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Il Trattato di Maastricht una nuova fase nella storia dell’integrazione europea: la svolta dell’Unione europea e

cambiamenti avvenuti negli ordinamenti costituzionali degli Stati

membri.

Tuttavia, sebbene gli sforzi profusi, l’Atto Unico Europeo aveva lasciato delle insoddisfazioni per ciò che concerneva la svolta decisiva dell’integrazione europea, in particolare relativamente alla politica economica e monetaria. In questo senso, sono state convocate due Conferenze intergovernative una sull’unione politica, l’altra sull’unione economica e monetaria. Ai sensi dell’art. 236 TCE, relativo alla modifica dei Trattati, le due conferenze hanno iniziato i lavori. Il 7 febbraio del 1992 è stato firmato il Trattato di Maastricht ed è entrato in vigore il primo novembre del 1993.

Con il Trattato di Maastricht35, o anche Trattato sull’Unione Europea (TUE), si è inaugurata una nuova fase per la storia dell’integrazione europea. Il Trattato in questione ha comportato una rilevante trasformazione dell’assetto istituzionale comunitario e ha, soprattutto, rappresentato un notevole progresso nel cammino dell’unione politica.

Nel Trattato di Maastricht l’ambito, in cui si muove l’Unione Europea, è rappresentato da un lato dalle Comunità europee e dall’altro dalle politiche e dalle forme di cooperazione. Secondo un’immagine figurata l’Unione è stata definita come una costruzione a tre “pilastri”, collegati tra loro da un architrave e da una base. Il primo pilastro, di cui l’Unione mantiene integralmente il cosiddetto acquis communautaire e che comprende i titoli II,

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Il Trattato di Maastricht ha istituito l’Unione europea e ha emendato senza sopprimerli i Trattati CEE, CEEA e CECA. Dal momento in cui è stato ratificato il Trattato di Maastricht, il sistema dell’Unione europea e delle Comunità europee si è basato sui tutti e quattro i Trattati sopra menzionati.

III e IV di detto Trattato, è costituito dalle Comunità europee36 ed ha carattere prettamente istituzionale. Il secondo, comprende il titolo V e concerne la politica estera e di sicurezza comune, la PESC, e infine il terzo, comprende il titolo VI e riguarda il settore della giustizia e affari interni, GAI. Il secondo e il terzo pilastro sono di natura squisitamente intergovernativa, in altre parole sono esterni all’ambito istituzionale comunitario37. Le modifiche apportate al Trattato CEE, e anche a quelli CECA e CEEA, al fine di creare una “Comunità europea38”, riguardano, in modo specifico, l’apparato istituzionale, il procedimento decisionale, l’ampliamento dei settori di competenza e il rafforzamento di altri settori. Particolarmente significativa è l’istituzione della cittadinanza dell’Unione, non tanto per i suoi contenuti, quanto per il valore simbolico ed ideale che essa comporta.

Il nuovo approccio, avviato dal TUE, tende a dare, da un lato, rilevanza ai cittadini degli Stati membri, dall’altro ad avvicinarli e coinvolgerli maggiormente nel processo di integrazione. L’Unione, dunque, muovendosi in questo senso prende le decisioni il più vicino possibile ai cittadini, rispetta i diritti fondamentali dell’uomo, rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati membri, agisce nel rispetto del principio di sussidiarietà39.

Altra novità rilevante è costituita dall’instaurazione dell’unione economica e monetaria da realizzarsi attraverso tre fasi, con l’istituzione di organi specifici: la Banca Centrale Europea e il Sistema europeo delle Banche

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La Comunità europea o CE, la Comunità del carbone e dell’acciaio o CECA, la Comunità europea dell’energia atomica, CEEA, o anche EURATOM.

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Cfr. N. PARISI – D. RINOLDI, “Sviluppo delle Comunità europee, evoluzione dell’Unione integrazione degli Stati membri”, in N. PARISI e D. RINOLDI, (a cura di),

Giustizia e affari interni nell’Unione europea , Torino, 1998, p. 14 ss.

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Tale espressione sostituisce quella precedente di Comunità economica europea. Infatti, con il Trattato UE la denominazione Comunità economica europea (CEE) è stata sostituita con quella di Comunità Europea (CE), per intendere una maggiore integrazione in tutti i settori e non solo in ambito economico.

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centrali. In sostanza, il Trattato sull’UE ha confermato il quadro istituzionale precedente integrandolo con il Comitato delle regioni e con le specifiche strutture dell’unione economica e monetaria.

Per gli Stati membri, il Trattato di Maastricht ha costituito un punto di svolta a livello costituzionale, proprio perché considerato foriero di grandi innovazioni. La questione si è posta anche per quattro dei sei Paesi membri originari, il Belgio40, l’Olanda, l’Italia e il Lussemburgo. In questi Stati, infatti, non è stata necessaria alcuna riforma a livello costituzionale e il Trattato è stato ratificato con legge ordinaria.

