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Istantanea di lorenza

Nel documento Il reportage fotografico a parole (pagine 185-190)

«Si, si. Ciao» dice un signore mentre parla a telefono. Cammina con passi molto lunghi e si allaccia un bottone del lungo cappotto nero. Poi divarica la bocca in un sorriso che arriva a formare due fossette e decelera.

Si ferma.

Sta lì, di fronte all’entrata della «Casa del cioccolato» in quella posizione: con la mano tiene il telefono attaccato all’orecchio destro, la gambe sono parallele e gli occhi vengo-no coperti da degli occhiali da sole neri.

Intanto la gente entra ed esce dal bar.

Lui entra.

Continua il flusso di persone tra una donna che se ne va con una bici e una che si fa largo con passi molto svelti verso quella porta trasparente.

La porta si apre: lui esce.

«Che meraviglia» dice il signore. Tiene in mano un pacchetto bianco avvolto da due fili rossi mentre l’altra mano sta nella tasca del cappotto.

Si riferma davanti all’entrata. Tira fuori la mano dalla tasca e la mette lentamente sotto il pacchetto.

Sorride.

Poi gira il volto verso destra e procede dritto con il pacchetto all’altezza delle spalle.

DIscussIone Giulio Mozzi:

Lorenza, una nota velocissima su una cosa piccolissima.

Tu scrivi:

«Si, si. Ciao» dice un signore mentre parla a telefono

Ora, a parte che il «sì» affermativo porta l’accento (e questo lo sai dalle elementari!), quel «mentre» messo lì fa pensare che il «dire» e il «parlare al telefono» (non «a telefo-no»!) siano due azioni distinte e diverse.

Pensa a come si usa normalmente il «mentre»:

«Ciao» dice l’uomo mentre si allontana.

Giuseppe russa mentre dorme.

Guardo la televisione mentre faccio la cyclette.

Non guardo dove metto i piedi mentre cammino.

Ascolto musica mentre studio.

Come ho cercato di mostrare con gli esempi, il «mentre» si usa per indicare la contemporaneità di due azioni distinte e diverse: dire e allontanarsi, russare e dormire, guardare e pedalare, guardare e camminare, ascoltare e studiare.

Ma in una frase come la tua, l’azione è sempre la stessa.

Basterebbe, come sempre, semplificare:

«Sì, sì. Ciao» dice un signore al telefono.

Lorenza:

Ho rivisto un passaggio assieme al professore, il testo riscritto dovrebbe essere così.

«Sì, sì. Ciao» dice un signore al telefono. Cammina sul marciapiede arrivando da Piazza Duomo con passi molto lunghi e si allaccia un bottone del lungo cappotto nero. Poi allar-ga la bocca in un sorriso che forma due fossette e decelera.

Si ferma di fronte alla «Casa del cioccolato» con il telefono all’orecchio destro, gli occhia-li da sole e le gambe parallele.

Intanto gente entra ed esce dalla cioccolateria.

Il signore entra.

Continua il flusso di persone tra una donna che, uscendo, prende la bici appoggiata al muro e si dirige verso la Chiesa di San. Francesco Saverio e una che si fa largo con passi molto svelti verso quella porta trasparente.

La porta si apre: lui esce.

«Che meraviglia!» esclama il signore guardando il pacchetto bianco avvolto nella carta e legato da due fili rossi che tiene in mano, mentre l’altra sta nella tasca del cappotto.

Si riferma davanti all’entrata. Tira fuori la mano dalla tasca e la mette lentamente sotto il pacchetto.

Sorride.

Poi gira il volto verso Piazza Duomo e procede dritto con il suo acquisto all’altezza delle spalle.

Amedeo Savoia:

Nel tuo testo, Lorenza, pregustiamo quello che il tuo protagonista si sarà poi gustato a pieno del contenuto del pacchettino. Proviamo a metterci mano un po’.

Bella la descrizione dei lunghi passi e il dettaglio del bottone. Ma aiutaci a vedere dove e in che direzione si muove l’uomo. Da dove arriva? È sulla strada, sul marciapiede? Sta attraversando? Come vedi, ci manca lo sfondo.

Confesso di nutrire seri dubbi che si possa dire divarica la bocca.

Anche perché eventualmente il gesto è molto odontoiatrico e quando si apre la bocca dal dentista non è propriamente per sorridere. Evita anche il verbo fraseologico

arriva a formare

Nel secondo blocco unirei le frasi:

Si ferma davanti alla «Casa del Cioccolato»

e semplificherei la postura del corpo. Non ti pare che si potrebbe dire tutto più sempli-cemente in forma nominale

il telefono all’orecchio destro…?

Prosegui tu volgendo in attivo la frase degli occhiali.

Non so se definirei la «Casa del Cioccolato» un bar; lascerei, invece, «gente» senza articolo determinativo.

Non «Lui entra», ma «il signore entra».

La frase che segue suscita un effetto strano. Prova a rileggerla pensando che prima hai descritto gente che entra ed esce dal negozio. Non ti sembra che la donna esca dalla porta con la bicicletta?

