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Corte d’Assise di Treviso, 20 novembre 2007 (Favaro).

Un altro procedimento penale, meno noto rispetto ai due appena illustrati, nel quale l’imputabilità resta il terreno di elezione per la rilevanza delle neuroscienze nel giudizio, riguarda un caso di presunto omicidio volontario avvenuto nella notte del primo giugno 2006, nella Marca Trevigiana. La protagonista della vicenda è una giovane donna affetta da numerose patologie e accusata di aver cagionato, mediante soffocamento, la morte del proprio neonato, immediatamente dopo il parto229.

Anche in questo caso la manifestazione di comportamenti anomali, indicatori di probabili disturbi mentali, determina, già nella fase delle indagini preliminari, lo svolgimento di due consulenze medico-legali aventi ad oggetto lo stato mentale della donna230. La prima, effettuata dal consulente tecnico del pubblico ministero, individua un disturbo della personalità del cluster B del DSM-IV, il quale determina una certa tendenza all’impulsività, ma che, secondo le valutazioni dell’esperto, non avrebbe inciso sulla capacità di intendere e di volere dell’agente al momento del fatto. Viceversa, la consulenza tecnica della difesa ritiene che la capacità dell’imputata di capire ciò che stava avvenendo e di autodeterminarsi liberamente fosse grandemente scemata in conseguenza di una condizione psicopatologica determinata da tale disturbo della personalità. La seconda consulenza tecnica, disposta sempre su iniziativa della difesa, affianca agli accertamenti di tipo tradizionale231 le indagini basate sulle tecniche di brain

imaging e sulla genetica comportamentale. La perizia consente di ricondurre i

229 Il caso è illustrato in C. GRANDI,Neuroscienze e responsabilità penale, cit., pp. 214 ss. 230 L’imputata aveva in precedenza fatto uso abituale di sostanze stupefacenti, incorrendo più

volte in stati di debilitazione psico-fisica e in ricoveri ospedalieri.

231 Questi protocolli consolidati confermano la presenza di disturbi della personalità, di tratti

personalità antisociale, difficoltà nella programmazione e, mediante gli esami di tipo neuropsicologico si rileva una grave alterazione del meccanismo cerebrale di blocco dell ’azione automatica. Non solo, emerge altresì un deficit della capacità di identificare i comportamenti violatori delle regole sociali esistenti.

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92 sintomi morbosi presentati a una vera e propria base biologica. Da una parte, infatti, gli esiti delle ricerche condotte attraverso la morfometria cerebrale pongono in evidenza alterazioni strutturali e funzionali in corrispondenza dell’area cerebrale deputata al sistema di inibizione della risposta. Dall’altra, l’analisi del corredo cromosomico testimonia la presenza di quattro varianti alleliche correlate al rischio di insorgenza di patologie psichiatriche e/o comportamenti aggressivi e impulsivi.

Sempre queste indagini peritali condotte dalla seconda consulenza tecnica della difesa tentano di smentire la ricostruzione operata dall’accusa, secondo la quale l’asfissia del neonato sarebbe stata causata da una condotta pianificata dalla madre232. La c.d. “sindrome frontale” diagnosticata alla Favaro rende, secondo gli esperti, assolutamente improbabile l’eventualità che la donna, in un arco temporale così breve, potesse ideare e porre in essere un piano del genere. Ciò tenuto conto non solo del grave deficit in relazione alla capacità di pianificazione, ma altresì dello stato di confusione e debilitazione psicofisica che caratterizza qualsiasi puerpera. A fronte delle evidenze neurobiologiche della gravità del disturbo della personalità de quo, i consulenti ribadiscono l’idoneità dello stesso ad escludere la capacità di intendere e di volere dell’imputata al momento del fatto e quindi a giustificare la richiesta di applicazione del vizio di mente previsto dall’art. 88 c.p.

Il giudice di prime cure, tuttavia, aderisce alla tesi suggerita dalla pubblica accusa ed esprime perplessità in relazione agli accertamenti neuroscientifici; in particolare, nel motivare la propria decisione, sottolinea la complessità dell’opera di interpretazione delle immagini, nonché l’impossibilità di stabilire un nesso eziologico tra le alterazioni cerebrali strutturali o funzionali, i disturbi psichiatrici e i comportamenti devianti233. La Favaro, il cui disturbo della personalità è

232 Un accertamento peritale compiuto sull’apparato respiratorio della vittima aveva illustrato,

inoltre, come il decesso fosse conseguito ad asfissia, in un lasso di tempo assai circoscritto, al massimo, nel primo minuto di vita del neonato.

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93 considerato ininfluente sulla sua capacità di intendere e di volere, è dunque condannata ad anni diciotto di reclusione per omicidio volontario aggravato.

Le risultanze dell’indagine peritale condotta dal consulente difensivo, sono state successivamente valorizzate, seppur in misura circoscritta, dalla Corte d’assise d’appello, la quale ribalta il giudizio di primo grado. Il quadro psichico emerso a seguito degli approfondimenti neuroscientifici induce il giudice dell’impugnazione a ritenere insufficiente la prova in base alla quale la morte per asfissia del neonato sia sopraggiunta in conseguenza di una condotta commissiva della madre e non per cause naturali. La sindrome frontale, caratterizzata da un’organizzazione mentale compromessa e tempi di reazione rallentati, appare inconciliabile con la realizzazione di un simile programma criminoso in un tanto ristretto arco temporale234. Non solo; la Corte ipotizza che i deficit cognitivi descritti nella consulenza difensiva abbiano ostacolato la rappresentazione in capo alla donna del parto imminente e dei relativi fattori di rischio e, inoltre, non le abbiano consentito di individuare una condotta idonea a disinnescare questi ultimi. In ragione di ciò, crolla anche la potenziale ipotesi di omicidio colposo: l’insufficienza e la contraddittorietà della prova in ordine alla materialità del fatto di reato non possono che condurre ad un’assoluzione con formula piena “perché il fatto non sussiste”.

In definitiva, ciò che rileva ai fini della presente analisi è il ruolo attribuito agli esiti di tali indagini nell’iter motivazionale che ha condotto all’assoluzione dell’imputata. In questo specifico caso, i dati di imaging e di genetica comportamentale non sono stati valutati nella prospettiva dell’imputabilità (perlomeno in sede di appello), ma sono stati apprezzati quali elementi probatori utili ai fini di una certa ricostruzione fattuale piuttosto che un’altra.

234 Lo stesso pubblico ministero, nel secondo grado di giudizio, stante l’incertezza relativa

all’eziologia del decesso, aveva riqualificato il fatto come omicidio colposo aggravato dalla previsione dell’evento, posto in essere mediante omissione.

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