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Le trasformazioni dell’istituto prefettizio dal secondo dopoguerra al nuovo millennio.

conferenze permanenti – 7 Il potere sostitutivo del Prefetto – 8 La vigilanza sull’attività espletata dal

1. Le trasformazioni dell’istituto prefettizio dal secondo dopoguerra al nuovo millennio.

Massimo organo amministrativo periferico, nonché terminale politico e operativo dell'apparato di sicurezza, già tutore dell'ente locale: ancora negli anni '50 e '60, il Prefetto è moderatamente interessato dalla progressiva crisi dell'amministrazione dell'Interno prodotta dall'estendersi dei compiti statali e dalla conseguente crescita del numero delle amministrazioni. Forse risentendo l'influenza della polemica einaudiana, la Costituzione, come detto poc’anzi112, tace sull'istituzione prefettizia, prevedendo invece un

Commissario del governo per sovrintendere "in sede regionale alle funzioni amministrative esercitate dallo stato e coordinarle con quelle esercitate dalle regioni113"; poteri questi che oggi, giova

ricordarlo, sono attribuiti al Prefetto del capoluogo di regione ai sensi dell'art. 10, l. 10 gennaio 2003, n. 131. Subito dopo, la legge n. 277 del 1949 riscrive l'articolo 19 del T.U.L.C.P. del 1934

sottraendo al Prefetto alcune delle "caratterizzazioni più incidenti presenti nella precedente formulazione"114, e con esse, soprattutto,

competenze in molti campi. A rimanere immutato è il

112 Si veda p. 63.

113 E. Midena, Amministrazione statale centrale e periferica, in Dizionario di diritto

pubblico, diretto da S. Cassese, vol. I, Giuffré, Milano, 2006.

70 riconoscimento formale della posizione di preminenza del Prefetto rispetto alle altre cariche amministrative periferiche in qualità di rappresentante dell'esecutivo, da cui la generalità delle attribuzioni prefettizie, ma il nuovo testo dell'art. 19 cancella "ogni ingerenza "tutoria" del prefetto sulla vita amministrativa degli enti locali"115.

In ossequio a una linea di tendenza che procede dall'articolo 5 della Costituzione e sarà poi consacrata nell'ordinamento delle

autonomie locali, dunque, l'unico settore di competenza prefettizia che non esce intaccato da questa prima riforma è quello della pubblica sicurezza, campo in cui il ruolo del Prefetto è scolpito dall'articolo 2 del T.U.L.P.S., che ne sancisce l'ampia facoltà di adottare atti contingibili e urgenti per esigenze attinenti al

mantenimento dell'ordine interno e alla conservazione dello Stato. Proprio la regionalizzazione del 1970 relega le Prefetture in un "cono d'ombra istituzionale"116 da cui riemergeranno solo nel

decennio successivo, complice un rinnovato interesse per i temi dell'efficienza amministrativa che conduce a una riscoperta

dell'istituzione, quale punto di coagulo tra amministrazione, servizi e utenza che fosse più vicino, anche fisicamente, alle istanze dei cittadini e a un livello dunque substatale e subregionale"117. Sono

però le riforme amministrative degli anni Novanta ad affrontare per la prima volta in modo unitario il tema dell'amministrazione

periferica statale, inquadrandolo nella ancor più vasta questione del decentramento e della riorganizzazione ministeriale. Cardine di tali riforme è il principio di sussidiarietà, che induce a ripensare gli enti territoriali in termini di soggetti dotati di competenze generali cui demandare funzioni proprie dell'amministrazione centrale (art. 1, comma 2, 11 e 12, l. 15 marzo 1997, n.59). Svolgendo tali

premesse, si prospetta una riduzione degli apparati amministrativi statali sul territorio e il riordino degli organi di rappresentanza periferica dello Stato, in ossequio a criteri di omogeneità, complementarietà e organicità.

