• Non ci sono risultati.

Questo, tratto dal forum dedicato, il piano di lavoro esecutivo:

Nel documento Il reportage fotografico a parole (pagine 76-80)

Reportage fotografico a parole (ex Diario collettivo)

Abbiamo pensato che forse è più pratico chiamare questo lavoro – almeno con i ragazzi – non più Diario collettivo, ma Reportage fotografico a parole.

Questo perché la parola «diario» può trarre in inganno; mentre ci pare che la nuova for-mula sia più perspicua.

Il lavoro potrebbe essere strutturato in queste fasi:

Prima fase. In classe.

L’insegnante propone il lavoro, descrivendolo come una sorta di reportage collettivo sul-la vita quotidiana nei luoghi pubblici delsul-la città. Il paragone con il reportage fotografico dovrebbe essere d’aiuto.

Come esercizio preparatorio, l’insegnante può far eseguire alcuni testi in classe, magari usando proprio delle fotografie prese agli angoli di strada (può farle l’insegnante stesso;

nel sito IPRASE saranno comunque a disposizione delle fotografie).

Un primo esercizio può consistere nel far lavorare tutti i ragazzi su una stessa fotografia.

Ciascuno dovrà non tanto descriverla, quanto raccontare l’azione – o il frammento d’a-zione – che vi si svolge.

Un secondo esercizio può consistere nel far lavorare ciascun ragazzo su una distinta fotografia. Qui si possono invitare i ragazzi a fare delle foto e portarle in classe. Così si abituano all’idea di recarsi agli angoli di strada e nei luoghi pubblici.

In questa fase si comunicano i vincoli del testo: forma impersonale, precisione, attenzio-ne ai particolari eccetera.

All’esecuzione dei testi segue naturalmente la lettura e discussione e correzione in classe.

Seconda fase. In pubblico.

Per cominciare, si possono pubblicare nel blog i testi prodotti per esercizio; eventual-mente accompagnati dalle fotografie.

Nel sito è stata inserita una pagina intitolata «Istruzioni per pubblicare». La si vede subito sotto la testata.

Poi si mettono al lavoro i ragazzi, assegnando a ciascuno di loro il giorno nel quale fare la propria “osservazione”. Indicativamente, ogni giorno due ragazzi dovrebbero essere all’opera.

Ai ragazzi si raccomanderà di portare con sé, sul posto, un foglio o un taccuino per prendere eventuali note.

Terza fase. Tutti contro tutti.

A quel punto, ciascun insegnante è invitato a leggere il lavoro dei ragazzi (non solo i propri!) e a inserire osservazioni e commenti.

I ragazzi che vorranno (o ai quali sarà intimato di) riscrivere il loro testo, dovranno inse-rirlo all’interno del post, subito sotto il titolo, sopra la prima versione, facendo precedere il testo dalla parola: «Riscrittura».10

Quarta fase. Pubblicazione.

Il blog è, al momento, pubblico ma non pubblicizzato: chiunque lo può leggere, ma poiché il suo contenuto è nascosto ai motori di ricerca (Google, ecc.), nei fatti andrà a leggerlo solo chi già sa che c’è (cioè insegnanti e ragazzi).

Il lavoro di pubblicazione vera e propria del materiale prodotto dai ragazzi potrà avvenire in queste fasi:

-uno, apertura del blog ai motori di ricerca (cosa che porterà lettori ignoti a visitare il blog, probabilmente sulla base di ricerche legate ai luoghi);

-due, eventuale creazione di un sito che raccolga esclusivamente i materiali “definitivi”

(riscritture, testi corretti ecc.);

-tre, eventuale creazione di una pagina-indice, o addirittura di un sito apposito, che in-viti a leggere il materiale secondo un ordine geografico (esempio: una pagina con una

10 In realtà si finì per usare a questo scopo lo spazio dei commenti.

carta topografica di Trento, dove cliccando su questo o quel punto della città si viene inviati al testo che racconta microeventi avvenuti in quel punto della città);

-quattro, eventuale pubblicazione cartacea (se e qualora si trovasse un editore locale interessato), preceduta da un lavoro di revisione dei testi (nonostante l’avanzata del web e degli ebook, a un testo stampato si chiede ancora una maggior finitura rispetto a un testo pubblicato in rete).

La quarta e ultima fase, ovviamente, era molto ipotetica (e molto complessa). In realtà arrivammo a sfiorarla. Il piano così formulato, peraltro, mostra ancora una certa sottovalutazione, diremmo quasi volumetrica, della parte più interessante e im-pegnativa del lavoro: la grande avventura della correzione.

2. la GranDe avventura Della correzIone a. avanti tutta!

Il primo post del blog del Reportage fotografico a parole 2010-2011 apparve alle 10 e 35 del 10 dicembre 2010. Lo firmava angela, studentessa del Liceo «Da Vinci»

di Trento:

Trento, Viale Verona, 9 dicembre 2010 ore 15.47

Una signora castana e una bionda escono dalla porta di un negozio. La signora bionda davanti indossa una giacca marrone lunga fino al ginocchio con un colletto di pelo dello stesso colore, sotto la quale si vede una maglia rosa; porta un paio di pantaloni neri, delle scarpe grigie ed a tracolla una borsa nera. Cammina sostenuta da un bastone nero che tiene nella mano sinistra mentre nella destra regge una borsa di plastica con la scritta «Poli». La signora castana è vestita tutta di nero con il pelo del cappuccio del giaccone grigiastro e porta una borsa rossa che sta girando con la mano destra.

