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Prime conclusioni: la crisi di tenuta del principio di eguaglianza tra i cittadini europei nella fruizione dei diritti sociali

ORDINAMENTO EUROPEO,

4. Prime conclusioni: la crisi di tenuta del principio di eguaglianza tra i cittadini europei nella fruizione dei diritti sociali

Nell’introdurre le prime provvisorie conclusioni sull’attuale stato recessivo del processo di integrazione europeo visto attraverso la lente delle aspettative del cittadino comune, un ultimo dato normativo merita almeno un accenno. Mi riferisco alla direttiva del Parlamento e del Consiglio n. 2004/38/EC relativa ai c.d. “lavoratori economicamente inattivi” 22, che ha di fatto legittimato gli Stati membri a ridefinire le proprie politiche di welfare con la facoltà di distinguere tra i cittadini europei non nazionali economicamente autosufficienti, e quelli non autosufficienti nella gestione delle politiche di concessione dei permessi di soggiorno di lunga durata. L’obiettivo di fondo, come risulta evidente, è quello di consentire agli Stati – ai loro governi – di elaborare politiche di cittadinanza discriminatorie in base al criterio economico. Con legittima facoltà di negare, quindi, il diritto di residenza a lungo termine a quei cittadini europei di altri Sta-ti membri che non dimostrino di avere, per patrimonio personale o reddito, ri-sorse economiche sufficienti ad assicurare che non si determinino le condizioni per la richiesta da parte loro e dei loro familiari di erogazione di prestazioni as-sistenziali, sanitarie, scolastiche o altre agevolazioni per la fruizione di servizi pubblici. In modo da non gravare sui già instabili sistemi di welfare nazionali 23.

Ora, mettendo insieme le linee di sviluppo delle riflessioni che si sono venu-te svolgendo più sopra con quesvenu-te ultime considerazioni, emerge un quadro del regime dei diritti sociali nel confronto tra i diversi Stati europei che a buon dirit-to potrebbe essere assundirit-to quale una delle più rilevanti cause della perdita di le-gittimità del sistema UE, nella evocata tensione problematica tra “rivendicazioni di sovranità e rivendicazione di diritti”. Anche solo a guardare il mutato quadro

22 Esemplificativamente possiamo indicare i disoccupati al termine delle misure di sostegno al reddito e quindi bisognosi di prestazioni di assistenza sociale; i pensionati al minimo, economi-camente non autosufficienti; i nuclei familiari privi di copertura assicurativa sanitaria; e così via.

23 Si vedano, tra le tante, le sentenze: CGUE, C-333713, Grande Camera, 11 novembre 2014,

Elisabetta Dano e Florin Dano vs. Jobcenter Leipzig; CGUE, C-67/14, Grande Camera, 15

set-tembre 2015, caso Jobcenter Berlin Neukölln vs. Alimanovic N., S., V., V.; CGUE, C-308/14, Prima Sezione, 14 giugno 2016, caso Commissione europea vs. Regno Unito. Sul punto, altresì, TRYFONIDOU A., The Impact of Union Citizenship, cit., pp. 30 ss., 79 ss. e 197 ss.

normativo, ora richiamato, riferibile alle modalità di esercizio della libertà di circolazione delle persone in Europa, il cui regime giuridico rende legittima-mente possibile l’affermarsi di discriminazioni in base alla nazionalità ed in ba-se al reddito tra cittadini di Stati diversi, non può non vedersi come la caduta di consenso popolare intorno al processo di integrazione riesca, purtroppo, a trova-re specifiche conctrova-rete ragioni di giustificazione. In capo ai soggetti che perdono il diritto alle prestazioni sociali; a quelli che vedono crescere i condizionamenti economico-materiali per la loro fruizione; in capo ai cittadini europei tutti, che vedono ridursi la disponibilità di occasioni di trasferimento in altri Paesi mem-bri anche in cerca di lavoro, laddove non già economicamente autosufficienti. Senza aggiungere altro a quanto già più sopra richiamato in relazione ai mecca-nismi istituzionali azionati dalle istituzioni economico-finanziarie del sistema Euro che concretamente conducono a limitazioni della capacità espansiva della spesa sociale in alcuni sistemi nazionali e non in altri; acuendo la già di fatto si-gnificativamente elevata disparità di trattamento nella fruibilità di prestazioni sociali tra cittadini europei appartenenti a Stati membri diversi, a seconda della appartenenza nazionale.

