conferenze permanenti – 7 Il potere sostitutivo del Prefetto – 8 La vigilanza sull’attività espletata dal
7. Il potere sostitutivo del Prefetto La dottrina ha mostrato che le funzioni prefettizie d
amministrazione generale “si risolvono nell’assicurare il
coordinamento dell’attività degli uffici periferici dello Stato, la loro leale collaborazione con le autonomie territoriali nonché la
collaborazione con gli stessi uffici delle strutture della Prefettura per l’esercizio delle funzioni di loro spettanza, laddove la normativa ne preveda la possibilità156”. Il coordinamento, dunque, può essere
inteso alla stregua di una funzione, quella di amministrazione generale, di cui il Prefetto è depositario “per via della sua
dipendenza funzionale dal Governo unitariamente considerato, e che si sostanzia in funzioni non sempre riconducibili ratione materiae alla sfera di competenza di un Ministero, proprio perché
configurabili come espressione del potere amministrativo del Governo nel suo complesso. La funzione di rappresentanza
generale, in altri termini, trova nel nuovo ordinamento espressione e contenuto proprio nell’attribuzione al Prefetto di compiti di coordinamento, che gli derivano dalla sua posizione di primus inter
pares rispetto ad altre figure soggettive equiordinate, neutrale
interlocutore e mediatore della risoluzione di conflitti, anche solo potenziali157”.
Il coordinamento può estendersi sino all’esercizio di un potere sostitutivo finalizzato a evitare che sia arrecato un grave
nocumento alla qualità dei servizi resi ai cittadini, previo peraltro l’assenso del ministro competente ovvero del Consiglio dei ministri: vengono in considerazione l’art. 11, comma 4, del d.lgs.
n.300/1999 e l’art. 7 del d.P.R. n. 180/2006. Nella sua più recente formulazione, l’art. 11, comma 4 del decreto del 1999 prevede che “nell'esercizio delle funzioni di coordinamento previste dai commi 2 e 3 il Prefetto, sia in sede di Conferenza provinciale sia con interventi diretti, può richiedere ai responsabili delle strutture
155 AA.VV., Le amministrazioni pubbliche tra conservazione e riforme, Giuffré Editore, Milano,
2008, p.65.
156 G. Sciullo, L’organizzazione amministrativa, i principi, Giappichelli editore, Torino, 2013,
p.148.
157 AA.VV., Le amministrazioni pubbliche tra conservazione e riforme, Giuffré Editore, Milano,
95 amministrative periferiche dello Stato l'adozione di provvedimenti volti ad evitare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza anche ai fini del rispetto della leale collaborazione con le autonomie territoriali. Nel caso in cui non vengano assunte nel termine indicato le necessarie iniziative, il Prefetto, previo assenso del Ministro competente per materia, può provvedere direttamente, informandone preventivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri”.
