La prospettiva economicistica ovvero quella che muove dalla
considerazione – non sempre totalmente avulsa da una certa dose di
determinismo – delle esigenze dell’economia e del mercato come
principale presupposto a partire dal quale riconsiderare la normativa
posta a tutela del lavoro continua ad innervare profondamente il discorso
relativo alla modernizzazione del diritto del lavoro. E così, una parte
crescente del mondo giuridico e sociale continua a porre a fondamento
della necessità di ulteriore revisione del diritto del lavoro in senso più
favorevole all’autonomia individuale le esigenze vere e/o presunte di un
mondo economico e produttivo in costante trasformazione e sottoposto
ad una sempre più intensa competitività internazionale.
Si sostiene in particolare che il sistema regolativo continuerebbe
ad essere caratterizzato da un eccesso di rigidità che, impedendo alle
imprese un rapido ed efficace adattamento ai mutamenti repentini che si
verificano nel mercato, ne frustano le esigenze di competitività imposte
dalla globalizzazione dei mercati e si frappongono alle esigenze di
razionalità ed efficienza della produzione
538. L’eccesso di garantismo, ma
anche il carattere episodico e contingente degli interventi
539, si dice,
produce un aggravamento del costo di lavoro che non sempre le imprese,
specie se di piccole dimensioni, sono in grado di sopportare con
conseguente espulsione dal mercato ed evidenti ripercussioni sui livelli
538
CONDE MARTÍN DE HIJAS V., Autonomía individual: alternativa ..., op. cit. pp. 90 e ss.
539 P
occupazionali
540. Le garanzie poste a limitazione della mobilità (esterna)
della forza lavoro, impedendo il turn over dei lavoratori nelle (sempre
più scarse) occasioni di lavoro, restringono le possibilità occupaziona li di
inoccupati e disoccupati e danno luogo a fenomeni di competizione tra
gli insiders e gli outsiders del mercato di lavoro; tra lavoratori
(ingiustificatamente) privilegiati e lavoratori totalmente sprovvisti di
tutela, con ciò contravvenendo ai principi costituzionali che impongono
ai pubblici poteri di perseguire condizioni di uguaglianza sostanziale e,
più in generale, di approntare tutela al lavoro in tutte le sue forme e
manifestazioni
541. Allo stesso modo, l’eccessivo sostegno prestato alle
organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori, attraverso normative di
tipo promozionale, l’istituzionalizzazione della rappresentanza all’interno
delle imprese, la selezione dei soggetti sindacali, avrebbe comportato una
sempre maggiore complessivizzazione e burocratizzazione delle
procedure di contrattazione, che non solo ne avrebbe massimizzato i
costi, ma avrebbe finito per contrapporsi alle stesse reali esigenze e
aspettative di datori e prestatori di lavoro
542.
Il “ritorno” al contratto viene dunque proposto e perseguito in
quanto ritenuto strumento utile al duplice obiettivo di pervenire da un
lato, all’introduzione di più consistenti dosi di flessibilità (libertà)
nell’utilizzo e nell’organizzazione da parte delle imprese del fattore
lavoro nell’ambito delle nuove strategie organizzative e produttive e,
dall’altro, ad assicurare maggiore certezza nei rapporti giuridici,
540 Anche S
UPPIEJ G., Intervento, in Il Diritto del Lavoro oggi, LD, n. 1, 2000, pp. 30 e ss. sferza una dura critica al processo di “frenesia legislativa” che burocratizza e inficia la certezza del diritto e compromette ogni possibilità di controllo sul sistema. Si veda anche VALLEBONA A., Volontà assistita e certificazione dei contratti di lavoro: due modelli diversi, in Diritto del lavoro. I nuovi problemi…, op, cit., p. 829.
