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La portata effettiva dei controlli sulle esportazioni

IL RUOLO DELLE ARMI E DELLA PRESENZA MILITARE NELLA PROIEZIONE ESTERNA DELL’EUROPA OGGI

8. La portata effettiva dei controlli sulle esportazioni

Le regole stabilite dalla Posizione comune sarebbero idonee, in teoria, ad evitare che le esportazioni di armi e materiali di armamento contribuiscano alla compromissione dei diritti umani o rendano più vulnerabile la pace nei Paesi di destinazione. In pratica, è difficile conoscere in qual misura gli Stati membri ne garantiscano il rispetto e ben si sa, del resto, come l’esportazione di armi per al-cuni Stati dell’Unione sia una voce importante nel commercio con l’estero. Ogni Stato segue una propria politica nell’interpretazione ed applicazione di questi criteri, dovendo solo segnalare eventuali decisioni di rifiuto agli altri Stati membri, che restano tuttavia liberi di decidere diversamente. Inoltre, le norme sulle esportazioni previste dall’accordo OCCAR dettano dei criteri che non coincidono con quelli vigenti in ambito UE: rispetto a questi ultimi, ad esempio, le regole OCCAR lasciano più spazio alla considerazione delle esigenze del-l’industria.

In materia, la Commissione non ha i poteri di controllo che esercita normal-mente sull’attuazione del diritto dell’Unione né la Corte di giustizia potrebbe prendere in esame un eventuale inadempimento della Posizione comune. La ra-gione va fatta risalire ancora all’art. 346: è per effetto di questo che la materia delle esportazioni di armi è sottratta alla disciplina comune della politica com-merciale, altrimenti di competenza dell’Unione. I criteri di cui si è detto, pur se

militari da esportare a fini di aggressione contro un altro Paese o per far valere con la forza una rivendicazione territoriale.

43 Cfr. criterio n. 6.

44 Cfr. criterio n. 7.

obbligatori, risultano da un atto intergovernativo, adottato nell’ambito della PESC: rispetto al quale, dunque, Commissione e Corte di giustizia non hanno titolo ad esercitare le proprie funzioni 46.

Qui, è il Consiglio a ricevere dagli Stati un resoconto annuale sulle proprie esportazioni di armi. Sulla base di queste, lo stesso Consiglio predispone una

Relazione annuale complessiva che fornisce i dati, raccolti in un documento

corposo e di non facile lettura. Lo stesso Consiglio avvisa che, non essendovi regole sulla compilazione delle relazioni nazionali, queste a volte sono parziali, oltre che redatte da ciascuno Stato secondo criteri propri, non coincidenti con quelli utilizzati da altri. È difficile quindi che il documento finale di sintesi pos-sa dare una rappresentazione del tutto fedele della realtà. In ogni caso, alcuni dati si possono trarre per quanto riguarda i volumi di esportazione verso ciascun Paese terzo, in modo da capire quali Paesi siano i principali clienti dell’industria europea e quali tipi di armamenti siano venduti. Si apprende poi, dalla Relazio-ne del Consiglio, quali destinazioni siano state ritenute inaffidabili, con il verifi-carsi di dinieghi della licenza di esportazione. È possibile conoscere il motivo del rifiuto (ossia, quale criterio sia stato ritenuto non soddisfatto dal Paese di destinazione), ma non è indicato quali governi abbiano deciso in questo senso.

Pur con questi limiti, la lettura della Relazione annuale può dare motivo di riflessione, in particolare se affiancata a quella di altri rapporti. Vi sono Stati che acquistano dall’industria europea materiali di armamento di tutti i tipi, in assenza o quasi di provvedimenti di diniego. Eppure, da altre fonti si apprende che in quegli stessi Stati avvengono gravi violazioni dei diritti umani, che vi so-no conflitti interni e repressione cruenta da parte delle forze dell’ordine 47.

Il Parlamento europeo ha espresso grave preoccupazione per i dati in crescita sulle esportazioni di armi in generale e in particolare verso il Medio Oriente 48.

46 Cfr. art. 24 TUE, che delinea il ruolo specifico delle Istituzioni nel settore della PESC, che è “soggetta a norme e procedure specifiche” ed è “definita ed attuata dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all’unanimità”. L’adozione di atti legislativi viene espressamen-te esclusa.

47 Amnesty International riferisce di una situazione molto preoccupante, ad esempio, in Nige-ria: il rapporto è disponibile al sito https://www.amnesty.org/en/countries/africa/nigeria/ (7 luglio 2019). Eppure, dall’Europa si esportano verso quel Paese materiali di armamento di tutti i tipi compresi nella classificazione europea, mentre risulta un solo diniego di licenza (in applicazione del criterio 7, che si riferisce al rischio che i materiali esportati siano sviati nel Paese di destina-zione, ad esempio verso organizzazioni terroristiche): cfr. Ventesima relazione annuale ai sensi

dell’art. 8 paragrafo 2 della Posizione comune 2008/944 del Consiglio che definisce norme co-muni per il controllo delle esportazioni di tecnologia e forniture militari, in GU C 453 del 14

di-cembre 2018, p. 244. Se si considera poi come da questo stesso Paese, a causa della situazione critica, partano molte persone che cercano rifugio in Europa, l’incoerenza delle politiche attuali risulta evidente.

del-Non solo: si denuncia la scarsa attenzione degli Stati membri ad impedire pos-sibili operazioni di triangolazione, che al momento sembrano coinvolgere, in particolare, l’Arabia Saudita, che si ritiene fornisca armi o sia addirittura diretta responsabile di azioni nell’ambito della guerra civile in Yemen, da cui deriva la grave crisi umanitaria in corso in quel Paese. Risulta che alcuni Stati membri abbiano deciso la sospensione di qualsiasi fornitura all’Arabia, ma la maggio-ranza non sembra intenda limitare le licenze 49. In generale, la risoluzione del Parlamento invita gli Stati membri a rendere più severo il controllo, applicando un principio di precauzione nell’autorizzare le esportazioni.

