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Entrare subito nel vivo dell’azione

Nel documento Il reportage fotografico a parole (pagine 38-42)

Gianluca Trotta contribuisce qualche giorno dopo con qualche simpatica osserva- osserva-zione di dettaglio sullo stile («Qualche suggerimento per chi partecipa a questo blog,

4. Entrare subito nel vivo dell’azione

Questo è un argomento, secondo me, particolarmente importante. Comincio con qual-che esempio. Riporto qui gli inizi di alcune delle nostre “fotografie a parole”:

Sull’autobus numero 12, in piedi proprio vicino all’uscita centrale del tram, si trova un uomo dalla lunga barba. Egli indossa vestiti molto stracci e tutti sporchi, ai piedi porta un paio di scarpe tutte bucate e in mano tiene una mela rossa che sta mangiando.

L’uomo ad un certo punto comincia a barcollare per l’autobus, poi si sdraia per terra e infine mentre si sta alzando per scendere alla fermata sucessiva, la mela gli cade per terra e inizia a rotolare di qua e di là. [...] (Stefania, qui).

Un ragazzo e una ragazza sono seduti sulla panchina del parco. Hanno attorno ai 15 anni. Stanno parlando di quello che hanno mangiato. [...] (Senza firma, qui).

Una ragazza è seduta sul bordo del marciapiede con in mano un cellulare. Ha ad-dosso un vecchio cappotto nero e una sciarpa colorata che tiene fin sopra il naso. Il vento forte fa svolazzare i suoi biondi capelli che tiene riportati in una lunga treccia.

Rimane immobile tenendo lo sguardo fisso sullo schermo. [...] (Sofia, qui).

Che cos’hanno in comune questi tre esempi? Questo: tutti e tre presentano dei personag-gi che compiono un’azione; e tutti e tre prima presentano il personagpersonag-gio o i personagpersonag-gi, e solo dopo dicono quale azione sta compiendo. Il primo verbo riferito al personaggio o ai personaggi è infatti un verbo di quiete:

…si trova…

…sono seduti…

…è seduta…

L’azione viene detta solo dopo e, curiosamente, viene detta usando ancora dei verbi (e altre parole) che non suggeriscono esattamente un’azione:

…in mano tiene una mela rossa che sta mangiando…

…stanno parlando…

…rimane immobile tenendo lo sguardo fisso sullo schermo…

Nel primo esempio c’è l’azione di mangiare, nel secondo l’azione di parlare, nel terzo l’azione di guardare (espressa con le parole “tenere lo sguardo fisso”).

Faccio notare che, per di più, in tutti e tre gli esempi l’azione vera e propria è espressa da un verbo al modo indeterminato, e cioè da un gerundio:

…una mela rossa che sta mangiando…

…stanno parlando…

…tenendo lo sguardo fisso…

Ora: il gerundio serve (prendo la definizione da Wikipedia, qui) a «indicare un processo considerato nei suoi riferimenti ad un secondo avvenimento». In altre parole: c’è un’a-zione primaria, indicata con un verbo in uno dei modi determinati (indicativo soprattutto, oppure congiuntivo o condizionale) e un’azione secondaria, che si svolge contempora-neamente alla primaria: e questa viene espressa con il gerundio. Esempio:

Gigetto si divertì un sacco, guardando tutti i film che aveva scaricati.

L’azione primaria è dunque «divertirsi un sacco», la secondaria «guardare i film». Ma, attenzione: si potrebbe anche scrivere:

Gigetto guardò tutti i film che aveva scaricati, divertendosi un sacco.

Qui i fatti raccontati sono evidentemente i medesimi, e tuttavia l’azione primaria è “guar-dare i film”, e quella secondaria è “divertirsi un sacco”.

Cos’è: un trucco? Un brutto scherzo? No: voglio solo far capire che non è la grammatica a dirci qual è l’azione primaria e qual è quella secondaria: è la nostra decisione circa ciò che vogliamo dire. Se per la mia sensibilità la cosa importante da dire è che Gigetto si divertì un sacco (beato lui!), e che si sia divertito guardando film scaricati o giocando a backgammon è cosa secondaria, allora userò la prima formula. Se invece la cosa impor-tante da dire, per me, è che Gigetto si guardò tutti quei film, ed è secondario che si sia anche divertito un sacco, allora userò la seconda formula.

Una regola pratica è dunque: devo decidere qual è l’azione principale, e scriverla in un modo verbale determinato; per le azioni secondarie potrò eventualmente usare il gerundio.