541
ICHINO A.,ICHINO P., A chi serve il diritto del lavoro , RIDL,1994, I, pp. 399 e ss.; VALLEBONA A., Incertezze e rimedi, in VALLEBONA A., PERONE G. (a cura di), La certificazione dei contratti di lavoro, Giappichelli, Torino, 2004, pp. 17 e ss.; BIAGI M., Competitività e risorse umane: modernizzare la regolazione dei rapporti di lavoro , RIDL, 2001, I, p. 283. Per l’applicazione della teoria insiders/outsiders anche alla contrapposizione lavoratori nazionali/extraeuropei ovvero normodotati/invalidi: ICHINO
P., I giuslavoristi e la scienza economica: istruzioni per l’uso, ADL, 2006, n. 2 pp. 459 e ss. Contra, MARIUCCI L., Dopo la flessibilità cosa? Riflessioni sulle politiche del lavoro , WP. C.S.D.L.E. "Massimo D'Antona" n. 52/2005, disponibile sul sito internet:
www.unict.it, e ora anche in LD, 2006, critica la considerazione del lavoratore solo nel mercato ovvero esclusivamente in termini di forza economica, SCARPELLI F., Spunti per la tutela del lavoro nel rapporto: autonomia negoziale individuale e sostegno collettivo, in AMATO F.(a cura di), I destini del lavoro. autonomia e subordinazione nella società postfordista, F.Angeli, Bologna, 1998, pp. 99 e ss. scrive a tal proposito, Cruz Villalón J., En busca de la estabilidad perdida …, op. cit., p. 19: “En ciertas actividades el logro de la estabilidad de los unos [i lavoratori a termine] ha de verificarse incorporando también una mayor flexibilidad en las condiciones de los otros [lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato], que son los que se encuentran en posición de mayor fortaleza contractual”.
542 I
necessaria all’efficienza dei traffici giuridici e rispondente ad un
preminente valore di razionalità dell’ordinamento
543.
In realtà, ciò che si propone sempre più spesso è una
razionalizzazione degli interventi sostanzialmente coincidente con
l’autoregolazione del mercato. La giustificazione (politica) di tali critiche
si radica insomma nell’esigenza di coordinare (subordinare) la
regolazione giuridica dello scambio tra lavoro e retribuzione con le
ragioni ed il funzionamento dell’economia e del mercato
544. L’obiettivo,
a ben guardare non è tanto una riduzione quantitativa degli interventi,
bensì un loro riorientamento qualitativo in senso più fa vorevole alle
imprese ed alle esigenze economico-produttive e organizzative di queste.
Parlare dunque di de-regolamentazione è quantomeno qui fuorviante
nella misura in cui ciò che si propone è di ricalibrare l’intervento
pubblico in funzione della centralità dell’impresa non solo quale agente
economico e produttivo, ma anche e soprattutto in quanto punto di
riferimento culturale e politico privilegiato
545.
Solo in questo senso limitato, è possibile parlare di una certa
astrazione, “emancipazione”, del discorso sul rinnovamento del diritto
del lavoro dalla previa considerazione del contesto sociale ed economico
nel quale è destinato ad operare. Ciò che si intende dire è che non è
infrequente la sensazione che queste impostazioni, più che il risultato di
543
VALLEBONA A., Norme inderogabili e certezza del diritto: prospettive per la volontà assistita, DL, 1992, I, pp. 479 e ss.; ID, Sicurezza del lavoro e insicurezza dell’impresa: la barbarie del diritto, MGL, 1995, pp. 790 e ss.; ID,, Volontà assistita e certificazione dei contratti di lavoro: due modelli diversi, in Diritto del lavoro. I nuovi problemi. L’omaggio dell’accademia italiana a Mattia Persiani, I, Cedam, Padova, 2005, pp. 825 e ss.; PISANI C., La certezza del diritto nelle tecniche della flessibilità, RIDL, 2003, I, pp. 67 e ss.
544
Non a caso, sempre più frequenti sono gli inviti a verificare l’efficacia e l’efficienza regolativa delle norme attraverso gli strumenti offerti dall’analisi economica del diritto e, più in generale, con i risultati della scienza economica. Si veda il dibattito negli scritt i di ICHINO P., Il lavoro e il mercato, Mondadori, Milano, 1996; ID, I giuslavoristi e la scienza economica: istruzioni per l’uso, ADL, 2006, n. 2, pp. 454 e ss; ICHINO A., ICHINO P.. A chi serve il diritto del lavoro, RIDL, I, 1994, pp. 399 e ss; LOI P., L’analisi economica del diritto e il diritto del lavoro , DLRI, 1999, pp. 547 e ss; DEL PUNTA R., L’economia e le ragioni del diritto del lavoro, DLRI, 2001, pp. 3 e ss.; DEAKIN S. WILKINSON F., Il diritto del lavoro e la teoria economica: una rivisitazione, DLRI, 1999, p. 587.
