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La progressiva erosione delle competenze statal

Limiti all’autonomia negoziale degli Stati membri e meccanismi di coordinamento derivanti dal riparto d

2. I limiti sostanziali all’autonomia negoziale degli Stati membr

2.2. La progressiva erosione delle competenze statal

Come l’accertamento circa la sussistenza di competenze esterne, espresse o implicite, così anche la valutazione circa la loro natura, esclusiva o concorrente, riveste un’importanza cruciale nella definizione degli spazi residui di autonomia degli Stati membri e può svolgere una funzione di primaria importanza nella pre- venzione di conflitti normativi tra norme internazionali non vincolanti l’Unione e diritto interno dell’organizzazione. Ciò naturalmente non siginifica che l’accordo concluso dall’Unione sia necessariamente compatibile con il suo diritto interno. Dal momento, però, che le norme contenute in un accordo internazionale concluso dall’Unione si collocano in una posizione specifica nella gerarchia delle fonti del diritto dell’Unione, saranno i meccanismi interni all’ordinamento dell’organizza- zione a risolvere eventuali antinomie19.

2.2.1. Le competenze esclusive dell’Unione

Qualora una competenza si configuri come esclusiva fin dall’inizio, soltanto l’Unione potrà concludere l’accordo internazionale, senza alcun margine residuo di azione per gli Stati membri. Il numero delle competenze originariamente esclusive è in realtà ridotto e, per un lasso di tempo considerevole, la politica commerciale comune ha costituito uno dei settori cardine di questo tipo di competenza20. Quando 19 E, tra questi, anche lo strumento a carattere preventivo del parere della Corte ai sensi dell’art. 218, par. 11 TFUE. Sebbene non si tratti di un rimedio a carattere generale e ob- bligatorio, ma solo facoltativo, la richiesta di parere alla Corte costituisce anche un mezzo idoneo a risolvere preventivamente i casi più complessi di riparto di competenze e ad evita- re, quindi, contenziosi tra Stati membri e Unione successivi alla conclusione dell’accordo, che presentano sempre un elevato grado di complessità anche sul fronte dell’ordinamento internazionale, specie dell’affidamento ingenerato nei terzi. Sulla funzione consultiva della Corte di giustizia si rinvia a L. radicatidi Brozolo, La funzione consultiva della Corte co-

munitaria in materia di relazioni esterne, in Rivista di diritto internazionale, 1979, 116 ss.;

R. kovar, La compétence consultative de la Cour de justice et la procédure de conclusion

des accord internationaux par la Communauté économique européenne, in D. Bardonnet

(a cura di), Mélanges offerts à Paul Reuter – Le droit international: unité et diversité, Parigi 1981, 357 ss.; V. sottili, Le competenze della Corte di giustizia in materia di accordi in-

ternazionali, in L. daniele (a cura di), Le relazioni esterne dell’Unione europea nel nuovo

millennio, Milano 2001, 133 ss.; G. gattinara, La compétence consultative de la Cour de

justice après les avis 1/00 et 2/00, in Revue du marché commune et de l’Union européenne,

2003, 687 ss.; P. eeckhout, EU External Relations Law, Oxford 2011, 268-274.

20 L’estensione della competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune è stata oggetto a più riprese dell’interpretazione della Corte di giustizia, in particolare, in CGUE, Parere 1/75, Accordo riguardante una norma sulle spese locali elaborata dall’OC-

SE, reso l’11 novembre 1975; CGUE, Parere 2/91 cit.; CGUE, Parere 1/94, Competenza della Comunità a stipulare accordi in materia di servizi e di tutela della proprietà intellet- tuale, reso il 15 novembre 1994.

sussiste una competenza esclusiva, quindi, agli Stati sarà precluso l’esercizio di una «una competenza parallela a quella comunitaria, sia nell’ordinamento comunita- rio che in quello internazionale»21. La previsione originaria di competenze esterne esclusive determina quindi un accentramento della capacità internazionale dell’U- nione, in ragione della cessione di sovranità degli Stati membri in detta materia. In questa prospettiva, anche una cooperazione volontaria degli Stati membri a fianco dell’Unione deve essere esclusa, potendo essa «incidere sull’esito delle trattative» e mettere «in discussione la competenza esclusiva dell’Unione per la conclusione dell’accordo»22.

