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1 1 Contratto versus rapporto: le ricostruzioni di Mancini e Scognamiglio

Significativa a tal proposito è la posizione sostenuta da Federico

Mancini. Esaltando l’elemento dell’organizzazione del lavoro come fonte

di situazioni giuridiche soggettive sostanzialmente autonome dal

contratto - pur sempre all’interno di una prospettiva strettamente

civilistica -, questo Autore circoscrive la funzione dell’atto negoziale a

quella di titolo dal quale nasce l’obbligo, gravante sul prestatore di

lavoro, di lavorare dietro retribuzione. Dal contratto, in altre parole,

nascerebbe unicamente l’obbligo retribuito del prestatore di mettere a

disposizione dell’altra parte una determinata quantità di energie –

scambio identificabile con la causa stessa del contratto -. Il resto delle

posizioni giuridiche soggettive in cui si sostanzia tale scambio ed “in

particolare, la destinazione ulteriore di tali energie e perciò il governo

che il creditore ne faccia” vengono invece fatte derivare quali effetti non

del contratto (al quale rimarrebbe estraneo l’interesse datoriale alla

destinazione dell’attività promessa), bensì del rapporto, definibile come

“il concreto complesso dei poteri e dei doveri intercedenti tra le parti”

gravitanti intorno alle obbligazioni principali di lavorare e di retribuire il

lavoro. Subordinazione ed eterodirezione, in quanto relazionate con

l’interesse datoriale finale – non ricompreso nel contratto, bensì rivelatesi

solo sul diverso piano del rapporto -, non troverebbero pertanto

261

Ciò sarebbe una conseguenza dell’ambiguità del Codice sul punto, derivante dalla compresenza negli artt. 2094 e ss. c.c. di due anime distinte e per certi versi contrapposte, “l’una, di ispirazione fondamentalmente civilistica, che prescinde dalla posizione imprenditoriale del datore di lavoro e induce, conseguentemente, ad identificare il dovere di prestazione del lavoratore subordinato col semplice dovere di esecuzione dell’attività lavorativa o anche con un dovere di collaborazione ad un «risultato organizzativo», la cui rilevanza contrattuale è necessariamente circoscritta all’apporto della specifica prestazione lavorativa; l’altra di ispirazione commercialistica, che tende a far coincidere il lavoro subordinato col lavoro prestato nell’impresa ed induce, perciò, a dilatare l’area debitoria del prestatore di lavoro, fino a farla coincidere con un dovere di collaborazione ad un «risultato organizzativo», inteso in senso ampio e coincidente con la stessa organizzazione aziendale”. L’intenzionale elusività del Codice sul punto, che si limita a giustapporre le due anime menzionate determina la possibilità di ricostruzioni e interpretazioni tutte più o meno sostenibili sulla base dei riferimenti testuali, nessuna delle quali assurge a livello di interpretazione privilegiata. VARDARO

giustificazione “nella logica elementare dello scambio” soprattutto nel

caso di lavoro prestato nell’impresa

262

.

Se la separazione proposta da Mancini tra piano del contratto e

piano del rapporto era funzionale all’obiettivo di delimitare la

responsabilità contrattuale del prestatore rispetto alla responsabilità

disciplinare, la sua ricostruzione teorica fu sostanzialmente

marginalizzata soprattutto in conseguenza del fatto che lo stretto

ancoraggio dei poteri imprenditoriali alla fonte contrattuale veniva

percepita dalla dottrina maggioritaria quale passaggio obbligato per il

consolidamento di una sistematizzazione più equilibrata della posizione

delle parti nel rapporto; rappresentava, nell’ancora fragile contesto

democratico, la tensione ideale verso la possibilità di una loro stretta

funzionalizzazione agli interessi tecnico-produttivi ed organizzativi di

un’impresa non più intesa in termini oggettivi, di una loro limitazione

allo scambio oggetto del contratto.

Altro Autore significativo in questa prospettiva è Renato

Scognamiglio

263

. Egli si fa interprete di un’opzione ricostruttiva che, al di

là di semplicistiche assimilazioni con opzioni di taglio più propriamente

a-contrattualista, non nega né l’origine contrattuale del rapporto di lavoro

e neppure l’ammissibilità di una sia pur limitata capacità dispositiva delle

parti contrattuali nella determinazione (nel senso del miglioramento)

delle condizioni economiche e normative dello scambio ovvero nelle

vicende modificative ed estintive del rapporto.

Scognamiglio, piuttosto, contesta che la struttura e la funzione del

rapporto possa realisticamente essere ricondotta ed appiattiva dentro lo

schema concettuale e normativo del contratto

264

. Egli ritiene che

l’oggetto del diritto del lavoro debba identificarsi non già con il contratto,

quanto piuttosto con il “rapporto fondamentale”, consistente nella messa

a disposizione dell’altrui organizzazione aziendale delle energie

psicofisiche del lavoratore

265

; mentre la subordinazione, intesa quale

assoggettame nto ai poteri datoriali, deve essere ricondotta al distinto

piano degli effetti della fattispecie e non sul piano della causa del

262 M

ANCINI F., La responsabilità contrattuale del …, op. cit. pp. 112 e ss. 263 S

COGNAMIGLIO R., Lezioni di diritto del lavoro. Parte generale, Bari, 1963, spec. pp. 12 e ss. e più recentemente, Id., Rapporto di lavoro e contratto, in Diritto del lavoro. I nuovi problemi …, op. cit. pp.745 e ss.

