Le novità più rilevanti in merito al Consiglio riguardano il sistema di ponderazione dei voti e l’estensione dell’area del voto a maggioranza qualificata. La questione della ponderazione del voto250 riguarda, in sostanza, l’equilibrio di potere tra gli Stati.
Si è sostenuto in dottrina251 che la ponderazione del voto deve assicurare la legittimità delle decisioni dell’Unione e una corretta rappresentanza degli Stati che la compongono. Ma, in realtà, la ponderazione del voto rappresenta un modo, piuttosto riduttivo, di porre il problema, visto che il sistema comunitario dispone di vari meccanismi di equilibrio tra grandi
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Il sistema della ponderazione del voto, da sempre, ha costituito una problematica fondamentale, ossia la possibilità di creare minoranze di blocco. Da qui il dibattito istituzionale in riferimento all’allargamento che si è andato sviluppando ha creato in seno agli Stati già membri dell’Unione delle aspettative alcune delle quali hanno identificato nell’adesione di dieci nuovi Stati l’occasione storica per diluire completamente la struttura istituzionale dell’Unione, attraverso un graduale indebolimento della Commissione e un mantenimento del voto all’unanimità in seno al Consiglio, posizione sostenuta dal Regno Unito. Un’altra aspettativa, sostenuta dall’Italia e dalla Germania, seppure con sfumature differenti, che si basa sulla preoccupazione di evitare lo sviluppo dell’imperativo politico dell’allargamento possa portare ad una paralisi istituzionale tale da portare non solo ad un blocco delle attività comunitarie ma anche a perdere quanto acquisito e conquistato fino a questo momento. Inoltre, il sistema di ponderazione del voto adottato riflette un’inversione del rapporto tra Francia e Germania. È evidente che nell’Unione allargata la posizione preminente è quella della Germania, e non come avveniva in precedenza che la posizione di preminenza è sempre stata nella storia dell’integrazione europea quella della Francia.
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e piccoli Stati e che si stanno manifestando nuove forme di cooperazione tra i vari livelli politici e amministrativi dell’Unione.
Dunque, per la ponderazione del voto in seno al Consiglio si pongono essenzialmente due questioni: una riguarda la soglia che permetta di raggiungere la maggioranza qualificata; l’altra consiste nella necessità che ogni voto a maggioranza qualificata consideri un numero sufficiente di Stati, in modo da rappresentare un’abbondante maggioranza della popolazione. Cercando, così, di conciliare il principio classico di diritto internazionale della sovranità ed eguaglianza tra Stati con l’esigenza che il sistema di voto rifletta il diverso peso demografico dei vari Stati membri.
La posizione, in merito, degli Stati membri di nuova adesione ha riflettuto sempre l’esigenze e gli interessi dal punto di vista assolutamente nazionale. Così, per esempio, se i piccoli Stati erano contrari ad una nuova riponderazione del voto, la Polonia, Stato grande, invece, proponeva di continuare a seguire il criterio demografico.
In realtà, tali posizioni riflettono le tendenze assunte dagli stessi Stati già membri che non hanno mai cercato di sviluppare un discorso politico più ampio, ma si sono limitati ad un negoziato calcolato in termini di esercizio del potere. Le innovazioni non potevano certo essere proposte dagli Stati membri di nuova adesione.
Il voto a maggioranza qualificata, invece, costituisce il dato più peculiare dell’Unione europea e riflette un modo particolare di concepire la sovranità statale e i rapporti tra Stati nel sistema politico e nell’ordinamento giuridico comunitario.
In buona sostanza, l’alternativa tra unanimità e maggioranza qualificata dipende, soprattutto, dal modo e dai casi in cui gli Stati membri sono disposti a esercitare le loro prerogative sovrane. È fuor di dubbio, che la maggioranza qualificata garantisca l’efficienza del sistema, esigenza fondamentale nell’Europa allargata. Infatti, mantenendo il voto all’unanimità in un’Unione a
venticinque equivale a levare alla stessa Unione alcune competenze che, nel tempo, le sono state attribuite.
