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Il coordinamento delle forze di polizia Quella del coordinamento delle forze di polizia è un’esigenza

dell’Interno, il Capo della Polizia e il Questore.

5. Il coordinamento delle forze di polizia Quella del coordinamento delle forze di polizia è un’esigenza

tradizionalmente molto sentita nel nostro ordinamento della sicurezza198. Essa affonda le proprie radici in due differenti fattori:

da una parte la contemporanea presenza di molteplici organismi

194 M. Di Raimondo, Il Sistema della Pubblica Sicurezza, Padova, Cedam, 1984, p.262. 195 Si vedano l’art. 13, l. n.121/1981, comma quattro per il Prefetto e l’art.14, comma

due per il Questore.

196 M. Di Raimondo, Il Sistema della Pubblica Sicurezza, Padova, Cedam, 1984, p.263. 197 Ibidem.

198 A. Buoncristiano, I problemi della sicurezza nelle città italiane, in La voce delle autonomie, n.

118 investiti di compiti e funzioni di polizia199; dall’altra la progressiva

espansione dei fenomeni criminosi nella società moderna200.

Il modello organizzativo eretto dalla l. n.121 del 1981

istituzionalizza un rapporto necessitato tra i numerosi soggetti deputati al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica, identificando gli organismi chiamati a espletare un potere di coordinamento al fine del conseguimento del comune obbiettivo201. Segnatamente, l’art. 16 della predetta legge,

nell’elencare le forze di polizia, nomina: la Polizia di Stato; l’Arma dei Carabinieri, quale forza armata in servizio permanente di Pubblica Sicurezza; il Corpo della Guardia di Finanza; a esse si affiancano e possono essere chiamati a concorrere all’espletamento dei servizi di ordine e sicurezza pubblica: il Corpo della Polizia Penitenziaria e il Corpo Forestale dello Stato.

A livello centrale, nell’ambito del Dipartimento di Pubblica Sicurezza l’Ufficio per il Coordinamento e la Pianificazione delle Forze di Polizia svolge un’attività di coordinamento tecnico- operativo, adoperandosi in funzione ausiliaria del ministro e attuando le politiche in materia di ordine pubblico che questi ha elaborato. Il Ministro dell’Interno, depositario di funzioni di alta direzione e coordinamento, si avvale del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Tale organo consultivo è

disciplinato dagli articoli 18 e 19 della legge n. 121/1981; esamina ogni questione di carattere generale relativa alla tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e all'ordinamento ed organizzazione delle Forze di polizia202. Esso è presieduto dal titolare dell’Interno;

è composto da un sottosegretario designato dal ministro, con funzioni di vice presidente, dal capo della Polizia - direttore generale della pubblica sicurezza, dal Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, dal Comandante Generale del Corpo della Guardia di Finanza, dal Direttore del Dipartimento

dell'Amministrazione Penitenziaria e dal Dirigente Generale Capo del Corpo Forestale dello Stato.

199 M. C. Mascambruno, Il prefetto: funzioni di rappresentanza, di coordinamento e poteri di

polizia. Volume 1, Giuffré, Milano, 1992.

200 La Monaca, Marini, Mazza, Riondato, Manuale del Diritto di Polizia, p. 583

201 G. Romano, Il ruolo di coordinamento del prefetto tra storia e prospettive future in Instrumenta

n. 24, 2004, p. 851.

119 Questo assetto organizzativo è riprodotto specularmente a livello periferico, trovando nel Prefetto un momento di aggregazione e sintesi per i diversi soggetti interessati203. Il funzionario prefettizio,

infatti, non è solo preposto all’attuazione delle direttive ministeriali e al coordinamento delle direttive ministeriali nell’area della

provincia, ma, in qualità di responsabile provinciale dell’ordine e della sicurezza pubblica, predispone piani coordinati di controllo del territorio204. Si giova inoltre della consulenza di un Comitato

provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, l’equivalente su base provinciale di quello nazionale, previsto dall’art. 20, l.n.121/1981. Del Comitato provinciale fanno parte il Questore, il Comandante Provinciale dei Carabinieri ed il Comandante il Gruppo Guardia di Finanza205. La composizione, allargabile anche a ricomprendere

soggetti esterni all’Amministrazione della pubblica sicurezza, concorre a rendere trasparente l’esercizio della funzione prefettizia. Il Prefetto, infatti, può chiamare a partecipare alle sedute del

Comitato le autorità locali di pubblica sicurezza, i responsabili delle amministrazioni statali e locali interessate ai problemi da affrontare e, d’intesa con il Procuratore della Repubblica competente per territorio, anche componenti dell’ordine giudiziario. Il

coinvolgimento degli amministratori locali al Comitato come membri di diritto ex art. 20 è coerente con il ruolo che la

legislazione più recente riconosce agli enti locali, senza dimenticare che questi ultimi dispongono di una preziosa visione delle

problematiche e delle dinamiche del territorio206. Essi possono

inoltre fornire agli organi istituzionalmente responsabili dell’ordine e della sicurezza pubblica il necessario contributo conoscitivo ai fini della individuazione delle emergenze e delle priorità degli

interventi, favorendo le iniziative di prevenzione e di tutela dell’ordinata convivenza. Oltre alle competenze consultive, il Comitato, ex art. 143, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000 rende un parere al Prefetto prima che questi rediga la relazione indirizzata al Ministero dell’Interno con cui propone lo scioglimento del

consiglio comunale o provinciale.

