.

univoco. In altre parole, bisogna chiedersi se la norma copra convenzioni che siano state almeno firmate prima della data indicata o soltanto quelle ratificate.

La differenza è rilevante nella misura in cui, come noto, il diritto internazionale, e in particolare la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, accorda all’atto del- la firma e a quello della ratifica effetti ben differenti. La firma, infatti, rappresenta il momento in cui lo Stato esprime la propria condivisione del testo dell’accordo e implica l’impegno per lo Stato firmatario ad astenersi da atti che possano pre- giudicare lo scopo e l’oggetto del trattato90. La ratifica, invece, come l’adesione, l’accettazione, l’approvazione o qualsiasi altro strumento convenuto fra gli Stati91, consiste nella manifestazione del consenso da parte dello Stato ad assumere gli obblighi derivanti dall’accordo e, più in generale, a divenire parte contraente dello stesso92. Il problema dell’individuazione del momento della conclusione del trattato si è posto, in realtà, anche con riferimento all’interpretazione delle regole stabili- te dall’art. 30 della Convenzione di Vienna in tema di successione di trattati nel tempo e di risoluzione dei conflitti tra trattati93. Alcuni autori hanno sostenuto che 90 Secondo questo disposto dall’art. 18 della Convenzione di Vienna, rubricato «Obbligo di non privare un trattato del suo oggetto e del suo scopo prima della sua entrata in vigore: Uno Stato deve astenersi dal compiere atti suscettibili di privare un trattato del suo oggetto e del suo scopo: a) quando ha firmato il trattato o scambiato gli strumenti costituenti il trattato, con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, finché non ha manifestato la propria intenzione di non divenire parte del trattato; o b) quando ha espresso il proprio consenso ad essere vincolato da un trattato, nel periodo che precede l’entrata in vigore del trattato e a condizione che questa non sia indebitamente ritardata». Sugli effetti prodotti dalla firma di un accordo internazionale, quando questa non costituisca manifestazione del consenso ad obbligarsi, cfr. J. klaBBers, How To Defeat a Treaty’s Object and Purpose

Pending Entry into Force: Toward Manifest Intent, in Vanderbilt Journal of Transnational Law, 2001, 283-331.

91 Sull’equivalenza di tali strumenti v. già CDI, Report of the International Law

Commission on the work of its eighteenth session, in Yearbook of the International Law Commission, 1966, vol. II, 197 ss.

92 Cfr. art. 14 della Convenzione di Vienna: «1. Il consenso di uno Stato ad essere vinco- lato da un trattato si esprime con la ratifica: a) quando il trattato prevede che tale consenso si esprima con la ratifica; b) quando sia altrimenti accertato che gli Stati che hanno partecipato ai negoziati avevano convenuto che la ratifica era necessaria; c) quando il rappresentante di tale Stato abbia firmato il trattato con riserva di ratifica; o d) quando l’intenzione di tale Stato di firmare il trattato con riserva di ratifica risulti dai pieni poteri del suo rappresentante o sia stata espressa nel corso dei negoziati. 2. Il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato si esprime con l’accettazione o l’approvazione in condizioni analoghe a quelle che si applicano per la ratifica».

93 Cfr. E.W. vierdag, The Time of Conclusion of a Multilateral Treaty: Article 30 of the

Vienna Convention on the Law of Treaties and Related Provisions, in British Yearbook of International Law, 1988, 92-111. Sul tema si veda F. Mosconi, La formazione dei trattati,

la data rilevante ai fini della conclusione del trattato sarebbe quella della firma, indipendentemente dall’entrata in vigore di esso94; altri, al contrario, hanno ritenuto preferibile individuare la conclusione con il deposito dello strumento di ratifica95.

Per quanto attiene all’interpretazione dell’art. 351 TFUE, tale ultima soluzione pare certamente preferibile. Non solo perché, dal punto di vista della produzione di effetti obbligatori, il trattato firmato non fa sorgere in capo agli Stati terzi una pretesa definita nei confronti dello Stato membro, ma altresì perché la lettura esten- siva della norma – volta a ricomprendere accordi anche soltanto firmati – finirebbe per dilatare eccessivamente il novero delle convenzioni pre-comunitarie96. Inoltre, se si considerano gli effetti che l’applicabilità dell’art. 351 TFUE produce, rispetto ad un accordo internazionale, tanto nell’ordinamento dell’Unione quanto in quello degli Stati membri 97, non può non vedersi come estenderne la portata a convenzioni non in vigore sul piano internazionale rischi di provocare una generale incertezza e instabilità dei rapporti giuridici coinvolti, soprattutto nel caso in cui alla firma non segua l’atto di manifestazione del consenso ad obbligarsi98.

Questione parzialmente collegata a quella dell’individuazione del momento di conclusione di un accordo internazionale è quella relativa alla natura dell’accordo. Quanto finora osservato, infatti, si scontra con le difficoltà poste dall’ipotesi in cui l’art. 351 TFUE debba essere applicato ad un accordo multilaterale che preveda successive adesioni o ratifiche. Può, in altre parole, considerarsi pre-comunitario un accordo multilaterale che sia entrato in vigore per gli Stati membri dell’UE in momenti diversi, per alcuni prima della data indicata dall’art. 351 TFUE e per altri successivamente?

A ben vedere, la questione attiene alla possibilità di considerare l’accordo multi- laterale in maniera unitaria e, in ultima analisi, di ritenere la clausola di prevalenza applicabile a tutti gli Stati parte dell’accordo, a prescindere dal momento effettivo Milano 1968, 321 ss.

94 In questo senso cfr. M.E. villiger, Commentary on the 1969 Convention on the Law

of Treaties, Leiden 2009, 402.

95 Cfr. A. orakhelashvili, Article 30, in O. corten, p. klein (a cura di), The Vienna

Convention on the Law of Treaties, Oxford 2011, 786.

96 Per questo rilievo cfr. L. sandrini, Lo status degli accordi internazionali cit., 827.

97 Sui quali v. infra in questo Capitolo, par. 6.

98 In questo senso sembrerebbe deporre anche la giurisprudenza della Corte di giustizia, che pure non si è mai pronunciata sul punto. In alcuni casi, infatti, la Corte ha fatto espressa menzione della necessità che l’accordo precedente sia stato ratificato, cfr. CGUE, cause riu- nite C-241/91 P e C-242/91 P, RTE e ITT c. Commissione, sentenza del 6 aprile 1995, punto 73. In altre occasioni, la Corte ha rilevato che l’avvenuta ratifica dell’accordo non era in contestazione nel procedimento. Cfr. CGUE, causa C-124/95, Centro-Com cit.; cfr. inoltre CGUE, causa C-301/08, Bogiatz, cit., e, da ultimo, CGUE, causa C-366/10, Air Transport

in cui questi vi abbiano aderito, purché esso sia entrato in vigore prima dei Trattati istitutivi99.

Secondo l’opinione prevalente in dottrina, il momento determinante da prendere in considerazione non sarebbe quello dell’entrata in vigore sul piano internazionale dell’accordo in sé, ma il momento in cui questo diviene efficace per lo Stato in que- stione, dunque quello del deposito della ratifica o di altro strumento di adesione100. La soluzione dovrebbe quindi essere quella di valutare l’applicabilità caso per caso, ragionando ancora una volta in termini di rapporti bilaterali, per individuare i sog- getti titolari delle situazioni giuridiche rilevanti – Stato membro e Stato terzo – e il momento in cui l’accordo multilaterale è divenuto vincolante solo con riferimento a quel singolo rapporto101.

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