Peraltro, il mantenimento del sistema di voto all’unanimità, non troverebbe la sua giustificazione neanche in favore del principio democratico, secondo due ordini di motivi. Il primo è che anche in quegli Stati membri, ad esempio la Gran Bretagna e la Danimarca, in cui sono stati previsti dei meccanismi di controllo più stringenti sui rispettivi governi, i parlamenti nazionali non sono mai riusciti a controllare in maniera effettiva ed efficace l’attività dei rispettivi esecutivi in seno al Consiglio. Il secondo motivo, risiede nel fatto che il controllo democratico si effettua in maniera molto più diretta a livello comunitario, nel momento in cui si generalizza la regola per cui ogni decisione del Consiglio a maggioranza qualificata viene adottata in base alla procedura di codecisione con il Parlamento europeo.
Nel periodo transitorio252, in relazione alla ponderazione dei voti, secondo il principio dell’estrapolazione di questi in base al peso demografico di ogni Stato membro, risultante dalle tabelle contenute nella Relazione della presidenza per il Consiglio europeo di Feira253, il totale dei voti è fissato a 124 con una soglia di maggioranza pari al 70,97% e minoranza di blocco fissata a 88, quindi i nuovi Stati hanno lo stesso numero di voti di quelli con popolazione simile254.
È da rilevare, inoltre, che per tutto il periodo transitorio, a decorrere dalla firma del Trattato di adesione fino alla sua ratifica, gli Stati candidati godranno dello status di osservatori attivi in tutti i gruppi, comitati e formazioni del Consiglio. Tale status attribuisce a detti Paesi il diritto di essere regolarmente informati delle questioni all’esame del legislatore
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Parte Quarta “Disposizioni Temporanee” dell’Atto di Adesione.
253
Nell’ambito della Conferenza Intergovernativa, febbraio 2000.
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Cfr. A. RIZZO, “L’allargamento dell’Unione: profili generali del Trattato e dell’Atto di adesione”, in Il Diritto dell’Unione Europea, Vol. I, 2003, pag. 127.
comunitario e, se del caso, di richiedere, con debita motivazione, l’apertura di consultazioni.
In ogni caso, nel periodo transitorio, i nuovi Stati membri dovranno farsi carico di alcuni handicap: l’assenza temporanea di una cabina di traduzione, mentre la traduzione passiva delle lingue degli Stati candidati sarà, invece, garantita solo per il Consiglio Europeo, quindi detti soggetti dovranno inviare delegati in grado di comprendere e di esprimersi in modo sufficientemente chiaro in una delle attuali lingue ufficiali dell’Unione.
Al fine di migliorare il coordinamento interno del Consiglio, si è ritenuto importante rafforzare il ruolo del Consiglio Affari generali, mentre è stato ritenuto altrettanto necessario, per evitare un’ulteriore frammentazione delle attività dell’Unione, limitare a 15 il numero dei Consigli specializzati255.
Una volta completato il processo d’allargamento, il Consiglio è composto da venticinque Stati, quali membri effettivi. Al fine di facilitarne i lavori, il Gruppo Antici256 ha elaborato un codice di condotta, che si concentra sulla preparazione e sulle modalità di svolgimento delle riunioni del Consiglio e dei suoi gruppi preparatori. Obiettivo dichiarato del codice è ottimizzare i lavori del Consiglio, quindi migliorare la gestione del tempo intercorrente tra una riunione e l’altra e di quello a disposizione per ogni singola sessione di lavoro. Invece, l’obiettivo non dichiarato, bensì evidente dalla lettura del codice stesso, è quello di favorire la formazione del consenso al di fuori del contesto istituzionale, incoraggiando le consultazioni fra le delegazioni e la
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Infatti, nelle Conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Helsinki del 10 e 11 dicembre del 1999, “la riforma del funzionamento del Consiglio è un elemento importante del più ampio processo di riforma istituzionale nella prospettiva dell’allargamento dell’Unione”. Inoltre, viene riconosciuto che se non si provvede ad una riforma interna della stessa istituzione, la forza dell’allargamento e l’aumento di compiti dell’Unione rischiano di paralizzare il funzionamento dell’istituzione in questione. Infine, si precisa che il buon funzionamento del Consiglio dei ministri dipende anche dalla capacità di coordinamento e dall’organizzazione amministrativa a livello nazionale.
