Sommario: 1 Il Prefetto come Autorità provinciale di pubblica sicurezza 2 Poteri propri e delegati 3
2. Poteri propri e delegati.
La legge n.121/1981 non detta un elenco preciso dei poteri di cui il Prefetto è titolare quando agisce in veste di Autorità provinciale di pubblica sicurezza; lo stesso articolo 13 si limita a un generico accenno alle modalità di intervento attraverso le quali assicurare l’unità di indirizzo e il coordinamento, evocando semplicemente la promozione delle “misure occorrenti”. I poteri prefettizi per il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica nella provincia, pertanto, sono individuabili soltanto attingendo alla frammentaria e ampia congerie di fonti in materia, dovendo poi considerare anche quelle competenze di volta in volta delegate dal Ministro
dell’Interno.
Lasciando da parte pretese di esaustività, una panoramica delle potestà prefettizie attinenti alla funzione di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica non può che principiare dall’articolo 2 del T.U.L.P.S.. In base a questo articolo il Prefetto gode del potere di adottare, in casi di urgenza o grave necessità pubblica, i
provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Il rappresentante dell’esecutivo nel territorio provinciale, quindi, vanta un potere di ordinanza oltremodo vasto,
110 la cui portata è circoscritta solo dai presupposti della necessità e della urgenza. Di tale potere ci occuperemo più diffusamente tra poco; urge però sottolineare in premessa come la caratteristica saliente dei provvedimenti in parola risulti essere la possibilità di determinare qualunque tipologia di effetto in relazione a situazioni di urgenza potenzialmente esiziali per la sicurezza e l’ordine
pubblico: circostanze, dunque, che difficilmente possono essere predeterminate in maniera esaustiva, mentre meglio si prestano a un apprezzamento caso per caso da parte dell’autorità prefettizia181.
Le ordinanze rese dal Prefetto sussumibili sotto il perimetro di applicazione dell’art.2 debbono tuttavia osservare, pena la loro illegittimità, i presupposti definiti dalla Corte Costituzionali nei numerosi interventi in materia. Tra i presupposti evocati dalla Consulta richiamiamo fin d’ora: l’eccezionalità dell’evento da fronteggiare, unitamente alla sua imprevedibilità; l’urgenza di provvedere e l’impossibilità di farlo utilizzando i soli mezzi
ordinari; la limitata efficacia nel tempo, la efficace pubblicità per il provvedimento ove non abbia efficacia individuale; l’adeguata motivazione; la congruenza con i principi dell’ordinamento giuridico e costituzionale (sentenza 2.7.1956, n. 8) .
Con l’articolo 12 del d.l. n.152/1991, poi convertito in legge n. 203/1991, è stato incluso un nuovo periodo entro il secondo comma dell’art. 13 della l. n. 121/1981. Il comma così novellato, come visto poc’anzi, attribuisce al Prefetto, nell’ambito della supervisione alla tenuta dell’ordine pubblico e della sicurezza in provincia, il compito di assicurare la “unità di indirizzo e
coordinamento dei compiti e delle attività degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza nella provincia, promuovendo le misure
occorrenti”. La disposizione in parola si inserisce in un più ampio quadro di interventi del legislatore tesi a fronteggiare la criminalità; essa produce un complessivo rafforzamento dei poteri prefettizi per ciò che concerne l’organizzazione della sicurezza sul territorio. Un rafforzamento, questo, che trova coronamento in un altro articolo della legge n.121/1981; segnatamente si tratta dell’art. 15, comma 3, in base al quale “quando eccezionali esigenze di servizio lo richiedono, il Prefetto, o il Questore su autorizzazione del
Prefetto, può inviare funzionari della Polizia di Stato, nei comuni di cui al comma precedente, per assumere temporaneamente la
111 direzione dei servizi di pubblica sicurezza. Resta in tale caso
sospesa la competenza dell’autorità locale di pubblica sicurezza”. L’art. 12, d.l. 152/91, convertito in legge n. 203 1991, comma 8, recita invece: “entro tre mesi il Ministro dell’Interno emana direttive per la realizzazione a livello provinciale, nell’ambito delle potestà attribuite al Prefetto a norma del comma 6, di piani coordinati di controllo del territorio da attuarsi a cura dei
competenti uffici della Polizia di Stato e dei comandi provinciali dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, ai quali possono partecipare, previa richiesta al Sindaco, contingenti o servizi di polizia municipale”. Nel rispetto delle direttive ministeriali, pertanto, il Prefetto predispone piani coordinati di controllo del territorio, di cui cura l’attuazione.
