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Gli ostacoli alla trasparenza

L’UNIONE EUROPEA E LA PARTECIPAZIONE PUBBLICA

3. Gli ostacoli alla trasparenza

Quando si tratta del progresso della trasparenza nelle istituzioni europee, non è raro leggere che questo progresso è stato ostacolato – e sarà per forza ostacolato – dal fatto che gli attori trovano i mezzi per sfuggire alla trasparenza. Tipicamente, si dice che tutto quello che dovrebbe succedere in pubblico sarà in realtà deciso duran-te i ‘break’, cioè duranduran-te il pranzo e comunque in discussioni fuori verbale 20. Que-sto significherebbe che ci stiamo facendo illusioni sul potere della trasparenza e che, se si ritiene che le riforme istituzionali siano necessarie per migliorare la legittimità democratica, forse il potere della trasparenza è stato sopravvalutato. Il mio scopo in questa sezione è di analizzare l’implementazione delle principali riforme sul piano dell’accessibilità del processo legislativo. Proverò a dimostrare che queste riforme sono state incomplete ma anche che non portano agli effetti attesi.

La pubblicazione dei verbali del Consiglio dell’Unione europea. La prima

il-lusione che ci facciamo riguarda il contenuto dei documenti riportati nel registro pubblico. In particolare, il registro contiene i verbali dei Consigli dei ministri dell’Unione europea, che dovrebbero essere una fonte utile per seguire il pro-cesso legislativo. Però, come si sa, e come indicano le regole di funzionamento del Consiglio 21, i principali negoziatori delle leggi europee non sono i ministri ma i rappresentanti permanenti degli Stati, diplomatici inviati dai governi a Bru-xelles e che fanno parte del Comitato dei Rappresentanti Permanenti (Coreper). In realtà l’informazione sulle attività di questo Comitato è ridotta: disponiamo dei Resoconti Sommari del Coreper 22 ma non di veri e propri verbali.

Inoltre, i dibattiti del Coreper sono dei classici negoziati intergovernativi 23.

19 Il registro è disponibile qui: http://ec.europa.eu/transparencyregister/public/homePage.do (10 gennaio 2020).

20 STASAVAGE D., Does Transparency Make a Difference?, cit., pp. 165-179; HAYES‐RENSHAW

F.,VAN AKEN W.,WALLACE H., When and Why the EU Council of Ministers Votes Explicitly, in JCMS, 44, 2006, pp. 161-194; PUETTER U., The European Council and the Council: New

Inter-governmentalism and Institutional Change, Oxford University Press, Oxford-New York, 2014. 21 Decisione del Consiglio del 1° dicembre 2009 relativa all’adozione del suo regolamento in-terno (2009/937/UE).

22 Disponibili a questo indirizzo: https://tinyurl.com/y42jscwo (10 gennaio 2020).

23 PIRIS J.C., Union européenne: comment rédiger une législation de qualité dans 20 langues

Conseguenza di questo è che poco viene discusso durante le sessioni plenarie, e le decisioni si prendono grazie a negoziati bilaterali fra i rappresentanti naziona-li e la presidenza del Consignaziona-lio o fra Commissione e presidenza del Consignaziona-lio 24. Questi accordi sono orali e non c’è modo di rendere “trasparenti” o accessibili al pubblico le concessioni bilaterali che rendono possibili gli accordi.

In più, i rappresentanti, durante le sessioni plenarie, difendono delle posizio-ni che possono essere vaghe per lasciare più margine di manovra durante i ne-goziati bilaterali. In realtà la logica del negoziato spinge a comportamenti che non sono trasparenti, anche per permettere la flessibilità delle posizioni e la ri-cerca del compromesso. Come sostiene regolarmente il Segretariato del Consi-glio quando non dà accesso a documenti richiesti dai cittadini, le decisioni sono prese nel Consiglio grazie alla fluidità, necessaria per rendere possibile il com-promesso, delle posizioni degli attori. La trasparenza renderebbe rigide tali po-sizioni e paralizzerebbe la presa di decisione 25.

In sintesi, sì può dire che la possibilità di rendere il processo legislativo più trasparente è ostacolata dal fatto che questo si basa, nell’ambito del Consiglio, sulla pratica del negoziato. Secondo un membro del Segretariato del Consiglio, la predominanza di questo ha spinto gli attori a cercare luoghi non pubblici per discutere e ha per effetto di rendere i dibattiti pubblici trasmessi via

videostrea-ming sul web pubblico dei “villaggi Potëmkin” 26.