545
SIMITIS S., La guridifcazione dei … op. cit., p. 238 e ss. Il baricentro dell’intervento pubblico tende dunque a spostarsi dal temperamento dei costi sociali della crescita economica, al sostegno ai costi di transazione o di scambio commerciale.ALONSO L.E., Trabajo y ciudadanía ..., op. cit. Si tratterebbe di una tendenza favorita anche dal processo di integrazione europeo “che ha contribuito, almeno in parte, a far valere la tesi secondo la quale l’intervento pubblico non può sostituire le leggi del mercato nel ruolo di guida del processo economico, ma deve soltanto dettare le regole al mercato per garantire ad esso una maggiore efficienza e correttezza”. SANTORO PASSARELLI G., Rigidità e flessibilità nella disciplina del rapporto di lavoro , in AA.VV., Contratto e lavoro subordinato. Il diritto civile alle soglie del 2000, Cedam, Padova, 2000, p. 164.
una ponderata valutazione della realtà socio-economica concreta,
sembrano rispondere ad una determinata considerazione ideologica del
valore preminente dell’impresa e dell’economia nella società moderna. In
questo senso la giustificazione propriamente economicistica si combina e
si confonde con una soggiacente giustificazione politico- ideologica.
Già le prime manifestazioni della legislazione sociale agli albori
della prima industrializzazione avevano testimoniato, insieme alla crisi
delle politiche liberali di laissez faire, il proposito dello Stato di
intervenire nelle relazioni sociali ed economiche onde determinarne fini
ed obiettivi e predisporre mezzi (innanzitutto giuridici) per il loro
conseguimento; avevano cioè fatto emergere l’idea di uno Stato
necessitato ad intervenire in funzione di mediazione degli interessi
contrapposti, delle tensioni sociali e delle diseconomie prodotte dal
processo di industrializzazione capitalistica in atto. Nel corso del secolo
socialdemocratico appena trascorso, questo ruolo attivo e sempre più
penetrante delle istituzioni pubbliche nell’economia e nella società si è
andato consolidando, dando luogo ad un compromesso (c.d. patto
keynesiano)
546che ha favorito il consolidamento del sistema capitalistico
in un clima di (relativa) pacificazione sociale.
La prospettiva a cui si è fatto cenno, almeno nelle sue versioni più
radicali, sembra in qualche modo smentire la linearità del processo
storico evidenziato, ritenendo l’intervento (demercantilizzatore) dello
Stato in funzione di mediazione dei contrapposti interessi sociali ed
546 Si tratta dell’accettazione da parte del lavoro della logica capitalistica del mercato quale meccanismo fondamentale di produzione e distribuzione della ricchezza in cambio di politiche di protezione sociale pubblica e democratizzazione economica e sociale del sistema. Attraverso la rinegoziazione a livello macro-economico degli effetti economici e dei costi sociali di una crescita economica di tipo capitalistico e l’elaborazione di interventi incisivi di politica sociale, lo Stato si assumeva il compito di creare le condizioni economiche e sociali che rendessero possibile, allo stesso tempo, la redditività del mercato e la riproduzione del sistema. La c.d. “societá della sicurezza” cui dette luogo, era incentrata sul valore del lavoro quale porta di accesso ad una “cittadinanza sociale”, garantita attraverso l’assunzione da parte dello Stato, e in generale delle istituzioni pubbliche, del compito di assicurare un complesso di diritti non solo civili e politici ma anche sociali ed economici, rimediando alle esternalità (in termini di costi sociali e disfunzioni operative) prodotte dal mercato. Il riconoscimento ed il coinvolgimento delle grandi organizzazioni di rappresentanza del lavoro e dell’impresa nella determinazione delle politiche economiche e sociali pubbliche (c.d. macro-corporativismo) assicurava d’altra parte la istituzionalizzazione del conflitto, giuridificato e normato dentro i parametri imposti dallo Stato e dunque mitigato nei suoi effetti più distruttivi. Prosperità e sviluppo del sistema economico e produttivo, piena occupazione, consenso sociale, miglioramenti costanti nelle condizioni di vita e di lavoro di quote crescenti di popolazione, affermazione dei diritti sociali, caratterizzarono il ventennio dorato dello Stato sociale, e crescita economica e incremento del benessere sembrava dovessero durare per sempre. In realtà, le contraddizioni insite nel sistema stesso erano latenti e non tardarono a manifestarsi. ALONSO L.E., Trabajo y ciudadanía, op. cit. Sul pensiero socialdemocratico, BERSTEIN
S., Los regímenes politícos del siglo XX. Para una historia política comparada del mundo contemporáneo, Ariel, Barcellona, 2003.