Altro testo che merita una menzione è poi la legge n.128/2001, recante “interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini”. Ex art. 17, comma 1, della legge in questione “il Ministro dell’Interno impartisce e aggiorna annualmente le direttive per la realizzazione, a livello provinciale e nei maggiori centri urbani, di piani coordinati di controllo del territorio da attuare a cura dei competenti uffici della Polizia di Stato e dei comandi dell’Arma dei Carabinieri e, per i servizi pertinenti alle attività d’ istituto, del corpo della Guardia di Finanza, con la partecipazione di
contingenti dei corpi o servizi di polizia municipale, previa richiesta al Sindaco, o nell’ambito di specifiche intese con la predetta
autorità, prevedendo anche l’istituzione di presidi mobili di quartiere nei maggiori centri urbani, nonché il potenziamento e il coordinamento , anche mediante idonee tecnologie , dei servizi di soccorso pubblico e pronto intervento per la sicurezza dei
cittadini”. Le direttive ministeriali sono quindi impartite e aggiornate con cadenza annuale, onde permettere ai Prefetti di adeguare i piani di controllo stilati. Lo stesso articolo precisa quali Forze di polizia siano chiamate a tradurre in concreto tali piani: oltre alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri e, per particolari attività inerenti ai suoi compiti precipui, la Guardia di Finanza, è consentito il coinvolgimento ai fini della loro attuazione anche della Polizia municipale, previa richiesta al Sindaco ovvero in forza di intese che quest’ultimo stipuli con il Prefetto.
Detto che al ruolo prefettizio nel contrasto alla penetrazione
mafiosa all’interno degli organi elettivi degli enti locali sarà dedicato un apposito paragrafo, possiamo qui richiamare l’art. 18, comma 1,
112 della l. n. 128/2001. La disposizione in esame stabilisce che, in presenza di specifiche ed eccezionali esigenze, sia possibile potenziare l’azione delle Forze di polizia nel contrasto alla criminalità ricorrendo alle Forze armate. Sentito il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica e previa intesa con i Ministri dell’Interno e della Difesa, il Presidente del Consiglio può adottare programmi di utilizzazione da parte dei Prefetti del personale appartenente alle Forze armate nella sorveglianza e nel controllo di obbiettivi fissi, specialmente se si tratta di edifici o luoghi “sensibili”. La messa a disposizione dei Prefetti di
appartenenti alle Forze armate da parte delle autorità militari rientra nel dettato dell’art. 13, comma quinto, della l. n. 121/1981.
Interessante è poi l’istituzione presso ogni Prefettura, con decreto del Ministro dell’Interno risalente al 14 marzo 2003, di Gruppi Interforze incaricati di condurre accertamenti sull’attività delle imprese aggiudicatrici di appalti. Obbiettivo di tali indagini conoscitive è l’acquisizione di elementi informativi sui titolari di queste imprese, verificando dunque la eventuale sussistenza di rapporti di colleganza intrattenuti con associazioni criminali. I Gruppi Interforze sono coordinati da un funzionario della
Prefettura: vi prendono parte anche un funzionario della Polizia di Stato, un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, uno della Guardia di Finanza, un rappresentante del Provveditorato alle opere
pubbliche, uno dell’Ispettorato del lavoro e un funzionario della struttura periferica della Direzione Investigativa Antimafia.
