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1 1 – Tipicità e atipicità tra diritto civile e diritto del lavoro

L’ampia e copiosa dottrina che si è pronunciata su tali questioni ha

elaborato una pluralità di ricostruzioni ed interpretazioni in proposito

difficilmente sintetizzabili nel poco spazio di questo paragrafo. Come

accennato non si riproporrà qui la complessità del dibattito in materia,

essendo sufficiente delineare solo qualche punto fermo utile ad evitare

possibili fraintendimenti.

Il primo di questi punti fermi è possibile rintracciarlo ne lla

sostanziale inservibilità in ambito giuslavoristico delle nozioni di

tipicità/atipicità di matrice civilistica. È noto infatti che nel seno del

diritto civile, la nozione di tipicità viene ricollegata all’esistenza di un

tipo (normalmente) legale (ma anche social- giurisprudenziale o elaborato

ad opera della giurisprudenza o dalla prassi negoziale

374

), ovvero ad un

modello contrattuale previsto e disciplinato dall’ordinamento ed offerto

alle parti negoziali per facilitarle nel conseguimento dell’effetto giuridico

voluto. In quanto astratto schema regolamentare che racchiude in sé la

rappresentazione di un’operazione economica ricorrente nella pratica

commerciale

375

, il tipo legale, il contratto tipico (o nominato), non si

11-127 ora in CARUSO B.,SCIARRA S. (a cura di), Massimo D’Antona. Opere, Giuffrè, Milano, 2000, III, p. 1183.

374

In tal senso, BETTI E., Teoria generale del negozio giuridico, in VASSALLI F. (diretto da), Trattato di diritto civile italiano, Utet, Torino, 1950, p. 196.

375

“La nozione di modello, e quindi anche quella di tipo, che sotto il profilo etimologico ne è l’esatto equivalente, non è affatto elementare: essa riconduce all’idea di ricorrenza (il modello è tale in quanto è ripetibile) e questa a sua vola non si esaurisce nell’idea di pluralità, ma rinvia alla coesistenza di uguaglianze e differenze”. BEDUSCHI

impone alla autonomia privata delle parti, che, al contrario viene

espressamente abilitata dalla legge non solo a modificare ed alterare la

disciplina prevista dall’ordinamento (nei limiti in cui non si stravolga la

funzione del contratto

376

), ma anche a creare modelli contrattuali non

previsti né disciplinati, pur nel rispetto dei requisiti di legge e ferma

restando la valutazione, rimessa all’ordinamento, circa la meritevolezza

degli interessi perseguiti (artt. 1322 e 1325 c.c.)

377

. In questo senso, per il

C., A proposito di tipicità e atipicità dei contratti, RDC, 1986, I, p. 352.; BIANCA M., Diritto Civile. Il Contra tto, Giuffrè, Milano, 2000, III., pp. 473 e ss.

376

BEDUSCHI C., A proposito di tipicità e …, op. cit. p. 371; CATAUDELLA A., Apporti del diritto del lavoro a talune categorie civilistiche, in SANTORO PASSARELLI G., Diritto del lavoro e categorie civilistiche, Giappichelli, Torino, 1992, pp. 10-11. In questo senso, non è fuorviante parlare di un certa rigidità del tipo anche nell’ambito del diritto comune dei contratti. Anche se poi quasi sempre la giurisprudenza italiana tende a ricondurre il modello elaborato dalle parti negoziali all’interno di un tipo nominato. In tal senso, SACCO R., Autonomia contrattuale e tipi, RTDPC, 1966, pp. 785 e ss.