In Italia, in particolare, i Trattati istitutivi delle Comunità, e quelli che li hanno modificati, sono stati resi esecutivi, appunto, con legge ordinaria. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 399/1987, mantenendo fermo il rispetto dei diritti fondamentali del nostro sistema costituzionale e dei diritti inalienabili della persona umana, ha stabilito che “le norme comunitarie si

sostituiscono a quelle della legislazione interna e, se hanno derogato a disposizioni di rango costituzionale, devono ritenersi equiparate a quest’ultime in virtù del disposto dell’art.11 della Costituzione”.

In altri termini, nell’ordinamento italiano i Trattati comunitari godono di una “copertura” costituzionale speciale41, fornita dall’art. 11. In più, da tale interpretazione ne discende che, in primo luogo, i Trattati comunitari, anche se eseguiti con legge ordinaria possiedono una forza che consente loro di derogare alla Costituzione ed essere pertanto equiparabili alle norme costituzionali42 con l’unico limite del rispetto dei diritti fondamentali; poi,

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In Belgio pur non ponendosi problemi di costituzionalità, è stato necessario fare approvare il Trattato dalle tre comunità etnico-linguistico, francese, fiamminga e germanofona.

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In questo senso Cfr. C. ZANGHI’, Op. cit., p. 30.

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Tuttavia è da rilevare che a tale proposito la Corte di giustizia delle Comunità europee e la Corte Costituzionale italiana hanno fornito differenti interpretazioni in merito. Mentre la Corte di giustizia ha ritenuto che quelli nazionali siano ordinamenti ormai inseriti nell’ordinamento sovranazionale, così da formare un unico sistema giuridico (V. sent. 9 – 3 –

anche nei confronti delle leggi ordinarie, essi risultano dotati di una particolare forza in quanto possono resistere all’abrogazione derivante da leggi o atti aventi forza di legge43. Per quanto concerne la ratifica del Trattato di Maastricht, si è ritenuto che la copertura offerta dall’art. 11 Cost. abbia escluso la necessità di ricorrere ad una legge di revisione per la sua esecuzione e quindi si è proceduto all’adozione della legge di autorizzazione alla ratifica ed esecuzione del 29 ottobre 1992, n. 454.

In Danimarca, il Trattato è stato approvato sulla base di una generale disposizione di trasferimento di poteri, attraverso l’indizione di un referendum, che ha avuto, però, esito negativo. Le motivazioni del rifiuto danese avevano ad oggetto la terza fase dell’unione monetaria, la cittadinanza dell’Unione, e la partecipazione della Danimarca alla cooperazione giudiziaria e di sicurezza comune, qualora queste avessero determinato significative cessioni di sovranità. Successivamente, sono state poste una serie di garanzie da parte dell’Unione europea, intese a risolvere le preoccupazioni danesi, che si dovevano applicare, quindi, unicamente alla Danimarca, quali la supervisione del Governo danese, nel caso di approvazioni di leggi, garantito il controllo della Corte di Giustizia e dei tribunali nazionali. Si tratta, in sostanza, di una decisione ed una dichiarazione che impegnano contemporaneamente i dodici membri, nonché tre dichiarazioni unilaterali, formulate dalla Danimarca, delle quali il Consiglio europeo ha preso conoscenza. In seguito a ciò, è stato indetto nuovamente il referendum nel

1978, in causa n. 106/77, Amministrazione italiana delle finanze c. S.p.A. Simmenthal, in

Raccolta, 1978), viceversa, la nostra Corte Costituzionale ha sostenuto che debba permanere

una distinzione ed autonomia dogmatica tra gli stessi ordinamenti giuridici. Infatti, secondo la Corte costituzionale i due ordinamenti devono rimanere “autonomi e distinti, ancorché coordinati”, con la conseguenza che al sorgere della norma comunitaria l’ordinamento interno, piuttosto che accoglierla nel suo seno, si ritrarrebbe e non verrebbe in rilievo (V. sent. Corte Costituzionale, Granital, n. 170/1984, in www.cortecostituzionale.it ), in questo

senso Cfr. G. GUZZETTA – F. S. MARINI, Diritto pubblico italiano ed europeo, Torino, 2006, p. 64.

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1993, che, questa volta, ha ottenuto esito positivo. Si è proceduto, così, alla ratifica del Trattato, senza apportare modifiche alla Costituzione.

In Germania, in Francia, in Irlanda, in Spagna e in Portogallo la ratifica è avvenuta, invece, in seguito alle revisioni costituzionali intervenute all’interno degli ordinamenti nazionali.