La c.d. “Bassanini I” apre dunque la strada al d.lgs. 31 marzo 1998, n.112 e al d.lgs. 30 luglio 1999, n.300. Con il primo si pone mano a uno sfoltimento, per la verità non drastico, del numero di uffici periferici dello Stato, sopprimendone alcuni, trasferendone alle regioni altri o prevedendone la riorganizzazione; le funzioni degli

115 Ibidem, p.403. 116 Ibidem, p.403.

71 enti soppressi vengono trasferite ai livelli inferiori di governo e alle autonomie funzionali. Il decreto legislativo n.300/1999 costituisce un ben più energico intervento, ridefinendo l’articolazione dello Stato in periferia attorno a un ufficio unico dotato di competenza generale. A raccogliere un tale fardello è proprio la prefettura, trasformata in Ufficio territoriale di governo. Essa, retta ancora da un prefetto, mantiene il suo radicamento su base provinciale; è altresì organicamente inserita nel Ministero dell’Interno e posta in rapporto funzionale con il governo ai fini dell’esercizio di compiti di amministrazione generale e di raccordo e collaborazione con il sistema delle autonomie territoriali. Il disegno accentratore comporta inoltre l’assegnazione ai neonati Uffici territoriali di governo delle competenze fino ad allora esercitate in periferia da sei ministeri ( attività produttive, interno, infrastrutture e trasporti, lavoro e politiche sociali, salute); non mancano però le eccezioni, in quanto si opta per la conservazione degli uffici periferici statali di certuni fra i maggiori dicasteri (difesa, giustizia, beni culturali, economia e finanze, istruzione), insieme alla previsione di una nuova figura istituzionale: le Agenzie. Per tutti questi soggetti istituzionali, la sede di incontro e concertazione con il neonato Utg è data dalle Conferenze permanenti. La trasformazione delle Prefetture in Uffici territoriali del governo e l’assegnazione di compiti di raccordo estesi all’intera funzione pubblica statale

costituiscono misure tese a perseguire il modello francese di unicità dell’imputazione organica della rappresentanza periferica

dell’esecutivo, fornendo una comoda soluzione operativa che possa garantire al cittadino una migliore offerta di servizio pubblico in ossequio al principio di prossimità. Forte della sua conoscenza dei fenomeni che si manifestano sul territorio, dunque, il Prefetto è chiamato all’espletamento di un ruolo di propulsore e regolatore delle istanze provenienti dagli attori istituzionali e sociali in ambito periferico, dovendo attendere a un’attenta opera di integrazione e coordinamento che non lo vede prono destinatario di direttive calate dall’alto, bensì organo di raccordo con il sistema delle autonomie.

L’ordinamento degli Utg è stato disciplinato dal d.P.R. 17 maggio 2001, n.287. L’articolo 1 definisce l’erede della prefettura come “la struttura del Governo sul territorio a competenza generale e parte della organizzazione periferica del Ministero dell'Interno dal quale dipende”. Estremamente importante è (o meglio, come vedremo,

72 sarebbe stato) l’articolo 2, che recita: “L'Ufficio del Governo

assicura:

a) il supporto al Prefetto nell'esercizio delle funzioni di rappresentanza generale del Governo, di coordinamento delle pubbliche amministrazioni statali sul territorio e nell'espletamento dei compiti di collaborazione a favore delle regioni e degli enti locali interessati;

b) il supporto al Prefetto nell'esercizio delle funzioni di autorità provinciale di pubblica sicurezza nonché nell'espletamento dei compiti in materia di difesa civile e protezione civile;

c) il supporto al Prefetto del capoluogo regionale nell'esercizio delle funzioni di commissario del Governo in posizione di dipendenza funzionale dal Presidente del Consiglio dei Ministri; d) l'esercizio a livello regionale o provinciale di funzioni e compiti del Ministero dell'interno;

e) l'esercizio a livello periferico delle funzioni e dei compiti, non affidati ad agenzie dei Ministeri delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e del lavoro, della salute e delle

politiche sociali, avvalendosi del personale assegnato dalle rispettive amministrazioni;

f) l'esercizio a livello periferico delle funzioni per le quali il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e le Agenzie per le normative e i controlli tecnici e per la proprietà industriale ritengono di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, degli Uffici del Governo;

g) l'esercizio a livello periferico delle funzioni per le quali disposizioni di legge o di regolamento prevedono l'avvalimento, da parte delle altre amministrazioni dello Stato, degli Uffici del

Governo.”