Adesso riguardiamo i tre esempi iniziali. Dubito che si possa dire che l’azione primaria di quei personaggi consista nello stare in piedi, nello stare seduti, nel tenere.

Nel primo esempio, l’azione primaria (all’inizio del testo, naturalmente; poi succedono altre cose) è mangiare. Un esempio di riscrittura:

Sull’autobus numero 12 un uomo dalla lunga barba, in piedi proprio vicino all’uscita centrale, mangia una mela rossa. Egli indossa vestiti molto stracci e tutti sporchi, ai piedi porta un paio di scarpe tutte bucate.

Si può fare anche un secondo passaggio, seguendo un’altra regola pratica: cerchia-mo di dire le cose essenziali sull’aspetto del personaggio nella prima frase in cui esso compare. (Su questa regola pratica faremo una riflessione specifica tra qualche giorno).

Allora scriveremo:

Sull’autobus numero 12 un uomo dalla lunga barba, vestito di stracci sporchi e con le scarpe bucate, in piedi proprio vicino all’uscita centrale, mangia una mela rossa.

Naturalmente non ho detto che, per mangiare la mela, l’uomo la tiene in mano. Ma mi pare cosa ovvia: l’azione di mangiare include quella di tenere in mano.

Una cosa da notare è che queste due regole pratiche permettono di risparmiare parole.

La versione originale di quel capoverso, infatti, consiste di 45 parole; la prima riscrittura qui proposta è di 35; la seconda riscrittura è di sole 27 parole. (E, ricordiamo: l’economia

di parole è, di solito, una buona cosa. Un testo troppo lungo è noioso come una persona che ci mette dieci minuti per dire una cosa che si potrebbe dire in cinque).

Per il secondo esempio, in cui l’azione primaria è parlare, ho già proposto una riscrittura nei commenti:

Un ragazzo e una ragazza sui quindici anni, seduti sulla panchina del parco, parlano di quello che hanno mangiato.

E mi pare che più di così non si possa fare. Qui osserviamo che l’originale ha tre frasi, la riscrittura solo una; la riscrittura ha 19 parole, l’originale 23. L’importante, in questo caso, non è tanto il risparmio di parole (piccolo, solo 4 di meno) quanto l’effetto di “legatura”:

ciò che era detto in tre frasi slegate l’una dall’altra è ora detto con una frase sola e conti-nuativa. La scena prima era per così dire spezzettata, ora è un tutt’uno.

(È possibile, in altri casi, decidere di spezzettare la scena per ottenere un certo effet-to. Vedi quanto scrivevo, qualche giorno fa, a proposito dell’andare a capo, qui. Come sempre, la cosa più importante è decidere che cosa si vuole fare, qual è l’effetto che si vuole ottenere).

Ultimo esempio. Propongo questa riscrittura:

Una ragazza con addosso un vecchio cappotto nero e una sciarpa colorata avvolta fin sopra il naso guarda fisso, immobile, lo schermo del suo cellulare. Il vento forte fa svolazzare i suoi biondi capelli che tiene riportati in una lunga treccia.

Nella prima frase la ragazza immobile, nella seconda i suoi capelli mossi dal vento.

(Confesso: sono un po’ dubbioso del verbo “svolazzare”, il cui significato primo è “volare qua e là cambiando direzione” (qui); e faccio un po’ fatica a capire come facciano i ca-pelli a svolazzare, se sono “riportati in una lunga treccia”. Ma questi sono altri discorsi:

discorsi di proprietà di linguaggio; ne parleremo in altri momenti).

Per finire, un esempio positivo tratto da questo nostro Reportage fotografico:

Alla fermata della corriera, una bionda donna sui trent’anni, che indossa un giubbotto di piuma verde scuro, un paio di jeans e calza dei doposci scuri, parla con un signore sulla settantina, vestito di scuro e in modo leggero, nonostante il freddo intenso di oggi.

Vicino a quest’ultimo, c’è un altro uomo, suo coetaneo, che ascolta con interesse la loro conversazione.

A fianco della donna…. (Sara, qui).

L’esempio è (dal punto di vista dell’entrare subito nell’azione) quasi perfetto. Solo, maga-ri, nel secondo capoverso, si poteva dire:

Vicino a quest’ultimo un altro uomo, suo coetaneo, ascolta con interesse la loro con-versazione.

Ma anche dell’orrendo crimine di usare indiscriminatamente il c’è e il ci sono, parleremo un’altra volta.

Come si diceva, questo è un lavoro in progress che si è fermato a questo punto pur

Nel documento Il reportage fotografico a parole (pagine 38-42)