377 Il criterio generalmente utilizzato per la riconduzione del contratto concreto al tipo legale è quello della causa, intesa, secondo l’insegnamento di Betti, come funzione economico-sociale del negozio (contra , FERRI G. B., Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Giuffrè, Milano, 1966, pp. 256 e ss. che parla di funzione economico-individuale; ma anche DE NOVA G., Il tipo contrattuale, Cedam, Padova, 1974, pp. 111 e ss. che invece propone di fondare la distinzione per tipi non sulla base dell’unico elemento della causa negoziale, ma sulla base di una pluralità di criteri variamente identificati – metodo tipologico -. Per la variante “funzionale” dello stesso, BEDUSCHI C., A proposito di tipicità e …, op. cit. pp. 358 e ss.). In particolare, seguendo l’impostazione dominante all’indomani dell’emanazione del Codice civile italiano del 1942, si ritenne che questo avesse accolto una nozione di causa (del negozio giuridico) intesa quale obiettiva funzione economico-sociale del contratto, ovvero quale funzione tipica ed astratta del negozio (in aperta contestazione delle teorie soggettivistiche che la intendevano invece come scopo in funzione del quale le parti si obbligano). Seguendo questa impostazione, mentre i contratti tipici avrebbero una loro causa tipica, precostituita dall’ordinamento (e dunque il problema sarebbe unicamente quello di verificare che gli scopi delle parti coincidano con quelli prefissati del Legislatore), per i contratti atipici si porrebbe un problema di verifica della meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, secondo l’ordinamento. La causa allora sarebbe in sostanza la ragione per la quale l’ordinamento riconosce rilevanza giuridica al contratto; lo strumento utilizzato dall’ordinamento, in sostanziale aderenza alla ideologia dirigistica fascista, funzionale ad assicurare il controllo sostanziale degli atti di autonomia privata. In altre parole, il Codice avrebbe riconosciuto all’autonomia privata il potere di creare tipi contrattuali non previsti sempre e solo quando gli interessi effettivamente perseguiti fossero interessi socialmente apprezzabili. Nello stesso senso, per l’ordinamento spagnolo, DÍEZ-PICAZO L., Fundamentos del derecho ..., op. cit., pp. 389 e ss. L’insufficienza del criterio della causa intesa come funzione economica-sociale del negozio, già denunciata dalla dottrina civilistica maggioritaria e da alcuni filoni giurisprudenziali, è stata recentemente confermata dalla Corte di Cassazione. In particolare, la Suprema Corte, nella sentenza 8 maggio 2006. n. 10490, ha ritenuto oramai superata la concezione della causa come funzione economico-sociale del negozio, sul presupposto dell’obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale in base alla quale si inserisce la causa negoziale stessa in un modello predeterminato ed astrattamente tipico. Si accoglie invece in questa sentenza una nozione di causa intesa come “sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è inteso a realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato)”. Causa cioè come “sintesi (e dunque ragione

diritto civile, sono tipici tutti quei contratti che sono stati appunto

tipizzati (ricondotti ad un modello legale tipico) dall’ordinamento e dotati

di una disciplina tipica. La riconduzione al tipo serve principalmente

all’identificazione della disciplina predisposta dall’ordinamento per la

stesso (ovvero all’integrazione di quella carente predisposta dalle parti

negoziali), liberamente modificabile dalla volontà delle parti.

Nel diritto del lavoro la nozione di tipicità assume invece un

significato, per così dire, meno tecnico. In quest’ultimo contesto, essa si

riconnette al presupposto in base al quale l’ordinamento avrebbe assurto

a modello per l’inquadramento giuridico del rapporto di lavoro

subordinato il contratto a tempo pieno e durata indeterminata. Questo

costituisce lo schema tipico non solo e non tanto in quanto positivamente

previsto dal Legislatore, ma soprattutto nella misura in cui su di esso si è

concentrata l’attenzione della disciplina giuslavoristica (tanto legale,

quanto collettiva) e si è andato costruendo il tradizionale apparato di

tutele e garanzie proprie del diritto del lavoro. La tipicità del contratto di

lavoro sarebbe dunque intesa principalmente in senso a-tecnico, come

ipotesi socialmente prevalente (“normale”) e, dunque, preferibile nella

misura in cui ritenuta que lla che meglio e più delle altre serve a garantire

i valori personali implicati nella prestazione di lavoro

378

.

Se così è, si capisce come, in questo diverso contesto, sono atipici

tutti quei contratti in cui l’acquisizione del fattore lavoro segue schemi

che, pur potendo (ed anzi, dovendo) essere stati espressamente previsti e

disciplinati, si discostano in maniera più o meno sensibile dal modello

contrattuale tipico (o standard) a tempo pieno e indeterminato

379

. Si

concreta) della dinamica contrattuale, si badi, non anche della volontà delle parti. Causa, dunque, ancora iscritta nell’orbita della dimensione funzionale dell’atto, ma, questa volta, funzione individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo l’iter evolutivo del concetto di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa in vari tipi contrattuali, si volga al fine a cogliere l’uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale”. Sul punto si rinvia a CATAUDELLA A., Apporti del diritto del lavoro a talune categorie civilistiche, in SANTORO PASSARELLI G.(a cura di), Diritto del lavoro e categorie civilistiche, Giappichelli, Torino, 1992, pp. 9 e ss. che cerca di stemperare il contrasto di vedute sul punto intendendo la causa del contratto come il complessivo assetto di interessi in concreto perseguito dalle parti negoziali. 378

DÄUBLER W., Deregolazione e flessibilizzazione nel diritto del lavoro, in PEDRAZZOLI M. (a cura di), Lavoro subordinato e dintorni, Il Mulino, Bologna, 1989, pp. 172 e ss.; SANTONI F., Rapporti speciali di lavoro , Giappichelli, Torino, 1993, p. 9. 379