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Comitato tecnico strettamente legato al Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati (COREPER).
creazione di raggruppamenti prima della riunione in programma. Per quanto concerne i destinatari, detto codice si rivolge a tutti coloro che partecipano alle riunioni: alla Presidenza che dirige i lavori; alle delegazioni degli Stati membri e al Segretario generale del Consiglio257. Il codice ritaglia, altresì, un ruolo centrale per la Presidenza di turno, investita del compito di assicurare che il tempo a disposizione sia utilizzato in modo proficuo.
Per quanto riguarda le regole definitive in vigore dal 1° novembre 2004, il Consiglio, ex art. 12258 dell’Atto di adesione, per le sue deliberazioni
“che richiedono una maggioranza qualificata ai voti dei membri è attribuita la ponderazione259 dei voti. Le deliberazioni sono valide se hanno ottenuto almeno 232 voti che esprimano il voto favorevole della maggioranza dei membri, quando debbono essere prese su proposta della Commissione. Negli altri casi le deliberazioni sono valide se hanno ottenuto almeno 232 voti che esprimano il voto favorevole di almeno due terzi dei membri.” La minoranza
di blocco scatta quando ci sono 90 voti contrari, quindi è possibile che tre grandi Stati più un qualunque Stato piccolo possano bloccare una decisione. Rimane, invece, inalterato il meccanismo che riguarda il cosiddetto “filet
démographique” azionabile da parte di uno Stato che intenda verificare che i
membri che compongono la maggioranza qualificata rappresentino almeno il
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È da rilevare che nessuna norma contenuta nel Codice di condotta è espressamente indirizzata alla Commissione che non solo partecipa per esporre ragioni e contenuti delle proprie iniziative, ma anche per offrire ulteriori chiarimenti e, eventualmente, modificare le proprie proposte alla luce degli interventi degli Stati membri. In questo senso Cfr. F. MONTANARI, “Metodi di lavoro per un Consiglio allargato”, in Il Diritto dell’Unione
Europea, Voll. II, III; 2003, pagg. 507 – 511.
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Che sostituisce il paragrafo 2 dell’art. 205 TCE e dell’art. 118 del TCEEA.
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La ponderazione dei voti in seno al Consiglio è così attribuita: Germania, Francia, Italia e Regno Unito rispettivamente 29 voti; Spagna e Polonia rispettivamente 27 voti; Paesi Bassi 13 voti; Belgio, Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria e Portogallo rispettivamente 12 voti; Austria e Svezia rispettivamente 10 voti; Danimarca, Irlanda, Lituania, Slovacchia e Finlandia rispettivamente 7 voti; Estonia, Cipro, Lettonia, Lussemburgo e Slovenia rispettivamente 4 voti e infine Malta con 3 voti.
62% della popolazione dell’Unione260. Altrettanto invariata rimane la turnazione ogni sei mesi della Presidenza del Consiglio. Ciò comporta, con venticinque Stati membri, non solo la difficoltà di esercitare coordinatamente le funzioni di ogni Stato che andrà alla Presidenza, ma, altresì, il rischio di paralizzare l’impulso politico della Comunità europea261.
Inoltre, nel “Trattato che adotta una Costituzione per l’Unione europea” è stata introdotta una nuova figura istituzionale: il Ministro degli Esteri dell’Unione, così come accennato in precedenza e trattato ampliamente nel capitolo successivo del presente lavoro, chiaramente, anche rispetto a tale nuova figura, una Presidenza a “turnazione” comporta una mancanza di stabilità per questo nuovo organo262.