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3 – La legislazione sociale come strumento di preservazione dell’ordine liberale

Se collocata in tale contesto, la legislazione sociale – risposta statuale

alla domanda di regolazione proveniente dalla società

101

“concepita più

come terapia d’urgenza che come strumento di governo della transizione

alla società industriale”

102

, miscela di morale religiosa cristiana e

incrostazioni feudali (legislazione crocerossina

103

), prodotto dell’idea di

uno Stato “benefattore” e dell’esigenza di autoconservazione del

100

DUEÑAS HERRERO L. J., ¿Transgresión o transformación en el Derecho del Trabajo?, RL, 1998, n. 2, p. 20

101

Per un riepilogo storico della prima produzione legislativa in materia di lavoro operaio in Spagna all’inizio del XIX secolo,PALOMEQUE LÓPEZ M. C., Derecho del trabajo ..., op. cit.; MONTOYA MELGAR A., Ideología y lenguaje en las leyes laborales de España (1873-1978), Civitas, Madrid, 1992, PALOMEQUE LÓPEZ M. C.,ÁLVAREZ DEL LA ROSA M., Derecho del trabajo , op. cit. pp. 54 e ss. che sottolineano il carattere marcatamente paternalista della stessa. Nello stesso senso, MONEREO PÉREZ J. L., Fundamentos doctrinales del …, op. cit. p. 100 e ss. a cui si rinvia per la bibliografia di riferimento. Si veda pure, GONZÁLEZ-POSADA MARTÍNEZ E.,El derecho del trabajo..., op cit., pp. 63 e ss.

102

ROMAGNOLI U., Il lavoro in Italia. Un giurista racconta. Il Mulino, Bologna, 1995, p. 67. Nello stesso senso per la legislazione sociale spagnola, MOLTALVO CORREA J., Fundamentos del Derecho del Trabajo. Formación histórica, ámbito de aplicación, concepto, Civitas, Madrid, 1975, p. 149.

103

ROMAGNOLI U., Il diritto del lavoro in Italia nel periodo fra le due guerre, in VARDARO G. (a cura di), Diritto del lavoro e corporativismi in Europa: ieri e oggi, F.Angeli, Milano, 1988, p. 168.

capitalismo emergente

104

– si connota di tutta la sua carica

“restauratrice”

105

.

Ciononostante, la legislazione sociale contribuiva a generare, suo

malgrado, contraddizioni in un sistema fondato sul primato del contratto

nella regolamentazione dei rapporti di lavoro (e dei rapporti interprivati

in genere)

106

e sull’astensionismo statale, e andava a costituire il primo

embrione di quella disciplina che, nata all’ombra del diritto civile,

acquisterà ben presto autonomia legislativa, scientifica e didattica

107

.

Il complesso di norme che via, via si vanno elaborando quasi

contemporaneamente in tutta Europa, infatti, ignora (o meglio, prescinde

dal) lo schema contrattuale sul quale si voleva fondato il rapporto di

lavoro, limitandosi ad agire su categorie sociali determinate e altrettanto

determinati bisogni di tutela. Si considerava “lavoratore dipendente, dal

punto di vista giuridico (….) chi si presentasse come soggetto debole dal

punto di vista socio-economico”

108

, senza che venisse in considerazione

104

PALOMEQUE LÓPEZ M., Derecho del trabajo e …, op. cit., pp. 111 e ss. 105

“La protezione del lavoro si presenta in questo stadio come espressione di un’istanza utilitaristica-economicista, in funzione del rafforzamento e dell’espansione dell’assetto capitalistico, in quanto tende ad utilizzare per l’incremento della produzione e dei consumi il potenziamento della qualità e quantità di lavoro salariato e della sua capacità di acquisto ed a far gravare sul margine dei maggiori profitti dell’impresa una parte degli oneri derivanti dall’assunzione della politica protettiva”. MORTATI C., Il lavoro nella Costituzione, DL, 1954, I, pp. 149 e ss., ora in GAETA L. (a cura di), Costantino Mortati e “Il lavoro nella Costituzione”: una rilettura . Atti della giornata di studio, Siena, 31 gennaio 2003, Giuffrè, Milano, 2005, p. 10.

106

Come sottolinea ROMAGNOLI U., Il lavoro in Italia.., op. cit., p. 62, le leggi sociali del primi del XX secolo non avevano la pretesa di intaccare il primato del Codice civile nella regolazione dei rapporti tra privati e dunque anche dei rapporti di lavoro, limitandosi a girargli intorno “come pianeti intorno al Sole”.

