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La natura dei trattati istitutivi dell’Unione europea e i limiti alla capa cità di agire degli Stati membri sul piano internazionale

In che misura le considerazioni espresse in merito ai trattati istitutivi di orga- nizzazioni internazionali possono essere estese all’Unione europea? E fino a che punto l’asserita natura costituzionale del c.d. diritto dell’integrazione75 può inci- dere sulla capacità di agire degli Stati membri dell’Unione? La risposta a queste domande riposa ancora una volta sul dualismo che caratterizza i trattati istitutivi delle Comunità europee, prima, e dell’Unione europea, poi. Con le precisazioni che seguono.

L’appartenenza dell’Unione europea alla categoria delle organizzazioni interna- zionali è ancora comunemente accettata dalla dottrina dominante76, che ne eviden- zia soprattutto, come già aveva fatto la Corte di giustizia77, l’origine internazionale. Per molti, tuttavia, il confronto con il modello dell’organizzazione internazionale sarebbe del tutto riduttivo e incapace di spiegare i caratteri peculiari ed innovativi dell’ordinamento dell’Unione78.

Non è certo questa la sede per ripercorrere un dibattito tanto ampio e complesso, che coinvolge approcci, metodi e ideologie spesso molto divergenti gli uni dagli 75 Secondo la nozione coniata da P. pescatore, Le droit de l’integration, Leiden 1972.

76 V, tra i molti, A. pellet, Le fondaments juridiques internationaux du droit communau-

taire, in Collected Courses of the Academy of European Law, 1997, 244: «[…] l’indéniable

originalité des Communautés européennes par rapport aux autres organisations internatio- nales ne saurait suffire à les exclure de cette catégorie général dont le statut juridique consti- tue un cadre suffisamment souple pour s’appliquer aussi bien aux ‘organisations d’intégra- tion’ qu’aux ‘organisations de coopération’». V. anche W.J. ganshoF van der Meersch,

L’ordre juridique des Communautés européennes et le droit international, in Recueil des cours de l’Académie de La Haye, 1975, 34-35; F. casolari, L’incorporazione del diritto

internazionale cit., 38 ss;

77 Nella sentenza Van Gend & Loos la Corte aveva riconosciuto che l’ordinamento comu- nitario «è un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale». Cfr. CGUE, Van Gend & Loos, causa C-26/62, sentenza del 5 febbraio 1963, punto 1. 78 In questo senso, ad esempio, P. JacQué, Droit institutionnel de l’Union européenne,

altri. Del resto, l’ambiguità di molte ricostruzioni e la difficoltà di individuare nel carattere duale dei trattati istitutivi dell’Unione una soluzione ai problemi concreti posti dal rapporto con l’ordinamento internazionale non sono sconosciute alla pras- si internazionale. Basti pensare ad alcune recenti decisioni arbitrali in materia di investimenti nelle quali il diritto dell’Unione europea è stato qualificato, una volta, come diritto internazionale – e così equiparato nel rango alle norme dell’accordo di protezione dell’investimento – e, in un’altra occasione, come mero diritto interno, con tutte le ricadute che ne discendono in termini di diritto applicabile alla contro- versia79. Non può certo negarsi che tali difficoltà abbiano origine anche nel muta- mento di prospettiva che ha interessato il modo di intendere l’ordinamento dell’U- nione europea, soprattutto ad opera delle sue istituzioni e della Corte di giustizia. E, infatti, se, in una prima fase, la Corte stessa aveva evidenziato l’origine interna- zionale della Comunità, non ci è voluto molto perché questo linguaggio cambiasse a favore di un altro più “costituzionalmente orientato”, volto a sottolineare la di- stanza intercorrente tra le Comunità e tutte le altre esperienze associative di diritto internazionale80. A tali ricostruzioni, poi, si è sempre opposta una certa resistenza da parte degli Stati membri e delle loro corti interne, soprattutto nelle modalità di definizione dei rapporti tra diritto interno e diritto comunitario81.

Certamente, al distacco dell’ordinamento dell’Unione dal modello delle orga- nizzazioni internazionali hanno contribuito alcuni caratteri che erano già presenti fin dalle origini nel progetto di integrazione europea e che erano stati già codificati nei Trattati. Si pensi, prima di tutto, all’articolazione delle competenze, che, pur se retta dal principio dell’attribuzione82, è strutturata in chiave tipicamente federale83. 79 Su questo profilo v. Capitolo I, par. 4.1.

