Nell’Italia liberale dei primi del ‘900, l’operazione fu portata a termine
da un giovane giurista - Ludovico Barassi -, che, appoggiandosi ad idee e
concetti già ampiamente circolanti nella cultura giuridica del suo tempo e
potendo contare sulla laconicità della disciplina codicista che gli
assicurava ampi margini di movimento nell’interpretazione e nella
risistematizzazione dell’istituto locativo, procedette alla prima compiuta
ricostruzione dogmatica e concettuale alla categoria giuridica del
contratto di lavoro
129.
Negando carattere veramente innovativo al lavoro industriale
130, e
in sostanziale adesione alla tesi prevalente che concepiva il lavoro come
“capitale produttivo”, in quanto tale, passibile di divenire, al pari di
concentrandosi sul soggetto-lavoratore - la costruzione della fattispecie si centra sull’oggetto dell’obbligazione, il lavoro eterodiretto. PEDRAZZOLI M., Democrazia industriale e …, op. cit., 43-44.
129 Si trattava di un contratto la cui nozione risultava particolarmente ampia rispetto a quella presupposta dalla prima legislazione sociale avente ad oggetto la prestazione di lavoro manuale nell’industria. Per un’analisi dell’opera di Barassi, più recentemente VENEZIANI B., Contratto di lavoro, potere di controllo e subordinazione nell’opera di Ludovico Barassi, DLRI, 2002, pp. 639 e ss.; NAPOLI M., Ritornare a Barassi?, in ID, Il Diritto del Lavoro tra conferme e sviluppi (2001 – 2005), Giappichelli, Torino, 2006, pp. 3 e ss.
130
In esplicita polemica con l’impostazione dei sociologi, l’Introduzione stessa dell’opera di BARASSI L. (Il contratto di lavoro …, op. cit., p. 1) esordisce con l’affermazione secondo cui “Il contratto di lavoro è sorto fin dai tempi in cui l’uomo non bastò più a se stesso pel soddisfacimento dei suoi bisogni, e dovette quindi ricorrere all’opera del suo simile per procurarsi ciò che poteva soddisfare i bisogni nuovi”. Aggiunge poi che il rapporto che lega “il lavoratore libero e chi dal lavoro vuol trarre profitto, è oggi nella sua struttura intima quello che era duemila anni or sono”.
qualunque altro bene, oggetto di un rapporto di scambio
131, Barassi -
com’è noto - individuò il tratto distintivo del contratto di lavoro
nell’elemento della subordinazione. Questa coincideva sostanzialmente
con il volontario assoggettamento del lavoratore al potere di comandare,
controllare e rendere effettivi gli ordini, attribuito al datore di lavoro
132.
L’inserimento della subordinazione nel contenuto e, dunque, nella
causa del contratto importava una serie di conseguenze assai importanti
sul piano giuridico, ma anche su quello più propriamente sociale ed
economico. Da un lato, si introduceva, quale elemento tipico del
contratto istituito per l’acquisizione del fattore lavoro da parte della
nascente impresa capitalista, l’elemento strutturale della (accettazione
volontaria della) sottoposizione del prestatore di lavoro ai poteri del
datore di lavoro (così rilegittimati e, dunque, rafforzati anche dal punto di
vista giuridico)
133– anche se a costo di considerare (fingere) libero il
consenso prestato dal lavoratore a pari di quello di un qualunque altro
contraente -. Dall’altro, si assolveva l’esigenza di ripersonalizzazione del
rapporto nascente dal contratto, senza per altro mettere in discussione il
principio civilistico dell’uguaglianza formale
134.
La vincente combinazione tra uguaglianza formale sul piano
giuridico e costruzione di una fattispecie tipica per l’inquadramento del
fenomeno del lavoro industriale connotata dall’elemento della
subordinazione tecnico-giuridica consente di fondare giuridicamente la
posizione di potere dell’imprenditore capitalista senza il pericolo di
riproposizione di antichi vincoli di status
135. Quei poteri che derivavano
all’imprenditore quale conseguenza del fatto sociale ed economico della
131
Sul punto, MAZZOTTA O., Diritto del lavoro , Giuffrè, Milano, 2005, p. 42. 132
Sul punto si rinvia a SCOGNAMIGLIO R., Contratto di lavoro e locazione d’opere, in NAPOLI M.(a cura di), La nascita del diritto del…, op. cit., pp. 93 e ss. ID., Il contratto di lavoro e il contratto di locazione nel pensiero di Lodovico Barassi, RIDL, 2002, I, pp. 25 e ss.
