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I procedimenti adottati dagli ordinamenti nazionali per la ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

Nelle intenzioni degli Stati membri che hanno promosso il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, esso dovrebbe contenere la “Costituzione europea”, che oggi non è ancora operativa, in quanto in attesa di ratifica da parte degli stessi Stati.

Secondo il diritto dell’Unione europea, e quindi dal punto di vista normativo, non ha importanza quale sia la procedura prescelta per giungere alla ratifica del Trattato, la questione è affidata alla sovranità di ogni Stato membro, che è libero di configurare la procedura interna di ratifica secondo il proprio ordinamento costituzionale.

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Cfr. B. DE WITTE, “La dimensione nazionale della revisione dei Trattati europei”, Op.

Dunque, l’autonomia di ogni Stato membro si ravvisa nel determinare le forme e le procedure di ratifica del Trattato, in conformità con le disposizioni previste dalle proprie Costituzioni nazionali. A ciò si deve aggiungere il coinvolgimento dei cittadini nelle procedure di approvazione, nelle forme di democrazia diretta, rappresentativa o partecipativa, secondo le tradizioni costituzionali di ogni ordinamento.

È da rilevare che, mentre il procedimento di ratifica e l’entrata in vigore del Trattato restano inalterati, il Trattato introduce alcuni cambiamenti in riferimento alla sua futura revisione. Infatti, la condizione delle ratifiche nazionali in tutti gli Stati è valida anche per le revisioni future, dunque il legame tra le Costituzioni nazionali e il Trattato europeo è mantenuto anche per il futuro.

Per quanto concerne la ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, è da rilevare che il processo di costituzionalizzazione dell’Unione europea è entrato in una nuova fase, ossia la ratifica da parte degli Stati membri. La scelta delle procedure e gli esiti della ratifica negli Stati membri, infatti, condizioneranno, non solo la sua applicazione o la sua efficacia all’interno di ogni Stato membro, ma addirittura l’entrata in vigore del Trattato.

Quindi, il processo di ratifica all’interno di ogni Stato membro avrà inevitabilmente delle ricadute sul futuro dell’Unione europea. Ciò non è rilevante solo nel caso di una mancata ratifica356, che chiaramente vincola, come abbiamo detto, l’entrata in vigore del Trattato, ma anche su come la ratifica avverrà negli Stati membri, al fine di una maggiore legittimazione

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Tuttavia, in dottrina è sostenuta la tesi che anche in caso di mancato completamento dell’iter delle ratifiche il testo del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa potrebbe essere preso a riferimento come un ulteriore tassello nell’evoluzione del diritto comunitario, in questo senso Cfr. G. DE VERGOTTINI, “Tradizioni costituzionali comuni e costituzione europea”, Op. Cit.

democratica dell’Unione e di una maggiore consapevolezza di appartenenza all’Unione europea da parte del suo popolo.

In particolare, il problema è se il Trattato venga recepito da parte degli Stati con un procedimento ordinario di revisione dei Trattati, come peraltro è avvenuto in precedenza per gli altri Trattati, o se porre in essere una ratifica di rango costituzionale proprio per dare vita ad una vera Costituzione europea. Ciò pone il problema dell’adeguatezza delle ordinarie procedure di ratifica previste dalle Costituzioni nazionali per i Trattati europei, ma pone anche il problema, per niente marginale, di vincolare da parte delle Costituzioni nazionali, in maniera sempre maggiore, la loro sovranità nazionale. Infatti, molti Stati membri, inseguito alla ratifica del Trattato di Maastricht357, hanno introdotto nelle loro Costituzioni nuove european clauses358 dotando, in questo modo, gli ordinamenti costituzionali di norme ad hoc per la ratifica dei Trattati dell’Unione europea, che comportano ulteriori limitazioni di sovranità da parte degli Stati membri. Mentre, per gli Stati membri di nuova acquisizione, all’interno delle loro Costituzioni, vengono previste, a monte, delle procedure aggravate per la ratifica dei Trattati comunitari. Tuttavia, esistono degli Stati membri, tra i quali l’Italia, che hanno scelto la ratifica con legge ordinaria esprimendo così, non la volontà generale, ma l’indirizzo politico di Governo evitando di indire in merito un referendum popolare o una procedura di legislazione costituzionale.

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Appunto clausole europee, che disciplinano le condizioni per la ratifica dei trattati dell’Unione. Già relativamente al Trattato di Maastricht, che trattava delle materie tipicamente costituzionali, quali la cittadinanza, lo jus admittendi sul territorio nazionale, il diritto di battere moneta, e che quindi vincolava ed erodeva in gli aspetti decisivi della sovranità nazionale degli Stati membri, la ratifica del Trattato è avvenuta, in alcuni Stati membri, quali Francia, Spagna, Germania e Danimarca, solo inseguito ai dibattiti costituzionali sviluppatesi e che prevedevano in alcuni casi l’intervento delle Corti costituzionali, apportando modifiche alle Costituzioni nazionali, o che disponevano, in altri casi, la celebrazione di referendum popolari.

