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La sintomatologia delle questioni sul tappeto quale emerge dalle rivendicazioni sottese alla propaganda populista nel caso Brexit

ORDINAMENTO EUROPEO,

3. La sintomatologia delle questioni sul tappeto quale emerge dalle rivendicazioni sottese alla propaganda populista nel caso Brexit

Come è ormai noto da diversi anni il referendum celebratosi nel Regno Uni-to nel giugno del 2016 ha generaUni-to una crisi costituzionale quasi senza prece-denti. Nel momento di concludere queste brevi note, nell’ottobre 2019, non era ancora noto, e forse neanche prevedibile, quale potesse essere l’esito del lungo, complesso, ma sincopato negoziato tra i Governi inglesi succedutisi nel corso della conseguente crisi costituzionale nel Regno Unito – il riferimento va ai complessi tentativi ed alle alterne sorti politiche dei Premier Cameron, May e Johnson, oltre al rilevante peso degli interventi del potere giudiziario – e l’Unio-ne europea, una volta attivata la procedura di cui all’art. 50 del TUE. Il 29 mar-zo del 2017, infatti, il Regno Unito ha notificato al Consiglio europeo l’inten-zione di lasciare l’UE, attivando così formalmente la procedura negoziale che avrebbe potuto, come poi avvenne, condurre all’uscita del Regno Unito dal-l’UE 15. Ma in questa sede, in linea con il percorso di analisi che si è ritenuto di proporre, non è tanto alla crisi costituzionale inglese che volgeremo lo sguardo, quanto piuttosto agli elementi della crisi di legittimazione del sistema istituzio-nale europeo che da tale prospettiva risultano maggiormente visibili. Inquadran-do, di fatto, l’epopea Brexit nel quadro della generale caduta del principio di le-gittimità nel contesto delle grandi democrazie europee, in parte proprio a causa – o anche a causa – della crisi di legittimazione democratica delle istituzioni dell’UE e delle relative politiche 16.

Guardando alla vicenda Brexit, pertanto, i profili da ritenere maggiormente rilevanti, nel quadro delle tematiche al centro della presente riflessione, sono essenzialmente due. Da un lato il fenomeno dell’immigrazione, letto però nella

15 Una parziale ricostruzione dei documenti e delle fasi di tale negoziato è rinvenibile all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/content/news/Brexit-UK-withdrawal-from-the-eu.html?locale=it (10 gennaio 2020). Una dettagliata cronologia degli eventi, con una copiosa raccolta di documenti ufficiali e diversi rinvii alla letteratura scientifica rilevante è altresì rinvenibile in https://www. federalismi.it/focus/index_focus.cfm?FOCUS_ID=67&focus=brexit (10 gennaio 2020).

16 Questi eventi svelano anche le profonde divisioni presenti nella società e nel sistema politi-co, come dimostra l’analisi di FORD R.,GOODWIN M., Britain after Brexit. A Nation Divided, in

Journal of Democracy, 28, 2017, pp. 17-30, in una assai interessante prospettiva che qui non è

più ristretta prospettiva del concorso dei “nuovi” cittadini europei, vale a dire i migranti c.d. “interni”, cittadini di altri Stati membri, nella rivendicazione verso lo Stato ospite e le sue istituzioni di diritti, in particolare modo diritti a presta-zioni sociali, sulle medesime piattaforme di rivendicazione praticate già dai cit-tadini membri dello Stato ospite. Dall’altro, il già richiamato fenomeno delle neanche troppo velate guerre commerciali sullo sfondo tra i “negoziatori”, il Re-gno Unito e, tramite l’UE, gli altri Stati membri. Tra i quali, tra l’altro, si com-binano interessi economici non sempre coincidenti, se non addirittura conflig-genti, malgrado la simmetricità della posizione negoziale 17. Questo secondo ar-gomento di analisi, al quale non possiamo che dedicare questi brevi cenni, illu-mina rinnovati conflitti alla ricerca di nuovi assetti ed equilibri in materia eco-nomica, stante la differente specifica posizione che il Regno Unito potrà venire ad assumere al cospetto del mercato unico. Con il potenziale ulteriore rischio di poter innescare, a fianco ad essi ed inoltre, nuove non previste tensioni tra i sin-goli Stati membri a seconda dello status che ciascuno di essi riterrà di riuscire a guadagnare al cospetto di un Regno Unito, fuori dall’UE e dal mercato unico, ma aperto a più intensi processi di deregulation ed accesso ai mercati globali. Ma, appunto, delle eventuali prospettive aperte da un rinnovato contesto di po-tenziali tensioni sui mercati, tra nuovi protezionismi, regimi privilegiati e com-petizione tra mercati, non possiamo occuparci in questa sede.