133
VENEZIANI B., Contratto di lavoro, potere di controllo e …, op. cit., p. 641. 134
MENGONI L., Il contratto di lavoro nel secolo XX, Relazione presentata al Congresso Aidlass, “Il diritto del lavoro alla svolta del secolo”, Ferrara, 11-13 maggio 2000, disponibile sul sito www.aidlass.org. e pubblicata da Giuffrè, Milano, 2002. Scrive a tal proposito lo stesso Barassi nella seconda edizione della sua opera (p. 622), “questa subordinazione non afferra già tutta la persona del lavoratore come se quest’ultimo nelle attitudini fisiche, intellettuali e psichiche si debba intendere in balia dell’altro contraente. Già abbiamo visto che il lavoro non è una merce e che il creditore non ha che un diritto, di natura obbligatoria (un credito) puramente all’adempimento della prestazione”.
135
In questo senso, scrive GAROFALO M.G., Recensione a PEDRAZZOLI M., Democrazia industriale e subordinazione ...., op. cit., in DLRI, 1987, p. 897: “… ai fini della formazione sociale capitalista l’autonomia formale di cui gode il lavoratore nel momento della conclusione del contratto è altrettanto importante che la subordinazione. ove non si tenesse ferma questa autonomia, verrebbe scardinato il fondamento stesso della società borghese: l’eguaglianza formale dei cittadini sotto il profilo giuridico e il mercato sotto quello economico”.
proprietà dell’impresa, vengono adesso giuridificati, entrando a
connotare la struttura di un nuovo tipo contrattuale
136.
Oltre a ciò, l’unificazione operata sotto il criterio della
subordinazione, intesa non in termini di asimmetria di potere di mercato,
ma in quanto elemento qualificante la prestazione liberamente promessa
dal lavoratore (organizzata, diretta e resa ad altri)
137, consentì la
ricomprensione all’interno dello schema di lavoro subordinato di una
variegata gamma di tipologie di lavoratori e di forme di lavoro anche
diverse da quelle prestate nell’industria
138, allontanando e diluendo così i
rischi connessi all’emergere di una nuova classe sociale costruita intorno
all’operaio industriale
139. La formazione ed il progressivo
consolidamento delle prime forme di organizzazione collettiva dei
lavoratori – anche in seguito alla rimozione del divieto di organizzazione
sindacale – destava, infatti, non poche preoccupazioni ad una classe
dominante di estrazione proprietaria e borghese che mirava alla
conservazione della propria posizione di potere, economico, sociale e
politico
140. L’attribuzione di un carattere “neutro” alla subordinazione,
136
“La ausencia de autonomía en la prestación de trabajo se configura así como supuesto típico, que implica la incorporación del trabajo y del trabajador a una organización ajena, presupuesto estructural condicionante del ejercicio de los deberes empresariales”. RODRÍGUEZ-PIÑERO M., BRAVO-FERRER M., Contrato de trabajo y autonomía del trabajador ..., op. cit., p. 25.
137
Si passa dunque da una considerazione dello stato di subordinazione del lavoratore meramente descrittiva, ad una prospettiva più propriamente prescrittiva, “perché diviene la base strutturale per la ricerca di un elemento che possa fungere da tratto «discretivo» del lavorare in modo subordinato”, MAZZOTTA O.,Autonomia individuale e sistema del diritto del lavoro, DLRI, 1991, p. 490 (ora anche in ID.,Diritto del lavoro e diritto civile. I temi di un dialogo, Giappichelli, Torino, 1994, pp. 29 e ss.).
138
La soggezione al potere direttivo e di controllo dell’imprenditore è tratto distintivo della fattispecie di lavoro subordinato “Questo avviene” secondo Barassi, “così per l’operaio come per il direttore di banca. L’uno e l’altro non hanno di mira un risultato determinato, ma una semplice prestazione delle proprie energie a quei fini cui la guida, il controllo e la sorveglianza del capo fabbrica o del consiglio di amministrazione della banca intende condurle. BARASSI L., Il contratto di lavoro…, op. cit., p. 32.
139
Scrive MARIUCCI L., Il lavoro decentrato…, op. cit, pp. 47 e 49: “La costruzione di Barassi si configura come una operazione mediatoria, attraverso cui le tensioni indotte sul sistema normativo dal rivolgimento economico e sociale vengono riassorbite entro schemi giuridici collaudati e al tempo stesso riadeguati”; “La costruzione barassiana del contratto di lavoro (condotta, del resto, sulla scia del Lotmar) come categoria comprensiva di ogni prestazione di lavoro contro mercede…si giustifica per l’esigenza di stemperare la specificità del lavoro salariato di massa entro un genus amplissimo all’interno del quale si oscura completamente la matrice classista”.