Il terzo articolo del decreto, infine, precisa che l’Ufficio territoriale del governo serberà le funzioni già appannaggio delle prefetture, assicurando inoltre l’esercizio da parte del prefetto “di ogni altro compito che gli è affidato dal Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero dal Ministro per la funzione pubblica e dagli altri Ministri, sentito il Ministro dell’Interno, e svolge tutte le attribuzioni dell’amministrazione periferica dello Stato non espressamente attribuite ad altri uffici. Assicura, inoltre, l’esercizio da parte del

73 prefetto dei necessari rapporti funzionali con i dirigenti preposti alle strutture di primo livello degli altri ministeri”. L’Utg, pertanto, non viene concepito come una mera sommatoria degli uffici che andrà a inglobare, ma piuttosto quale un nuovo paradigma per la presenza dello Stato sul territorio, nel quadro di una più armonica interazione tra centro e periferia.

La riforma dei primi Duemila, come detto, persegue l’obbiettivo di un decentramento amministrativo per servizi che superi, in una logica di integrazione, l’assetto previgente largamente fondato sulle ramificazioni periferiche dei vari ministeri118. A dispetto degli

ambiziosi proponimenti, tuttavia, il decreto legislativo n. 287/2001 è rimasto inattuato, e con esso il tentativo riformatore di cui è espressione; non estranea a questo fallimento è certo la ritrosia spesso manifestata dalle amministrazioni di settore i cui uffici sarebbero dovuti confluire negli Uffici territoriali di governo119.

Preso atto del sostanziale fallimento della riorganizzazione

dell’amministrazione periferica dello stato, si ritorna all’antico, cioè alle Prefetture120. Il d.lgs. 21 gennaio 2004, n.29, infatti, ha

ripristinato le prefetture in luogo degli Utg, modificandone la denominazione in Prefetture- Uffici territoriali di governo (art. 1, d.lgs. 21 gennaio 2001, n.29) e demandando loro non più l’esercizio diretto di funzioni di altre amministrazioni in periferia, bensì

un’attività di supervisione e indirizzo di questi ultimi. Al Prefetto spetta dunque il duro compito di assicurare il coordinamento dell’azione amministrativa degli uffici statali presenti sul territorio, garantendo anche la leale collaborazione di questi ultimi con gli enti locali (art. 11, d.lgs. n.300/1999, come modificato dal d.lgs. n.29 del 21 gennaio 2004). In questa nuova formula organizzativa esso viene pertanto a costituire un momento di aggregazione e sintesi delle funzioni in passato di pertinenza di più uffici e strutture, dovendosi adoperare quale facilitatore del dialogo tra i numerosi soggetti istituzionali operanti nell’ambito territoriale di sua pertinenza. Le Prefetture- Uffici territoriali di governo sono istituite presso ogni capoluogo di provincia salvo che in Val d’Aosta, ove le funzioni del

118 F. Marsilio, La riforma dell’amministrazione periferica dello Stato, in Giornale di diritto

amministrativo, 2001, p.241.

119 M. Cammelli, Un passaggio chiave del federalismo amministrativo: il riordino

dell’amministrazione periferica dello Stato, in Aedon, Rivista di arti e diritto on line, n.2, 1998,

www.aedon.mulino.it.

