• Non ci sono risultati.

Gli effetti derivanti dall’applicazione dell’art 351 del TFUE e la na tura transitoria della protezione accordata dal diritto dell’Unione ad

3.3 (Segue): l’inapplicabilità della distinzione ai regimi convenzionali che creano obblighi erga omnes partes

6. Gli effetti derivanti dall’applicazione dell’art 351 del TFUE e la na tura transitoria della protezione accordata dal diritto dell’Unione ad

accordi pre-comunitari

dopo aver preso in esame il contenuto dell’art. 351 TFUE e i diversi presupposti di applicabilità della clausola in esso contenuta, restano da esaminare gli effet- ti principali dell’operatività della norma all’interno dell’ordinamento dell’Unione europea. L’art. 351, infatti, nel prevedere che le disposizioni dei Trattati «non pre- giudicano» diritti e obblighi derivanti da accordi precedenti, non precisa quali siano gli effetti in concreto spiegati dal principio una volta che sia emerso un contrasto effettivo151. Le difficoltà nell’individuazione di tali effetti derivano anche da alcuni problemi di coordinamento tra la disposizione di cui al par. 1 e quella del par. 2, che possono operare anche in presenza di presupposti diversi.

Innanzitutto, si è già detto che, pur con le dovute precisazioni, l’ambito di opera- tività delle due norme appare diverso sotto il profilo del conflitto normativo. Mentre, infatti, per il primo paragrafo è richiesta la sussistenza di un conflitto attuale e concre- 150 Conclusioni dell’Avvocato generale Capotorti, causa C-812/79, Attorney General c.

Burgoa cit., 2803.

151 Anche dalle versioni del Trattato in altre lingue non si ricavano indicazioni più spe- cifiche. La versione inglese adotta la locuzione «shall not be affected», quella francese «ne sont pas affectés».

to, per cui l’adempimento dell’obbligo di diritto UE comporterebbe necessariamente la violazione di un accordo internazionale, per il par. 2 è sufficiente che un tale con- flitto sia anche solo potenziale, sebbene determinato e circoscritto. Non può dunque escludersi che si verifichino ipotesi in cui la sussistenza dei presupposti di applicabili- tà del par. 2 non si accompagni alla protezione garantita dal par. 1 della clausola152. La separazione tra le regole poste dai due paragrafi in esame sembrava anche confermata da una parte della prassi, per quanto risalente. Nelle sue conclusioni al caso Levy, l’Avvocato generale Tesauro aveva, infatti, osservato che il contrasto tra la normativa francese in materia di lavoro notturno e un accordo dell’OIL pre-comunitario trovava la propria disciplina nel primo paragrafo dell’art. 351 TFUE, a nulla potendo rilevare che il governo francese non avesse ancora intrapreso le azioni necessarie per risol- vere in contrasto. Tale conclusione, non confermata dalla Corte, è stata ritenuta dalla dottrina preferibile, poiché maggiormente rispondente alle intenzioni dei redattori dell’art. 351, il cui fine ultimo è evitare che il diritto UE imponga agli Stati membri la violazione di accordi internazionali pre-comunitari153.

Indicazioni contrarie provengono, però, dalla giurisprudenza successiva, in par- ticolari dai casi, già analizzati sotto altri profili, Buvar e Commissione c. Austria del 2005. In entrambe le sentenze la Corte sembra voler ridimensionare la portata della clausola di subordinazione. In Budvar, infatti, la Corte conferma l’obbligo a carico dello Stato membro di rimuovere le incompatibilità constatate, precisando che […] nell’attesa che uno dei mezzi di cui all’art. 307, secondo comma, CE consenta di eliminare eventuali incompatibilità esistenti fra una convenzione anteriore all’adesione all’Unione europea dello Stato membro interessato e il Trattato, il primo comma del detto articolo autorizza lo Stato di cui trattasi a continuare ad applicare tale convenzione laddove essa contenga obblighi cui quest’ultimo resta vincolato in forza del diritto internazionale154.