2.2.2. Le competenze esclusive sopravvenute

In linea generale, quando una competenza non sia stata originariamente prevista come esclusiva, se ne deve dedurre che essa abbia natura concorrente23, a meno che essa non rientri nel novero – tassativo – delle competenze di sostegno ex art. 6 TFUE, per loro stessa definizione non esclusive.

Secondo una costante giurisprudenza della Corte, applicabile anche alle compe- tenze esterne, agli Stati membri è preclusa la conclusione di accordi internazionali con i terzi in materia di competenza concorrente quando l’Unione abbia già eserci- tato quella competenza sul fronte interno e gli accordi internazionali rientrino nello stesso ambito di applicazione delle norme adottate o, più in generale, nello stesso settore. Secondo la Corte, infatti, opera in queste ipotesi il meccanismo della pre- clusione per occupazione, o pre-emption, in base al quale si accentra nell’Unione la competenza a stipulare accordi internazionali, senza alcun margine residuo per gli Stati membri24. Nel caso particolare delle competenze esterne, tale preclusione non si realizza per il solo fatto dell’adozione di norme interne, ma è altresì neces- sario che gli obblighi internazionali che gli Stati membri intendono assumere siano suscettibili di incidere sulle norme adottate o di alterarne la portata25. Ciò si realiz- za senz’altro quando la normativa europea conferisca espressamente all’Unione la 21 CGUE, Parere 1/75 cit., punto 2.

22 V. Conclusioni dell’Avvocato generale Kokott, presentate il 27 giugno 2013, causa C-137/12, Parlamento c. Consiglio, punto 96.

23 Va ricordato fin da ora che, nel caso di competenze concorrenti, sia l’Unione che gli Stati membri sono titolati a legiferare nel medesimo settore. Come noto, però, si tratta di una situazione per sua stessa natura transitoria, poiché, come previsto dall’art. 2 par. 2 del TFUE, «gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria».

24 CGUE, causa C-22/70, Commissione c. Consiglio (AETS), sentenza del 31 marzo 1971, punti 19-32 ; CGUE, Parere 2/91 cit., punto 25.

25 CGUE, causa C-467/98, Commissione c. Danimarca (Open Skies), sentenza del 5 novembre 2002, punti 90 ss.

competenza a negoziare e concludere un determinato accordo internazionale26. La Corte procede di norma a valutare l’ambito di applicazione dell’accordo internazio- nale e l’eventuale sovrapposizione con norme interne dell’Unione27.

Ci si è chiesti se, quanto all’operatività del meccanismo della pre-emption, ul- teriore e necessario presupposto sia la sussistenza di un conflitto vero e proprio tra l’accordo internazionale e le norme adottate nell’ordinamento dell’Unione. La questione, però, può considerarsi ormai superata non solo dalla giurisprudenza, ma altresì dal disposto del nuovo art. 3, par. 2 TFUE, il quale conferma che il mero rischio di interferenza, anche in assenza di un concreto conflitto, è idoneo a rendere operativa la preclusione28.

La preclusione si verifica anche quando l’Unione abbia realizzato un’armoniz- zazione completa di un settore29 o quando l’accordo internazionale da concludere rientri in un settore già in gran parte disciplinato dal diritto dell’Unione. Sarà pro- prio in queste ipotesi, infatti, che dovrà valutarsi il rapporto tra diritto dell’Unione e accordo internazionale, il quale può manifestarsi nella forma del conflitto o della mera sovrapposizione30.