120 S. Cassese, Gli uffici territoriali del governo nel quadro della riforma amministrativa, in Regioni,

74 Prefetto ricadono sul Presidente della Giunta regionale, e a Trento e Bolzano, presso i quali è il Commissario del governo a espletare le mansioni prefettizie. Titolare della rinata prefettura è il Prefetto, funzionario generalista incardinato nell’amministrazione

dell’Interno e rappresentante del governo nella provincia. Proprio in virtù di questa sua funzione primaria è possibile ascrivere in capo al Prefetto un duplice titolo di dipendenza, gerarchica e

funzionale.121 Sotto il primo profilo, il Prefetto è ovviamente un

sottoposto del Ministro dell’Interno; dal punto di vista funzionale, però, risponde anche agli altri ministri e al Capo del Consiglio dei Ministri. Prova ne sia l’art. 1, comma 5, del d.lgs. n.29/2004, ove si prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri nell’esercizio del potere di indirizzo politico emanino all’occorrenza direttive rivolte al Prefetto. Ancor più accentuata è la dipendenza funzionale dal Presidente del Consiglio per il Prefetto del

capoluogo di regione, cui, abrogato l’articolo 124 della

Costituzione, la l. 5 giugno 2003, n.131 ha riconosciuto il ruolo di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie.

Come vedremo nel quarto capitolo, l’impianto eretto dal d.lgs. n.29/2004 ha conosciuto ulteriori modifiche nel 2012 e nel 2015, novelle il cui esito ultimo deve ancora essere definito. Quello che qui preme sottolineare è l’influenza della connotazione generalista del Prefetto e del suo ruolo di collante tra politica e

amministrazione sul suo stato giuridico e sul rapporto di impiego, in cui è evidente l’elemento “fiduciario” che gli deriva dall’essere appunto il rappresentante del governo centrale a salvaguardia dell’unità dello Stato122. Il Prefetto viene infatti nominato in forza

di un D.P.R., a partire da una proposta del titolare dell’Interno e a seguito di una deliberazione del Consiglio dei ministri. Il nesso fiduciario che avvince esecutivo e Prefetto si riverbera inoltre sull’aleatorietà del rapporto di impiego del secondo, passibile di collocamento a riposo prima del tempo o a disposizione sulla base di un giudizio discrezionale del governo fondato su esigenze di servizio genericamente intese (artt. 237 e 238 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n.3. L’articolo 236 dello stesso decreto stabilisce che almeno

121 B.G.Mattarella, Il prefetto come autorità amministrativa generale dopo le recenti riforme, in

Amministrazione pubblica, 2003, n.29-30-31, pp. 46 ss.

122 Si veda in proposito S. Cassese, Il prefetto come autorità amministrativa generale, in le

75 tre quinti dei soggetti preposti alla carica debbano provenire dalla carriera prefettizia).

Come altri funzionari tradizionalmente investiti delle compétences

régaliennes dello Stato- cioè: difesa, affari esteri, giustizia e ordine

pubblico- il personale della carriera prefettizia a partire dalla qualifica di vice consigliere di prefettura è rimasti estraneo alla privatizzazione del rapporto di pubblico impiego sancita dal d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29; esenzione che abbraccia anche, a titolo di esempio, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato (art. 2, commi 4 e 5 del d.lgs. 29/1993). Questa scelta conservativa fa sì che i titolari della qualifica di vice consigliere e di quelle gerarchicamente sovraordinate siano governati dal diritto pubblico per quanto attiene al rapporto di servizio, costituendo un’eccezione in un ambito altrimenti integralmente retto dal diritto privato. Tali dipendenti, quindi, non stipulano con l'amministrazione un

contratto costitutivo di un rapporto obbligatorio, ma “accettano un provvedimento attributivo di status, che li immette in una carriera; le situazioni soggettive, di vantaggio e di svantaggio, derivanti dall'appartenenza a quest’ultima, sono definite dalla legge, o, sulla base di essa, da altre fonti unilaterali; gli atti attraverso i quali l'amministrazione gestisce il rapporto di servizio del dipendente, o lo modifica o estingue, hanno inoltre la qualità di provvedimenti amministrativi”123. L’articolo 68 del d.lgs. 29/1993 ribadisce la