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Quantunque, da più parti si sono levate voci di dissenso rispetto a un metodo che esclude i cittadini italiani da una decisione tanto importante per il futuro dei rapporti tra lo Stato e l’ordinamento comunitario, in quanto il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa non può essere paragonato ad un qualsiasi trattato internazionale.

Abbiamo, allo stato attuale, quattro tipi di procedura per la ratifica dei Trattati europei. La ratifica con legge ordinaria, tendenza assolutamente minoritaria, ossia la Costituzione nazionale non prevede particolari requisiti per la ratifica dei Trattati, e quindi lo strumento di ratifica è preceduto da una semplice legge ordinaria da parte del Parlamento359. La ratifica con revisione

costituzionale, in alcuni casi, si prevede un controllo di costituzionalità

preventivo in merito alle disposizioni contenute nel Trattato da ratificare, in

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È il caso dell’Italia che, ex art. 11 Cost., fornisce una autorizzazione preventiva da parte della Costituzione ad acconsentire alle limitazioni di sovranità necessarie alla partecipazione all’Unione europea, in modo tale che le singole ratifiche dei Trattati europei possano avvenire con legge ordinaria del Parlamento. È stato sostenuto in dottrina che i motivi per cui il fondamento costituzionale non è rinvenibile nell’art. 11 della Costituzione in quanto le limitazioni di sovranità di cui parla l’articolo in questione sembrano doversi riferire alla sovranità dello Stato nell’ordinamento internazionale e non alla sovranità popolare nell’ordinamento interno; anche se i limiti contenuti nell’art. 11 Cost. possano essere intesi come limiti alla sovranità, ma tale articolo venne concepito per essere applicato alle organizzazioni di respiro mondiale le quali si caratterizzano per l’imposizione di singole e puntuali limitazioni della sovranità da autorizzare di volta in volta nel diritto interno, mentre resta estraneo al suo meccanismo di funzionamento l’autorizzazione con legge ordinaria d’una limitazione di sovranità una volta per sempre, in modo illimitato e permanente; infine, se il dispositivo contenuto nell’art. 11 Cost. fosse inteso in questo senso sarebbe, in sostanza, una procedura di revisione costituzionale alternativa a quella prevista dall’art. 138 Cost., in questo senso Cfr. A. VIGNUDELLI, “Sulla forza del Trattato costituzionale europeo”, in

Quaderni Costituzionali, 2005, p. 159 ss.; Cfr. L. GIANNITI, “La ratifica del Trattato

costituzionale europeo”, in Quaderni Costituzionali, 2005, p. 664 ss.. In realtà, per tutte queste motivazioni, a nostro parere, affinché il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, sia tale non solo rationae materiae ma anche quanto a forza giuridica, dovrebbe essere recepito attraverso una legge di revisione costituzionale ex art. 138 Cost. , anche se in dottrina c’è chi sostiene che sarebbe meglio propendere per una scelta referendaria, in questo senso Cfr. I. NICOTRA, Op. Cit., p. 165 ss. Di recente si rileva nell’ordinamento giuridico italiano, in merito alla modifica dell’art. 138 Cost., un vivace dibattito, in questo senso Cfr. N. ZANON, “Il lascito del 25 e 26 giugno: perché modificare l’art. 138 cost.?”, in

www.forumcostituzionale.it, agosto 2006. Cfr., altresì, A. D’ANDREA, “Irrigidire la revisione costituzionale? Le ragioni del sì”, in www.forumcostituzionale.it, settembre 2006. Cfr., ancora, S. F. REGASTO, “La modificabilità dell’art.138 Cost.: l’a priori logico della discussione sull’innalzamento del quorum deliberativo”, in www.forumcostituzionale.it, settembre 2006.

modo tale che la Costituzione nazionale sia preventivamente adeguata alla normativa da recepire, ciò è previsto dalle Costituzioni Francese e Spagnola, mentre la Costituzione Irlandese dispone la ratifica con revisione costituzionale attraverso un emendamento costituzionale. La ratifica

attraverso i referendum europei che si distinguono in referendum per

l’adesione all’Unione europea; referendum liberamente attivati dai governi nazionali; referendum costituzionali; referendum consultivi. La ratifica con

legge organica, infine, la cui approvazione esige una maggioranza qualificata.

Tale procedimento è previsto in quegli ordinamenti, in particolare in Danimarca, in Lussemburgo e negli Stati di nuova adesione, in cui la procedura di revisione costituzionale è assai complessa, in modo tale che la ratifica dei trattati internazionali, che comporta la limitazione dei diritti sovrani, avvenga attraverso una procedura più garantista e più rigida di una comune legge ordinaria del Parlamento, ma che è meno complessa e lenta di una revisione costituzionale.

La mancata ratifica del Trattato da parte della Francia e

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