I voti pubblici del Consiglio dell’Unione europea. Dal 1993 il Consiglio

de-ve rendere pubbliche le sue votazioni, ma questo obbligo genera di nuovo illu-sioni sulla trasparenza del processo. In effetti, i voti pubblicati corrispondono unicamente agli atti legislativi adottati: questo significa che, quando il Consiglio non trova un accordo su una proposta legislativa, non possiamo disporre di in-formazioni sulle posizioni degli Stati membri. Questa mancanza di informazio-ne sui dibattiti più conflittuali tra Stati membri, o tra Stati membri e Commis-sione europea, è problematica perché riduce la possibilità per i cittadini di acce-dere al dibattito politico e alle fonti di tensione tra attori europei.

Inoltre, gli esiti delle votazioni danno informazioni limitate su tali posizioni perché, in circa il 75% dei casi, gli atti legislativi sono adottati senza opposizio-ne 27. Questo fenomeno, rivelato dall’analisi delle votazioni a partire da quando

24 NOVAK S., La Prise de Décision au Conseil de l’Union Européenne: Pratiques du Vote et

du Consensus, Dalloz, Paris, 2011.

25 Per un resoconto dei documenti nei quali il Consiglio utilizza questo argomento, cfr. NOVAK

S.,HILLEBRANDT M., Analysing the Trade-off between Transparency and Efficiency in the Council

of the European Union, in Journal of European Public Policy, 1, 2019, pp. 1-19, qui 9-10. 26 Intervista condotta nel novembre 2012.

27 Questo però non significa che la regola del voto alla maggioranza qualificata non sia utiliz-zata: i giuristi del Consiglio raccolgono sistematicamente i voti degli Stati (per informazioni più

queste hanno cominciato ad essere pubblicate 28, non significa che gli Stati membri trovino tanto spesso degli accordi unanimi. In realtà l’organizzazione del processo decisionale lascia ai Ministri la possibilità di non esprimere il loro disaccordo con un voto negativo, e di rimanere silenziosi: in generale, l’adozio-ne di un atto legislativo è conseguente al fatto che la Presidenza del Consiglio dichiara che il Coreper ha trovato un accordo a maggioranza qualificata e che questo accordo può dunque essere ufficialmente fatto proprio dai Ministri du-rante una sessione pubblica del Consiglio. Fra l’accordo non ufficiale del Core-per e il voto ufficiale dei Ministri non è raro vedere Stati, insoddisfatti del com-promesso raggiunto, decidere di non registrare un voto negativo in pubblico. Questo comportamento è spiegato da diversi fattori, tra i quali il timore di attrar-re l’attenzione dei media – mentattrar-re gli esiti dei voti sono in generale consensuali – e di essere percepiti come la parte perdente durante il negoziato; e anche dal-l’assunto secondo il quale un voto pubblico contro una direttiva adottata ha sempre costi per lo Stato contrario sia in seno al Consiglio sia nei rapporti con la Commissione; in altre parole, è un atto spesso considerato poco diplomati-co 29. Tuttavia, se il Coreper ha trovato un accordo a maggioranza qualificata, gli Stati che non avevano segnalato la loro intenzione di votare contro non pos-sono modificare la loro posizione – secondo una regola non scritta, ma quasi sempre osservata dagli Stati. Quindi è l’organizzazione del processo decisionale a spiegare il fatto che i voti contrari siano relativamente poco frequenti: questo fenomeno, però, è un sintomo dell’opacità della presa di decisione e non del fat-to che si sarebbero trovati nel 75% dei casi accordi tali da soddisfare tutti gli Stati membri.

Dunque, di nuovo, le pratiche decisionali rivelano che gli effetti delle regole di trasparenza sono limitati, e anche – in certa misura – controproducenti perché il timore di essere percepiti come in opposizione a una decisione europea spinge spesso i Ministri a non dissentire espressamente, invece di informare il pubbli-co, attraverso il voto, della posizione finale dello Stato sull’atto adottato.

La codecisione fra il Parlamento e il Consiglio. Come già indicato, anche se

il Parlamento ha richiesto più trasparenza da parte del Consiglio, lo sviluppo della codecisione – che si è estesa Trattato dopo Trattato – rivela una tendenza

dettagliate sulle pratiche del voto nel Consiglio, cfr. NOVAK S., The Silence of Ministers:

Consen-sus and Blame Avoidance in the Council of the European Union, in JCMS, 51, 2013, pp.