L’art. 7 del d.P.R. n.180/2006 fornisce ulteriori precisazioni. Ai sensi del primo comma, qualora il funzionario prefettizio venga a conoscenza di “disfunzioni o anomalie nell'attività amministrativa di un ufficio periferico dello Stato, tali da poter arrecare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla collettività, provvede ad acquisire ogni elemento conoscitivo utile al fine di esperire una preventiva attività di mediazione con i soggetti interessati”. Ancora una volta, dunque, il legislatore pretende dal Prefetto una
vocazione al dialogo e al confronto con gli uffici operanti sul territorio: la ricerca di una mediazione fra contrapposte esigenze è ritenuta infatti preferibile rispetto a una manifestazione di forza e all’imposizione di una volontà calata dall’alto. Più che mostrare i muscoli, dunque, il Prefetto deve ricercare un’interazione con il responsabile dell’ufficio interessato. Il legislatore è chiaro nell’indicare che, prima di entrare nella fase patologica della procedura, il Prefetto debba profondersi in tutti quegli interventi personali e diretti, originati dal suo prudente apprezzamento, mediante i quali esercita la funzione di governo. Laddove la mediazione promossa dal titolare della Prefettura non conduca a un’intesa con gli uffici coinvolti che elimini le disfunzioni e le anomalie già rilevate, in base al secondo comma il funzionario prefettizio deve convocare la Conferenza permanente. In questa sede si pone mano a un esame della situazione finalizzato
all’individuazione delle misure necessarie per scongiurare il grave pregiudizio che incombe sulla qualità dei servizi resi alla collettività, che potrebbe riverberare negativamente anche su profili attinenti alla leale collaborazione con le autonomie territoriali. Ai sensi rispettivamente del terzo e del quarto comma, il Prefetto “sia in sede di conferenza di cui al comma 2, che con interventi diretti, invita, ove occorra, il responsabile dell'ufficio amministrativo periferico dello Stato interessato ad adottare i provvedimenti necessari, assegnando per l'adempimento un congruo termine” e in caso di ottemperanza “al fine di provvedere direttamente, richiede
96 l'assenso del Ministro competente, informando contestualmente il Presidente del Consiglio dei Ministri. Una volta acquisito l'assenso, il prefetto, previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, adotta i provvedimenti necessari”. Per snellire l’iter
procedimentale ed evitare ulteriori battute di arresto o lungaggini, il quinto comma stabilisce che “laddove il Ministro competente non abbia manifestato il proprio assenso nei trenta giorni decorrenti dalla data di ricevimento della richiesta, il Presidente del Consiglio dei Ministri può deferire, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c- bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, la questione al Consiglio dei Ministri, che, tenuto conto degli interessi pubblici coinvolti, può autorizzare l'intervento sostitutivo del Prefetto”. Il Consiglio dei Ministri deve valutare la rilevanza e il potenziale pregiudizio agli interessi pubblici coinvolti prima di autorizzare l’intervento prefettizio in via sostitutiva: è questo il caso di questioni rispetto alle quali si scontrino valutazioni discordanti da parte di più amministrazioni.
Le disposizioni testé esaminate dischiudono, quantomeno in potenza, ampi margini di intervento per il titolare della Prefettura; non bisogna tuttavia trascurare un dettaglio di fondamentale importanza: il previo assenso del Ministro competente,
indispensabile ai fini dell’esercizio del potere sostitutivo. Durante i lavori della Commissione parlamentare incaricata della discussione dello schema del d.d.l. era stata invece caldeggiata da alcuni la previsione di un semplice obbligo di preventiva informazione al Ministro, opzione abbandonata presumibilmente per il timore di un impiego troppo largo e poco cauto del potere di cui all’articolo 7 del d.P.R. n.180/2006. Si è quindi preferito introdurre il preventivo assenso ministeriale quale possibile “freno” a derive e a impieghi patologici incompatibili con la tutela del buon andamento del sistema ordinamentale generale.
