L’ipotesi che fin qui si è inteso verificare è stata quella relativa
all’esistenza di una stretta relazione di interdipendenza tra una
determinata diagnosi della crisi del diritto del lavoro (intesa come
problema di obsolescenza della propria strumentazione giuridica e
concettuale) e le soluzioni di volta in volta sperimentate per uscire dalla
stessa. Si è visto, in particolare, in che misura le accuse di rigidità (nel
senso di un’eccessiva uniformità) e di ipertrofia (nel senso di una
regolazione che si rivela sostanzialmente disattenta alle reali necessità di
un’economia in trasformazione) hanno portato da un lato, alla
“interiorizzazione” di una nozione quantomeno parziale e strumentale di
flessibilità (intesa restrittivamente come necessità di sostanziale
contenimento della funzione propriamente tutelare del diritto del lavoro,
in funzione della liberazione di spazi di espressione ai poteri
organizzativi, direttivi e gestionali del datore di lavoro)
526e dall’altro,
all’utilizzo della stessa quale sorta di “formula magica” capace di per sé
di dare soluzione all’esigenza di “razionalizzazione” della disciplina
lavoristica e, dunque, di modernità
527.
Nel cercare di delineare poi i contenuti e le direzioni impresse alla
flessibilizzazione sperimentata dal diritto del lavoro italiano e spagnolo –
sia pure con le proprie specifiche peculiarità - si è visto come ed in che
misura essa si sia tradotta in un più o meno marcato recupero del
contratto quale strumento di manifestazione dell’autonomia negoziale
delle parti del rapporto di lavoro. La contrazione della tendenza propria
del diritto del lavoro ad espandere il proprio campo soggettivo di
applicazione anche a figure di lavoratori limitrofe a quella assunta come
prototipica si è svolta tanto nel senso di un sostanziale recupero della
funzione della dichiarazione negoziale (e dunque del contratto) a fini
qualificatori - con conseguente svalutazione della “presunzione” di
esistenza della subordinazione -, quanto nel senso di una progressiva
526 In questo senso si distingue tra una flessibilità intesa come “la capacità del lavoratore di comprendere, seguire ed anche promuovere l’innovazione; [la quale] comporta un lavoratore che sappia modificare il proprio lavoro in relazione alle innovazioni continuamente introdotte nel prodotto o nel processo”, ovvero di “un lavoratore che ha un buon patrimonio professionale teorico-pratico e, soprattutto, critico che gli consente … di avere l’intelligenza dell’intero processo produttivo o almeno di un segmento significativo dello stesso” e una flessibilità che “è sinonimo di precarietà, di libertà dell’imprenditore di assumere, licenziare, variare l’orario di lavoro e le mansioni”. GAROFALO M. G., Il diritto del lavoro e la sua funzione economico-sociale, in GAROFALO D.,RICCI M. (a cura di), Percorsi di diritto del lavoro, Cacucci, Bari, 2006, pp. 139 e ss.
527 R
ODRÍGUEZ-PIÑERO M., Flexibilidad, juridificación y desregulación, RL, 1987, n. 10, pp. 28 e ss.
“fuga dal lavoro subordinato”, di cui si sono resi protagonisti i soggetti
della relazione contrattuale e lo stesso Legislatore
528.
L’autonomia priva ta è stata poi valorizzata, più o meno
direttamente, dalla diversificazione delle porte d’accesso al lavoro e della
disciplina collegata a ciascuna di esse che ha permesso alle parti del
rapporto (rectius: al datore di lavoro) una più amplia possibilità di scelta
(
quando non anche di parti importanti della regolazione – durata
del contratto a termine a-causale, quantomeno) del modello negoziale più
confacente alle specifiche esigenze organizzative e produttive
dell’impresa. L’introduzione di tipologie di lavoro flessibile ha seguito,
in Spagna ed in Italia, percorsi in parte differenti, soprattutto per quanto
riguarda il diverso coinvolgimento delle organizzazioni sindacali.
Nell’uno e nell’altro caso, comunque, l’allargamento del ventaglio delle
modalità contrattuali ha importato un indiscutibile ampliamento delle
possibilità di espressione dell’autonomia individuale.
