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Presunte “prigioni dei popoli” e indifferenze nazionali

JUGOSLAVIA, PRIMA, DURANTE E DOPO

2. Presunte “prigioni dei popoli” e indifferenze nazionali

Per chi voglia raccontare la storia della prima Jugoslavia – quella fondata nel 1918, monarchica – in termini di ostilità e conflitti, verbali, politici e persino armati, il materiale certo non manca. È per questo che esiste un’intera letteratura internazionale che si è fin da subito sforzata di dimostrare come quello jugosla-vo fosse uno Stato “impossibile”, proprio a causa della sua eterogeneità etno-confusionale 1.

È, in buona sostanza, la stessa ideologia politica che accusava gli imperi eu-ropei ottocenteschi di essere “prigioni dei popoli”, costruzioni politiche innatu-rali che inevitabilmente soffocavano e deviavano il percorso “naturale” della storia, quello delle nazioni che, nell’ottica dei suoi fautori, aspiravano giusta-mente alla piena indipendenza politica 2.

1 Per articolate panoramiche sugli studi internazionali: DRAGOVIĆ SOSO J., Why Did

Yugosla-via Disintegrate? An Overview of Contending Explanations, in COHEN L.J., DRAGOVIĆ SOSO J. (eds.), State Collapse in South Eastern Europe, Purdue University Press, West Lafayette, 2008, pp. 1-39;JOVIĆ D., Yugoslavia. A State that Withered Away, Purdue University Press, West La-fayette, 2009, pp. 13-33; più recente e in italiano si può vedere CALIC M.-J.,DRAGOVIĆ-SOSO J., RISTIĆ I.,La fine della Jugoslavia: tempo di bilanci, in PETRUNGARO S. (a cura di), Passato e

pre-sente, 90, 2013, pp. 17-36. Per alcune raffinate letture incentrate sulle ostilità e il conflitto: BANAC

I., The National Question in Yugoslavia: Origins, History, Politics, Cornell University Press, Ithaca, 1984; RAMET S.P., The Three Yugoslavias. State-Building and Legitimation, 1918-2005, Indiana University Press, Bloomington-Indianapolis, 2006; PIRJEVEC J., Il giorno di San Vito.

Ju-goslavia 1918-1922, storia di una tragedia, Nuova ERI, Torino, 1993.

2 Per discussioni critiche e storiografiche sul rapporto tra imperi e nazionalità: KUMAR K.,

Na-tion-States as Empires, Empires as NaNa-tion-States: Two Principles, One Practice?, in Theory and Society, 39, 2010, pp. 119-143; KÖRNER A., Beyond Nation States: New Perspectives on the

Hab-sburg Empire, in European History Quarterly, 48, 2018, pp. 516-533; per un’analisi della

rinasci-ta di un mito che si muove in direzione contraria a quello qui richiamato, ossia un’idealizzazione dell’esperienza tardo-asburgica: WANK S., Some Reflections on the Habsburg Empire and Its

Le-gacy in the Nationalities Question, in Austrian History Yearbook, 28, 1997, pp. 131-146. Per uno

Quella che aspira all’indipendenza nazionale, e vi collega storiche animosità e inconciliabilità con qualunque altra soluzione statale, è una legittima opzione politica. È però una debole tesi storiografica. Come numerosi studi hanno ormai dimostrato, i movimenti nazionali sorti all’interno degli imperi, ad esempio di quello asburgico, fino all’ultimo, ossia fino al 1917 inoltrato, aspiravano non alla distruzione dell’impero, ma alla sua riforma in chiave federativa 3. L’obiet-tivo era quindi non l’indipendenza, ma una maggiore autonomia. Si può giusta-mente far presente che le strategie politiche dipendono dai rapporti di forza sul campo: se quei movimenti avessero potuto, forse avrebbero volentieri lottato per l’indipendenza statale. Sempre secondo questa lettura, è per via della loro debolezza e per paura di essere fagocitati da altri nazionalismi vicini, più forti, che si preferiva rimanere nel protettivo abbraccio asburgico. Questo può essere, e in parte senz’altro lo fu.

