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La nuova tutela “rafforzata” dei diritti fondamentali nel Trattato di Amsterdam: ora la Corte di giustizia è competente a giudicare.

L’art. 6 , par. 1, del Trattato di Amsterdam dichiarava che l’Unione è fondata sui principi di “libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto”. L’art. 49 TUE59, poi, esigeva il rispetto di questi principi come condicio sine qua non per diventare membro dell’Unione europea. L’art. 7 prevedeva, infine, in caso di violazione grave e persistente, da parte di uno Stato, di questi principi, che il Consiglio potesse decidere di sospendere alcuni diritti a carico dello Stato in questione, compreso anche il diritto di voto. L’applicazione di questi due articoli, inoltre, non era soggetta al controllo da parte della Corte di Giustizia, che risulta essere competente a giudicare, secondo le previsioni contenute nel Trattato di Amsterdam, sull’applicazione e sull’interpretazione dell’articolo 6, par.2 (ex art. F, par. 2)60.

Nel Trattato di Amsterdam le sanzioni nei confronti dello Stato si limitavano alla sospensione di taluni diritti che si aggiungevano alle sanzioni già previste dai Trattati precedenti61.

59

“Ogni Stato europeo che rispetti i principi sanciti nell’art. 6, paragrafo 1 può domandare

di diventare membro dell’Unione. Esso trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia all’unanimità previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono.

Le condizioni per l’ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l’Unione, da essa determinati, formano l’oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme costituzionali.”

60

Ai sensi dell’art. 46, lett. d, del TUE, secondo cui le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia si applicano “all’articolo 6, paragrafo 2, per quanto riguarda l’attività delle istituzioni, nella misura in cui la Corte sia competente a norma dei trattati che istituiscono le Comunità europee e a norma del presente trattato”.

61

Nel Trattato CECA ai sensi dell’art. 88 la sanzione è rappresentata dalla sospensione del pagamento di somme di cui la Commissione sia debitrice o da provvedimenti adottati dalla stesso istituzione. Nel Trattato CE, ex art. 171, la Corte su richiesta della Commissione, può

In particolare, la nuova procedura disponeva che il Consiglio, nella composizione di capi di Stato o di governo, deliberando all’unanimità, su proposta della Commissione o di un terzo degli Stati membri, e previo parere conforme del Parlamento europeo, potesse costatare l’esistenza di una violazione. Dopo avere operato tale accertamento, il Consiglio poteva decidere, a maggioranza qualificata, di sospendere lo Stato dal godimento di alcuni diritti, che il Trattato gli conferiva, ivi inclusi quelli di voto in seno al Consiglio stesso.

Inoltre, con la medesima maggioranza il Consiglio poteva decidere la revoca o la modifica delle misure prese in precedenza, in relazione al mutamento della situazione. Dunque, il potere decisionale in materia era attribuito in modo pressoché totale al Consiglio e quindi, tutto il procedimento sanzionatorio era guidato da organi politici. Infatti, la Corte di giustizia rimaneva estranea a tale procedura, in quanto organo tecnico e incompetente a manifestare un sindacato politico.

Tuttavia, le norme introdotte dal Trattato di Amsterdam relative alla sospensione dei diritti hanno suscitato perplessità sotto il profilo essenzialmente giuridico62. Infatti, se uno Stato commette una violazione degli obblighi ai quali è vincolato, l’indicazione riguardo alla sospensione di “alcuni” diritti sembra piuttosto vaga. Risulta estremamente difficile riuscire ad individuare quale siano questi diritti e, soprattutto, non esiste alcun tipo di indicazione circa i limiti temporali di tale sospensione. Allo stesso modo, suscita qualche perplessità la mancanza di disposizioni in merito alla possibilità di ricorso.

comminare allo Stato che non si è conformato alla sentenza pronunciata dalla Corte una somma forfetaria o una penalità.

62

Cfr. B. NASCIMBENE, “Tutela dei diritti fondamentali e competenza della Corte di giustizia nel Trattato di Amsterdam”, in Scritti in onore di F. Mancini, vol. II, Milano, 1998, p. 687 ss.