80 V, ad esempio, CGUE, Parti écologiste Le Verts, causa C-294/83, sentenza del 23 aprile 1986, punto 23, in cui la Corte ha affermato che l’allora Comunità doveva considerarsi «una comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono sottratti al controllo di conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita

dal trattato (corsivo nostro)».

81 Si pensi alla travagliata giurisprudenza della nostra Corte costituzionale quanto al ri- conoscimento del primato e degli effetti diretti del diritto dell’Unione nell’ordinamento italiano. V. anche la nota pronuncia della Corte costituzionale tedesca, sentenza del 12 otto- bre 1993, 89 BVerfGE, p. 160, in cui gli Stati membri sono definiti «Herren der Verträge». 82 Come spesso avviene per altre organizzazioni internazionali. V. sul punto le considera- zioni espresse in CIG, Legality of the Use of Nuclear Weapons cit., par. 25: «[…] interna- tional organizations are subjects of international law, which do not, unlike States, possess a general competence. International organizations are governed by the ‘principle of speciali- ty’, that is to say, they are invested by the States which create them with powers, the limits of which are a function of the common interests whose promotion those States entrust to them».

E, ancora, all’istituzione di sistema accentrato di controllo giurisdizionale imper- niato sui poteri della Corte di giustizia, la cui giurisdizione, peraltro, può assumere i connotati della nomofilachia84. Tuttavia, è ben evidente che, ad oggi, sarebbe im- possibile parlare, con riguardo al processo di integrazione europea, dell’avvenuta trasformazione dell’ordinamento UE da ordinamento internazionale particolare a ordinamento costituzionale. In altre parole, e riprendendo quanto già detto in prece- denza, ci si trova in una fase in cui la dimensione internazionale, fondata sui trattati istitutivi, e quella costituzionale si muovono parallelamente, non essendo la prima stata ancora del tutto soppiantata dalla seconda85. Manca, in sostanza, una vera e propria costituzione interna che, alla luce del principio di effettività, possa dirsi costituiva di un ordinamento materialmente inteso86.

pétences de la Communauté e de l’Union européenne, in Société française pour le droit

international, Le compétences de l’Etat en droit international, Parigi 2006, 79 ss.

84 Le sentenze della Corte rese all’esito di rinvio pregiudiziale, infatti, spiegano effica- cia erga omnes, nel senso che l’interpretazione del diritto dell’Unione in esse contenuta è vincolante per tutti i giudici nazionali. V. sul punto K. lenaerts, i. Maselis, k. gutMan,

EU Procedural Law, Oxford 2015, 244-246. È vero che tale forza regolamentare deriva

direttamente dalle disposizioni interpretate, ma l’obiettivo del rinvio pregiudiziale rimane quello di una coerente ed uniforma applicazione del diritto dell’Unione nei diversi Stati membri, in misura non diversa da quanto accade per le corti supreme nazionali. Sul punto cfr. M. condinanzi, r. Mastroianni, Il contenzioso dell’Unione europea, Torino 2009, 231-

232. L’obbligo per tutti i giudici nazionali di dar seguito alle sentenze interpretative della Corte di giustizia è stato a più riprese confermato anche dalla giurisprudenza italiana. V., ad esempio, Corte Cost., sentenza n. 168 del 18 aprile 1991; Corte Cost., sentenza n. 284 del 13 luglio 2007; ancora di recente, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria del 9 giugno 2016, punti 54-55.

85 Sebbene di processo di costituzionalizzazione, atto a modificare persino la natura dei trattati istitutivi, si parli già da lungo tempo. V. E. stein, Lawyers, Judges and the

Making of Transnational Constitution, in American Journal of International Law, 1981, 1

ss. L’idea dell’emergere di una costituzione transnazionale, che dovrebbe coinvolgere non solo la posizione degli Stati membri, ma anche quella dei cittadini, è stata prospetta anche dall’Avv. Generale Maduro nelle sue conclusioni nei casi Kadi e Al-Barakaat International

Foundation, cause riunite C-402/15 e C-415/05 P, presentate il 16 e 23 gennaio 2008, punto

21: «il Trattato ha creato un ordinamento giuridico interno di dimensioni transnazionali del quale esso costituisce la ‘carta costituzionale di base’». Condividiamo, in quest’ottica, la posizione di chi ritiene che, allo stato attuale delle cose, debba superarsi «la logique de binarité e du tiers exclu qui continue de dominer la pensée juridique». Cfr. D. siMon,

a. rigaux, Le Communautés e l’Union européenne comme organisations internationales,

in E. lagrange, J-M. sorel (a cura di), Droit des organisations internationales, Issy-les-

Moulinaux 2013, 128. Cfr. sul punto anche E. cannizzaro, Il diritto dell’integrazione euro-

pea. L’ordinamento dell’Unione, Torino 2017, 285 ss.

