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Correzione a quattro mani, con tre riscritture

Nel documento Il reportage fotografico a parole (pagine 139-143)

Rovereto, giardini Italia, 07/02/12, 17:09

L’ingresso al parco da via Fogolari è bloccato da due motorini e sulla prima panchina due signori muniti guanti, cappello e cappotto abbottonato, con casco sotto braccio, parlano liberamente. Nel laghetto si nota solo la fontana che spruzza gocca d’acqua mentre al di là del recinto quattro papere starnazzano rumorosamente. Il prato è coperto da una coltre di foglie cadute; una donna vestita completamente di nero, della quale i capelli biondi spuntano da sotto il cappello, è intenta a portare a spasso il proprio cane, della specie “carlino”. Oltre gli alberi, all’entrata dei giardini che dà su via Dante, sventolano tre bandiere: quella di Rovereto, quella d’Italia e quella dell’Unione Europea poste vicino alla statua in bronzo del monumento all’alpino che governa la via.

Tommaso, del Liceo «Rosmini» di Rovereto DIscussIone

Silva Filosi:

Ciao.

Come affezionata roveretana e con un po’ di nostalgia (da giovane abitavo poco più giù di via Fogolari) ho ritrovato senza fatica il luogo che hai descritto : mi sembra un bel quadro, con alcuni personaggi colti in movimento.

Come “tutrice” delle regole del reportage , ti segnalo che le espressioni «si intravede»,

«sembra», pur essendo impersonali fanno avvertire a chi legge la presenza di un sog-getto che guarda e giudica.

Sul piano dello stile, non trovo bellissimo unire con la «e» una frase che contiene una descrizione (statica) e una frase-azione; al posto della «e» metterei una pausa, magari un segno di interpunzione.

Basta, mi fermo…Tu, se vuoi, quando hai tempo, riscrivi.

P.S. Non hai fatto qualche errore nella data e nella disposizione delle parole nel titolo ? Tommaso:

buona sera.

Ho riscritto il mio pezzo cercando di utilizzare i suoi consigli, eliminando così gli elementi di soggettività e le imperfezioni.

In effetti riguardando le regole di un buon reportage mi sono accorto di aver invertito data e ora…

Silva Filosi:

Bravo, mi sembra molto bello.

Ricorda però che per le regole che ci siamo dati, già l’anno scorso, la riscrittura non dovrebbe essere fatta nel post, ma in un commento sottostante, così si vedono le varie fasi della redazione.

Per esempio, potresti riscrivere la 4a riga, che contiene un errore di ortografia.

Oppure modificare il primo periodo, tenendo conto che non ci dovrebbero essere: prima il quadro/sfondo, poi l’azione, ma l’azione inserita in uno sfondo. Prova a riscrivere qualcosa.

ciao Tommaso:

Salve

Ho provato a riscrivere il primo periodo inserendo l’azione dei due signori nello sfondo e non separando le due cose; spero di non averlo scritto con troppi incisi.

Due signori muniti di guanti, cappello e cappotto abbottonato, con casco sotto braccio, seduti su una panchina all’ingresso del parco da via Fogolari, che è bloccato da due motorini, parlano liberamente. Nel laghetto invece si nota solo la fontana che spruzza gocce d’acqua mentre al di là del recinto quattro papere starnazzano rumorosamente. Il prato è coperto da una coltre di foglie cadute; una donna vestita completamente di nero, della quale i capelli biondi spuntano da sotto il cappello, è intenta a portare a spasso il proprio cane, della specie “carlino”. Oltre gli alberi, all’entrata dei giardini che dà su via Dante, sventolano tre bandiere: quella di Rovereto, quella d’Italia e quella dell’Unione Europea poste vicino alla statua in bronzo del monumento all’alpino che governa la via.

Silva Filosi:

Ciao, hai fatto dei buoni ritocchi, il “quadro” è decisamente migliorato. Effettivamente ci sono molti ancora molti incisi e soprattutto molti participi passati il che, in un’istantanea che per convenzione usa il presente , è un po’ una contraddizione.

Provo a riscrivere il primo periodo : «Due signori incappottati hanno posteggiato i loro motorini proprio sull’ingresso pedonale di via Fogolari, e ora parlano senza curarsi d’al-tro, seduti du una panchina a due metri dall’ingresso». Che te ne pare?

Prosegui, se vuoi…C’è ancora un «si nota» che rivela la presenza dell’osservatore, il nome del luogo va con le maiuscole, trattandosi di luogo pubblico.

