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La caduta di legittimazione del sistema istituzionale europeo

ORDINAMENTO EUROPEO,

2. La caduta di legittimazione del sistema istituzionale europeo

– nella forma della sterile ideologia dei c.d. sovranismi – mette oggi al centro della scena proprio la caduta del principio di legittimità politica del processo di integrazione europea, in relazione alla quale la perdita di effettività della libertà di circolazione delle persone (dei lavoratori) e della garanzia dei diritti sociali dei cittadini europei, in quanto cittadini dei singoli Stati membri, rendono evi-denti le gravi responsabilità dei governi nazionali nelle attuali fasi di turbolenza geopolitica, economica e sociale 4.

La storia recente e gli avvenimenti politici attuali offrono, in effetti, numero-si puntuali e concreti esempi di questa crinumero-si, più evidentemente emergenti negli sviluppi e nelle trasformazioni indotte, essenzialmente su base nazionale ma nel quadro del mercato comune, dalle riforme del mercato del lavoro in quanto di-rettamente incidenti sulla libertà di circolazione dei cittadini in Europa 5.

Come vedremo in seguito, ad esempio, tra alcuni più gravi sintomi del più diffuso sentimento antieuropeista giusto in questa prospettiva, proprio la ridu-zione degli strumenti di sostegno sociale e la competiridu-zione tra poveri sul merca-to del lavoro hanno caratterizzamerca-to la campagna referendaria del 2016, nel Regno Unito, sulla proposta di referendum per la c.d. Brexit 6.

Al cospetto delle legittime aspettative dei cittadini comuni, e malgrado i grandi successi conseguiti dalle Comunità e dall’Unione europea nei precedenti cinquanta anni, non può certo nascondersi il crescente diffuso senso di delusio-ne che l’incedere del processo di integraziodelusio-ne – che sta ormai addirittura chia-ramente generando una dimensione costituzionale dell’ordinamento in fieri – ha, all’opposto, via via lasciato insorgere e consolidarsi tra le comunità politiche

4 Vedi, già, quanto da me osservato in Il referendum del Regno Unito sulla Brexit: la libertà

di circolazione dei cittadini UE nel mercato interno ed il problema del costo dei diritti sociali, in Istituzioni del Federalismo, Numero speciale, 2016, pp. 69-88.

5 I contributi sull’argomento sono numerosissimi. A titolo di esempio si segnalano, almeno: TRYFONIDOU A., The Impact of Union Citizenship on the EU’s Market Freedoms, Hart, Oxford-Portland, 2016; CHESSA O., La costituzione della moneta. Concorrenza, indipendenza della banca

centrale, pareggio di bilancio, Jovene, Napoli, 2016, spec. Cap. II ss.; BENEDI LAHUERTA S.,

Equal Treatment in the Field of Social Security: Can Economically Inactive Citizens Be Required to Be Lawfully Resident in the Host Member State to Access Certain Social Security Benefits?, in European Papers, 1, 2016, pp. 323-325; MASALA P., Libertad de circulación y de residencia y

acceso a las prestaciones sociales de los ciudadanos europeos “inactivos”: Construcción y de-construcción de un estatuto de integración social transacional, in CARMONA CONTRERAS A.M. (dir.), Construyendo un estándar europeo de derechos fundamentales, Editorial Aranzadi, Cizur Menor (Navarra), 2018, pp. 219-244; nonché i più recenti lavori di GIUBBONI S., Freedom to

Con-duct a Business and EU Labour Law, in European Constitutional Law Review, 2018, pp.

172-190; ma già in ID., Social Rights and Market Freedom in the European Constitution. A Labour

Law Perspective, Cambridge University Press, Cambridge, 2006; e ID., Social Rights and Market

Freedom in the European Constitution: A Reappraisal, in TUORI K., SANKARI S. (eds.), The Many

Constitutions of Europe, Routledge, London-New York, 2016, pp. 241-262. 6 Rinvio, ancora, al mio Il referendum del Regno Unito sulla Brexit, cit.

nazionali. Delusione, se non vera e propria opposizione, generata da aspettative tradite, vere o presunte tali, più forte in special modo in alcuni Paesi, e tanto più laddove il diffondersi di leadership populiste abbia contribuito ad alimentarne la resa, strumentalizzando luoghi comuni, false certezze, errori di valutazione tanto infondati quanto, purtroppo, diffusi.