Tenendo presente quanto fin qui esposto, occorre adesso fare un
ulteriore passo in avanti nella comprensione e nell’analisi delle
caratteristiche e delle ragioni poste a fondamento delle attuali opzioni
neo-contrattualistiche. L’attenzione verrà adesso focalizzata su di un
aspetto peculiare che sembra caratterizzare il dibattito più recente sul
ruolo dell’autonomia e del contratto individuali nel diritto del lavoro. Si
fa riferimento al già accennato processo di relativa
astrazione/emancipazione del discorso neo-volontaristico dai presupposti
ai quali era rimasto più o meno apertamente vincolato ovvero dai quali
aveva preso le mosse.
È vero, infatti, che il moderno discorso sul ruolo del contratto
individuale nel diritto del lavoro ha ad oggetto questioni complesse che
più nulla hanno a che vedere con quelle che tanto spazio avevano
occupato nel dibattito giuslavoristico fin oltre gli anni ’60 relative alla
contrattualità o meno del rapporto di lavoro (rectius: all’origine ed al
fondamento contrattuale del rapporto di lavoro e delle posizioni
giuridiche da esso derivanti). Il problema, in altri termini, ha cessato da
tempo di concernere l’idoneità o meno dello schema contrattuale a
contenere ed a rappresentare adeguatamente l’articolato delle posizioni
giuridiche ed il complesso degli interessi nascenti dal rapporto di lavoro.
Si tratta ora, invece, di verificare la congruità, la razionalità e la
sostenibilità di un diritto del lavoro costruitosi storicamente su
meccanismi tesi alla sostanziale svalutazione della rilevanza
dell’autonomia privata e, dunque, su di un modello di intervento
eteronomo fortemente invasivo delle possibilità di espressione della
528
Sul punto, anche per ulteriori esempi di “deslaboralización” nel diritto del lavoro italiano, SCOGNAMIGLIO R., La disponibilità del rapporto di lavoro …, op. cit., pp. 95 e ss.
stessa attraverso il contratto individuale
529; si tratta, in altri termini, di
valutare l’opportunità/necessità di una redistribuzione di potere
normativo tra le diverse “fonti” del diritto del lavoro nel contesto del
rinnovato quadro culturale ed id eologico di riferimento
530. È questo il
senso della forte interconnessione esistente tra rivalutazione del contratto
come titolo da quale si genera il vincolo e come fonte della disciplina
applicabile, e riscoperta della centralità dell’autonomia della volontà
anche nel diritto del lavoro.
Allo stesso tempo, quello sull’autonomia individuale è un
dibattito che, come si cercherà di evidenziare, tende a svincolarsi anche
da quelle stesse problematiche che ne avevano stimolato l’emersione
(crisi economica ed occupazionale degli anni ’70 e ’80, ristrutturazione,
riconversione industriale, processo di integrazione europea, etc.), per
assumere una dimensione quasi meta-storica, di valore. Si è visto, infatti,
come il discorso sulla necessità di un sostanziale rinnovamento di un
diritto del lavoro che, superata la fase dell’emergenza e della crisi, cerca
di tirare le file delle trasformazioni intervenute onde verificare la
direzione da seguire, si sviluppa come necessità storicamente determinata
di una razionalizzazione degli interventi, in funzione dell’esigenza di
dare risposte giuridiche adeguate alla complessivizzazione del panorama
economico e sociale post- industriale e globalizzato
531. Si è visto anche
come la critica generalmente condivisa dalla quale muovere per
ridisegnare il diritto del lavoro del futuro è quella di una disciplina
sottoposta ad un processo di giuridificazione ipertrofico che ne inficia la
529 P
ALOMEQUE LÓPEZ M.C., La fundación y la refundación del Derecho del Trabajo, RL, n. 13, 2000, pp. 23 e ss.
530
Da sempre il regno dell’autonomia individuale è stato il contratto, strumento privilegiato della sua manifestazione e espressione concreta; non stupisce dunque che la rivendicazione del recupero del ruolo dell’autonomia individuale si accompagni in primo luogo ed essenzialmente alla proposta di un più o meno radicale “ritorno al contratto” (individuale), come strumento di determinazione e regolazione delle condizioni di lavoro, la cui centralità sarebbe stata negata da una stratificazione alluvionale di interventi normativi eteronomi, tanto legali quanto contrattual collettivi. BLASCO PELLICER A., La individualización de las relaciones laborales, CES, 1995, p. 193. L’intensità e la radicalità dell’attuale fase di trasformazione è stata assimilata alla situazione in cui il venticinquenne Lodovico Barassi scriveva Il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano. ROMAGNOLI U., «Il contratto di lavoro» …, op. cit. p. 49, il quale scrive “stiamo uscendo dall’età industriale nella stessa misura in cui la generazione di Barassi vi entrò: ci sentiamo impreparati, culturalmente disarmati e spaesati; insomma, ne stiamo uscendo a casaccio”. In moderato disaccordo, MAZZOTTA
O.,Barassi, Goethe e la tipologia dei rapporti, in NAPOLI M.(a cura di), La nascita del diritto del …, op. cit., p. 310.