Un altro aspetto a volte poco chiaro è il grado di effettiva attuazione delle mi-sure di embargo sulle armi. Proprio perché il settore è esterno alla competenza dell’Unione – per effetto dell’art. 346 – provvedimenti che sono decisi dal Consi-glio di sicurezza NU, e che consistono nel divieto di vendere armi al Paese target, non possono venire attuati tramite regolamento dell’Unione, così come avviene quando l’embargo riguardi ogni altro tipo di prodotti; necessitano quindi di appo-siti provvedimenti nazionali, in ciascuno Stato membro. L’Unione europea inter-viene con una decisione a livello PESC, ma come poi gli Stati di fatto provvedano non sempre è dato sapere. In ogni caso il fatto che provvedimenti di attuazione, controlli e sanzioni per il caso di violazione siano decisi a livello nazionale non favorisce certo l’efficacia tempestiva e simultanea delle misure di embargo su tut-to il territut-torio dell’Unione. Secondo alcuni studi, l’embargo sulle armi è di fattut-to uno di quelli più frequentemente violati, al punto da poter essere in realtà contro-producente per la causa della pace, a tutto beneficio infine dei produttori 50.

le principali armi hanno raggiunto il volume più elevato rispetto a ogni altro quinquennio dalla fine della guerra fredda, superando dell’8,4% il dato relativo al periodo 2007-2011” e che “nel 2015 il Medio Oriente era per l’UE a 28 la regione più importante in termini di esportazioni di armi, con un totale di 78,8 miliardi EUR in licenze di esportazione di armi autorizzate”: cfr.

Riso-luzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2017 sull’esportazione di armi: attuazione della Posizione comune 2008/944/PESC (2017/2029(INI), in GU C 337 del 13 settembre 2017,

rispetti-vamente considerando B e F.

49 Fra gli Stati che hanno deciso il bando alle forniture verso l’Arabia, vi è la Germania, cfr.

Germany Extends Ban on Arms Export to Saudi Arabia, in The Independent, 29 March 2019,

https://www.independent.co.uk/news/world/europe/germany-saudi-arabia-arms-sales-ban-exports-yemen-war-a8844751.html (10 gennaio 2020). Tuttavia, la società Rwm Italia che produ-ce a Domusnovas le bombe che partono regolarmente dalla Sardegna verso l’Arabia fa parte di un gruppo tedesco… E, secondo quanto riferisce la risoluzione del Parlamento europeo sopra citata, nella sola Germania sono state rilasciate 4.256 licenze di esportazione di armi per esportazioni verso 83 paesi classificati come problematici alla luce della Posizione comune (ivi, considerando

I). In Italia, il bando non è stato deciso: cfr. Ansa, 27 giugno 2019, Rwm, Italia verso blocco armi a sauditi?, in

http://www.ansa.it/sardegna/notizie/2019/06/27/rwm-italia-verso-blocco-armi-a-sauditi_2e4adfff-b6e7-4f9a-b8a3-1650f9fc881c.html (7 luglio 2019).

50 Cfr. MOORE M., Arming the Embargoed: A Supply-Side Understanding of Arms Embargo

9. Conclusioni

La creazione di una reale difesa comune europea, risultato sfuggito per un soffio nell’immediato secondo dopoguerra, oggi sembra lontano in modo irri-mediabile. Allora, solo la mancata ratifica francese aveva impedito all’ultimo momento la costituzione della Comunità europea di difesa, con un esercito per-manente comune, posto sotto un comando sovranazionale unificato europeo 51. A settant’anni dai Trattati istitutivi, gli Stati membri non hanno ancora attribuito all’Unione europea alcuna competenza per organizzare una effettiva difesa co-mune, benché il Trattato di Lisbona la contempli – a dire il vero con grande prudenza – fra le evoluzioni possibili.

A distanza ormai di più di dieci anni, quanto si è realizzato sono le missioni anche militari, destinate ad operare in Stati terzi per il mantenimento della pace o a fini umanitari. La PESCO, di recente istituzione, risulta destinata a promuo-vere, più che una reale difesa comune europea, il potenziamento degli arma-menti e delle attrezzature militari di ciascuno Stato membro. Questo potenzia-mento, che gli Stati si sono impegnati a perseguire tramite l’incremento della propria spesa per la difesa, andrà ad immediato vantaggio delle industrie euro-pee che operano nel settore, già peraltro beneficiarie di una posizione giuridica vantaggiosa, potendo esse di fatto evitare l’applicazione di molte delle regole del mercato interno, grazie all’art. 346 TFUE. Questo stesso articolo è alla base anche della frammentazione del mercato delle armi e dei prodotti di armamento, che ciascuno Stato membro dunque organizza e dirige secondo criteri che non sempre, come si è visto, rispettano quanto stabilito dalla Posizione comune dell’Unione europea sulle esportazioni di armi.

51 All’epoca, la disponibilità degli Stati europei a realizzare un esercito comune era anche in-dotta dall’opportunità di porre le basi per una pacifica convivenza in Europa, evitando un riarmo unilaterale tedesco: cfr. FENWICK C.G., Treaty Establishing the European Defence Community, in

ATLANTISTI, POST-ATLANTISTI E RELAZIONI

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