Si è sostenuto63 che, la versione contenuta nel Trattato in questione dell’art. 309 (ex art. 236) del Trattato CE64, secondo il quale tutte le disposizioni di detto Trattato sono oggetto di giudizio da parte della Corte, e il collegamento diretto, che esiste tra l’affermazione dei diritti fondamentali e le conseguenze derivanti dalla violazione di tali diritti, fanno ritenere che, le competenze della Corte si estendano anche alle azioni del Consiglio, quando questo agisce ai sensi dell’art. 7 e dell’art. 309, quindi sia quando si verifichi una violazione grave e persistente e si decida a carico dello Stato responsabile, la sospensione di alcuni diritti, sia quando la sospensione riguardi i diritti derivanti dal Trattato CE.

Rispetto, invece, ai principi posti in essere dall’art. 6, par. 2, si è detto in precedenza, che è disposta l’attribuzione di competenza alla Corte, ex art.

63

Sebbene non sia la dottrina dominante, in questo senso Cfr. R. IGLESIAS, “La protecciòn de los derechos fundamentales en la Uniòn europea”, in Scritti in onore di F. Mancini, vol. II, Milano, p. 831 ss. Cfr., altresì, B. NASCIMBENE, Op. cit., p. 690.

64

“Qualora sia stato deciso di sospendere i diritti di voto del rappresentante del governo di

uno Stato membro a norma dell’articolo 7, paragrafo 3 del Trattato sull’Unione europea, i suddetti diritti di voto sono sospesi anche per quanto concerne il presente trattato.

Inoltre, qualora sia stata constatata, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2 del trattato sull’Unione europea, l’esistenza di una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei principi di cui all’articolo 6, paragrafo 1, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere, per lo Stato membro in questione, alcuni dei diritti derivanti dall’applicazione del presente trattato. Nell’agire in tal senso, il Consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche.

Gli obblighi dello Stato membro in questione a norma del presente trattato continuano comunque ad essere vincolanti per lo Stato medesimo.

Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può successivamente decidere di modificare o revocare le misure adottate a norma del paragrafo 2, per rispondere ai cambiamenti nella situazione che ha portato alla loro imposizione.

Quando adotta le decisioni di cui ai paragrafi 2 e 3, il Consiglio delibera senza tener conto del voto del rappresentante del governo dello Stato membro in questione. In deroga all’articolo 205, paragrafo 2, per maggioranza qualificata si intende una proporzione di voti ponderati dei membri del Consiglio interessati equivalente a quella prevista all’articolo 205, paragrafo 2.

Il presente paragrafo si applica anche in caso di sospensione dei diritti di voto a norma del paragrafo 1. In tali casi, le decisioni che richiedono l’unanimità sono adottate senza il voto del rappresentante del governo dello Stato membro in questione.”

46 del TUE, di pronunciarsi in merito ai diritti fondamentali “per quanto riguarda l’attività delle istituzioni, nella misura in cui la Corte sia competente a norma dei Trattati comunitari e del Trattato sull’Unione65”.

Ciò, senza dubbio, rappresenta un notevole, e forse l’unico, passo in avanti proposto dal Trattato di Amsterdam relativamente all’ampliamento delle competenze della Corte in merito ai diritti fondamentali. Infatti, nel Trattato di Maastricht, i suddetti diritti sono stati ritenuti principi generali del diritto comunitario, ma, non è stata prevista, in modo chiaro, la competenza del giudice comunitario in materia. In realtà, nel Trattato di Amsterdam viene chiarita e esplicitata tale questione, lasciando, tuttavia, irrisolta la questione relativa all’adesione dell’Unione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Del resto, la stessa Corte di giustizia nel parere 2/94, del 28 marzo 1996, sulla compatibilità con il Trattato CE dell’adesione della Comunità alla Convenzione europea, aveva esplicitamente affermato che la legittimità degli atti comunitari è condizionata al rispetto dei diritti dell’uomo66, avvertendo che l’adozione di un elenco scritto dei diritti europei avrebbe richiesto una modifica costituzionale esplicita da parte delle istituzioni comunitarie67, lasciando trasparire, in realtà, la preoccupazione di preservare l’autonomia dell’ordinamento comunitario e del proprio monopolio giurisdizionale68. Dunque, il Trattato, pur non cambiando in alcun modo i testi, risponde, seppur