economici sempre meno necessario e sempre più dannoso. Sempre più
chiaramente sembra affermarsi la convinzione che il compito della
costruzione dell’ordine politico, sociale ed economico, sottratto al
dominio delle politiche pubbliche, debba essere rimesso direttamente ai
privati, alla libera determinazione delle loro volontà individuali, affidato
al libero gioco dell’iniziativa privata
547. All’idea dello Stato come
“organizzatore sociale”
548, che interviene, coordina e dirige l’economia e
la società, ovvero che media il conflitto e pacifica i rapporti sociali ed
economici, sembra sostituirsi quella della necessità di uno Stato neutrale,
minimo e assistenziale
549, il cui compito è adesso quello di garantire il
corretto funzionamento dei meccanismi di autoregolazione
550e di
rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla libera espressione delle
volontà individuali
551.
Ma il “ritorno” al contratto viene anche giustificato sulla base di
una distinta e più innovativa prospettiva, alla quale verrà dedicato il
paragrafo seguente.
547
Ne sia una conferma anche la sempre più frequente attribuzione del ruolo della formazione delle regole ad organismi sopranazionali, spesso considerabilmente svincolati ad un qualsiasi controllo democratico e dal radicamento con un territorio di riferimento, ovvero la rimessione del compito direttamente ai privati (lex mercatoria), che dà luogo ad un processo di privatizzazione dei meccanismi di riproduzione sociale e giuridica, la cui legittimazione viene individuata direttamente nelle trasformazione avvenute nelle società e nelle economie contemporanee (globalizzazione dei mercati, integrazione economica e finanziaria su scala mondiale, perdita di centralità dello Stato Nazione soppiantato da istituzioni politiche ed economiche sovranzionali, etc.). Non solo la formazione delle regole, ma anche la loro interpretazione e applicazione diventa sempre più questione privata, come dimostra il ricorso sempre più massiccio ad organi di conciliazione e arbitrato. Ne risulta di conseguenza un progressivo scollamento delle regole da un sistema di valori democraticamente individuato e condiviso e formalizzato a livello costituzionale.
548
BAYLOS A., Derecho del trabajo …, op. cit. p. 30. 549
R.NOZICK, Anarchia Stato e Utopia. I fondamenti filosofici dello “stato minimo”, Firenze, 1981.
550
Si è parlato a questo proposito di “pan-contrattualismo” (GALGANO F., La categoria del contratto alle soglie del terzo millennio, Contratto e Impresa, 2000, p. 919) per intendere la tendenza che si registra ben oltre i confini della disciplina lavoristica per abbracciare l’intero diritto, alla contrattualizzazione del diritto, “come dimostra da un lato la generalizzazione del diritto europeo dei contratti (...), e dall’altro la privatizzazione di questo diritto contrattuale mediante l’iniziativa dottrinale (Unidroit, Commissione Lando)”. Cfr. SPEZIALE V., Diritto del lavoro e diritto dei contratti, RIDL, 2007, I. p. 437.
551
In tal senso, ricostruiscono la questione anche CASAS BAAMONDE M.E., BAYLOS
GRAU A., ESCUDERO RODRÍGUEZ R., Flexibilidad legislativa y contractualismo ..., op. cit. p. 10. Altre volte, sorprendentemente, si arriva a sostenere che “nelle nostre ricche società la questione sociale sta diventando progressivamente sempre meno importante, se non altro perché coinvolge fasce sempre più limitate della popolazione attiva”. GRECO P., Una questione di carattere, in GAETA L. (a cura di), Costantino Mortati e “Il lavoro nella Costituzione”: una rilettura . Atti della giornata di studio, Siena, 31 gennaio 2003, Giuffrè, Milano, 2005, p. 215.