Non c’è dubbio, però, che gli elementi di costituzionalizzazione, insieme a molti altri87, evidenziano l’estensione della rinuncia a importanti brani di sovranità da parte degli Stati membri a favore dell’Unione. Si tratta, però, di capire quale sia la qualità e la misura di tale cessione di poteri e se essa possa essere equiparata – al- meno in certi aspetti – a quella che normalmente si realizza con la costituzione di una federazione.

È frequente, infatti, sentir parlare, in relazione agli Stati facenti parte dell’U- nione europea, di erosione o dissolvimento della sovranità88. Del resto, in questi termini si esprime anche l’art. 11 della Costituzione italiana, al cui dettato la Corte costituzionale ha ancorato il fondamento della legge di adattamento al Trattato89. Anche la Corte di giustizia ha avuto modo di sottolineare che

[i] Trattati comunitari hanno instaurato un ordinamento giuridico a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, in settori sempre più ampi, ai loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non soltanto gli Stati membri, ma anche i loro cittadini90.

Through the Looking Glass, in Harvard International Law Journal, 1996, 421 ss., che

sottolineano come l’ordinamento comunitario manchi di alcuni caratteri tradizionali del diritto internazionale, sebbene, al tempo stesso, esso si presenti come un «constitutional order without constitutionalism». Particolarmente calzante appare la definizione coniata da Dashwood di un “constitutional order of States”, che esprime efficacemente la natura duale della partecipazione degli Stati al processo di integrazione europea. Cfr. A. dashWood, The

Elements of a Constitutional Settlement for the European Union, in Cambridge Yearbook of European Legal Studies, 2001, 1 ss.: «[o]n the one hand, the Member States have pooled

their sovereignty in many important matters, and have accepted the discipline of acting to- gether through common institutions. On the other hand, they retain their legal and political quality of States […] recognised by other international actors as full subjects of internatio- nal law».

87 Tra i quali, ad esempio, l’impossibilità di ricorrere a forme di autotutela nei rapporti tra Stati membri, che qualificherebbe il sistema dell’Unione come un self-contained regime. Sul punto v. L. gradoni, Regime failure nel diritto internazionale, Padova 2008.

88 V. ad esempio R. kovar, La souveraineté nationale est-elle soluble dans l’integra-

tion européenne?, in F. Berrodet al. (a cura di), Europe(s), Droit(s) européeen(s). Un

passion d’universitaire. Liber Amicorum en l’honneur du professeur Vlad Constantinesco,

Bruxelles 2015, 283 ss.

89 Corte Cost., sentenza n. 183 del 27 dicembre 1973.

90 CGUE, Parere 1/91, Spazio economico europeo, parere reso il 14 dicembre 1991, punto 21. Più di recente, v. CGUE, Parere 1/09, Tribunale dei brevetti europeo e comunitario, parere reso l’8 marzo 2011, punto 65. Sul ruolo della cittadinanza come fattore di integra- zione non solo tra gli individui ma anche tra i diversi territori dell’Unione v. L. azoulai,

Transfiguring European Citizenship: From Member State Territory to Union Territory, in

D. kochenov (a cura di), EU Citizenship and Federalism. The Role of Rights, Cambridge

Quali siano la natura e la portata di tale rinuncia, la Corte lo ha specificato inter- venendo a proposito dell’attribuzione di competenze esclusive all’Unione:

[g]li Stati membri, nella misura in cui hanno attribuito alla Comunità poteri normativi in materia tariffaria, allo scopo di garantire un corretto funzionamento del mercato comune agricolo, non hanno più facoltà di svolgere attività normativa in questo campo91.

Da tale impostazione, come noto, non discende però l’invalidità degli atti interni adottati in violazione delle norme sul riparto di competenze, la quale costituirà co- munque un illecito ai sensi del diritto dell’Unione. Inoltre, anche nell’individuare il principio del primato e i suoi effetti sulle norme nazionali incompatibili, la Corte aveva fatto leva sulla dimensione internazionale contrattualistica dell’origine della Comunità92, pur qualificando il trasferimento di poteri dagli Stati membri all’or- ganizzazione come “permanente”93. D’altro canto, anche le considerazioni sulla permanenza e la stabilità dell’assetto dei poteri dell’Unione e della sua consistenza in termini di partecipazione degli Stati devono oggi essere ridimensionate alla luce della recente richiesta di recesso presentata dal Regno Unito. Se effettivamente tale recesso avrà luogo, esso dimostrerà che il processo di integrazione è un percorso non irreversibile e che gli Stati membri hanno ancora la piena facoltà di riacquisire i poteri trasferiti all’organizzazione94.