107

Si veda a tal proposito l’ormai classica ricostruzione delle ragioni dell’autonomia del diritto del lavoro sia dal diritto civile, sia dal diritto amministrativo operata da SCOGNAMIGLIO R., La specialità del Diritto del Lavoro, RGL, I, 1960, p. 83 che rintraccia le ragioni della specialità del diritto del lavoro nella esigenza di rimediare alla insufficienza dello strumento contrattuale, funzionale alla garanzia della sola uguaglianza formale, in un contesto di rapporti segnati dalla disparità di forza economica e sociale tra lavoratori e datori di lavoro e dalle esigenze di tutela giuridica del lavoratore; diritto del lavoro che si struttura, dunque, come “una serie di limiti all’esercizio della autonomia privata” e che, insieme all’azione diretta dei lavoratori - diritto sindacale – realizza la funzione di “maggior tutela dei lavoratori”, p. 89. Sul punto anche, SANTORO PASSARELLI F., Specialità del diritto del lavoro , RDL, 1967, I, pp. 3 e ss.; RODRÍGUEZ-PIÑERO M., La emancipación del Derecho del Trabajo del Derecho Civil, RL, 1996, n. 2, pp. 1 e ss.

108

GAETA L.,TESAURO P., Il rapporto di lavoro ..., op. cit, pp. 10 e ss., cui si rinvia anche per i riferimenti bibliografici. In altra sede, Gaeta sottolinea come, al tempo, la figura del proletario industriale non era certo rappresentativa dell’universo già composito del lavoro dipendente. Essa, insomma, in quanto statisticamente minoritaria, non avrebbe potuto costituire il parametro intorno al quale modellare tutta la struttura del rapporto di lavoro. Se cosí é stato, sostiene l’A., fu a causa dei rapporti di forza

la natura giuridica del rapporto tra soggetto tutelato e datore di lavoro

109

.

Anche per questo, la legislazione sociale utilizza una nozione di contratto

di lavoro restrittiva come comprendente essenzialmente la prestazione di

attività lavorative (nell’industria) connotate dal carattere della prevalente

manualità

110

. Erano queste infatti le classi di rapporti che raggruppavano

i lavori più umili (o forse più pericolosi) e dunque i lavoratori

maggiormente bisognosi di protezione verso le quali si dirigeva l’istanza

politica di intervento dello Stato.

Se il campo di applicazione della legislazione di diritto pubblico

era socialmente (piuttosto che giuridicamente) determinato, la ratio dello

stesso (temperamento delle conseguenze sociali più laceranti e dunque

più pericolose per la conservazione del sistema) finiva inevitabilmente

per smentire i postulati liberali del mercato quale luogo e strumento

privilegiato per un’ottimale allocazione delle risorse e, più in generale,

quale mezzo di ordinata strutturazione dei rapporti economici e sociali e

dell’astensionismo statale quale condizione indispensabile all’efficace

funzionamento dello stesso e della società in genere. La necessità di

intervenire a tamponare almeno le conseguenze sociali più laceranti

prodotte dall’affidamento al contratto individuale della regolazione dei

rapporti di lavoro rendeva manifesta la finzione di un mercato

autoregolato ed autosufficiente e giustificava la necessità dell’intervento

pubblico

111

onde sventare le minacce lanciate al sistema dalla rapida

espansione della quota di popolazione per la quale il lavoro si era

trasformato nell’unico strumento di sopravvivenza.

Senza contare poi che la riferibilità degli interventi dello Stato a

categorie socialmente determinate metteva a repentaglio il primato logico

della legge – presupposto ineliminabile dello Stato di diritto - che si

reggeva, com’è noto, non solo sul carattere di astrattezza, ma anche su

quello della generalità della stessa, ovvero sulla sua riferibilità a tutti gli

individui appartenenti alla comunità, contribuendo a sgretolare il mito

illuministico della onnivalenza del Codice. Nella misura in cui si andava

costruendo una complesso di sistemi di regolazione che prendevano a

proprio riferimento e come propri destinatari non più la generalità astratta

dei “cittadini”, bensì gruppi socialmente ed economicamente determinati

e differenziati nell’ambito della società civile, si produceva una sorta di

“ritorno allo status”, che finiva per minacciare la centralità dello Stato e

esistenti all’interno della classe lavoratrice e della societá nel suo insieme.GAETA L., Lavoro a distanza e subordinazione, ESI, Napoli, 1992, pp. 15 e ss.