Il «Che meraviglia!», magari con un punto esclamativo, è molto bello. Facci capire – bada bene solo descrivendo gesti – a chi l’uomo lo dice. Chi o cosa guarda mentre esclama la sua soddisfazione: il pacchetto, il cielo o cos’altro? O è ancora al telefono?

Attenta ancora al lessico: il pacchetto è avvolto nella carta, ma legato da due fili rossi.

Come tiene il pacchetto? Da sotto o per i fili? Mi sembra più probabile la seconda posi-zione visto che poco dopo mette l’altra mano sotto il pacchetto con un gesto che pare esprimere la devozione che l’uomo prova per l’agognato acquisto.

Il «verso destra» non dice nulla al lettore perché non sa dove sia l’osservatore. Devi indicare un luogo riconoscibile: «verso la chiesa di S.Francesco», «verso piazza del Duomo». Così vediamo anche dove si dirige.

Mi sembra molto alto il

pacchetto all’altezza delle spalle.

Certamente il signore è molto compreso in quello che fa, esprime senza freni le proprie emozioni, è un cuor contento e convinto. Al lettore appare nei suoi atteggiamenti strava-gante e potrebbe starci anche questa postura grottesca. Verifica se anche a te è parso così al momento dell’osservazione o è la scrittura che ha creato questo effetto?

Pensando a quest’uomo, mi viene in mente il signor Hulot di Jacques Tati senza tutti i danni e gli inconvenienti.

Prova a riscrivere il testo.

Lorenza:

Grazie molto ad entrambi dei consigli ora proverò a riscrivere il testo. Volevo precisare alcuni piccoli aspetti: non ho unito in un’unica frase «Si ferma davanti alla Casa del

Cioccolato» perché ho ritenuto più opportuno scandire il tempo che è passato e il suo atteggiamento con un punto e a capo.

Per quanto riguarda il modo in cui il signore teneva il pacchetto era la posizione assunta realmente da lui; l’ho trovato divertente anche se effettivamente leggendo il testo può sembrare grottesco.

Il testo riscritto dovrebbe essere così.

«Sì, sì. Ciao» dice un signore al telefono. Cammina sul marciapiede arrivando da Piazza Duomo con passi molto lunghi e si allaccia un bottone del lungo cappotto nero. Poi allar-ga la bocca in un sorriso che forma due fossette e decelera.

Si ferma.

Sta lì, di fronte all’entrata della «Casa del cioccolato» in quella posizione: con la mano tiene il telefono all’orecchio destro, la gambe sono parallele e gli occhi sono coperti da occhiali da sole neri.

Intanto gente entra ed esce dalla cioccolateria.

Il signore entra.

Continua il flusso di persone tra una donna che, uscendo, prende la bici appoggiata al muro e si dirige verso la Chiesa di San. Francesco Saverio e una che si fa largo con passi molto svelti verso quella porta trasparente.

La porta si apre: lui esce.

«Che meraviglia!» esclama il signore guardando il pacchetto bianco avvolto nella carta e legato da due fili rossi che tiene in mano, mentre l’altra sta nella tasca del cappotto.

Si riferma davanti all’entrata. Tira fuori la mano dalla tasca e la mette lentamente sotto il pacchetto.

Sorride.

Poi gira il volto verso Piazza Duomo e procede dritto con il suo acquisto all’altezza delle spalle.

Amedeo Savoia:

Brava, Lorenza.

Con «grottesco» non esprimevo una critica, ma una caratteristica interessante e da svi-luppare del tuo personaggio.

Modificherei così questa frase:

Continua il flusso di persone: una donna esce, prende la bici appoggiata al muro e si dirige verso la Chiesa di San Francesco Saverio; un’altra si avvicina con passi molto rapidi verso la porta trasparente.

Che ne dici?

Lorenza:

Grazie per l’ultimo consiglio, lo integro nel testo.

«Sì, sì. Ciao» dice un signore al telefono. Cammina sul marciapiede arrivando da Piazza Duomo con passi molto lunghi e si allaccia un bottone del lungo cappotto nero. Poi allar-ga la bocca in un sorriso che forma due fossette e decelera.

Si ferma.

Sta lì, di fronte all’entrata della «Casa del cioccolato» in quella posizione: con la mano tiene il telefono all’orecchio destro, la gambe sono parallele e gli occhi sono coperti da occhiali da sole neri.

Intanto gente entra ed esce dalla cioccolateria.

Il signore entra.

Continua il flusso di persone: una donna, esce, prende la bici appoggiata al muro e si dirige verso la Chiesa di San Francesco Saverio; un’altra si avvicina con passi molto rapidi verso la porta trasparente.

La porta si apre: lui esce.

«Che meraviglia!» esclama il signore guardando il pacchetto bianco avvolto nella carta e legato da due fili rossi che tiene in mano, mentre l’altra sta nella tasca del cappotto.

Si riferma davanti all’entrata. Tira fuori la mano dalla tasca e la mette lentamente sotto il pacchetto.

Sorride.

Poi gira il volto verso Piazza Duomo e procede dritto con il suo acquisto all’altezza delle spalle.

Nel documento Il reportage fotografico a parole (pagine 185-190)