Estremamente interessante è poi notare come la potestà
surrogatoria del Prefetto costituisca una conseguenza e si saldi con quella di impulso e direzione propria del Presidente del Consiglio dei Ministri nell’esercizio della funzione amministrativa. Né, del resto, il dispiegamento concreto dell’intervento sostitutivo da parte del Prefetto può tracimare in “iniziative invasive della competenza delle altre amministrazioni periferiche dello Stato, che verrebbero, in tal modo, esposte al rischio permanente di un giudizio di merito
97 sul loro operato158”. Sempre nell’ottica di ridurre i margini di
discrezionale apprezzamento per il Prefetto ove agisca ex art. 7 rileva la scelta di richiamare l’esigenza di mantenere intatta la qualità dei servizi pubblici erogati alla cittadinanza quale parametro oggettivo di riferimento per l’esercizio dell’intervento sostitutivo. In questo modo, infatti, si contorna di limiti il funzionario
prefettizio nella valutazione circa l’an e il quando di tale intervento. Un altro aspetto che merita una sottolineatura è la forte coerenza tra la disciplina del potere prefettizio in questione rispetto al quadro istituzionale scaturito dalla riforma del Titolo V della
Costituzione159. Come ha infatti precisato l’importante sentenza
n.303 del 2003 della Consulta, lo Stato è oggi garante
dell’omogeneità delle prestazioni concernenti i diritti civile e sociali di tutti i cittadini sull’intero territorio nazionale, in quanto
legittimato dall’art.120 della Costituzione a sostituirsi “a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni (..) quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali”. Se, come sostiene la sentenza, “nella fattispecie di cui all'art. 120 Cost. l'inerzia della Regione è il presupposto che legittima la sostituzione statale nell'esercizio di una competenza che è e resta propria dell'ente sostituito”, nessun soggetto appare più indicato per l’effettuazione concreta dell’intervento sostitutivo del Prefetto, forte della sua vocazione generalista e di rappresentante dell’esecutivo sul
territorio, che conosce e comprende. Solo il funzionario prefettizio, infatti, dispone di un patrimonio informativo che gli permette di farsi carico della promozione della necessaria integrazione delle conoscenze utili per determinare i livelli essenziali delle prestazioni, la cui individuazione non può che muovere dal territorio160. “La
necessità di un potere sostitutivo in capo a un organo neutrale, quale il prefetto, in caso di inerzia delle amministrazioni statali competenti a intraprendere le iniziative richieste per scongiurare il
158 AA.VV., Le amministrazioni pubbliche tra conservazione e riforme, Giuffré Editore, Milano,
2008, p.60.
159 Si rinvia in proposito ad A. Moscarini, Competenza e sussidiarietà nel sistema delle fonti.
Contributo allo studio dei criteri ordinatori, Cedam, Padova, 2003.
160 M.T. Sempreviva, I poteri di coordinamento e di raccordo nel nuovo assetto delle Prefetture-Utg,
98 pericolo di gravi pregiudizi ai cittadini – nota la dottrina161- è
particolarmente avvertita in alcuni settori, tra i quali quello dell’erogazione dei servizi, dove, con maggiore frequenza, si
registrano sofferenze ed impasse dannosi per gli utenti se queste non vengono risolte con la dovuta tempestività. In tale prospettiva pare verosimile immaginare che il Prefetto possa costituire il garante della omogeneità dei servizi, secondo standard qualitativi uniformi su tutto il territorio nazionale”. Lo spazio istituzionale che risulterà anche dal dispiegamento di questo potere sostitutivo, rivolto alla salvaguardia “delle funzioni unitarie essenziali dello Stato per la tenuta complessiva del sistema ordinamentale, dipenderà
concretamente dalla capacità dei Prefetti di essere attenti lettori, interpreti e traduttori della nuova dimensione dell’azione di governo nella complessità della realtà territoriale162”163.
Merita infine menzione l’art. 19 del R.D. n.383 del 1934, che prevede un controllo sostitutivo di tipo “repressivo” ad opera del Prefetto, da effettuarsi tramite l’invio di “appositi commissari presso le amministrazioni degli enti locali territoriali e istituzionali, per compiere in caso di ritardo o di omissione da parte degli organi ordinari, previamente e tempestivamente invitati a provvedere, atti obbligatori per legge o per reggerle per il periodo di tempo
strettamente necessario, qualora non possano, per qualsiasi ragione, funzionare”. Tale disposizione è stata ribadita dal T.U.E.L.
all’art.273; in ordine alla sua vigenza, la giurisprudenza sostiene che il potere di emanare provvedimenti contingibili e urgenti di tal fatta non sia in contrasto con il nuovo assetto ordinamentale dei
rapporti tra Stato e autonomie locali e debba pertanto ritenersi tuttora in vigore. Si veda in proposito la sentenza n.2767 del 9 giugno 2008 del Consiglio di Stato, VI sezione.