L’interpretazione in generale restrittiva di questi principi aveva comunque com- portato che nella maggior parte dei casi venisse riconosciuta una competenza con- corrente e non esclusiva e che, quindi, si dovesse procedere alla conclusione di un accordo misto, cui partecipavano sia l’Unione che gli Stati membri31. L’evoluzione successiva, tanto sul fronte giurisprudenziale che su quello normativo, ha determi- nato un ampliamento della portata del principio della pre-emption.

Nel Parere 1/03, infatti, la Corte ha osservato che le ipotesi di preclusione cui si è fatto cenno non avrebbero carattere esaustivo, ma rappresenterebbero soltanto «esempi, la cui formulazione trova la sua origine nei contesti particolari presi in considerazione dalla Corte». Ciò che, invece, più in generale deve essere oggetto di verifica è che l’accordo «non sia incompatibile con l’unicità del mercato comune e 26 Questa era l’ipotesi verificatasi nel caso AETS.

27 Per una analisi della giurisprudenza rilevante v. A. arena, Exercise of EU Competences

and Pre-Emption of Member States’ Powers in the Internal and External Sphere: Towards ‘Grand Unification’?, in Yearbook of European Law, 2016, 28 ss.

28 V. P. eeckhout, EU External Relations Law cit., 117. V. anche S. aMadeo, Unione

europea e treaty-making power, Milano 2005, 94 ss.

29 V. CGUE, Parere 2/91 cit., punti 25 e 26; Parere 1/13, Convenzione sugli aspetti civili

della sottrazione internazionale di minori, reso il 14 ottobre 2014, punti 58-63.

30 Su questi profili v. E. cannizzaro, Metodo analitico e metodo globale nella più recen-

te giurisprudenza sulla competenza implicita dell’Unione sul piano esterno, in A. tizzano

(a cura di), Verso i 60 anni dai Trattati di Roma: Stato e prospettive dell’Unione Europea, Torino 2016, 289 ss.

con l’applicazione uniforme del diritto comunitario»32. Dopo aver condotto un raf- fronto tra le disposizioni della Convenzione di Lugano e le norme del Regolamento n. 44/2001 in tema di competenza giurisdizionale, esecuzione e riconoscimento delle decisioni straniere in materia civile e commerciale, la Corte ha confermato la sussistenza di una competenza esclusiva dell’Unione a concludere la Convenzione «al fine di assicurarsi che l’accordo non sia tale da pregiudicare l’applicazione uni- forme e coerente delle norme comunitarie e il corretto funzionamento del sistema che esse istituiscono»33. In quest’ottica, la Corte ha inoltre rilevato che la man- canza di una piena coincidenza tra il settore disciplinato dal diritto dell’Unione e l’accordo internazionale non inficia l’operare della preclusione, dovendosi invece valutare, in una prospettiva generale, la natura e il contenuto delle rispettive norme, avendo riguardo alle possibili evoluzioni delle stesse ne rapporti tra Stati membri34. La posizione della Corte sembra dettata dalla preoccupazione che gli obblighi internazionali interferiscano con il quadro normativo europeo e, conseguentemente, finalizzata a creare un meccanismo di emersione delle competenze esterne esclu- sive volto a proteggere gli stessi poteri interni dell’Unione35. Tale impostazione è stata criticata in dottrina per aver esteso eccessivamente gli spazi di operatività del principio della preclusione per occupazione, adottando sostanzialmente un criterio funzionale che sfugge ad una regolamentazione chiara e definita36. Risulta, inoltre, evidente che una tale dilatazione rischia di creare un elevato grado di incertezza anche per gli Stati membri, non essendo agevole stabilire, di volta in volta, se essi siano ancora titolari di un potere residuale di conclusione di trattati internazionali o se, invece, debbano astenersi dall’assumere obblighi verso soggetti terzi, per evita- re di incorrere in violazioni del diritto UE.

32 CGUE, Parere 1/03, Competenza della Comunità europea a concludere la nuova

Convenzione di Lugano concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale, reso 7 febbraio 2006, punti 121-122.