Gli ambiti materiali in cui si sono consolidati i più forti sentimenti antieuro-peisti – a voler tacere del tema immigrazione per il quale andrebbe scritto, forse, addirittura un capitolo a parte, ma su ciò qualche accenno più avanti – sono in-dubbiamente rappresentati dalla percezione comune della effettività della ridotta resa in materia di prestazioni correlate alla fruizione dei diritti sociali. Tra questi può senz’altro essere annoverato lo stesso diritto statale del lavoro, inteso come disciplina legislativa del rapporto di lavoro – che in effetti incarna, sul piano co-stituzionale, il contenuto di un vero e proprio diritto sociale esso stesso, consi-derando il diritto del lavoro quale strumento giuridico di protezione del soggetto debole del rapporto. Ebbene, non è difficile dimostrare come questi diritti, più precisamente, i contenuti delle prestazioni giuridiche e patrimoniali di questi di-ritti abbiano assunto negli ultimi anni sempre di più il ruolo di meri strumenti per la gestione degli squilibri finanziari tra gli Stati membri, sì da perdere la lo-ro tradizionale configurazione di diritti individuali. Così come il diritto del lavo-ro, storicamente nato proprio in chiave anti-concorrenziale, a protezione del soggetto debole, del lavoratore, si sia “geneticamente modificato” fino ad assu-mere nuovi ruolo, configurazione e struttura in funzione, all’opposto,

pro-con-correnziale 7.

Come è noto, per scendere subito su un esempio concreto, il sistema Euro af-fida direttamente agli Stati membri la responsabilità per il raggiungimento ed il mantenimento degli obiettivi di stabilità finanziaria prescritti dalle c.d. fiscal

rules, divenute ormai una rilevante quota parte della EU rule of law.

L’imple-mentazione delle regole di sistema che disciplinano la gestione delle crisi eco-nomico-finanziarie dei singoli sistemi nazionali, così come gli squilibri macroe-conomici cross-border relevant tra i Paesi aderenti alla moneta unica nei loro reciproci rapporti, sono ormai stabile fonte permanente di prescrizioni normati-ve tendenzialmente vincolanti. Tra i tanti differenti oggetti queste insistono an-nualmente, con l’elaborazione di specifici obiettivi ed il conseguente monito-raggio in ordine al loro effettivo perseguimento da parte dei Governi nazionali, proprio sul contenuto delle prestazioni sociali e sulla disciplina del diritto – og-gi normativamente qualificato mercato – del lavoro.

È sufficiente leggere il sommario e scorrere gli argomenti di quelli che,

dal-7 Si veda, infatti, quanto osserva SPEZIALE V., La mutazione genetica del diritto del lavoro, in IADICICCO M.P.,NUZZO V. (a cura di), Le riforme del diritto del lavoro. Politiche e tecniche

l’entrata in vigore del c.d. regime del “Semestre europeo” 8, costituiscono tra i principali oggetti di attenzione delle istituzioni economico-finanziarie dell’area Euro, per averne la chiara percezione. Ogni anno, infatti, la Commissione euro-pea elabora un Rapporto indirizzato ai singoli Stati aderenti alla moneta unica (Country Report) contenente tanto un’approfondita analisi della situazione eco-nomico-finanziaria, quanto gli esiti delle verifiche dell’attuazione delle misure correttive e di intervento raccomandate ai singoli Stati negli anni precedenti, in una con le nuove misure di intervento suggerite per i semestri successivi 9. Que-ste linee di indirizzo, raccomandazioni, suggerimenti coprono la più gran parte dei settori di intervento normativo in materia economico-sociale e finanziaria,

condizionando gli sviluppi politici futuri molto nel dettaglio, fino al concreto

livello della disciplina da introdurre nell’ambito – ad esempio, per quel che qui interessa – del mercato del lavoro e del sistema delle prestazioni sociali 10. Così, ad esempio, laddove si rendano necessari interventi correttivi degli squilibri macroeconomici nazionali, per loro natura asimmetrici e country-specific, il si-stema istituzionale descritto “raccomanda” ai governi interessati l’adozione di specifiche, dettagliate, politiche economiche e fiscali nell’interesse, ad un tem-po, degli stessi Stati membri interessati, e degli equilibri interni al sistema Euro. E le misure di aggiustamento fiscale suggerite, muovendo proprio dai fon-damentali dati economici e finanziari interni vengono di norma definite entro un quadro di specifiche, concrete e puntuali ipotesi di intervento. Tra esse appunto,

8 Il riferimento va all’insieme delle disposizioni normative e delle procedure relative alle c.d. riforme strutturali richieste agli Stati membri in relazione alla promozione della crescita e del-l’occupazione, e alle politiche di bilancio, al fine di garantire la sostenibilità delle finanze pubbli-che. Si tratta degli atti normativi raccolti nel c.d. Six-pack del 2011 (5 regolamenti ed 1 direttiva, per una descrizione semplificata si v. https://www.consilium.europa.eu/it/policies/european-semester/ european-semester-key-rules-and-documents/). Più in particolare, con riferimento alla procedura per la correzione degli squilibri macroeconomici, https://ec.europa.eu/info/node/4320/ (10 gen-naio 2020).