531
GONZÁLES-POSADA MARTÍNEZ E., El trabajo y la forma giuridica, RL, n. 10, 2003, p. 43 distingue tra internazionalizzazione dei mercati che inizia già a partire dal XIX secolo fino alla 1GM ma sotto lo stretto controllo degli Stati-Nazione, mondializzazione che si sviluppa a partire dalla 2GM fino agli anni ’70 e che vede come protagoniste l’impresa multinazionale che agisce su base mondiale impiantando attività e fasi di produzione a seconda dei maggiori o minori vantaggi offerti da ciascun paese, e Globalizzazione iniziata negli anni ’80 come sviluppo della mondializzazione.
funzionalità e che si dimostra sostanzialmente indifferente alle reali
necessità ed aspirazioni di imprese e lavoratori inseriti in un contesto
socio-economico profondamente cambiato.
Occorrerà ora dar conto di come nel momento stesso in cui si
consolida la convinzione che l’operazione di ammodernamento del diritto
del lavoro debba passare necessariamente e soprattutto da una sostanziale
e sostanziosa operazione di flessibilizzazione della disciplina e delle fonti
di regolazione (e dunque, in certa misura, da un altrettanto sostanziale
valorizzazione delle scelte individuali che si esprimono attraverso il
contratto), il discorso sul ruolo dell’autonomia individuale tende ad
astrarsi da una realtà socio-economica concreta e storicamente
determinata, per arrivare a presentarsi spesso come valore in sé, come
astratto parametro di riferimento e legittimazione di ogni rinnovamento
contenutistico e metodologico della disciplina. Autonomia individuale e
contratto vengono spesso percepiti in questa prospettiva come le nuove
stelle polari del diritto del lavoro da ri-progettare, il punto di partenza
imprescindibile per un ripensamento profondo della strumentazione, dei
fondamenti, delle funzioni da assegnare alla disciplina lavoristica del
XXI secolo
532.
Le pagine che seguono verranno in gran parte dedicate a
giustificare questa affermazione. Per farlo è parso imprescindibile
contestualizzare questa sorta di deriva verso un certo grado di
“autoreferenzialità” ed “autosufficienza” del dibattito sul recupero
dell’autonomia privata, nell’ambito del generale rinnovamento del
quadro di valori politici, ideologici e culturali di riferimento che ha
interessato l’Europa (e non solo) nel corso degli ultimi 20 anni. Ciò che
si intende dire è che al di là ed a prescindere dalla sussistenza o meno di
effettive concrete esigenze (sociali ed economiche) di ri- valorizzazione
dell’autonomia individuale nel diritto del lavoro (e non solo
533), il
532
Parla della trasformazione del concetto di flessibilità da “stigma”, a male necessario a vera e propria ideologia, CARUSO B., The Concept of Flexibility in Labour Law. The Italian case in the European context, WP C.S.D.E.L. “Massimo D’Antona”, n. 22/2004, disponibile sul sito internet www.unict.it. poi pubblicato in CARUSO B.,FUCHS M. (a cura di), Labour Law and Flexibility in Europe. The cases of Germany and Italy, Nomos, 2004, tradotto ed adattato nel già citato saggio La flessibilità e il diritto del lavoro italiano: storia di un incontro tra politica, ideologia e prassi, in Studi in onore di Giorgio Ghezzi, Cedam, Padova, 2005, I, pp. 501 e ss.