Differenze di regime, queste, che nel latente conflitto tra sistemi nazionali in

deficit e sistemi in equilibrio, o addirittura in surplus, hanno assunto ormai

adrittura una dimensione ufficiale nelle relazioni diplomatiche tra i governi dei di-versi Stati membri. Governi molto spesso sostenuti, nel cronicizzarsi di recipro-che tensioni polemirecipro-che, dalle spinte populiste interne, ormai costantemente agi-tate e strumentalizzate da leader politici antieuropeisti alla ricerca di un succes-so elettorale immediato, lasciando fuori dalla prospettiva politica la più lunga dimensione temporale, necessaria ed adeguata alla complessità dei problemi evocati 24. Sembra ormai costante, in effetti, il processo di elaborazione forzosa di un sentimento politico di risentimento reciproco costruito ad arte per con-trapporre gli elettorati sempre più polarizzati di Paesi diversi nei reciproci rap-porti, con la costruzione di una fittizia polemica contrapposizione composta tramite speculari accuse di antidemocraticità e di protezionismo tra leader che sempre più spesso rivestono addirittura importanti ruoli istituzionali nei governi dei diversi Stati membri.

Come possa scaturire un sistema istituzionale europeo aperto e democratico dalla sintesi di governi statali di tutt’altra ispirazione, mossi da sovranismi e ri-dicole pretese di autarchia a cent’anni dalla Grande Guerra che proprio da tali fenomeni fu animata e promossa resta un profondo ed inquietante dilemma.

24 Sulle reali, concrete, conseguenze ordinamentali, sulla complessità e la durata necessaria per l’implementazione degli interventi normativi implicati dalla decisione di abbandonare l’Unio-ne europea rinvio alla esemplare analisi condotta da CRAIG P., Constitutional Principle, the Rule

of Law and Political Reality: The European Union (Withdrawal) Act 2018, in The Modern Law Review, 82, 2019, pp. 319-350.

Laddove in effetti potremmo agevolmente individuare l’Europa del 1914 quale prima stagione dell’apparizione del sovranismo statualista nel contemporaneo, fondato sul protezionismo e su un’idea di sovranità statale tutta radicata nella forza aggressiva e nella potenza dello Stato. Fino ad individuare l’apice di quel-la stagione di sovranismo nelquel-la ideologia e nelle politiche fasciste. Ispirate dal-l’intento di liberare la volontà politica dagli impacci dello Stato di diritto, dai vincoli della nascente democrazia liberale, dai prodromi di una mondializzazio-ne economica osteggiata da professioni di autarchia. Se il ristabilimento della potenza sovrana dello Stato avrebbe di lì a poco condotto ad una nuova guerra, l’esito di quest’ultima produsse all’opposto la sconfitta della pretesa potenza sovrana, la definitiva crisi della sovranità moderna. Le cui aspirazioni, mai sopi-te del tutto né simmetricamensopi-te distribuisopi-te nel mondo, subiscono però ormai da più di settant’anni le sfide della interdipendenza tra gli Stati, dell’internaziona-lismo, dell’affermazione delle politiche universali dei diritti umani, della demo-crazia costituzionale, dell’avvento delle sedi giurisdizionali per la risoluzione dei conflitti, del pluralismo politico. Opponendo alle teoriche del sovranismo delle mani libere l’indefettibilità della forza legittimante del diritto, perché solo la sovranità legittima possa predicarsi dei relativi attributi 25. Ecco, l’Europa di oggi sembra scontare questa lacuna, il difetto di una legittimazione popolare al cospetto di un processo di integrazione materiale cresciuto a dismisura, spesso anche nella dimensione costituzionale. Ma con ciò non potendosi certo giustifi-care le attuali turbolenze geopolitiche, economiche e sociali con una pretesa egemonia esercitata dalle istituzioni europee. Se non piuttosto proprio per via della responsabilità di quei governi degli Stati che tuttora vantino un’antistorica ed infondata pretesa di onnipotenza, come rivendicazione di una sovranità la cui declinazione nelle forme da essi professate, può a ben ragione definirsi oggi al di fuori della dimensione del giuridico.

25 Per una riflessione sul radicamento della categoria della sovranità proprio nel principio di legittimità v. già BILANCIA F., Sovranità, Di alcune grandi categorie del Diritto costituzionale:

Sovranità Rappresentanza Territorio, in Rivista AIC, 3, 2017, pp. 1-48, nonché in Associazione

DIMENSIONE PATTIZIA E DIMENSIONE COSTITUZIONALE

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