140
La progressiva presa di coscienza tra i lavoratori della funzione centrale svolta nel processo produttivo, dei livelli di sfruttamento e dominio a cui erano soggetti e, allo stesso tempo, del loro trovarsi totalmente sprovvisti di strumenti giuridici e politici attraverso i quali promuovere e conseguire il miglioramento della propria condizione economica e sociale, fa nascere in loro il sentimento di appartenenza ad una classe antagonista, seminando così i germi del sovvertimento del sistema e della rivoluzione. PALOMEQUE LÓPEZ M.C., Derecho del Trabajo e ..., op. cit., p. 10. Nello stesso senso,
concepita in termini tecnico- giuridici e l’utilizzo di categorie giuridiche
tradizionali e ben consolidate permetteva, infatti, di attenuare il carattere
innovativo e, dunque, la portata potenzialmente “sovversiva” dell’ordine
individualista borghese insita nel nuovo rapporto tra lavoro e capitale
141.
L’indubbio valore sistematico
142ma, soprattutto, la maggiore
coerenza con il clima culturale dominante
143e la capacità di rispondere
alle esigenze economiche di un sistema industriale in espansione,
consentirono alla ricostruzione barassiana di conquistare l’approvazione
del ceto giuridicamente, politicamente ed economicamente egemone e di
accreditarsi addirittura come fondativa della scienza giuslavoristica
144,
che “nasce in Italia all’insegna del distacco dalla nuova realtà sociale,
dalla convinzione dell’impossibilità di tradurre immediatamente nel
giuridico le relazioni industriali, dalla negazione della “confusione”
145.
ROMAGNOLI U., Il lavoro in Italia.. op. cit., p. 73; MARTONE L., Le prime leggi sociali nell’Italia liberale (1883-1886), Quaderni Fiorentini, n. ¾, 1975-75, p. 105 e ss. 141
Ma forse l’effetto più importante dell’astrazione a cui viene sottoposto il lavoro connotato dalla subordinazione tecnico-giuridica fu quello che D’Antona ha qualificato come “effetto Barassi, per tale intendendo l’effetto ottico per cui si è persuasi di dover vedere il «chi» del diritto del lavoro, cioè il soggetto protetto, guardando al «come» della prestazione dedotta nel contratto di lavoro subordinato”. D’ANTONA M., I mutamenti del diritto del lavoro ed il problema della subordinazione, ora in CARUSO B. SCIARRA S., (a cura di), Massimo D’Antona. Opere, III, Giuffrè, Milano, 2000, p. 1206. E’ questa pretesa “identità necessaria tra fattispecie di contratto di lavoro subordinato e presupposti per l’applicazione del diritto del lavoro” – confermata anche dalla sistematizzazione datane dal Codice civile del 1942 – che, secondo questo Autore, ha portato, una volta trasformati i presupposti sociologici di riferimento, alla crisi della nozione di subordinazione; una nozione che si è rivelata sempre meno in grado di risolvere efficacemente tanto il problema della qualificazione del rapporto, quanto quello dell’attribuzione delle tutele. Ma di questo si parlerà più approfonditamente nel corso del secondo Capitolo di questo lavoro.
142 Per un’analisi dell’opera di Barassi, N
APOLI M., Ritornare a Barassi?, in ID, Il Diritto del Lavoro tra conferme e sviluppi (2001 – 2005), Giappichelli, Torino, 2006, pp. 3 e ss.
143
La coerenza dell’impostazione barassiana con la cultura - non solo giuridica - dominante nel periodo a cavallo tra ‘800 e ‘900 è sottolineata anche da ROMAGNOLI U., «Il contratto di lavoro» di Lodovico Barassi cent’anni dopo, in NAPOLI M.(a cura di), La nascita del diritto…, op. cit., p. 52.
144
Insinua il dubbio che ciò sia accaduto anche in conseguenza del fatto che “Ludovico Barassi …è stato l’unico giurista della prima metà del Novecento ad occuparsi di Diritto del Lavoro con perseveranza e, diremo oggi, a tempo pieno”, ROMAGNOLI U., Il Diritto del Lavoro durante il fascismo, LD, 2003, p. 79.
145 C