533
Anche la civilistica sembra essere stata investita da un generoso processo di “ritorno” all’autonomia privata ed al contratto. Lo segnalano criticamente, tra gli altri, GALGANO F.,Lex mercatoria, autonomia privata e disciplina del mercato, in Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, Giuffrè, Milano, 1995, II, pp. 669 e ss.; ID., Il contratto nella società post-industriale, in AA. VV., La civilistica italiana dagli anni ’50 ad oggi tra crisi dogmatica e riforme legislative. Congresso dei civilisti italiani. Venezia 23-26 giugno 1989, Cedam, Padova, 1991, pp. 339 e ss. DI MAJO A., Libertà contrattuale e dintorni, RCDP, 1995, pp. 5 e ss.SOMMA A., Autonomia privata, RDC, 2000, II, pp. 597 e ss. il quale ultimo segnala che si tratta di una tendenza che interessa gran parte dell’ordinamento giuridico (e non solo l’ambito del diritto civile), conseguenza di un’economia che da un lato, si articola sempre più a livello
dibattito sul recupero della prospettiva individuale si spiega anche e
soprattutto in relazione alla progressiva penetrazione nella cultura
giuridica europea di una nuova prospettiva liberale (e/o liberista)
534che
informa di sé l’intero ordinamento e la società tutta
535.
Solo tenendo ben presente questo elemento di tipo più
propriamente politico- ideologico, infatti, si ritiene sia possibile
comprendere compiutamente, contestualizzandola, la direzione che a
partire da questo momento viene impressa – sia pure in forme e intensità
diverse a seconda del contesto nazionale – al diritto del lavoro in Europa.
Solo così sarà possibile cogliere compiutamente, all’interno di posizioni
dottrinali apparentemente pure molto distanti l’una dall’altra, una
sostanziale adesione ad una sorta di “fondamento unico comune” che
muove o presuppone la necessità di una rivalutazione del contratto
individuale quale strumento privilegiato di manifestazione di un’astratta
(e formale?) libertà. Si tratta infatti di una prospettiva che dà conto della
effettiva portata di un movimento che travalica i confini dello Stato e del
diritto, per informare di sé tutta la società, di cui quest’ultimo – il diritto -
in certa misura è solo un riflesso. Proprio il processo di crescente
colpevolizzazione della disciplina lavoristica rispetto al cattivo
andamento di occupazione ed economia, nonché l’importanza strategica
attribuita alla sua modernizzazione e, più in generale, agli effetti
derivanti dalla revisione della normativa in materia, permette di
metanazionale – in antitesi con i carattere nazionale dei sistemi legislativi – e dall’altro, è interessata da processi di trasformazione continua - il che impone sistemi di regolazione capaci di realizzare un rapido adattamento del diritto ai mutamenti della realtà, in antitesi con la rigidità delle leggi – (p. 343).
534
Per la permanente utilità di tale distinzione (liberale/liberista), DEL PUNTA R., Ragioni economiche, tutela dei lavori e libertà del soggetto, RIDL, 2002, I, p. 402 e bibliografia ivi contenuta che si interroga, in questo saggio, su quali “potranno essere i valori di riferimento del diritto del lavoro che verrà”. Per una critica all’ideologia di stampo “neo-liberale”, tra gli altri, ALONSO L.E., Trabajo y ciudadanía, Trotta, Madrid, 1999; ANISI D., Creadores de escasez. …, op. cit.; DE SEBASTIÁN L., Neoliberalismo global. Apuntes críticos de economía internacional, Trotta, Madrid, 1997; IRTI N., L’ordine giuridico del mercato, Laterza, Roma-Bari, 1998; NAVARRO V., Neoliberalismo y Estado del bienestar, Ariel, Barcelona, 2000; ABASCAL G., Neoliberalismo y servicios públicos, RDS, n. 16, 2001, p. 221; BILBAO A., La economia como norma social, CRL, n. 16, 2000, p. 37; DE FRANCESCO A., El “mundo feliz” del liberalismo, CRL, n. 16, 2000, p. 77; FAIRCLOUGH N., Representaciones del cambio en el discurso neoliberal, CRL, n. 16, 2000, p. 13; FREEDLAND M., La tutela del lavoratore nel contratto di lavoro e nel mercato, in DML, n. 3, 2000, p. 555, MARTÍNEZ
LUCIO M., Legitimar el mercado: el neoliberismo y el “juego” de la integración monetaria europea en España, CRL, n. 2, 2002, p. 385.