1091-1107). Dunque la regola seguita dal Consiglio dell’Unione europea è quella del voto a maggio-ranza qualificata, mentre il Consiglio europeo, secondo il Trattato, decide per consensus.

28 HAYES‐RENSHAW F., The Council of Ministers, in PETERSON J.,SHACKLETON M. (eds.), The

Institutions of the European Union, Oxford University Press, Oxford, 2012, pp. 68-95; DEHOUSSE

R.,NOVAK S.,BENDJABALLAH S., Consensus under Pressure, in Politique européenne, 4, 2017, pp. 44-70.

dei membri del Parlamento a piegarsi alle pratiche opache del Consiglio. In ef-fetti, quasi tutti gli atti legislativi sono adesso adottati grazie ai trialoghi non pubblici fra la presidenza del Consiglio, i rappresentanti del Parlamento e i rap-presentanti della Commissione. Questo sviluppo recente dei trialoghi non pub-blici sembra dimostrare ancora una volta che la logica del negoziato e della ri-cerca del compromesso, sulla quale si basa il processo legislativo, è poco com-patibile con i requisiti di trasparenza.

Un’altra forma di opacità riguarda le interazioni fra Consiglio e Parlamento. I membri del Parlamento, mentre dovrebbero rappresentare i cittadini, dai quali sono direttamente eletti in funzione della loro appartenenza politica, in realtà si trovano spesso ad essere contattati dai loro concittadini nel Consiglio, che li convincono a difendere in seno al Parlamento gli emendamenti che corrispon-dono alla posizione presa nel Consiglio dal loro Paese 30. Ovviamente, questa strategia funziona meglio per i Paesi grandi che hanno più parlamentari europei. Quindi, di nuovo, anche se il Parlamento si è ufficialmente dichiarato il cam-pione della trasparenza, questo tipo di pratica dimostra i limiti del discorso e de-legittima in parte il lavoro dei rappresentanti parlamentari.

Ho scelto tre esempi paradigmatici del peso limitato dei regolamenti riguar-danti la trasparenza. Si sottovaluta la capacità degli attori di sfuggire alla traspa-renza e si sopravvaluta la capacità delle regole istituzionali di rendere trasparen-ti le pratrasparen-tiche decisionali. Il processo legislatrasparen-tivo rimane opaco perché alcune tappe cruciali del processo (le riunioni del Coreper e i trialoghi) non sono sog-gette alle regole della trasparenza e, quand’anche lo diventassero, non limite-rebbero comunque la possibilità che siano le prassi decisionali a comprimere la trasparenza. Il fatto che i compromessi vengano adesso negoziati durante i tria-loghi conferma una volta di più che l’apertura della sfera decisionale spinge gli attori a cercare – e trovare – luoghi più riparati per discutere e negoziare. Vista la pratica del negoziato multilivello e la ricerca di opacità che la muove, non si possono nutrire illusioni sul potere della trasparenza.

Questo però non significa che le riforme in termini di trasparenza siano state del tutto inutili. Ad esempio, negli Stati membri i cui Parlamenti controllano at-tentamente le azioni dei rappresentanti nazionali nel Consiglio dell’Unione eu-ropea, la pubblicazione dei voti del Consiglio permette ai membri del Parlamen-to di assicurarsi che i rappresentanti abbiano difeso la posizione maggioritaria nel Parlamento. Sembra che in Svezia, nei Paesi Bassi e in Danimarca questo meccanismo di controllo parlamentare funzioni bene. Questi casi rimangono minoritari ma mostrano che il potere limitato della trasparenza viene in parte dal fatto che, nella maggioranza dei casi, i negoziatori godono di un ampio margine

30 Interviste, Rappresentanze Permanenti e Segretariato Generale del Consiglio dell’Unione europea, 2008, 2012 e 2016.

di discrezione riguardo all’implementazione delle regole della trasparenza. Quando un attore terzo, come un Parlamento nazionale, responsabilizza i rap-presentanti nazionali a Bruxelles, la trasparenza delle posizioni difese ne è ac-cresciuta. Il coinvolgimento più forte dei Parlamenti non è la panacea contro tutti i mali, ma aiuterebbe già a rendere più utili le regole di trasparenza esi-stenti.

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