Fatto sta che già solo questo azzoppa una buona parte dei discorsi nazio-nalisti post-imperiali e delle storiografie che li hanno successivamente sor-retti, vale a dire che gli imperi sarebbero stati abbattuti grazie alle battaglie condotte dai movimenti nazionali oppressi. È questo un tranello interpretati-vo dal quale lo storico, e ogni cittadino critico, deve ben guardarsi: quello di proiettare l’agone politico di stampo nazionalistico contemporaneo indietro nel tempo, arrivando così a vedere ovunque, dal medioevo in poi, “nazioni” (trascurando il fatto che le nationes medievali erano cosa ben diversa dalle comunità nazionali attuali) in lotta fra loro, sempre con il fine dell’indipen-denza statale. È un vizio teleologico molto diffuso che caratterizza non solo il pensiero comune, ma anche i discorsi ufficiali e le strumentalizzazioni po-litiche del passato 4.

A leggere invece quanto ricostruiscono storici attenti ed equilibrati, la crisi degli imperi – pensando a quello asburgico, come pure quello ottomano e per tacere ovviamente di quello russo – hanno motivazioni ben diverse 5. Credere

The Soviet Union and The Russian, Ottoman, and Habsburg Empires, Routledge, New York,

1997, e più recentemente LEONHARD J.,HIRSCHHAUSEN U. VON, Imperi e stati nazionali

nell’Ot-tocento, il Mulino, Bologna, 2014.

3 Per un recente studio legato al movimento nazionalista croato, VELIZ F., The Politics of

Croatia-Slavonia 1903-1918. Nationalism, State Allegiance and the Changing International Or-der, Harrassowitz Verlag, Wiesbaden, 2012.

4 Per una panoramica,KOLSTØ P.,Strategies of Symbolic Nation-Building in South Eastern Europe, Routledge, London-New York, 2014.

5 DOGO M.,Genesi e primi sviluppi degli Stati post-ottomani nei Balcani: fattori, repliche e variazioni, in ID. (a cura di), Schegge d’impero, pezzi d’Europa. Balcani e Turchia fra continuità

e mutamento 1804-1923, LEG, Gorizia, 2006, pp. 11-55; LAMPE J.R., JACKSON M.R., Balkan

Economic History (1550-1950). From Imperial Borderlands to Developing Nations, Indiana

Uni-versity Press, Bloomington, 1982; SMITH S.A., La rivoluzione russa: un imperoin crisi (1890-1928), Carocci, Roma, 2017.

che gli imperi siano stati mandati a pezzi a suon di picconate dei movimenti na-zionali significa fare il gioco degli ideologi nana-zionalisti, ed è un esercizio sto-riografico assai limitato.

Per di più, gli studi d’ambito asburgico hanno ripreso quelli sulle ibride “na-zionalizzazioni dei confini” 6, arrivando ad elaborare da una decina d’anni ormai una categoria che si è rivelata estremamente fortunata, detta “indifferenza na-zionale” 7. Per mezzo di essa, applicata a un ampio numero di casi di studio, spesso con un approccio microstorico, si è potuto dimostrare come ampi seg-menti della popolazione in epoca tardo-asburgica dimostrasse un’estrema elasti-cità quando si trattava di percezione e auto-percezione in termini nazionali 8. Questo assunto generale in termini asburgici sembra valere anche per le regioni asburgiche slavo-meridionali e sarebbe molto fruttuoso estenderlo all’intero spazio jugoslavo 9.