91 CGUE, Bollmann, causa C-40/69, sentenza del 18 febbraio 1970, punto 4.

92 V. in questo senso P. craig, g. de Búrca, EU Law. Text, Cases and Materials, Oxford

2015, 268.

93 V. CGUE, Flaminio Costa c. Enel, causa C-6/64, sentenza del 15 luglio 1964, 1145: «il trasferimento, effettuato dagli Stati a favore dell’ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato implica quindi una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore incompatibile col sistema della Comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia (corsivo no- stro)». Si noti che, mentre nella traduzione italiana si parla di inefficacia, la versione inglese specifica soltanto che l’atto interno «cannot prevail», così come in quella francese («ne sau-

rait prévaloir»). Nello stesso senso v. anche CGUE, Commissione c. Lussemburgo, causa

C-473/93, sentenza del 2 luglio 1996, par. 38. La prevalenza delle norme di diritto dell’U- nione derivante dal principio del primato deve intendersi come esclusiva, nel senso di impe- dire l’applicazione delle norme interne incompatibili. Diverso, invece, l’effetto sostitutivo derivante dall’idoneità delle disposizioni di diritto dell’Unione a produrre effetti diretti. Sul punto v. M. dougan, When Worlds Collide! Competing Visions of the Relationship between

Direct Effect and Supremacy, in Common Market Law Review, 2007, 932 ss.

94 Per quanto il procedimento disciplinato dall’art. 50 TUE appaia evidentemente co- struito per scoraggiare il recesso. Cfr. M. vellano, Art. 50, in F. pocar, M.c. BaruFFi (a

cura di), Commentario breve ai trattati dell’Unione europea, Padova 2014, 151. V. anche G. arangio-ruiz, Diritto internazionale e personalità cit., 226, che già riteneva che l’a-

In linea generale, può affermarsi che la sussistenza di una competenza dell’U- nione e l’esercizio di essa attraverso l’adozione di atti di diritto derivato impedisca agli Stati membri di adottare norme nazionali incompatibili95. Con la precisazione che le limitazioni al potere normativo degli Stati membri non si traducono nell’in- validità o nell’inesistenza delle norme interne96. La Corte ha sempre fatto riferimen- to alla sola necessità che, in forza del primato, alle norme nazionali dell’Unione sia accordata prevalenza rispetto a quelle interne97. Lo spazio lasciato dalla Corte agli Stati membri nel definire le modalità con cui dare attuazione al principio del pri- mato sembra confermare, in effetti, che anche le eventuali questioni di invalidità di norme interne per contrasto con il diritto dell’Unione siano rimesse ai singoli or- dinamenti costituzionali e alla ricostruzione delle diverse corti interne coinvolte98. Come si vedrà nel corso della trattazione, conclusioni in parte analoghe sono state prospettate anche rispetto al potere estero degli Stati membri, sebbene non si a dimostrare la natura essenzialmente contrattuale dell’atto istitutivo dell’organizzazione stessa. V. sul punto anche M.E. Bartoloni, La disciplina del recesso dall’Unione europea:

una tensione mai sopita tra spinte “costituzionaliste” e resistenze “internazionaliste”, in Rivista AIC, n. 2/2016.

95 E perfino norme interne astrattamente compatibili quando ci si trovi in un settore di competenza esclusiva dell’Unione. Cfr. in questo senso Corte di giustizia, Commissione c.

Regno Unito, causa C-804/79, sentenza del 5 maggio 1981, punti 17-18. V. anche R. adaM,

a. tizzano, Manuale di diritto dell’Unione europea, Torino 2017, 420-421; A. arena, Il

principio della preemption in diritto dell’Unione europea. Esercizio delle competenze e ricognizione delle antinomie tra diritto derivato e diritto nazionale, Napoli 2013, 96.