Ancora, nel caso Commissione c. Austria, in materia di lavoro femminile in miniera, la Corte ha ritenuto che lo Stato convenuto non avesse violato l’obbli- go di cui al secondo paragrafo, poiché la possibilità di denunciare unilateralmente l’accordo internazionale precedente era sottoposta ad una condizione sospensiva di carattere temporale, che consentiva, fino allo scadere di detto termine, di mantenere la legislazione in vigore ai sensi del par. 1 dell’art. 351 TFUE155.

Se ne deve necessariamente concludere che la possibilità di invocare la clausola di 152 Sul punto v. anche J. klaBBers, The Validity of EU Norms Conflicting with International

Law, in E. cannizzaro, p. palchetti, r.a. Wessel (a cura di), International Law as the Law

of the European Union, Leiden 2012, 121-122.

153 Sul punto cfr. P. eeckhout, EU External Relations Law cit., 428.

154 CGUE, causa C-216/01, Budvar cit., punto 172.

subordinazione, al fine di disapplicare il diritto dell’Unione, ha natura transitoria156. Potrà quindi trovare applicazione solo fino al momento in cui gli Stati non abbia- no fatto ricorso ai mezzi necessari per eliminare le incompatibilità. Ciò ha spinto la Commissione a sostenere che la disposizione dell’art. 351 TFUE non sancirebbe «il primato degli obblighi di diritto internazionale pubblico sul diritto comunitario, ma piuttosto il contrario»157.

Appare evidente come una siffatta impostazione rischi di snaturare la funzione stes- sa della clausola di subordinazione, relegandola ad una norma di difficile applicabilità, a carattere meramente transitorio e sussidiario, e creando per l’operatore nazionale una situazione di elevata incertezza quanto al diritto applicabile alle fattispecie concrete.

Fin qui ci si è occupati degli effetti prodotti dalla clausola rispetto all’ordina- mento dei singoli Stati membri e nella soluzione dei conflitti tra norme dell’Unione e norme internazionali ad opera del giudice nazionale.

La clausola di cui all’art. 351 TFUE, però, non pare dover esaurire i suoi effetti solo con riferimento alla sfera dei singoli ordinamenti nazionali. Bisogna infatti chiedersi se essa possa altresì costituire un parametro di legittimità per il diritto dell’Unione europea, se possa, cioè, essere applicata per invalidare un atto di dirit- to derivato contrastante con un accordo internazionale precedente. Non risulta, ad oggi, alcun caso in cui la questione sia giunta di fronte alla Corte di giustizia, né nell’ambito di un’azione per annullamento né in quello di un rinvio pregiudiziale di validità. La Corte, però, ha a più riprese osservato che l’art. 351 TFUE, pur garan- tendo l’adempimento da parte di Stati membri di loro obblighi internazionali, non trasferisce in capo all’Unione quei medesimi obblighi. Come già più volte rileva- to, sulle istituzioni incombe soltanto l’obbligo di non ostacolare l’adempimento di quegli obblighi da parte di Stati membri.

La dottrina ha espresso sul punto posizioni contrastanti. Secondo alcuni Autori l’art. 351 porrebbe un limite all’azione dell’Unione anche sul piano legislativo o quanto meno alla legittimità degli atti delle istituzioni in relazione al loro contenu- to. Ne deriverebbe l’annullabilità di atti normativi che contrastino con un obbligo internazionale precedentemente assunto nei confronti di Stati terzi158.

Altra parte della dottrina ha però osservato che la norma non crea un vincolo tra 156 Sul punto cfr. L. sandrini, Lo status degli accordi internazionali cit., 831-832. V.

anche A. giardina, La Corte europea ed i rapporti fra diritto comunitario e diritto interna-

zionale, in Rivista di diritto internazionale, 1973, 594.

157 Cfr. Trib., causa T-2/99, T. Port GmbH & Co. cit., punto 69. Sul punto cfr. ancora le osservazioni di J. klaBBers, The Validity of EU Norms cit., 120-121.