Si legge spesso, quindi, che gli imperi abbiano lasciato dietro di sé una pe-sante eredità, ossia una profonda frammentazione etnica, che avrebbe attraver-sato e messo poi in crisi le società post-imperiali. Nel contesto dell’impero ot-tomano, la struttura amministrativa stessa, organizzata attorno ai millet, ossia alle comunità religiose, rinunciava persino teoricamente a costruire un’omoge-neizzazione etno-religiosa. Eppure, in nessun caso, che si tratti dell’impero

asbur-6 MÜLLER M.G.,PETRI R. (Hrsg.), Die Nationalisierung von Grenzen: zur Konstruktion

natio-naler Identitat in sprachlich gemischten Grenzregionen, Verlag Herder-Institut, Marburg, 2002;

PETRI R. (a cura di), Regioni plurilingue e frontiere nazionali, in Memoria e ricerca, 15, 2004; su confini e regioni in chiave storica: HAUPT H.G.,MÜLLER M.G.,WOOLF S.J. (eds.), Regional and

National Identities in Europe in the XIXth and XXth Centuries, The Hague, Kluwer, 1998; S ALVA-TICI S. (a cura di), Confini. Costruzioni, attraversamenti, rappresentazioni, Rubbettino, Soveria Mannelli, Catanzaro, 2005; DE NICOLÒ M. (a cura di), Storie regionali, in Memoria e ricerca, 22, 2006.

7 ZAHRA T., Imagined Noncommunities: National Indifference as a Category of Analysis, in

Slavic Review, 69, 2010, pp. 93-119; GINDERACHTER M.VAN, FOX J. (eds.), National Indifference

and the History of Nationalism in Modern Europe, Routledge, New York, 2019.

8 JUDSON P.M., Guardians of the Nation: Activists on the Language Frontiers of Imperial

Aus-tria, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 2006; KING J., Budweiser into Czechs and

Germans: A Local History of Bohemian Politics, 1848-1948, Princeton University Press,

Prince-ton, 2002; BJORK J., Neither German nor Pole: Catholicism and National Indifference in a

Cen-tral European Borderland, The University of Michigan Press, Ann Arbor, 2008; ZAHRA T.,

Kid-napped Souls: National Indifference and the Battle for Children in the Bohemian Lands, 1900-1948, Cornell Press, Ithaca, 2008.

9 Per alcune indagini d’epoca pre-jugoslava, PETRUNGARO S., Pietre e fucili. La protesta

so-ciale nelle campagne croate di fine Ottocento, Viella, Roma, 2009; ID., Popular Protest against

Hungarian Symbols in Croatia (1883-1903). A Study in Visual History, in Cultural and Social History, 13, 2016, pp. 503-520. Per uno stimolante contributo recente, legato alla Bosnia

tardo-ottomana e asburgica, HAJDARPASIC E., Whose Bosnia? Nationalism and Political Imagination in

gico, ottomano, o dei nascenti principati e regni indipendenti, le percezioni di sé stessi in termini regionali, linguistici o religiosi vanno automaticamente inter-pretate come identità nazionali moderne, consapevoli, sviluppate e diffuse nella popolazione 10.

Perché non solo al contadino dell’isolato paesino di montagna poteva premere, più che il richiamo nazionale, l’andamento della semina e della raccolta, ma anche all’educato ceto medio urbano, ad esempio il buon commerciante, poteva interes-sare, più che sentirsi e schierarsi per una parte, considerarsi come un elemento an-fibio, capace di sentirsi a proprio agio in più contesti economici nazionali, e di ave-re a che faave-re con una clientela multilingue. Va da sé che anche questo atteggiamen-to è caratterizzaatteggiamen-to da una forte dose di pragmatismo. Far studiare i propri figli in più lingue, affinché possano comprare e vendere merce in più lingue, tra le varie ricadute ha quelle di far girare meglio gli affari. Non è solo una distinzione tra sfe-ra privata e pubblica: questi studi ci sfe-raccontano proprio che, come già notavano delusi molti nazionalisti dell’epoca, la popolazione non rispondeva prontamente alle sirene della nazione, era piuttosto apatica e, in poche parole, indifferente.

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