535
In tal senso, anche, SPEZIALE V., Il lavoro subordinato tra rapporti speciali …, op. cit., pp. 36-37, il quale dopo aver ribadito che “i mutamenti organizzativi e produttivi delle imprese hanno svolto (e svolgono) un ruolo fondamentale” nell’introduzione della flessibilità nel diritto del lavoro, afferma come “In realtà, la diffusione dei contratti “non standard” è una diretta conseguenza anche dell’idea (ma forse sarebbe più corretta definirla ideologia) della flessibilità che costituisce da tempo il “pensiero unico” europeo per la disciplina del mercato del lavoro”.
comprendere il perché diventa adesso più che mai imprescindibile per il
giuslavorista svolgere la propria un’analisi anche nel senso di sviscerare
le politiche del diritto sottese
536.
A questo proposito, è bene avvertire che nel tentativo di dar conto
di come, a fronte delle sfide lanciate dalla crisi economica e dalla crisi di
legittimazione a cui viene sottoposto il diritto del lavoro del’900, questo
reagisce elaborando una pluralità di risposte (sul piano legislativo,
giurisprudenziale e dottrinale) che, nel complesso, finiscono generare una
certa rivalutazione della funzione e del ruolo del contratto individuale di
lavoro, si è stati costretti ad una selezione dei materiali normativi e delle
direzioni in cui questa rivalutazione si è prodotta. Il recupero della
prospettiva individuale è un fenomeno che, anche nell’ambito del solo
settore giuridico lavoristico, assurge a dimensioni ben più importanti
rispetto a quelle fin qui descritte e si manifesta in una pluralità di campi
tali da essere difficilmente riconducibile ad una trattazione lineare ed
organica.
E così, è rimasta fuori dalla nostra considerazione un’altra
fondamentale prospettiva della tendenza al recupero del ruolo
dell’autonomia privata individuale: quella che si manifesta in relazione
alla capacità di incidenza ed ai prodotti di quella collettiva. Si fa
riferimento al fenomeno denominato di
decollettivizzazione/individualizzazione dei rapporti di lavoro, che
muove dall’esigenza (vera o presunta) di ri-pensare il diritto del lavoro
fornendo soluzioni di sistema più favorevoli alla prevalenza
dell’autonomia individuale quantomeno in tutti i casi di possibile
conflitto tra questa e l’autonomia collettiva
537.
536
“Si parla politicamente di diritto del lavoro, in latri termini, perché sul diritto del lavoro la politica sembra vieppiù riporre messianiche aspettative, sovraccaricandolo di compiti che, peraltro, esso è solo parzialmente in grado di assolvere”. Cfr. LO FARO A., Così fan tutti? Politica e politica del diritto …, op. cit., p. 507.
537
Si tratta di una tendenza, quella alla decollettivizzazione del diritto del lavoro, di carattere generalizzato nel panorama europeo, sia pure con intensità affatto diverse. Sul punto, ESCUDERO E.,BERCUSSON B., BLANC JOUVAN X., WEYAND J., Le relazioni industriali in transizione: contrattazione collettiva o individuale?, LD, 1987, p. 537 e ss.; HEPPLE B., La armonización de los sistemas laborales el los países miembros de la Comunidad Europea, Economía y sociología del trabajo, 1989, pp. 213 e ss.; CASAS
BAAMONDE M.E., La individualización de las relaciones laborales, RL, 1991, n. 20-21 (monográfico), pp. 135 e ss.; CONDE MARTÍN DE HIJAS V., Autonomía individual: alternativa al desarrollo, ivi, pp. 76 e ss. Sulla tendenza all’individualizzazione degli aspetti salariali, in Italia, TOSI P., Zone di contrattazione individuale della retribuzione, in AA.VV., Il sistema retributivo verso gli anni ’90, Jovene, Napoli, 1989, pp. 247 e ss. D’ANTONA M., Variabili normative condizionanti le alternative fra contrattazione collettiva e individuale, in CARINCI F. (a cura di), Il sistema retributivo verso gli anni ’90, Jovene, Napoli, 1989, pp. 42 e ss. Per un riepilogo del dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul tema, anche, GHEZZI G.,ROMAGNOLI U., Il rapporto di lavoro .., op. cit., pp. 263 e ss.; NICCOLAI A., Retribuzione variabile, minimi salariali e autonomia individuale, LD, 1998, pp. 345 e ss. Sul presupposto che l’individualizzazione del salario costituisca espressione di reale autodeterminazione di