264

Sul punto si veda anche SCOGNAMIGLIO R.,Negozio giuridico e autonomia privata, in AA. VV., La civilistica italiana dagli anni ’50 ad oggi tra crisi dogmatica e riforma legislative. Congresso dei civilisti italiani, Venezia 23-26 giugno 1989, Cedam, Padova, 1991, p 302.

265

“Il disegno di ricondurre il diritto del lavoro all’ambito del rapporto, piuttosto che del contratto, di lavoro subordinato non vuole significare, giova appena precisarlo, l’adesione alle teorie acontrattualistiche e in special modo a quella istituzionalistica (…)”. SCOGNAMIGLIO R., La disponibilità del rapporto di lavoro subordinato, RIDL, 2001, I, pp. 112.

contratto.

Essa consiste nella situazione soggettiva del prestatore di

lavoro che si trova costretto a (e dunque sceglie solo in senso meramente

relativo di) prestare la propria opera per la realizzazione di obiettivi ed

interessi alieni ed a conformare la propria prestazione alle esigenze ed

alle modalità imposte dall’azienda. Che la fattispecie fondamentale del

diritto del lavoro non sia il contratto, bensì il rapporto si deduce

facilmente, secondo questo Autore, dall’analisi della disciplina

lavoristica tutta rivolta alla regolamentazione dello svolgimento di

quest’ultimo

266

.

Queste opzioni ricostruttive se da un lato hanno avuto (ed hanno

tuttora) il merito di chiarire che, (almeno) nel contesto del lavoro

subordinato, parlare di contratto nel senso di strumento di

autoregolamentazione di contrapposti interessi per mezzo dell’incontro di

libere volontà individuali è quantomeno superficiale e fuorviante e,

dunque, hanno contribuito a spingere la dottrina più propriamente

contrattualista ad approfondire la discussione giuridica sulla rilevanza del

contratto individuale

267

, dall’altro sono state sostanzialmente emarginate,

e ciò nono stante, per alcuni versi, molte delle argomentazioni che ne

stanno alla base siano state riprese da altra parte della dottrina

268

. Al di là

della fondatezza e per certi versi l’irrefutabilità delle critiche che sono

state mosse loro dalla dottrina

269

, ciò è avvenuto, si crede, in ragione

266 S

COGNAMIGLIO R., Rapporto di lavoro e contratto …, op. cit. pp. 702 e ss.

267 A tal riguardo e nel senso di un necessario contemperamento tra rigoroso metodo civilistico e conseguenze derivanti dalla particolarità del rapporto di lavoro (che vede il lavoratore implicato personalmente nella prestazione lavorativa), MENGONI L., Diritto civile, in L’influenza del Diritto del Lavoro su diritto civile, diritto processuale civile, diritto amministrativo, DLRI, 1990, p. 10, il quale, come è noto, pur ammettendo la separazione del diritto del lavoro dal diritto civile, avverte che si tratta di un ramo dell’ordinamento giuridico di per sé non autosufficiente, che abbisogna cioè di “infrastrutture e snodi che gli sono pur sempre forniti dal diritto civile”.

268

Si veda a tal proposito la posizione di SUPPIEJ G., La struttura del rapporto di lavoro , Cedam, Padova, 1958, II, pp. 54 e ss. per il quale il contratto sarebbe elemento necessario ma non sufficiente alla costituzione di un rapporto di lavoro, essendo necessaria anche l’esercizio dinamico del potere direttivo e di specificazione dell’obbligazione lavorativa – identificata nel contratto in modo meramente generico. Sul presupposto che la subordinazione costituirebbe in realtà un effetto del contratto, anche MAZZIOTTI F., Contenuto ed effetti del contratto …, op. cit.,; MAZZONI G., Manuale di diritto del lavoro , Giuffrè, Milano, 1977.

269

È sembrata criticabile, in particolare, la pretesa, comune ad entrambe le impostazioni accennate, di ricostruire il contratto tipico di lavoro subordinato espungendo dalla causa dello stesso proprio l’elemento tipizzante, ovvero la subordinazione. È questa l’obiezione sollevata daMENGONI L., Contratto e rapporto di lavoro nella .., op. cit., pp. 686 e ss.; ID, Lezioni sul contratto di lavoro, Milano, 1971, pp. 31 e ss. che in altra sede (Diritto Civile, in MENGONI,PROTO PISANI,ORSI BATTAGLINI, L’influenza del Diritto del Lavoro sul diritto civile, diritto processuale civile, diritto amministrativo , DLRI, 1990, p. 6) ha scritto , “Il problema del Diritto del Lavoro è di correggere la logica tradizionale del contratto, non di rifiutarla”. Vedi pure PERSIANI M., Contratto di

anche del fatto che, nel tentativo di liberarsi dai condizionamenti culturali

ed ideologici del passato regime corporativo - dai quali non ci si sentiva

ancora sufficientemente immuni -, la soluzione strettamente civilistica, e

dunque contrattuale, riscopriva la propria funzione “catartica”

270

.