In Germania, la ratifica del Trattato UE, è stata soggetta all’adozione di una legge costituzionale, la legge del 21 dicembre 1992, che ha inserito nella Costituzione nuove disposizioni. La legge in questione ha previsto la partecipazione all’Unione attraverso una formulazione più ampia, laddove vengano previsti i trasferimenti di sovranità attraverso una semplice legge, ha disposto, altresì, la previsione di altre disposizioni, che introducano espressamente il diritto di voto e il diritto di eleggibilità a beneficio dei cittadini dell’Unione, ed in ultimo, ha previsto il trasferimento di competenze dalla Bundesbank alla Banca Centrale Europea.

In Francia44, il Conseil constitutionnel, al momento in cui è stato interpellato a pronunciarsi in merito alla costituzionalità del Trattato di Maastricht, con la decisione del 9 aprile 1992, ha sostenuto che, alcune sue previsioni, si ponevano in contrasto con la Costituzione. In particolare riguardo al riconoscimento del diritto di voto e del diritto di eleggibilità ai non cittadini francesi; all’istituzione di una Unione economica e monetaria, e alle misure relative all’entrata ed alla circolazione delle persone. La legge costituzionale n. 92-554, adottata il 25 giugno 1992, ha aggiunto un nuovo

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In Francia, anteriormente alla revisione del giugno 1992, non esisteva nei testi costituzionali, alcuna base specifica per la partecipazione alle Comunità europee. L’unica base utilizzabile era costituita da una parte del preambolo della Costituzione del 27 ottobre 1946 che dispone “sous riserve de réciprocité, la France consent aux limitations de

souveraineté nécessaires à l’organisation et à la défense de la paix”. Con le successive

riforme, la Costituzione francese, riconosce ai trattati internazionali regolarmente ratificati “une autorità supérieure à celle des lois”, ex art. 55, e prevede anche la possibilità di sottoporli, prima della relativa ratifica, ad un controllo di costituzionalità ad opera del

Conseil Constitutionnel, ex art. 54. Nel caso in cui il Consiglio dichiari l’incompatibilità del

trattato internazionale con la Costituzione, l’autorizzazione a ratificare il trattato non può intervenire se non dopo una revisione costituzionale, in questo senso Cfr. C. ZANGHI’, Op.

titolo, il titolo XIV, ed in particolare l’art. 88 che risolve le incompatibilità sopra dette e attribuisce valore costituzionale alla partecipazione della Francia al processo di integrazione comunitaria. La ratifica del Trattato è stata poi approvata attraverso referendum popolare45.

In Irlanda, secondo la procedura già adottata per l’adesione alle Comunità e per la successiva ratifica dell’Atto Unico, una revisione costituzionale e il referendum hanno autorizzato lo Stato a ratificare il Trattato sull’Unione Europea e a diventare membro dell’Unione stessa.

Per il Portogallo si è proceduto alla modifica della Costituzione46, ex art. 7, co. 6, così introdotto, è stata prevista la delega di alcuni poteri necessari alla costruzione europea. Ciò ha permesso, successivamente, la ratifica del Trattato.

Anche per la Spagna è stata necessaria la modifica della Costituzione prima, e poi l’approvazione del Trattato. Infatti, a seguito della decisione del Tribunale Costituzionale del primo luglio del 1992, il Parlamento ha prima approvato il testo modificato della Costituzione (22 e 30 luglio 1992) e, quindi, approvato il Trattato sull’Unione europea, con deliberazione, prima, del Congresso dei deputati il 29 ottobre 1992 e con deliberazione successiva del Senato il 25 novembre 1992.

Per la Svezia, la Finlandia e l’Austria, che si sono uniti all’Unione dopo l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, non è stata ritenuta sufficiente la disposizione contenuta nelle rispettive Costituzioni sul trasferimento di poteri. Infatti, l’Austria ha operato una revisione integrale della Costituzione e ha previsto l’adozione di un atto costituzionale speciale in modo da facilitare

45

Cfr. B. BEUTLER – R. BIEBER – J. PIPKORN – J. STREIL – J. H. H. WEILER,

L’Unione europea, Bologna, 2001, p. 43 ss.

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Si è proceduto alla modifica della Costituzione approvata dall’assemblea della Repubblica il 17 novembre 1992.

l’adesione. La Svezia ha, invece, previsto una disposizione47 ad hoc, all’interno del sistema di normazione, per l’Europa. Mentre l’ordinamento giuridico finlandese, in particolare la Costituzione, non prevedeva alcuna norma sul trasferimento dei poteri che, peraltro, non è stata inserita neanche al momento dell’adesione, disponendo così l’adozione di un atto specifico che permettesse l’adesione al Trattato UE.

Tralasciando le considerazioni sui tre Stati, che sono diventati membri successivamente, per gli Stati già membri la questione della ratifica del Trattato di Maastricht è stata molto lunga proprio a causa delle questioni costituzionali che si sono poste all’interno degli ordinamenti nazionali, ciò ha condotto al ritardo riguardo all’entrata in vigore del Trattato stesso.

L’inizio della costituzionalizzazione dei Trattati comunitari: la

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