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Dall’Europa a sei all’Europa a quindici Gli Stati europei volevano entrare nella Comunità per migliorare le loro

condizioni.

Il Trattato CECA, il Trattato CE e il Trattato CEEA, già prevedevano con le loro disposizioni l’idea di una Comunità europea allargata. In particolare, l’art. 237 del TCE disponeva la possibilità da parte di ogni Stato europeo di chiedere di diventare uno Stato membro delle Comunità europee. Le condizioni di ammissione e i successivi e conseguenti adattamenti del Trattato preesistente sarebbero stati l’ oggetto di uno specifico accordo di adesione179 fra gli Stati membri e lo Stato che ne avesse fatto richiesta.

177

Cfr. M. FIORAVANTI – S. MANNONI, “Il “Modello Costituzionale” europeo: tradizioni e prospettive”, in G. BONACCHI, (a cura di), Una Costituzione senza Stato, Bologna, 2001, p. 32.

178

Cfr. G. TESAURO, “Sovranità degli Stati e integrazione comunitaria”, in Il Diritto

dell’Unione Europea, 2006, p. 235 ss.

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Prima della nascita dell’Unione europea, esistevano tre distinte procedure di adesione, ex art. 98 Trattato CECA, ex art. 237 Trattato CE, ex art. 205 Trattato CEEA, quante erano, appunto, le Comunità europee. Il Trattato di Maastricht, ai sensi dell’art. O, ha uniformato le

Nel 1961, la Gran Bretagna presentava la domanda di adesione. Dopo due anni di trattative, durante i quali l’opposizione francese era ancora molto forte nei confronti delle posizioni tenute dal Regno Unito. La conseguenza naturale a tale ostilità è stata che, nel 1963, i negoziati per l’adesione della Gran Bretagna, venivano bruscamente interrotti.

Nel 1967, insieme all’Irlanda, alla Danimarca e alla Norvegia, la Gran Bretagna ripresentava la domanda di adesione. Le condizioni erano decisamente diverse. Vi era un atteggiamento politico francese sostanzialmente differente rispetto alla presentazione della prima domanda di adesione. Così, il Consiglio delle Comunità decideva che potevano essere riaperti i negoziati, che si sarebbero, poi, conclusi nel gennaio del 1972, con la firma del Trattato di adesione. Il 1° gennaio del 1973180, il Trattato di adesione, dunque, entrava in vigore limitatamente alla Gran Bretagna181, all’Irlanda182 e alla Danimarca. La Norvegia, invece, rimaneva fuori dalle Comunità, in quanto il Trattato di adesione veniva sottoposto a referendum popolare e l’esito fu sfavorevole all’entrata di detto Stato nella Comunità europea. Si esauriva così la prima fase dell’allargamento, da sei membri originari la Comunità europea passava a nove membri.

procedure di adesione, sul modello di quella prevista dal Trattato CE, il questo senso Cfr. F. POCAR, Diritto dell’Unione e delle Comunità europee, Milano, 1997, p. 58 – 59.

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Con l’ingresso dei tre paesi la Comunità saliva a 252 milioni di abitanti, superando in termini demografici sia gli Stati Uniti sia l’Unione Sovietica.

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In Gran Bretagna, prima con un governo laburista e poi con il governo conservatore della “lady di ferro” si ebbe un processo di “adesione infinita” che ancora oggi non è terminato. Infatti, la sensazione è che la Gran Bretagna abbia aderito controvoglia a un’organizzazione che in fondo non ha mai capito e mai condiviso si è limitata a subire. Testimonianza di ciò è il fatto che gli Inglesi hanno sempre accettato le proposte degli altri degli altri ma sempre con forti resistenze dando l’impressione all’opinione pubblica interna che la Gran Bretagna fosse, in sostanza, vittima di un sopruso; in questo senso Cfr. R. PERISSICH, “Il concetto di allargamento nella storia dell’Unione”, in S. GUERRIERI, A. MANZELLA, F. SDOGATI, (a cura di), Dall’Europa a quindici alla grande Europa. La sfida istituzionale, Bologna, 2001, p. 52.

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La Gran Bretagna e l’Irlanda abbandonavano contemporaneamente la loro partecipazione all’ European Free Trade Association (EFTA).

Al fine di accogliere i nuovi arrivati la composizione delle istituzioni subiva modifiche importanti. Infatti, con l’inserimento di due commissari inglesi, di uno irlandese e di uno danese la Commissione saliva da 9 a 13 membri. Il numero dei rappresentanti in Parlamento saliva da 142 a 198, mentre per il Consiglio si procedeva ad un nuovo calcolo183 dei voti portandoli complessivamente da 17 a 58. Tuttavia, ad eccezione del Lussemburgo, che fu penalizzato, venivano confermati, in termini di voti, i rapporti che, in precedenza, erano stati stabiliti.

Nel 1975, la Grecia184 presentava domanda di adesione, il Consiglio era sostanzialmente favorevole e così, nel 1976, iniziavano i negoziati che si conclusero con la firma del Trattato di adesione nel 1979 e che, poi, entrava in vigore il 1° gennaio del 1981. Il numero di Stati membri saliva, in questo modo, da nove a dieci. Con l’ingresso della Grecia, i membri della Commissione salivano da 13 a 14; i membri del Parlamento europeo da 410185 a 434, mentre all’interno del Consiglio la Grecia ottenne cinque voti: la maggioranza qualificata passò dal 70,5% al 71,5%. Non furono apportate modifiche rilevanti, ma venne resa più insidiosa l’applicazione del principio dell’unanimità, in quanto la partecipazione di un paese del mediterraneo, come la Grecia, avrebbe accresciuto, in modo notevole, il grado di differenziazione all’interno della medesima Comunità186.