158 Cfr. G. gaJa, Fonti comunitarie, in Digesto delle discipline pubblicistiche, vol. VI,

Torino 1991, 451. Cfr. anche R. Mastroianni, Art. 351 cit., 2545-2546. V. P. Manzini, The

Priority of Pre-Existing Treaties cit., 787, che ritiene ammissibile un rinvio pregiudiziale di

validità avente ad oggetto un atto di diritto derivato, nel cui ambito quindi l’art. 351 TFUE assumerebbe il ruolo di parametro di legittimità.

l’UE e lo Stato terzo, sì che nessun obbligo internazionale si configurerebbe a cari- co delle istituzioni dell’Unione159. L’argomento non sembra decisivo. La legittimità dell’atto dell’Unione non attiene evidentemente ai rapporti giuridici tra questa e gli Stati terzi, ma a norme interne all’ordinamento UE che possano essere qualificate come fonti sulla produzione. In questo senso, l’art. 351 TFUE, creando un vincolo per le istituzioni – così come riconosciuto anche dalla stessa Corte di giustizia – ben potrebbe costituire il parametro di legittimità di atti di diritto derivato, nell’ambito del quale le disposizioni dell’accordo internazionale assumerebbero il ruolo di nor- me interposte. A questo orientamento sembrerebbe aver aderito anche l’Avvocato generale Capotorti, nelle sue conclusioni al caso Burgoa. Una delle questioni solle- vate dal giudice nazionale concerneva, in effetti, la validità di un regolamento con la Convenzione di Londra. Secondo l’Avvocato generale,

il contenuto normativo della Convenzione di Londra assume il valore di un presupposto di fatto, il cui accertamento è necessario affinché la Corte possa pronunciarsi sulla questione in esame; ma questa ha per oggetto non già l’interpretazione della Convenzione, bensì l’i- potizzata violazione dell’articolo 234 del Trattato160.

Sebbene poi l’Avvocato generale non avesse ritenuto sussistente una violazione della norma, le sue conclusioni in merito sembrano comunque accogliere, senza troppe incertezze, la possibilità che l’art. 351 TFUE costituisca parametro di validi- tà di atti normativi dell’Unione, secondo il meccanismo della norma interposta, in forza del quale la disposizione dell’accordo internazionale che si ritiene in contra- sto con il diritto UE assume il ruolo di parametro indiretto.

Non va, però, dimenticato che, contro una tale configurazione, sembrerebbe de- porre il carattere transitorio della protezione accordata agli accordi internazionali dall’art. 351 TFUE, così come interpretato dalla Corte di giustizia. Si potrebbe, in- fatti, osservare che una norma i cui effetti si producano solo temporaneamente non possa costituire la base per l’annullamento di un atto di diritto derivato. Più di un dubbio, dunque, potrebbe essere espresso sulla concreta possibilità che la Corte ac- colga l’assunto secondo il quale l’art. 351 TFUE potrebbe essere qualificato come parametro di validità del diritto derivato UE.

Da ultimo, un breve cenno merita la questione degli effetti che la norma di cui all’art. 351 TFUE può spiegare nei confronti dei singoli. Non sembra superfluo, infat- ti, chiedersi se i singoli possano agire sulla base dell’art. 351 di fronte al Tribunale ai sensi dell’art. 268 TFUE, cioè esperendo l’azione per responsabilità extracontrattuale delle istituzioni europee e per il conseguente risarcimento. La Corte ha in realtà riget- 159 Cfr. M. trapani, Art. 351 TFUE, in C. curti gialdino (a cura di), Codice dell’Unione

europea, Napoli 2012, 2349.

160 Conclusioni dell’Avvocato generale Capotorti, causa C-812/79, Attorney General c.

tato una tale possibilità, ritenendo che l’art. 351 non sia suscettibile di applicabilità diretta, non crei cioè un diritto azionabile direttamente dai singoli161.

A ben vedere, tuttavia, si potrebbe ritenere che, qualora l’accordo internazionale precedente sia idoneo a produrre effetti diretti nell’ordinamento dello Stato mem- bro, la protezione garantita dall’art. 351 si debba estendere altresì alla situazione soggettiva dei singoli, consentendo loro di agire nei confronti delle istituzioni per ottenere eventualmente il risarcimento del danno sofferto a causa dell’adozione di atti incompatibili con il regime convenzionale162.

7. Alcune ipotesi particolari: La Convenzione europea dei diritti dell’uo-

Outline

Documenti correlati