203 C. Mosca, Sicurezza di prossimità e di comunità per i cittadini, in Rivista di Polizia numeri 2-

3, 2003.

204 E. Gustapane, Il rapporto centro-periferia e l’istituto prefettizio, in Nuova Rassegna di

legislazione, dottrina e giurisprudenza – Rivista amministrativa quindicinale, n. 5, 2003.

205 Si veda in proposito L. Gallitelli, intervento al Seminario: “I rapporti tra le autorità di

pubblica sicurezza alla luce dei nuovi accordi derivanti dai protocolli d’intesa con gli enti locali”, in I Quaderni della Scuola Superiore Amministrazione dell’Interno, 1999.

120 La funzione prefettizia di coordinamento delle forze di polizia sul territorio provinciale è sancita dalla legge n.121/1981. Mentre il primo comma dell’articolo 13 qualifica il funzionario prefettizio come “autorità provinciale di pubblica sicurezza”, il secondo afferma: “il Prefetto ha la responsabilità generale dell’ordine e della sicurezza pubblica nella provincia e sovraintende all’attuazione delle direttive emanate in materia”. La novella di cui all’art. 12 del d.l. 13 maggio 1991, n.152, convertito in legge 12 luglio 1991, n.203 ha aggiunto una ulteriore precisazione: “assicura unità di indirizzo e coordinamento dei compiti e delle attività degli ufficiali e degli agenti di pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo le misure occorrenti”. Nel rispetto delle direttive impartite dal Ministro, al Prefetto è dunque demandata la realizzazione in provincia di piani coordinati di controllo del territorio che

dovranno poi essere attuati a cura dei competenti uffici della Polizia di Stato e dei comandi provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza207.

Esaurita questa preliminare ricognizione, appare opportuno tornare nuovamente e con maggiore attenzione proprio sul Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, in quanto organo che ben si presta a rappresentare i complessi obbiettivi che il Prefetto deve perseguire nell’interazione con gli enti locali. In seno al Comitato, infatti, è il funzionario prefettizio, quale responsabile generale della sicurezza nella sua accezione più ampia, a dover valorizzare al massimo grado tutte le componenti presenti: la funzione di coordinamento di cui è titolare gli impone di definire gli ambiti di intervento di ciascuno. Il coordinamento in tale

prospettiva deve pertanto essere attivato ogniqualvolta l’obbiettivo prefissato sia raggiungibile solo sulla scorta di un’azione congiunta, rivelandosi insufficiente l’attività isolata delle singole Forze di Polizia. L’importante Direttiva del Ministro dell’Interno per l’attuazione del coordinamento e della direzione unitaria delle Forze di Polizia del marzo 2000 ha appunto precisato che il ruolo di coordinatore del Prefetto debba costantemente ispirarsi al principio di sussidiarietà, ponendosi quindi come rispettoso delle prerogative e delle attribuzioni di ognuno dei soggetti interessati dall’azione amministrativa208.

207 A. Iannuzzi, Codice della pubblica sicurezza, Dike Giuridica Editrice, 2013. 208 AA.VV., Il sistema della sicurezza pubblica, Giuffré, Milano, 2010.

121 Le azioni comuni deliberate in seno al Comitato sono poi tradotte in atti di indirizzo dal Prefetto, costituendo la base per la

erogazione di servizi rispetto ai quali la responsabilità tecnico- operativa risulta appannaggio del Questore. Proprio il Questore rappresenta in tale ambito l’interlocutore istituzionale con cui l’autorità prefettizia può confrontarsi e interagire per garantire l’operatività delle decisioni assunte, a seguito della acquisizione del parere del Comitato provinciale dell’ordine e della sicurezza

pubblica.