La vetrina del negozio è piena di addobbi natalizi e la parte alta è circondata da rami di pino con globi blu. Appoggiata alla vetrina è parcheggiato una bici da donna blu con un cestino davanti e un portapacchi dietro.

alle 15 e 26 dello stesso giorno appariva il primo commento (di Giulio Mozzi):

Mi pare una buona prova, Angela.

Ma siccome sono pignolo, faccio un po’ di osservazioni.

– si sa da quale negozio, o almeno da quale tipo di negozio escono? C’è un’insegna?

Si capisce qualcosa dalle vetrine? Se c’è un’insegna, direi che va nominata all’inizio;

se il tipo di negozio si capisce dal contenuto delle vetrine, lo si può dire nel secondo capoverso.

-se la signora bionda è davanti, e quindi è la prima che viene vista dall’osservatore, piuttosto che «Una signora castana e una bionda escono dalla porta di un negozio»

scriverei: «Una signora bionda e una castana escono dalla porta di un negozio». Rego-la generale: nominare prima ciò che si vede prima.

-si potrebbe indicare fin dalla prima frase che le due donne camminano non fianco a fianco, ma l’una dietro l’altra.

-le due signore sono insieme? O ciascuna per conto suo? Il fatto che siano nella stessa frase, e siano entrambe soggetto dello stesso verbo plurale, fa pensare che siano insie-me. Ma dopo sono descritte come due oggetti staccati, senza relazioni tra loro.

Se fosse scritto: «Una signora bionda esce dalla porta di un negozio; subito dietro di lei, esce una signora castana», allora il lettore capisce che le due signore non sono insieme, non sono due amiche ecc.

-piuttosto che «Cammina sostenuta da un bastone nero», credo che sarebbe appro-priato dire «Cammina sostenendosi con un bastone nero». È sempre bene mettere come soggetto del verbo il personaggio attivo, e sicuramente la signora è più attiva del bastone (che è un oggetto inanimato).

-«Appoggiata alla vetrina è parcheggiato una bici da donna blu»: qui c’è proprio un er-rore: la bici è parcheggiata, non parcheggiato. E comunque si può dire semplicemente:

«Una bici da donna blu con un cestino davanti e un portapacchi dietro è appoggiata alla vetrina» (il verbo «parcheggiare» mi pare più adatto alle automobili – ma questa è una questione di gusto). E mi pare comunque chiaro che, se la bici è appoggiata alla vetrina, è anche parcheggiata.

-tra l’altro, è generalmente meglio prima nominare l’oggetto, e poi dire com’è l’oggetto, per cui «Una bici da donna blu… è appoggiata alla vetrina» è un po’ meglio di «Appog-giata alla vetrina è una bici da donna blu».

Qualche giorno dopo, il commento di un’insegnante della scuola media «Win-kler», Nives Trentini:

Un tentativo di risposta a «Trento, viale Verona, 9 dicembre…».

Ciao Angela, sono Nives Trentini. Ho letto con piacere il tuo testo, innanzi tutto perché è importante che qualcuno rompa il ghiaccio e poi, lo confesso, perché avevo paura di non aver interpretato chiaramente questo reportage a parole. Bando ai convenevoli, devo dire che ci siamo (il plurale non è maiestatico, ma si riferisce alla classe) letteralmente scervellati sugli aspetti sintattico-lessicali del tuo pezzo. Ci siamo chiesti, ad esempio, se l’abbondante aggettivazione porti a una maggiore o minore oggettività. Pur non avendo

risolto il problema, siamo certi che grazie agli aggettivi si possono evitare delle ripetizioni (una signora… e bionda… La signora bionda) e differenziare, con le giuste proporzioni, i vari protagonisti presi in esame (non privilegiando ad esempio una delle due donne).

Ci siamo accorti che a volte indugi sui dettagli, soprattutto cromatici, non considerando complessivamente l’insieme, la visuale in generale (la bicicletta è solo menzionata, quasi senza nessun fine e la vetrina, pur riflettendo l’atmosfera natalizia, è liquidata velocemente).

Forse, e questa è una mania tutta mia che nemmeno i miei alunni condividono, aggiun-gerei dei punti. Parlo di punti e non di punteggiatura, proprio perché ti permette di scri-vere un testo dinamico, pulito e incisivo al tempo stesso. Non c’è altro.

Siamo molto contenti di aver letto il tuo pezzo perché ha dato voce a molte nostre doman-de, perplessità, incertezze. Ci hai fatto riflettere e quindi, grazie. Speriamo di esserti stati utili e ci congratuliamo ancora una volta con te per il tuo coraggio. Buon lavoro.

Già il confronto tra questi due soli e iniziali commenti mostra come, nella nostra

Nel documento Il reportage fotografico a parole (pagine 76-80)