109

Si veda in proposito, l’analisi della prima legislazione antinfortunistica operata da GAETA L., Infortuni sul lavoro e responsabilità civile. Alle origini del diritto del lavoro, ESI, Napoli 1986.

110

MENGONI L., Il contratto di lavoro nel diritto italiano …, op. cit., pp. 414 e ss. 111

Scrive SIMITIS S., La giuridificazione dei rapporti di lavoro , DLRI, 1986, p. 217: “la transizione verso un’economia di tipo industriale esclude la possibilità di alternative alla giuridificazione dei rapporti di lavoro”.

del contratto nella costruzione dell’ordine sociale ed economico e, in

definitiva, l’aspirazione liberale alla

realizzazione dell’unità

dell’ordinamento giuridico

112

. Più in generale, sia l’intervento eteronomo

realizzato dalla legislazione pubblica in materia di condizioni di lavoro di

categorie sociali determinate, sia lo sviluppo di regole elaborate a livello

collettivo producevano l’effetto di sottrarre ai meccanismi ed al

funzionamento del mercato quote crescenti della regolazione del lavoro,

minacciando conseguentemente i principi fondamentali dell’ordine

liberale costituito

113

.

Tuttavia, l’intervento nel mercato del lavoro operato con gli

strumenti della norma inderogabile - e dunque con tecniche che andavano

ad intaccare il primato dell’autonomia privata individuale nella

determinazione di parti via, via crescenti della relazione di lavoro -, pur

prescindendo sostanzialmente dalla natura contrattuale della relazione,

finiva paradossalmente proprio per rilegittimarla, inserendosi pur sempre

nella logica del contratto e del mercato

114

. Tale deviazione dai principi

liberali, infatti, trovava giustificazione e legittimazione proprio nella

necessità, considerata essenzialmente eccezionale e contingente, di

correggere eventuali alterazioni del principio liberistico e del modello

concorrenziale

115

e non invece nella necessità di pervenire ad un suo

superamento. In altre parole, il Legislatore, attraverso l’emanazione di

misure di compensazione minima dello squilibrio prodotto sul mercato

dalla presenza di un soggetto forte, non interveniva direttamente né su

tale squilibrio, né sulle sue cause intrinseche, limitandosi a realizzare una

sorta di razionalizzazione dello strapotere dell’impresa, che in questo

modo finiva proprio per rilegittimare. L’intervento limitativo sulla libertà

di autodeterminazione delle parti (rectius: del datore) operato attraverso

l’imposizione di obblighi extra-contrattuali, era perciò pur sempre

112

MONEREO PÉREZ J.L., Estudio preliminar, in RIPERT G., Aspectos jurídicos …, op. cit. p. LI.

113

VOZA R., Inderogabilità come attributo genetico …, op. cit., p. 232. 114 Scrive a tal proposito S

PAGNUOLO VIGORITA L., Subordinazione e diritto …, op. cit., p. 114 “Proprio in quanto la finalità è essenzialmente quella di predisporre una disciplina protettiva per alleviare il disagio delle classi lavoratrici, e cioè dei soggetti vincolati da un contratto avente ad oggetto una prestazione lavorativa, viene posta in discussione non già mai tale elementare fattispecie di un «contratto di lavoro», bensì soltanto la idoneità di questa ad essere costruita sopra l’astratta e generale alternativa tra obbligazioni aventi ad oggetto un mero lavoro, ovvero un lavoro produttivo di un risultato”.

115

Come opportunamente sottolineato da DE LUCA TAMAJO R., La norma inderogabile nel diritto del lavoro , Jovene, Napoli, 1973, pp. 43 e ss., l’idea stessa della protezione del contraente debole presuppone e accetta la logica contrattuale, in essa inserendosi quale strumento di correzione delle alterazioni del modello concorrenziale; in questo senso, l’intervento protettivo introduce eccezioni e restrizioni, ma non altera il tradizionale quadro concettuale.

funzionale alla reintegrazione nella qualità di contraente del lavoratore

industriale ovvero al riequilibrio della sua posizione di debolezza nel

rapporto e, in definitiva, strettamente funzionale al rafforzamento e

all’espansione del sistema capitalistico

116

.