Laddove sembrano, invece, di maggiore interesse le potenziali reazioni che i singoli ordinamenti nazionali potrebbero assumere in merito al regime della li-bertà di circolazione dei lavoratori nel quadro di un assetto dei mercati rinnova-to, nel senso di diversamente e asimmetricamente ricomposto.

La libera circolazione dei lavoratori è stata considerata fin dalle origini uno dei pilastri fondanti del processo di integrazione europea. In un percorso di sin-tesi essenzialmente funzionalizzato da obiettivi di crescita economica e di inte-grazione dei mercati, questa libertà ha infatti rappresentato uno dei pochi ma chiari elementi direttamente incidenti sullo statuto giuridico del cittadino euro-peo, nella specifica ottica di un significativo ampliamento, in una con la libertà di stabilire la propria residenza in uno qualsiasi degli Stati membri, dei diritti individuali delle persone. Questa idea, lo status di cittadino europeo, insieme alla libertà di circolazione e stabilimento come diritti individuali, inoltre, ha nel tempo concorso, insieme ad altri elementi giuridici e materiali, a generare un’ipo-tesi di embrionale esercizio condiviso della sovranità statale – di ciascuno Stato

17 Un quadro problematico delle questioni sullo sfondo è ben delineato nel contributo di D EL-LA CANANEA G., Differentiated Integration in Europe After Brexit: An Institutional and Legal

Analysis, 2018, consultabile nel sito https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id

membro – in seno ad un unico, congiunto, sistema istituzionale europeo 18. Con la positiva, allettante, conseguenza di vedersi attivare politiche di imple-mentazione dei diritti individuali specificamente riconosciuti in capo a ciascun cittadino europeo, quale che fosse lo Stato membro di residenza, ivi compresi i diritti sociali, in condizioni di eguaglianza con i cittadini dello Stato membro ospitante. In una esponenziale crescita espansiva che ha cominciato a vedere le prime gravi battute di arresto a seguito dell’imponente allargamento agli Stati europei della parte est del continente, come processo a seguire la caduta del mu-ro di Berlino e la riunificazione tedesca.

La comparsa ed il continuo, progressivo, incremento del numero di cittadini europei c.d. “neo-comunitari” in cerca di lavoro e spesso, quindi, bisognosi di protezione sociale sul territorio dei Paesi fondatori e di più risalente adesione alle Comunità ed all’Unione europea hanno, così, presto iniziato a generare forti pressioni sui sistemi di welfare nazionali, aggravate dalla crisi economica segui-ta alla crisi finanziaria del 2008. E questo argomento, meglio, un florilegio di narrazioni polemiche tendenti a drammatizzare la consistenza di questo feno-meno hanno avuto, nel corso della campagna referendaria per la Brexit, un ruolo a dir poco centrale nella selezione delle forzature ideologiche che i leader del fronte del Leave hanno utilizzato per condizionare l’opinione pubblica e, con essa, l’esito finale del voto. A fianco alla abile capacità di generare un’idea di confusione tra i cittadini europei nell’esercizio legittimo del proprio diritto di libertà di circolazione all’interno dell’Unione, con la grande massa di stranieri, compresi i richiedenti asilo, altrimenti presenti sul territorio del Regno Unito,

leader e forze politiche, con scarsa correzione da parte dei mass media, e

siste-matici processi di disinformazione attraverso i social media 19, hanno costruito una campagna essenzialmente centrata su un conflitto del tutto artificiale. Col-locando al centro del dibattuto pubblico e delle motivazioni al voto la questione della presunta competizione tra cittadini e stranieri – anche se cittadini europei – nel concorso per l’accaparramento delle scarse risorse disponibili per finanziare le prestazioni economiche oggetto dei diritti sociali.

Ma ben oltre le strumentalizzazioni dei leader populisti, la questione dei costi delle prestazioni sociali relative alla presenza di cittadini europei, di nazionalità di altri Stati membri rispetto a quello di residenza, ha da tempo assunto un peso si-gnificativo nel contesto dell’ordinamento europeo. Ne è prova il contenuto dei più

18 Rinvio, qui, alla brillante intuizione critica di cui al saggio di FERRARA G., La sovranità

sta-tale tra esercizio congiunto e delega permanente, in LABRIOLA S. (a cura di), Ripensare lo Stato,

Quaderni della Rassegna Parlamentare, Giuffrè, Milano, 2003, pp. 657-692.