In tal senso, MAZZIOTTI F., Flessibilità del lavoro e legge delega, DML, 2003, n. 1- 2, p. 24. Vedi anche BURCHILL B., DEAKIN S.,HONEY S., The employment Status of Individuals in Non-Standard Employment, Ministero britannico del Commercio e dell’Industria, 1999, richiamato della Commissione Europea nel Libro Verde. Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alla fide del XXI secolo, COM (2006) 708 def. Bruxelles, 22 novembre 2006 disponibile sul sito della CE www.europa.eu.int. che qualifica le forme atipiche di occupazione come forme di lavoro che differiscono

spiega in questo modo come, mentre nel diritto civile, il tipo contrattuale

rappresenta semplicemente il modello normativo di un’operazione

economica ricorrete nella vita di relazione (la tipicità normativa si

ricollega dunque alla tipicità sociale dell’operazione economica)

380

,

fermo restando l’ampia possibilità di espressione riconosciuta

all’autonomia individuale anche al di là delle previsioni legali, nel diritto

del lavoro il tipo contratto di lavoro subordinato non è offerto alle parti,

bensì ad esse imposto in via esclusiva

381

. Si parla a tal proposito di

esclusività del tipo, intesa come radicale preclusione per le parti di creare

schemi negoziali alternativi per il conseguimento dell’assetto di interessi

tipico del contratto di lavoro subordinato.

Se poi si considera che la disciplina del rapporto è in gran parte

predeterminata autoritativamente da fonti eteronome (intese in senso

ampio come comprensive anche delle norma disposte dall’autonomia

collettiva) e che, dunque, le parti non dispongono in generale del

contenuto (rectius: degli effetti) del contratto (se non nei limiti della

predisposizione di norme di maggior favore per il prestatore –

inderogabilità in pejus -), se ne deduce facilmente che, a maggior

ragione, esse non potranno disporre del tipo negoziale

382

. Si parla

appunto di tassatività (o rigidità del tipo), considerata la conseguenza

inevitabile di una disciplina normalmente sempre dotata del carattere

inderogabilità, nonché assistita dal meccanismo dell’invalidazione e della

sostituzione automatica della clausole difformi (artt. 1419, comma 2 e

1339 c.c.)

383

. In questo senso, si è affermato che la tipizzazione (ovvero

dal modello del rapporto di lavoro “permanente” o a tempo indeterminato articolato intorno alla settimana di lavoro continua a tempo pieno.

380

GAZZONI F., Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, RDC, 1978, I, p. 74. “Un modello di disciplina che guida le parti al conseguimento dell’effetto giuridico voluto e consente all’interprete di integrare il programma negoziale laddove è carente, richiamando gli effetti naturali dello schema regolato al quale il contratto venga ricondotto”. D’ANTONA M., Contrattazione collettiva e autonomia individuale nei rapporti di lavoro atipici, DLRI, 1990, pp. 533- 34.

381

“Il tipo è tassativo e inderogabile perchè la disciplina non è al servizio della volontà delle parti, ma ne costituisce la consapevole correzione, ai fini protettivi o dirigistici che sono tipici del diritto del lavoro”. D’ANTONA M., L’autonomia individuale e le fonti del diritto del lavoro, Relazione al Congresso Nazionale dell’Associazione di diritto del lavoro e della sicurezza sociale (Aidlass), Udine, 10-12 maggio 1991, p. 54, DLRI, 1991, pp. 455 e ss. (ora anche in CARUSO B. SCIARRA S., (a cura di), Massimo D’Antona. Opere, I, Giuffrè, Milano, 2000, pp. 117 e ss.).

382

“Le parti non hanno poteri di scelta di un tipo piuttosto che un altro; esse hanno puramente e semplicemente il potere di dare un assetto ai loro interessi che corrisponda agli scopi che intendono perseguire”.MAZZOTTA O.,Autonomia individuale e sistema del diritto del lavoro, DLRI, 1991, p. 490 (ora anche in ID.,Diritto del lavoro e diritto civile. I temi di un dialogo, Giappichelli, Torino, 1994, pp. 29 e ss.) p. 495.

383

MONTUSCHI L., Il contratto di lavoro fra …, op. cit., pp. 29 e ss. Si parla cioè di tassatività (o rigidità) del tipo contratto di lavoro subordinato, nel senso appunto che deve esistere una “necessaria coincidenza tra lo schema del contratto di lavoro e gli

la riconduzione all’interno di schemi giuridici delle diverse modalità di

prestazione dell’attività lavorativa) nel diritto del lavoro riflette non la

stabilizzazione di regolarità e prassi degli affari, ma i modelli di

intervento eteronomo sul contratto, ordinato alla tutela del lavoratore

384

.

II. 1. 2. – Atipicità e flessibilità: una sostanziale coincidenza di

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