Più che una loro concessione benevola, la legislazione sociale fu

dunque la traduzione giuridica della risposta politico-difensiva del

capitalismo liberale in crisi

117

, il cui obiettivo era contenere il conflitto e

l’antagonismo sociale entro limiti tollerabili dal sistema (capitalistico)

118

attraverso la concessione di una qualche forma di protezione ai

lavoratori

119

. La portata destabilizzante e sovversiva del conflitto sociale

prodotto da un sistema di produzione basato sull’appropriazione

individuale del prodotto del lavoro sociale e su una disuguaglianza

116 In questo senso, G

AROFALO M.G., Il diritto del lavoro e la sua …, op. cit. p. 130: “Se è certamente vero che il grado di eteronomia che grava sul contratto di lavoro è notevolmente superiore a quello di altri contratti, ciò non toglie che questi interventi eteronomi abbiano anche – dialetticamente – la funzione di rilegittimare in ciascun momento storico, il mercato del lavoro”. E ciò vale tanto per la legislazione sociale dell’inizio XX secolo, quanto per il moderno diritto del lavoro. Nonostante la pur lenta penetrazione dei valori costituzionali nella concreta disciplina del lavoro e la sempre più complessa pluriformità strutturale e funzionale della disciplina lavoristica, non pare negabile che il diritto del lavoro moderno continui a svolgere eminentemente una “funzione di razionalizzazione giuridica dell’economia”, in funzione principalmente della conservazione del sistema. VARDARO G., Tecnica, tecnologia e ideologia della tecnica ..., op. cit., p. 85.MONEREO PÉREZ J.L., Fundamentos doctrinales de ..., op. cit. p. 105 e ss. In questo senso, “La diffusa opinione che individua nell’istanza protettiva del lavoratore, nel principio del favor, la ratio ispiratrice unificante di tutte le norme del diritto del lavoro è storicamente, sistematicamente ed esegeticamente perlomeno parziale ed unilaterale; occulta infatti la funzione assolta da questo ramo di diritto nella formalizzazione giuridica (e, dunque, nella legittimazione) dei rapporti di potere propri del modo di produzione sorto con la rivoluzione industriale”. GAROFALO M.G., Un profilo ideologico del Diritto del Lavoro, in Studi in onore di Gino Giugni, Cacucci, Bari, 1999, p. 457. Dello stesso avviso, ALARCÓN CARACUEL M.R., La vigencia del principio «pro operario» , in AA.VV., Cuestiones actuales de Derecho del Trabajo. Estudios ofrecidos por los catedraticos españoles de Derecho del Trabajo al profesor Manuel Alonso Olea, MTSS, 1990, pp. 848 e ss, Si veda anche ALPA G., La cultura delle regole. Storia del diritto civile italiano, Laterza, Roma -Bari, 2000, pp. 238 e ss. 117 M

ONEREO PÉREZ J.L., Algunas reflexiones sobre la caracterización técnico jurídica del Derecho del trabajo, Civitas, Madrid, 1996, p. 20.

118 M

EDINA CASTILLO J.E., Crisis de la sociedad …, op. cit, p. 72, secondo il quale, tra l’altro, “El ordenamiento laboral contribuyó a diluir el concepto de clase, produciendo una suerte de «diluición» y fragmentación de la clase trabajadora, al diluirla en grupos y categorias a efecto de su integración en el sistema juridíco y de regulación diferenciada de sus condiciones de trabajo y «vida laboral»”.

119

È questa la “funzione storica della legislazione sul lavoro” e, in definitiva, del diritto del lavoro, secondo PALOMEQUE LÓPEZ M.C., La fundación y la rifundación …, op. cit.,, p. 21 che, nelle pagine seguenti, distingue tra una funzione obiettiva e durevole del diritto del lavoro, legata strutturalmente al conflitto sociale di base (a sua volta legato al sistema di produzione), ed il suo contenuto istituzionale (al modo di realizzazione di tale funzione), subordinato, in quanto tale, alle contingenze storico-politiche ed alle combianti esigenze dell’evoluzione del sistema produttivo.

strutturale tra i soggetti delle relazioni economiche, esacerbata dagli

effetti perversi provocati dalla rivoluzione industriale e borghese, spinse,

infatti, alla reazione le classi dominanti, manifestando in tutta la sua

gravità quella che è stata chiamata la “grande lacuna” dei Codici liberali

ottocenteschi: “aver sostanzialmente ignorato la nascente società

industriale”

120

.

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