19 Rinvio alla sintetica ma efficace ricostruzione storica di tali vicende di cui al bel saggio di BARBERIS M., Brexit, Trump e governo giallo-verde. Tre esempi di populismo digitale, in Lo

recenti interventi legislativi finalizzati alla riduzione di alcune prestazioni sociali, proprio a scopo di contenimento della spesa pubblica. Nel Regno Unito, ad esem-pio, è stata oggetto di forti reazioni la riforma delle prestazioni sociali che ha in-trodotto un complesso sistema di condizionalità per ridurre la platea degli aventi diritto a determinate prestazioni assistenziali. Mi riferisco al molto noto Housing

Benefit (Amendment) Regulations del 2012 20 che ha sottoposto a riduzioni quanti-tative percentuali gli assegni erogati agli assistiti, in proporzione all’ampiezza del-le proprie case di abitazione, contando addirittura il numero dei vani disponibili “in sovrannumero” rispetto alle reali esigenze familiari delle abitazioni dei bene-ficiari di tali prestazioni. L’ampiezza della casa e la ponderazione con i concreti bisogni della famiglia, infatti, concorrono ora nella stima del reddito potenziale della famiglia da considerare ai fini della determinazione dei limiti reddituali limi-tativi – o addirittura oslimi-tativi – alle prestazioni sociali reclamate. Laddove, infatti, quella famiglia, pur meritevole di assistenza per la propria situazione familiare, come ad esempio in presenza di persona disabile o, comunque, inabile al lavoro, avrebbe potuto incrementare il proprio reddito, nell’ipotesi concedendo in affitto le stanze superflue rispetto alle proprie esigenze, ciò potrebbe mandare a rischio l’erogazione della prestazione sociale a causa del mancato colpevole incremento reddituale dovuto alla rinuncia all’affitto dei vani superflui.

Le conseguenti riduzioni dei livelli di prestazione sociale, pur generatrici di un significativo contenzioso giudiziario 21, polemicamente confrontate con il contemporaneo riconoscimento della garanzia di analoghe prestazioni a vantag-gio di stranieri (in realtà cittadini europei di altri Stati membri) altrettanto meri-tevoli di concorrere alla domanda di tali prestazioni hanno, così, assunto una in-terpretazione di sintesi estremizzante. E di fatto xenofoba e di chiusura nei con-fronti dei cittadini europei non appartenenti al Regno Unito. Con la conseguen-za di portare il taglio delle prestazioni sociali al centro della guerra tra poveri che tanto ha concorso ad alimentare l’orientamento dell’elettorato medio sul-l’esito del voto. Si è così cominciato a sostenere pubblicamente che l’uscita del Regno Unito dall’UE avrebbe avuto, tra le altre conseguenze favorevoli, la pos-sibilità di redistribuire le risorse rivendicate dai cittadini del Regno Unito a tito-lo di prestazioni sociali e sottratte agli stranieri, a quel punto non più titolari

de-20 Statutory Instrument, 3 dicembre 2012, n. 3040 in tema di Social Security, consultabile

all’indirizzo http://www.legislation.gov.uk/uksi/2012/3040/contents/made (23 ottobre 2019).

21 Si veda di recente, a titolo di esempio, la decisione della Supreme Court UK SC 58 [2016] nel caso R (Carmichael and Rourke) vs. Secretary of State for Work and Pensions, consultabile all’indirizzo http://www.bailii.org/uk/cases/UKSC/2016/58.html (23 ottobre 2019). Per un com-mento della decisione e la citazione di diversi interessanti precedenti si vedaRAINE T., The Value

of Article 14 ECHR: The Supreme Court and the ‘Bedroom Tax’, UK Constitutional Law

Associ-ation, consultabile all’indirizzo https://ukconstitutionallaw.org/2016/11/28/thomas-raine-the-value-of-article-14-echr-the-supreme-court-and-the-bedroom-tax/ (23 ottobre 2019).

gli analoghi diritti sottostanti. Con un ritorno di sentimenti di chiusura naziona-lista, di protezionismo autarchico, di guerra allo straniero povero, in quanto in competizione con il cittadino bisognoso ma minacciato dal concorso dell’altro nella fruizione delle ormai scarse risorse per le prestazioni sociali.

4. Prime conclusioni: la crisi di tenuta del principio di eguaglianza

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