9 Vedi ad es., i Country Reports Italy per gli anni 2017, 2018 e 2019, Including an In-Depth

Review on the Prevention and Correction of Macroeconomic Imbalances, allegati alla

Comunica-zione che la Commissione indirizza annualmente al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla BCE e all’Eurogruppo, documenti tutti consultabili in rete, rispettivamente agli indirizzi https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2017-european-semester-country-report-italy-en_0.pdf, per il 2017; https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2018-european-semester-country-report-italy-en.pdf, per il 2018; e https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/file_import/2019-european-semester- country-report-italy_it.pdf, per il 2019 (10 gennaio 2020).

10 Ampio conto di queste prospettive critiche ad es. già in: BILANCIA F., Spending Review e

pareggio di bilancio. Cosa rimane dell’autonomia locale?, in Diritto pubblico, 1, 2014, pp.

45-86; ID., Economic Crisis and Territorial Asymmetrical Effects on the Guarantee of Social Rights

within the European Economic and Monetary Union (EMU), in CIVITARESE MATTEUCCI S.,H AL-LIDAY S. (eds.), Social Rights in Europe in an Age of Austerity, Routledge, London-New York, 2017, pp. 257-272.

seguendo il nostro esempio, la mobilità dei lavoratori nel mercato interno e la flessibilità della disciplina del mercato del lavoro, la spesa per le prestazioni so-ciali, le politiche fiscali redistributive, l’inflazione nominale governata attraver-so un diverattraver-so impiego dei fattori produttivi, ecc. 11. Il che conduce ad una redi-stribuzione degli obiettivi di politica economica e sociale tra i diversi Stati membri, in un quadro nel quale è però tuttora assente, come è noto, una vera e propria politica economica comune. Così che ovviamente, per tornare alla no-stra questione di fondo, sotto il peso del contrasto tra il sistema di valori costitu-zionali professati negli ordinamenti dei singoli Stati membri, da una parte, ed i nuovi assetti di obiettivi politici normativizzati dai Trattati europei con strumen-ti di rango, starei per dire, materialmente cosstrumen-tituzionale, dall’altro, a cedere è proprio il principio di legittimità del nuovo assetto politico-istituzionale 12.

Sotto la pressione delle raccomandazioni delle istituzioni economico-finan-ziarie europee, e a causa degli obiettivi squilibri commerciali e finanziari tra gli Stati delle diverse zone dell’area Euro, i governi nazionali si trovano a dover affrontare questioni, ed elaborare soluzioni, in materia di politiche economico-sociali per buona parte già definite altrove nel dettaglio, se non forse addirittura materialmente obbligate nei contenuti. Il che pone le istituzioni nazionali di fronte al dilemma di dover decidere se lavorare per la salvaguardia degli attuali assetti istituzionali e la tenuta del sistema Euro, e con esso dell’UE; o assecon-dare le spinte protezionistiche e, spesso, nazionalistiche interne al fine di evitare di veder ridurre le basi della legittimazione popolare del sistema politico nazio-nale 13. Oltre al problema della resa fortemente asimmetrica delle soluzioni ma-croeconomiche necessarie nel confronto tra Stati in regime di surplus commer-ciale e finanziario, da un lato; e Stati all’opposto in deficit finanziario e com-merciale, dall’altro. I primi, più ricchi e con livelli di disoccupazione più bassi, dovrebbero espandere la propria spesa sociale per sostenere la domanda interna e ridurre così gli squilibri transfrontalieri da eccedenza nel sistema Euro. Lad-dove i secondi, con più elevate esigenze di intervento di sostegno delle politiche di protezione sociale proprio per via degli effetti della crisi economica nonché con alti tassi di disoccupazione dovrebbero, al contrario, ridurre la spesa sociale

11 Rinvio alla esemplare lettura dei documenti di cui alla precedente nota 9, anche con riferi-mento agli anni precedenti al 2017, nelle parti rilevanti per i singoli temi qui indicati.