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Con il nuovo sistema Francia, Italia, Germania e Inghilterra ottennero 10 voti; Olanda e Belgio ebbero 5 voti; Danimarca e Irlanda 3; al Lussemburgo 2.

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È da rilevare che la Grecia già nel 1961 aveva concluso con la Comunità europea un accordo di associazione ex art. 238 TCE, ma l’accordo veniva sostanzialmente congelato a causa di assetti per lo più politici, dovuti alla perdita del carattere democratico dello Stato.

185

Nel 1979 ci fu la prima elezione a suffragio universale del Parlamento europeo che comportò l’aumento dei suoi membri da 198 a 410, ma non fu prevista nessuna attribuzione allo stesso Parlamento di nuovi poteri.

186

Cfr. S. GUERRIERI, “Dalla Comunità a sei all’Unione a quindici. La costruzione europea tra allargamento e approfondimento”, in S. GUERRIERI, A. MANZELLA, F. SDOGATI, (a

cura di), Dall’Europa a quindici alla grande Europa. La sfida istituzionale, Bologna, 2001,

Il Portogallo187 e la Spagna188 presentavano domanda di adesione nel 1977. Perciò, tra il 1978 e il 1979, venivano aperti formalmente i negoziati che durarono a lungo a causa dei forti contrasti che sorsero in seno agli Stati membri. Finalmente, nel 1985, venne firmato il Trattato di adesione e il 1° gennaio del 1986 la Spagna e il Portogallo entrarono a far parte, ufficialmente, della Comunità europea.

Sul piano istituzionale le modifiche apportate risultarono di rilievo. Infatti, vennero attribuiti due Commissari alla Spagna e uno al Portogallo, in quel momento la Commissione risultava essere composta da 17 membri. Il numero dei deputati del Parlamento europeo saliva a 518 e in seno al Consiglio venivano assegnati 8 voti alla Spagna e 5 al Portogallo. La maggioranza qualificata si attestava intorno al 70 %. Tuttavia, nonostante le paure di un possibile blocco dell’integrazione europea visto il numero, in crescita, di Stati membri, l’Europa a dodici funzionava, in realtà, in modo più efficiente rispetto a quella composta dai nove Stati membri.

Con la conclusione dell’Atto Unico Europeo nel 1986, gli Stati membri della Comunità, consapevoli che, i successivi ampliamenti geografici delle Comunità europee, avrebbero inevitabilmente condotto ad un rallentamento della realizzazione degli obiettivi della stessa Comunità, decisero di non prendere in considerazione altre domande e, dunque, di non avviare altri negoziati fino a quando non sarebbe stato realizzato e completato il mercato unico.

All’indomani della conclusione del Trattato di Maastricht, il Consiglio europeo di Lisbona, del 1992, si pronunciava, invece, in maniera favorevole all’apertura di negoziati verso quei Paesi che ne avevano fatto richiesta. Infatti, appena si conclusero le procedure interne per la realizzazione del mercato unico, vennero aperti nuovi negoziati.

187

Il Portogallo alla stregua dell’Irlanda e della Gran Bretagna cessò di far parte dell’EFTA al momento dell’entrata in vigore del Trattato di adesione alla Comunità europea.

188

L’Austria, la Finlandia, la Norvegia e la Svezia, durante il vertice di Corfù del 1994, sottoscrissero gli accordi di adesione. Gli Stati richiedenti sottoposero, nel loro ordinamento interno, l’adesione a referendum. I referenda diedero esito favorevole all’entrata nella Comunità, in Austria, in Finlandia e in Svezia. In Norvegia, anche questa consultazione, come quella precedente, diede esito sfavorevole. Dunque, nel 1995 il numero di Stati membri dell’Unione europea era salito a quindici.

Insomma, il complesso dei Paesi europei si trovò ad affrontare un nuovo scenario di allargamento dell’Unione europea, dovuto, in particolare, al crollo dei regimi comunisti in Europa centro-orientale. Ciò, inevitabilmente, comportava la caduta degli impliciti confini geografici che in qualche modo, fino a quel momento, avevano delimitato le prospettive di allargamento della Comunità.

Si pervenne a tale situazione attraverso un percorso maturato in tre tempi, nel biennio 1990-1991, e dal punto di vista politico venne sancito dall’accordo che portò alla ratifica del Trattato di Maastricht.

L’Europa scelse di allargarsi, in un primo tempo, alla Germania dell’est189, in un secondo momento a Svezia, Austria e Finlandia e, infine, in un terzo momento agli altri Paesi dell’Europa centro-orientale190. In altri termini, la fine della guerra fredda ebbe tre effetti preponderanti: la questione della riunificazione tedesca, l’accelerazione del processo di avvicinamento alla Comunità europea dei Paesi dell’EFTA e la possibilità di un graduale allargamento ai Paesi ex comunisti.

In conclusione, si può affermare che l’esperienza storica mette in luce le tante sfide poste in essere dagli allargamenti avvenuti in seno all’Unione europea in generale, in particolare dall’ allargamento effettuato in questo

189

Sul piano istituzionale, in seguito al nuovo peso della Germania, all’interno del Consiglio non ci fu alcuna modifica nel sistema di ponderazione dei voti. In seno,invece, al Parlamento europeo i deputati tedeschi salirono da 87 a 99.

190

periodo storico. Tali sfide hanno portato e portano in sé elementi positivi, quando si decide di perseguire delle finalità ben delineate, stabilendo un legame di forza tra le politiche e il miglioramento degli assetti istituzionali.

Un processo senza precedenti nella storia dell’Unione europea:

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