Rispetto ad un sistema giuridico e politico che aveva soffocato e

mascherato il conflitto, esaltato le ragioni economiche e produttive

dell’impresa - ad essa subordinando ogni interesse del lavoratore - e

attribuito all’imprenditore, in fatto e in diritto, illimitati poteri di

organizzazione e gestione della forza lavoro al suo servizio, il contratto

“si presta[va], invece, ad esprimere in maniera paradigmatica, attraverso

lo schema dello scambio, l’antagonismo degli interessi in gioco, la

contestazione della supremazia originaria dell’imprenditore, il carattere

limitato e funzionale della subordinazione”

271

.

La “dissoluzione nell’ambito privatistico del diritto del lavoro”

rappresentava insomma “l’operazione di politica del diritto più efficace

per respingere il tentativo di riproporre la cattura del diritto del lavoro

nell’orbita del diritto pubblico”

272

, al tempo giudicato con forte disvalore;

essa serviva per “segnare lo spostamento dell’asse delle relazioni di

lavoro dalla funzionalizzazione all’interesse pubblico all’autonomia

negoziale”

273

, dall’autorità alla libertà

274

. Lo schema contrattuale, in

lavoro …, op. cit. passim, spec. pp. 43 e ss e 142 e ss. SPAGNUOLO VIGORITA L., Subordinazione e diritto …, op. cit., pp. 32 e ss. Si è sostenuto anche che la compressione dell’autonomia privata individuale generata dal sistema di diritto del lavoro, per quanto forte, non possa implicare il superamento del momento contrattuale, dal momento che la costituzione del rapporto non può che dipendere dalla concorde volontà in tale senso dei contraenti. SANTORO PASSARELLI F., Nozioni di diritto…,op. cit., pp. 131 e ss, spec. p. 136.

270

Significativo della funzione catartica assegnata alla ricostruzione in termini contrattuaili del rapporto è anche l’affermazione secondo la quale “Il principio della contrattualità del rapporto significa anzitutto che la nostra civiltà non può e non deve conoscere se non il lavoro liberamente accettato” in SANTORO PASSARELLI F., Lineamenti attuali del Diritto del Lavoro in Italia, DL, 1953, I, p. 6. in cui trae le conclusioni del dibattito avvenuto in seno al I° Congresso internazionale di diritto del lavoro.

271 L

ISO F., La mobilità del lavoratore …, op. cit., pp. 36 e ss. ARANGUREN A., La tutela dei diritti dei lavoratori, in Enc. Giur. Lav., diretta da MAZZONI G., VII, Padova, 1981, p. 2. DE MARINIS N., La concezione contrattualista del diritto del lavoro tra deregolazione e giuridificazione, DL, 1991, I, p. 329.

272

ROMAGNOLI U., Costantino Mortati, in GAETA L. (a cura di), Costantino Mortati e “Il lavoro nella Costituzione”: una rilettura, Atti della giornata di studio. Siena 31 gennaio 2003, Giuffrè, Milano, 2005, pp. 110 e ss. il quale continua, dicendo: “Il diritto privato aveva ripreso ad evocare – più di prima, se possibile – l’idea di un ordine naturale delle cose, più mitizzato che storicamente realizzato, da contrapporre all’ordine artificiale imposto dal diritto corporativo”.

273

DE MARINIS N., Né privato né pubblico. Il modello costituzionale del “pluralismo istituzionale”, in GAETA L. (a cura di), Costantino Mortati e … , op. cit., p. 202.

274 T

particolare, e gli strumenti della civilistica, in generale, ancora una volta

venivano percepiti e perseguiti quali strumenti coessenziali al processo di

emancipazione e di liberazione dei lavoratori. Attraverso il recupero

dell’opzione strettamente contrattuale, se da un lato si scongiurava il

pericolo di riproposizione degli eccessi pubblicisti del sistema

corporativo fascista, dall’altro si poteva aspirare a circoscrivere l’ambito

di implicazione personale del lavoratore nell’adempimento della

prestazione lavorativa. La riconduzione della situazione di

subordinazione del lavoratore dipendente all’interno di una nozione

tecnica e giuridica ne permetteva una sorta di razionalizzazione e di

astrazione, la rendeva economicamente valutabile e giuridicamente

circoscrivibile, ne consentiva una più razionale funzionalizzazione agli

interessi dell’impresa, alle caratteristiche tecniche del processo

produttivo, senza per questo sfociare in uno status personale

275

.

VI. 1. 2. – Contratto e organizzazione: l’impostazione di Mattia

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