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in ordine alle controversie relative al rapporto di lavoro dei soggetti sottratti alla disciplina privatistica, anche per le liti che riguardano i connessi diritti patrimoniali. Emanato in attuazione della legge 28 luglio 1999, n.266, il d.lgs. 13 maggio 2000, n.139 è oggi il testo normativo di riferimento per ciò che concerne il rapporto di impiego di chi intraprende una carriera in seno alle Prefetture. In virtù di tale decreto si è superata la previgente distinzione tra qualifiche direttive e dirigenziali; allo stato attuale la carriera si articola nelle tre qualifiche di prefetto, viceprefetto e viceprefetto aggiunto.

La funzione rappresentativa dello Stato, tra l'altro, è alla base di un'altra caratteristica saliente della disciplina applicabile al personale prefettizio: la "chiusura" della relativa carriera rispetto all'esterno,

76 resa possibile da meccanismi selettivi estremamente rigorosi per l'accesso e la progressione, nonché dall'esclusione di ogni forma di mobilità esterna, cioè a favore di soggetti provenienti da altre amministrazioni. L’articolo 4, comma 1, del d.lgs. 139/2000 afferma infatti:” alla carriera prefettizia si accede dalla qualifica iniziale mediante pubblico concorso con esclusione di ogni altra possibilità di immissione dall'esterno, fatto salvo quanto previsto per la nomina a Prefetto”. Porta d’ingresso della carriera prefettizia è infatti il concorso pubblico, cui segue un corso di formazione della durata di due anni. Per il periodo del corso, ai partecipanti è attribuita la qualifica di consigliere (art. 2, comma 2 del d. lgs. 139/2000). Ai sensi dell’articolo 9, comma 1, del medesimo decreto del 2000 “La nomina a prefetto è conferita con decreto del

Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, nei limiti delle disponibilità di organico e nel rispetto della riserva per il personale della carriera prefettizia prevista dall'articolo 236 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.”. “Entro il 31 gennaio di ogni anno- recita il secondo comma- il Ministro dell'Interno costituisce, su designazione del Consiglio di

amministrazione, una commissione consultiva composta da cinque membri di cui due, oltre al capo del dipartimento competente per l'amministrazione del personale della carriera prefettizia, scelti tra i capi di dipartimento e due tra i prefetti titolari di uno degli uffici territoriali del governo nelle sedi capoluogo di regione identificate come aree metropolitane. Con il decreto di costituzione è

individuato il componente della commissione chiamato a svolgere le funzioni di presidente e sono indicati due componenti supplenti, uno titolare dell'incarico di capo di dipartimento e l'altro titolare di un ufficio territoriale del governo nelle sedi capoluogo di regione identificate come aree metropolitane.” Il Ministro ex comma 4 sceglie, in vista della sua proposta al Consiglio dei Ministri, fra i funzionari indicati dalla commissione; quest’ultima utilizza nel processo di selezione le schede valutative annuali redatte per ciascun funzionario, considerando inoltre le esperienze

professionali maturate e l'intero servizio prestato nella carriera (comma 3). Tutte cautele, queste, che il legislatore appronta per mantenere saldo il nesso fiduciario che intercorre fra il Prefetto (e i soggetti gerarchicamente subordinati) e il titolare degli Interni, condizione imprescindibile per l’effettività dell’azione

77 primo. Importante notare, infine, come il decreto richieda, ai fini dell’accesso alla carriera, il possesso di lauree specialistiche a indirizzo economico e storico-sociologico, che si aggiungono a quella di carattere giuridico, tradizionalmente contemplata. È possibile scorgere in questa estensione la volontà del legislatore di assecondare l’evoluzione della funzione prefettizia, cui l’apertura a discipline socio-economiche potrà risultare utile in ragione della crescente complessità delle problematiche che il Prefetto deve oggi affrontare.