È facile immaginare che talora l’attività prefettizia di

coordinamento possa incontrare un ostacolo nella resistenza di uno dei soggetti coordinati. Premesso che ogni destinatario dell’opera di coordinamento del Prefetto gode di una certa libertà nella scelta delle modalità di attuazione della volontà prefettizia, un

atteggiamento di contrasto, quantunque in ipotesi financo

motivato, può menomare l’efficacia dell’azione amministrativa. Il Ministro dell’Interno ha quindi definito mediante direttiva una procedura specifica atta a esaminare le questioni insorte qualora uno dei membri del Comitato non condivida le scelte adottate in seno all’organismo209. Il soggetto dissenziente è quindi tenuto a

comunicare senza indugio all’organo coordinatore la motivazione che fonda il suo dissenso, informando il diretto superiore

gerarchico; quest’ultimo, a sua volta, trasmetterà l’informazione al Vertice della rispettiva Forza di Polizia. Ove la motivazione venga ritenuta infondata, anche sulla scorta di comunicazioni effettuate dal Questore, il Prefetto ne riferisce al titolare degli Interni chiedendo, nei casi di maggiore delicatezza, la convocazione del Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica affinché la questione sia ulteriormente discussa e trovi risoluzione al massimo livello. È altresì fatto obbligo all’autorità prefettizia di informare per conoscenza e per l’adozione degli eventuali provvedimenti opportuni il Capo della Polizia e i Comandanti Generali competenti in ragione della struttura cui appartiene il soggetto dissenziente. Anche ai vertici delle Forze di Polizia è consentito sollecitare il Ministro dell’Interno a indire una riunione del Comitato nazionale. Per quanto concerne il valore delle determinazioni adottate dal Comitato, in base alla legge istitutiva esse debbono ritenersi dei meri pareri: un ausilio all’espletamento della funzione di Autorità

209 Direttiva Ministro dell’Interno per l’attuazione del coordinamento e della

122 provinciale di cui è gravato il Prefetto. Nella prassi, nondimeno, raramente l’autorità prefettizia si è discostata significativamente dai pareri resi dall’organismo in parola, di cui è peraltro il presidente. Le direttive prefettizie indirizzate agli organi di polizia per la loro attuazione sono spesso emanate in conformità alle determinazioni collegiali. Cinghia di trasmissione è il Questore, cui spetta il

compito di tradurre le direttive prefettizie in operazioni concrete. All’uopo, terminata una riunione del Comitato provinciale

dell’ordine e della sicurezza pubblica, il Questore attiva un tavolo tecnico per raggiungere le intese operative con i responsabili dei corpi di polizia. Si è quindi realizzata una trasformazione de facto del Comitato in questione da organo consultivo a organo decisionale; un passaggio imputabile alla composizione “allargata” che lo contraddistingue, in virtù della quale esso rappresenta una sede valutativa e decisionale per le strategie più adatte alla prevenzione e al contrasto della illegalità, nonché per l’ottimale distribuzione delle forze di polizia sul territorio. Questa transizione deve essere

tuttavia letta nel rispetto dell’autonomia del Prefetto, che è e rimane il responsabile unico delle determinazioni da lui adottate, potendosi anche discostare dalle conclusioni raggiunte nella sede collegiale.

Nel silenzio del legislatore circa le materie devolute all’esame del Comitato, argomentando ex art. 20 possiamo ritenere che queste debbano essere comunque riconducibili all’esercizio da parte del Prefetto delle attribuzioni di Autorità provinciale di pubblica sicurezza. La modifica di cui al d.lgs. n.279/1999 ha però specificato che detto organismo può affrontare questioni che toccano la “sicurezza della comunità locale o alla prevenzione di tensioni o conflitti sociali che possano produrre turbamenti

dell’ordine o della sicurezza pubblica in ambito comunale210”. Per

tali argomenti la convocazione del Comitato può essere richiesta dal Sindaco del capoluogo di provincia. Evidente nella laconicità dell’estensore della legge 121/1981 è la volontà di evitare

un’esaustiva elencazione degli argomenti suscettibili di esame, rimettendo invece alla sensibilità del Prefetto la selezione discrezionale delle problematiche locali da sottoporre volta per volta all’attenzione del Comitato, che convoca e di cui definisce l’ordine del giorno a norma del comma quinto dell’articolo 20.

210 Si veda il comma quinto dell’art. 20 della l. 121/81 aggiunto dall’art. 160, comma 2

123 Altro organismo rilevante è l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, istituito in forza del d.l. n.83/2002, poi convertito in l. n.133/2002. Presso ciascuna Prefettura è stato quindi costituito un Ufficio convocato e presieduto dal Prefetto e investito di compiti di raccolta e analisi preliminare delle

informazioni concernenti le “situazioni personali a rischio, comunque acquisite a livello locale”. Alle riunioni di

coordinamento presenziano il Questore, i Comandanti provinciali dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, nonché “con funzioni di segretario, il funzionario preposto

all'Ufficio per la sicurezza, che cura la connessa attività preparatoria ed istruttoria. Per le questioni di sicurezza relative a magistrati partecipa anche il procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello competente per territorio. Qualora sia in gioco la sicurezza di altre personalità, il Prefetto può altresì invitare alle riunioni le autorità eventualmente interessate alla questione. Sulla base delle valutazioni espresse nelle predette riunioni, il Prefetto formula all'UCIS proposte motivate sull'adozione, sulla modifica e sulla revoca delle misure di protezione e di vigilanza” (art. 5 del d.l. n.83/2002).