12 La letteratura sul tema è davvero sconfinata. Di particolare interesse mi sembra l’approccio critico professato da TUORI K.,The Eurozone Crisis as a Constitutional Crisis, in FICHERA M., HÄNNINEN S.,TUORI K. (eds.), Polity and Crisis. Reflections on the European Odyssey, Ashgate, Farnham-Burlington, 2014, pp. 3-40, spec. pp. 14 ss. Ma si veda, già, TUORI K.,TUORI K., The

Eurozone Crisis: A Constitutional Analysis, Cambridge University Press, Cambridge, 2014. Da

ultimo si veda l’interessante analisi di cui al saggio di GERAPETRITIS G., New Economic

Constitu-tionalism in Europe, Hart, Oxford, 2019, specialmente per l’analisi condotta lungo i capitoli 2 e 5. 13 Si veda, ancora, TUORI K., The Eurozone Crisis, cit., pp. 16 ss.

ed i salari 14. Squilibri, questi, che ben facilmente nelle agitate ricostruzioni pro-pagandate dai leader populisti, trovano reale, concreto, sfondo nelle sostanziali diseguaglianze tra i cittadini dei diversi Paesi. Squilibri e diseguaglianze che, visibili o meno che siano all’occhio del cittadino comune, di certo conducono all’acuirsi del disincanto – per non dire malcontento – alla base delle “rivendi-cazioni” sovraniste, nel senso di opportunistiche, che abbiamo messo a tema, e che possiamo annoverare tra i sintomi della grave crisi di legittimazione del processo di integrazione europeo e dell’azione delle sue istituzioni.

Di fondo, infatti, le gravi criticità sistemiche che abbiamo qui rapidamente tentato di richiamare, sussistono concretamente, tanto più laddove governi irre-sponsabili procedano soffiando sul fuoco vivo dei problemi, rinunciando ad as-sumere il dovuto ruolo di responsabili dell’adozione dei necessari correttivi in quanto parti integranti, elementi costitutivi presenti essi stessi dell’apparato isti-tuzionale europeo. Che in buona parte si compone, infatti, degli stessi governi statali. In ciò si sostanzia uno dei fattori più importanti dell’attuale crisi del si-stema Euro e quindi del processo di integrazione europea: nella circostanza del-l’ostinato rifiuto – per non dire ancor più grave assenza – dei reali protagonisti della elaborazione ed implementazione delle politiche correttive che sole po-trebbero generare stabili riequilibri negli sbilanci commerciali tra Stati importa-tori e Stati esportaimporta-tori dell’area monetaria e nel mercato interno: proprio i go-verni degli Stati membri. Che dovrebbero, però, rinunciare all’elettoralmente appagante propaganda di “rivendicazioni di sovranità”, esercitandone invece i relativi poteri nelle forme delle competenze ad essi attribuite dai Trattati euro-pei, prodotto essi stessi della sovranità statale esercitata da quegli stessi governi. Sul punto torneremo in chiusura, ma fin da ora possiamo osservare che la

so-vranità rivendicata dai leader populisti ed agitata nella propaganda politica, è

una sovranità storicamente tramontata, figlia di quello statualismo matrice, tra l’altro, di conflitti economico-commerciali e vere e proprie guerre in quei pochi decenni che simbolicamente vanno dal 1870 circa, alla metà degli anni ’30 del Novecento. Ma che negli attuali intrecci sistemici di natura ordinamentale, tec-nologica, economica, antropologico-culturale, finanziaria, istituzionale e mate-riale insieme, non troverebbe più un reale spazio di azione. Non riuscirebbe più ad essere concretamente esercitata. Come la tragicomica vicenda dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea sta dimostrando al mondo ormai da più di tre anni. La Brexit non è fenomeno gestibile per mero atto di volontà sovrana, sen-za un rigoroso e dettagliato negoziato che concorra a sciogliere la miriade di nodi tematici in essa intrecciati, dato di fatto ormai acquisito alla

consapevolez-14 Ho già dato conto di questo paradosso nel mio Diritti sociali e Governance economica

dell’Eurozona, in Revista de Derecho de la Unión Europea, 30-31, 2016, pp. 245-262, spec. pp.

za perfino dei suoi più accaniti sostenitori. Eppure, la relativa pretesa è ancora al centro del dibattito politico, segno di un insanabile distacco tra il dato storico-materiale del concreto scenario economico-politico, da un lato, e l’aspirazione all’onnipotenza sovrana, dall’altro.

3. La sintomatologia delle questioni sul tappeto quale emerge dalle

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