96 È appena il caso di ricordare che, sebbene in Simmenthal la Corte avesse affermato che le norme interne in contrasto con il diritto comunitario non si formano validamente, tale ricostruzione è stata poi smentita nella giurisprudenza successiva. V. CGUE, Ministero

delle finanze c. IN.CO.GE. ’90 Srl, cause riunite da C-10/97 a C-22/97, sentenza del 22

ottobre 1998, punti 18 ss. V. inoltre CGUE, Krzysztof Filipiak, causa C-314/08, sentenza del 19 novembre 2009, punto 83. Cfr. anche G. tesauro, Il diritto dell’Unione europea,

Padova 2012, 206-207. Non sembra dunque essersi ancora realizzata quella gerarchia ordi- namentale che attribuirebbe al solo ordinamento dell’Unione la competenza a determinare la validità di atti nazionali. Sul punto cfr. anche E. cannizzaro, Il diritto dell’integrazione

europea cit., 291-292.

97 Ivi incluse quelle costituzionali. V. CGUE, Internationale Handelsgesellschaft mbH

v Einfuhr- und Vorratsselle für Getreide und Futtermittel, causa C-11/70, sentenza del 17

dicembre 1970, punto 3.

98 Cfr. J.H.H. Weiler, The Community System: The Dual Character of Supranationalism,

in Yearbook of European Law, 1981, 275-276. Così, ad esempio, in Francia il diritto deri- vato dell’Unione europea è considerato comunque subordinato alla Costituzione francese, nella quale la stessa efficacia del diritto dell’Unione trova fondamento. Cfr. C. charpy,

The Status of (Secondary) Community Law in the French Internal Order, in European Constitutional Law Review, 2007, 459.

sia mai precisato in quale misura tale potere dovesse considerarsi limitato o estinto. Quel che è certo – e la cospicua prassi che si è avuto modo di analizzare per questo lavoro lo dimostra – è che in nessun caso gli accordi conclusi dagli Stati membri con Paesi terzi sono mai stati ritenuti invalidi sul piano internazionale perché con- clusi da Stati incapaci. In linea generale, il fatto che un accordo possa ricadere in un settore di competenza dell’Unione non è dunque considerato, né dalle istituzioni dell’Unione né, tantomeno, dai terzi con i quali l’accordo è stato concluso, un vizio di validità dell’accordo medesimo99. Ciò si spiega anche in ragione della qualifica- zione delle norme interne dell’Unione, che per l’ordinamento internazionale do- vrebbero comunque considerarsi alla stregua di norme internazionali. È certamente vero che i caratteri peculiari dell’Unione europea – che si riflettono nel modello delle organizzazioni regionali di integrazione economica100 – tracciano una distin- zione piuttosto netta rispetto al modello delle organizzazioni di cooperazione101. È tuttavia difficile che da questa sola constatazione possa farsi discendere che le regole interne dell’organizzazione non fanno parte del diritto internazionale, come confermato anche dalla CDI in sede di redazione del progetto di articoli sulla re- sponsabilità delle organizzazioni internazionali102.

Dunque non si può, nemmeno nel caso dell’Unione europea, parlare di veri e propri e limiti alla capacità di agire degli Stati membri, ma soltanto di limiti alla loro libertà e autonomia negoziale sul piano internazionale. Ciò che, invece, differenzia l’esperienza dell’Unione da quella di altre organizzazioni internazionali, è l’esten- sione dei limiti alla libertà e le garanzie apprestate dall’ordinamento particolare al 99 Va specificato ancora una volta che non tutte le ipotesi di invalidità sono connesse a situazioni di incapacità (totale o parziale), mentre è certamente vero che l’incapacità dà sempre luogo ad atti nulli. Ecco perché ci sembra che l’invalidità (laddove potenzialmente connessa ad una rinuncia dello Stato dei suoi tradizionali poteri, discendenti dalla sovranità) costituisca la chiave di lettura idonea a verificare l’esistenza (o, meglio, l’inesistenza) di li- miti alla capacità. Su questi profili, con particolare riferimento all’art. 46 della Convenzione di Vienna, si tornerà nei Capitoli II e IV.

100 Sulla nozione e i caratteri degli accordi di integrazione economica regionale v. P. picone, a. ligustro, Diritto dell’Organizzazione mondiale del commercio, Padova 2002,

499 ss; F. costaMagna, Accordi commerciali regionali e diritto dell’OMC, in G. venturini

(a cura di), L’Organizzazione Mondiale del Commercio, Milano 2015, 275 ss.

101 Tanto da poter ipotizzare che, per questo tipo di organizzazioni, possa parlarsi di una “specialità nella specialità”. Cfr. A. spagnolo, L’attribuzione delle condotte illecite nelle

operazioni militari dell’Unione europea, Torino 2016, 157.

102 Cfr. l’art. 10 del Progetto di Articoli sulla responsabilità delle organizzazioni interna- zionali: «1. There is a breach of an international obligation by an international organization when an act of that international organization is not in conformity with what is required of

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