Buon lavoro !

Tommaso:

Buona sera

La mia paura rispetto all’ultima riscrittura era proprio quella di averla riempita di incisi, una delle mie tecniche preferite; però rileggendo il pezzo mi sono accorto che era vera-mente troppo. Ho utilizzato anche i consigli di Giulio Mozzi per migliorarlo ancora di più.

Due signori incappottati hanno posteggiato i loro motorini proprio sull’ingresso pedonale di via Fogolari, e ora parlano senza curarsi d’altro, seduti du una panchina a due metri dall’ingresso. Nel laghetto la fontana spruzza gocce d’acqua mentre al di là del recinto quattro papere starnazzano. Una coltre di foglie cadute copre il prato; una donna in nero, i capelli biondi che spuntano da sotto il cappello, porta a spasso il proprio cane, un “car-lino”. Oltre gli alberi, all’entrata dei Giardini che dà su via Dante, sventolano tre bandiere:

quella di Rovereto, quella d’Italia e quella dell’Unione Europea poste vicino alla statua in bronzo del monumento all’alpino che governa la via.

Giulio Mozzi:

Tommaso, ho qualche osservazione sparsa:

Quattro papere starnazzano rumorosamente…

Forse basta scrivere:

Quattro papere starnazzano…,

visto che se quattro papere starnazzano è impossibile che non lo facciano rumorosa-mente (credo).

Poi:

una donna vestita completamente di nero, della quale i capelli biondi spuntano da sotto il cappello, è intenta a portare a spasso il proprio cane, della specie “carlino”.

Se la donna è «vestita completamente di nero», basta dire che è «vestita di nero» o che è «in nero». Quel «della quale» è piuttosto fuori luogo, metterei piuttosto una frase nomi-nale. Se la signora «è intenta a portare a spasso», basta dire che «porta a spasso». Se il cane è il suo, basta dire «il cane» (perché la prima cosa che si pensa è che sia, appunto, il suo). Se il cane è un carlino, si potrà dire che la signora porta a spasso un carlino; se pensiamo che non tutti sanno che il carlino è una razza (non una specie!) di cane, si può mettere «un carlino» come apposizione di «cane».

E quindi. Versione cortissima:

Una donna in nero, i capelli biondi che spuntano da sotto il cappello, porta a spasso un carlino.

Versione un po’ meno corta:

Una donna in nero, i capelli biondi che spuntano da sotto il cappello, porta a spasso un cane, un carlino.

Ancora meno corta:

Una in nero, i capelli biondi che spuntano da sotto il cappello, porta a spasso il pro-prio cane, un carlino.

Meno corta ancora:

Una vestita di nero, i capelli biondi che spuntano da sotto il cappello, porta a spasso il proprio cane, un carlino.

Quale versione preferisci, Tommaso? E tu, Silva, che ne pensi?

Tommaso:

Buona sera

La ringrazio per il commento che ha lasciato sul mio pezzo; ho cercato di integrare i suoi consigli con quelli della prof Filosi per rendere migliore il testo. Pensandoci infatti, nella parola «starnazzano», è sottointeso il rumore. Per quanto riguarda la signora, ho scelto la seconda versione che mi ha dato perché mi sembrava la più adatta.

Due signori incappottati hanno posteggiato i loro motorini proprio sull’ingresso pedonale di via Fogolari, e ora parlano senza curarsi d’altro, seduti du una panchina a due metri dall’ingresso. Nel laghetto la fontana spruzza gocce d’acqua mentre al di là del recinto quattro papere starnazzano. Una coltre di foglie cadute copre il prato; una donna in nero, i capelli biondi che spuntano da sotto il cappello, porta a spasso il proprio cane, un “car-lino”. Oltre gli alberi, all’entrata dei Giardini che dà su via Dante, sventolano tre bandiere:

quella di Rovereto, quella d’Italia e quella dell’Unione Europea poste vicino alla statua in bronzo del monumento all’alpino che governa la via.

Grazie ancora per i consigli!

Questi ringraziamenti, dopo tanto – e, va detto: tanto noioso – lavoro, sono di

grande conforto, perché sono il segnale di un cambiamento di paradigma: la

corre-zione, sia in quanto slegata dalla valutazione immediata, sia perché pubblica e

collet-tiva, non fa più paura e fastidio. Diventa, anzi, una sorta di gioco a rimpiattino, dove

bisogna scovare la forma più efficace.

Nel documento Il reportage fotografico a parole (pagine 139-143)