Il quinto allargamento della storia dell’integrazione europea, parte da lontano e consta di tre periodi fondamentali : la firma degli accordi di associazione202, sottoscritti dall’Unione Europea con i Paesi PECO203, erano stati già previsti nel 1989 durante il Vertice di Strasburgo; l’applicazione dei criteri sopraccitati, decisi durante il Vertice di Copenaghen nel 1993, ha rappresentato l’incipit del lungo percorso di avvicinamento dei Paesi PECO; l’avvicendamento che si è compiuto dall’apertura dei veri e propri negoziati all’adesione.
Il Trattato di Nizza, come precedentemente detto, aveva previsto una serie di decisioni tali da rendere possibile, in modo formale, l’allargamento dell’Unione europea senza ulteriori riforme. Tuttavia, tale Trattato si concludeva con la “Dichiarazione sul futuro dell’Unione”, affidando il
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Per alcuni Paesi candidati sono stati previsti già dal 1989 degli strumenti di preadesione: Programma PHARE (Poland and Hungary: action for the restructuring of the economy) che proponeva la creazione di istituzioni e strutture amministrative in conformità con l’adeguamento dei paesi candidati alle norme previste nell’acquis. Successivamente, nel 2000, relativamente alle politiche agricole si è avuto il Programma SAPARD (Special
assistance programme for agriculture and rural development) e il Programma ISPA
(Instrument for structural policies for pre-accession) per il campo ambientale, infrastrutturale e trasporti.
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compito di un successivo processo riformatore ad una nuova Conferenza Intergovernativa, e quindi prevedendo già la convocazione di tale conferenza nella Dichiarazione allegata al Trattato stesso.
A tale scopo veniva istituita e convocata la Convenzione europea204, alla quale era stata affidata la funzione di presentare alla Conferenza Intergovernativa del 2003-2004 un progetto di riforma complessivo.
Il Vertice di Laeken del dicembre 2001, inoltre, aveva nominato una presidenza della Convenzione europea205 ed aveva approvato una dichiarazione con la quale veniva conferito il mandato attraverso cui i quindici Stati membri venivano accreditati alla Convenzione, secondo la redazione di quattro capitoli: “Una migliore ripartizione, definizione delle competenze dell’Unione”; “La semplificazione degli strumenti dell’Unione”; “Più democrazia, trasparenza ed efficienza nell’Unione”; “La via verso una costituzione per i cittadini europei”.
Da un punto di vista formale, la Convenzione avrebbe dovuto elaborare sostanzialmente delle proposte per la successiva Conferenza Intergovernativa, che sarebbe stata libera di approvarle o modificarle in parte o completamente. In realtà, le proposte sono state trasformate dando adito alla creazione di profondi contrasti tra gli Stati membri. In ogni caso, i temi principali, su cui si è mosso il processo riformatore traggono origine da cinque grandi aree, ossia la semplificazione dei Trattati, la Costituzione europea, l’estensione del voto a maggioranza come regola generale per le decisioni comunitarie, l’architettura di vertice dell’Unione, la definitiva nascita di una politica estera e di difesa europea.
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La Convenzione europea è composta da 105 membri rappresentativi del Parlamento europeo, della Commissione europea, dei Parlamenti nazionali. Inoltre, ad essa partecipano i rappresentanti dei Parlamenti dei paesi candidati, i rappresentanti del Comitato delle regioni e i rappresentanti del Comitato economico e sociale.
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Tale presidenza è composta da Valèry Giscard d’Estaing, Giuliano Amato e Jean-luc Dehaene.
Per quanto concerne la semplificazione dei Trattati, l’obiettivo su cui l’Unione ha insistito, e ancora oggi insiste, è quello di una più chiara definizione, secondo il principio di sussidiarietà, della ripartizione di competenze tra i vari livelli: regionale, nazionale e comunitario. Corollario di tale obiettivo è una ripartizione chiara tra fonti normative primarie e secondarie.
In questa direzione si muove l’idea di Costituzione206 europea, la quale rappresenta la somma del processo di costituzionalizzazione della Carta dei diritti fondamentali, dei principi che assegnano maggiore rilevanza sovranazionale alle istituzioni comunitarie e delle nuove procedure per i futuri emendamenti al Trattato.
Il confronto sulla procedura di voto tra coloro che insistono per l’estensione del voto a maggioranza e i sostenitori del mantenimento, in alcune materie, del voto all’unanimità, e quindi del diritto di veto, rappresenta il nodo politico più importante dell’intero processo riformatore. È certo che il mantenimento del diritto di veto per ogni singolo Stato membro, rappresenti per l’Europa a venticinque, e poi eventualmente a ventisette, un motivo di rallentamento delle politiche comunitarie, in termini di efficienza e di rapidità nella adozione delle sue decisioni.
Riguardo all’architettura di vertice dell’Unione europea sono state esaminate due diverse proposte. La prima proposta, sostenuta dalla Gran Bretagna, dalla Spagna e dall’Italia, ha presentato la possibilità di una doppia presidenza, con un presidente della Commissione forte della legittimazione che gli deriverebbe dall’elezione diretta del Parlamento europeo e la nuova figura di presidente del Consiglio europeo con incarico pluriennale scelto dai governi nazionali. La seconda proposta è stata presentata dalla stessa
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In realtà è un “Trattato che adotta una Costituzione per l’Unione europea”. È dubbia, a tutt’oggi, la natura giuridica di tale atto. “È una Costituzione o un Trattato?”, in questo senso Cfr. G. AZZARITI, “Il Trattato costituzionale europeo: un corpo senz’anima”, in Quaderni
Commissione che, nel progetto Penelope, ha prospettato l’idea di una figura di vertice unica che concentri nella stessa le funzioni di presidenza del Consiglio europeo e di presidenza della Commissione.
Inoltre, la crescita delle competenze comunitarie nei settori PESC207 e PESD208 è diventata fondamentale per la vita dell’Unione europea. Tanto è vero che è stata proposta la figura unica del ministro degli Esteri europeo e l’estensione del voto a maggioranza anche per quelle materie che, fino a questo momento, sono state caratterizzate da maggiore intergovernatività.
Tuttavia, i cambiamenti importanti sono sempre fonte di preoccupazioni e il quinto allargamento dell’Unione europea non fa eccezione. L’esperienza dei precedenti ampliamenti dell’Unione hanno dimostrato che il vecchio e il nuovo si integrano facilmente e che, quando sorgono tensioni nel breve periodo, queste sono subito controbilanciate da effetti positivi più a lungo termine. Insomma, le analisi, gli studi e le valutazioni fatte concordano nel concludere che i vantaggi e le possibilità offerti dall’ampliamento superano di gran lunga gli ostacoli, i costi ed i rischi del processo stesso.