33 Cfr. il punto 133 del parere. 34 Cfr. il punto 126 del parere.

35 Sul punto E. cannizzaro, Le relazioni esterne della Comunità: verso un nuovo para-

digma unitario?, in Il Diritto dell’Unione Europea, 2007, 229 ss.

36 Per alcune considerazioni in merito v. E. cannizzaro, Le relazioni esterne della

Comunità cit., 230 ss.; P. Franzina, Le condizioni di applicabilità del Regolamento CE

44/2001 alla luce del Parere 1/03 della Corte di giustizia, in Rivista di diritto internazio- nale, 2006, 958 ss.; N. lavranos, Opinion 1/03, Lugano Convention, in Common Market

Law Review, 2006, 1087 ss.; P. koutrakos, EU International Relations Law, Oxford 2015,

12-13, suggerisce di considerare le conclusioni raggiunte dalla Corte nel Parere 1/03 alla luce del peculiare contesto normativo in cui questo si poneva, criticando però la decisione della Corte per non aver definito con maggior chiarezza i presupposti di operatività dell’e- sclusività sopravvenuta.

2.2.3. La codificazione della giurisprudenza operata dal Trattato di

Lisbona in tema di competenze esterne

Si è già fatto riferimento alle disposizioni, inserite dal Trattato di Lisbona, di cui agli artt. 3, par. 2 e 216 del TFUE, che hanno tentato una codificazione dei principi giurisprudenziali fin qui richiamati.

L’art. 216 TFUE prevede quattro distinte ipotesi, al ricorrere delle quali sussiste una competenza dell’Unione a concludere un accordo internazionale e, segnata- mente, quando ciò sia previsto dai Trattati; quando la conclusione di un accordo sia necessaria per raggiungere, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno de- gli obiettivi fissati dai Trattati; quando sia prevista da un atto giuridico vincolan- te dell’Unione; quando l’accordo possa incidere su norme comuni o alterarne la portata.

La prima ipotesi non pone particolari problemi interpretativi, riferendosi ai casi di competenze esterne espressamente previste dai Trattati.

La seconda, invece, che pare riferirsi alla posizione espressa dalla Corte nel Parere 1/76, pone alcune rilevanti questioni. Innanzitutto, il principio è stato fin dall’inizio interpretato in maniera estremamente restrittiva, potendosi applicare soltanto quando l’obiettivo fissato dai Trattati non possa essere raggiunto in altro modo se non con la conclusione dell’accordo internazionale. Non è un caso, in- fatti, che esso abbia finora trovato applicazione soltanto nel caso del Parere 1/76. Pur dovendo, dunque, tenersi presente tale orientamento giurisprudenziale, risulta problematico il fatto che la norma sia stata redatta senza che fosse contemplato alcun riferimento ulteriore ai presupposti di operatività del principio, sì da rendere concreto il rischio di una eccessiva dilatazione della sua portata37.

La terza ipotesi si riferisce evidentemente alla già richiamata giurisprudenza di cui al Parere 1/94, nel quale la Corte, nel valutare se la conclusione dell’Accordo generale sul commercio di servizi (GATS) rientrasse in una competenza esclusiva dell’allora Comunità, aveva affermato che

[q]uando la Comunità abbia incluso in atti normativi interni previsioni relative al trattamen- to di cittadini di Stati terzi o abbia espressamente conferito alle sue istituzioni il potere di negoziare con Paesi terzi, essa acquista una competenza esterna esclusiva nell’ambito di applicazione dei predetti atti38.

In effetti, l’art. 216 non sembra far riferimento alla prima situazione, quella, cioè, in cui le previsioni di un atto normativo fanno riferimento al trattamento di cittadini di Paesi terzi. L’osservazione pare comunque superabile alla luce dell’am- pia formulazione della norma, in base alla quale è sufficiente che un atto di diritto derivato preveda una competenza dell’Unione a concludere accordi internazionali, 37 Cfr. P. koutrakos, EU International Relations Law cit., 126.

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