65

Cfr. A. TIZZANO, “L’azione dell’Unione europea per la promozione e la protezione dei diritti umani”, in Il diritto dell’Unione europea, 1999, Milano, p. 149 ss.

66

Cfr. S. NEGRI, “La tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario alla luce del Trattato di Amsterdam”, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1998, p. 787.

67

Cfr. A. BENAZZO, “Diritti fondamentali, giudici costituzionali e integrazione europea”, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 1998, p. 838.

68

In tale parere la Corte ha escluso che l’art. 235, ora art. 308, del Trattato CE possa costituire il fondamento giuridico dell’adesione della Comunità europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

implicitamente, in senso negativo a tale proposta di adesione69. Detta conclusione si fondava su un’analisi del ruolo dell’art. 235, ora 308, del TCE, che riconosce all’Unione europea i necessari poteri per “abilitare la Comunità ad adempiere le proprie funzioni allo scopo di conseguire gli obiettivi del Trattato”70. Senza fare chiaro riferimento alla tutela dei diritti fondamentali in quanto obiettivo. Inoltre, l’auspicata revisione del Trattato del 1996 è quindi contemplata, sotto forma di modifica della stessa CEDU71.

Altro motivo di insoddisfazione, e forse anche il più importante, con riguardo alla tutela dei diritti fondamentali inserita nel Trattato di Amsterdam, è rappresentato dal fatto che detta tutela non è sufficientemente garantita, nonostante la contemporanea estensione delle competenze nell’ambito comunitario e in quello dell’Unione.

In particolare, non è previsto uno specifico ricorso diretto alla Corte per la denuncia da parte degli interessati di una violazione di questi diritti da parte degli Stati. Infatti, la Corte può esercitare la sua competenza non contenziosa, ossia la competenza pregiudiziale, in materia, solo nei confronti delle istituzioni e soltanto nei casi e alle condizioni previste dai Trattati72.

Il Trattato di Amsterdam, insomma, ha complessivamente rafforzato la tutela dei diritti dell’uomo anche se non contiene un riconoscimento esplicito dei diritti civili e sociali fondamentali sotto forma di una vera e propria “Carta dei diritti”73.

69

Riguardo all’adesione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo le opinioni degli Stati membri sono tutt’altro che unitarie.

70

Parere 2/94, paragrafo 29.

71

Cfr. J. NERGELIUS, “La costituzione europea e la tutela dei diritti umani una complessità indesiderata”, in S. GAMBINO, (a cura di), Trattato che adotta una Costituzione per

l’Europa, costituzioni nazionali, diritti fondamentali, Milano, 2006, p. 317 ss.

72

Non è quindi una ipotesi autonoma e specifica di ricorso, ma è sottoposta a tutte le limitazioni che sono contenute nei Trattati con riguardo ai ricorsi privati.

73

Tuttavia, le innovazioni inserite nel Trattato di Amsterdam relativamente alla tutela dei diritti fondamentali non appaiono, secondo il giudizio della dottrina autorevole74, rilevanti in quanto sono considerate quali enunciazioni di principio per le quali non è prevista, in molti casi, un sistema di tutela giurisdizionale. Inoltre, se si pensa che il principio di cittadinanza europea trova la sua concretizzazione anche nella definizione di nuove politiche comunitarie, ciò conferma, senza ombra di dubbio, che la garanzia dei diritti non riceve complessivamente un reale rafforzamento, in quanto le competenze dell’Unione si espandono notevolmente75.

L’inizio di una nuova era verso il fondamento giuridico del

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