Se è difficile tener traccia dei poteri propri del Prefetto per ciò che concerne l’ordine e la sicurezza pubblica, ancor meno lo è ancor meno descrivere con precisione le attribuzioni delegate o delegabili al funzionario prefettizio. A titolo puramente esemplificativo è possibile fare riferimento a quella delega eventuale, circoscritta al tempo necessario per far fronte a situazioni eccezionali di pericolo, che è conferita dal Ministro dell’Interno al Prefetto per la
dichiarazione mediante decreto dello stato di pericolo pubblico ovvero lo stato di guerra interno: si vedano in proposito gli articoli nn. 214-219 del d.lgs. n. 773/1931.
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3. Le ordinanze prefettizie in materia di sicurezza
pubblica.
La dottrina indica come fattispecie più risalente di ordinanza prefettizia quella contemplata all’art. 7 della legge n.2248/1865, allegato E, a mente del quale: “allorché per grave necessità pubblica l’Autorità amministrativa debba senza indugio disporre della
proprietà privata, od in pendenza di un giudizio, per la stessa ragione, procedere all’esecuzione dell’atto delle cui conseguenze giuridiche si disputa, essa provvederà con decreto motivato, sempre però senza pregiudizio dei diritti delle parti”. Detta disposizione è tuttavia di dubbia vigenza, giacché incide su di una materia
rientrante nell’art. 42 della Costituzione, ma, soprattutto, non assume come presupposto il verificarsi di una situazione
emergenziale. La sez. VI penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 38259 del 16 ottobre 2007, ha incidentalmente ritenuto che tale previsione “non attribuisce competenze specifiche” 182.
Il capostipite tuttora vigente delle norme attributive del potere necessitato d’ordinanza risulta quindi essere il già citato articolo 2 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza: il Regio Decreto 18 giugno 1931, n.773. Esso prevede che “il Prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica”. Nella sentenza n.26 del 23 maggio 1961, la Corte costituzionale ha adottato una declaratoria di parziale illegittimità dell’articolo testé nominato, nella parte in cui attribuiva ai Prefetti il potere di emanare ordinanze “senza il rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico”. Alla luce della statuizione additiva del giudice delle leggi la disposizione deve ritenersi integrata con il limite del necessario ossequio ai principi dell’ordinamento giuridico.
Quantunque non espressamente sancita, la capacità derogatoria del potere prefettizio qui esaminato si può desumere “dalla
connotazione straordinaria dell’attribuzione di competenza e soprattutto dal riferimento alle misure indispensabili: del resto la prassi applicativa è andata in questo senso, affermando la
182 G. Razzano, Le ordinanze di necessità e urgenza nell’attuale ordinamento costituzionale, in
114 derogabilità non solo delle norme secondarie ma anche di quelle superiori183”. Sviluppando questa premessa, la Corte di cassazione,
sezioni unite civili, nella sentenza n.2068 del 16 giugno 1958184 ha
affermato che nel ricorso ai poteri prefettizi ai sensi dell’art. 2 del T.U.L.P.S. la “tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza” prevale su ogni disposizione vigente185.
Il legislatore non ha individuato alcun presupposto specifico per l’attivazione del potere, consentendo all’autorità prefettizia di ricorrere allo strumento dell’ordinanza non appena reputi
necessario e urgente un intervento derogatorio. In altri termini al Prefetto è preclusa l’adozione di ordinanze solo qualora non ritenga il caso meritevole di un intervento eccezionale. Si delinea così una competenza generale che abbraccia tanto i fatti emergenziali
naturali e quelli connessi con l’attività umana, quanto le emergenze pubbliche.
Il contenuto del potere è tipicamente libero186. L’art. 2 si esaurisce
infatti nella attribuzione del potere, posto che “né il riferimento al concetto di “indispensabilità”, né la generica indicazione teleologica sono seriamente capaci di vincolare l’esercizio e la competenza187”.
Un modello normativo così ampio, tuttavia, conosce una
applicazione pratica tendenzialmente limitata agli incontri calcistici e al divieto di vendita e detenzione di alcolici. La grande
potenzialità ermeneutica di espressioni come “ordine pubblico” e “sicurezza pubblica” non preclude un uso futuro del potere ben più largo, dismettendo l’attuale fisionomia “piuttosto settoriale e solo marginalmente derogatoria188”.