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7. La giurisprudenza penale in materia di valutazione del sapere specialistico.

7.1. La sentenza Cozzini.

La sentenza Cozzini504 del 2010, considerata da alcuni commentatori una sorta di clone Daubert505, è senza dubbio espressione del momento massimo di

502 L’infermità mentale al vaglio selle Sezioni Unite, cit., p. 849.

503 Sul punto si vedano F. CENTONZE,L’imputabilità, il vizio di mente e i disturbi di personalità, cit., pp. 281 ss.; A. DONDI, Paradigmi processuali ed «expert witness testimony» nel diritto statunitense, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1996, pp. 261 ss.; ID.,Problemi di utilizzazione delle

«conoscenze esperte» come «expert witness testimony» nell’ordinamento statunitense , cit., pp.

1133 ss.

504 Cass. pen., sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, Cozzini. Cfr. P. TONINI,Commento, in Dir. pen. proc, 2011, pp. 2ss.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

171 confronto della giurisprudenza di legittimità con il “test Daubert”506. La pronuncia si colloca nel solco tracciato dalle Sezioni Unite Franzese507, e affronta, tra le altre, la delicata questione del nesso di causalità in relazione all’evento morte in seguito ad esposizione a polveri di amianto508.

Posta di fronte alla variabilità degli studi scientifici in proposito e dei riflessi di tale incertezza nel processo penale a carico di Cozzini, la Corte di Cassazione chiarisce dapprima il proprio ruolo di fronte alla scienza, considerando come «il giudice di legittimità non è giudice del sapere scientifico, e non detiene proprie conoscenze privilegiate»509. Tuttavia, poiché tra i compiti del giudice nomofilattico si annovera la valutazione della «correttezza metodologica dell’approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni che utilizza ai fini della spiegazione del fatto», la Suprema Corte si premura di elaborare una griglia di criteri guida, sulla falsariga della sentenza

Daubert, alla luce dei quali verificare la correttezza metodologica suddetta510. Così si afferma che l’attendibilità di una teoria scientifica deve essere valutata avendo riguardo agli «studi che la sorreggono. Le basi fattuali sui quali essi sono condotti. L’ampiezza, la rigorosità, l’oggettività della ricerca. Il grado di sostegno che i fatti accordano alla tesi. La discussione critica che ha accompagnato l’elaborazione dello studio, focalizzata sia sui fatti che mettono in discussione l’ipotesi sia sulle diverse opinioni che nel corso della discussione si sono formate. L’attitudine esplicativa dell’elaborazione teorica. Ancora, rileva il grado di consenso che la tesi raccoglie nella comunità scientifica. Infine, dal punto

506 Così, F. BASILE,L’utilizzo di conoscenze scientifiche nel processo penale, tra junk science e “legittima ignoranza” del giudice, in Studium Iuris, 2018, n.2, p. 174.

507 Cass., sez. un., 10 luglio 2002, Franzese, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, pp. 1133 ss. Cfr., ex multis, P. TONINI,L’influenza della sentenza Franzese sul volto attuale del processo penale, in Dir. pen. proc, 2012, pp. 1225 ss. e riferimenti ivi citati.

508 Per una ricostruzione del fatto si rinvia, per ragioni di economia argomentativa, a Cass. pen.,

sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, Cozzini.

509 Ivi, par. 14.

510 P. TONINI, La Cassazione accoglie i criteri Daubert sulla prova scientifica. Riflessi sulla verifica delle massime di esperienza, in Dir. pen. proc 2011, p. 1345.

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172 di vista del giudice, che risolve casi ed esamina conflitti aspri, è di preminente rilievo l’identità, l’autorità indiscussa, l’indipendenza del soggetto che gestisce la ricerca, le finalità per le quali si muove»511.

Si tratta di requisiti soggettivi attinenti alle qualità personali dell’esperto e di caratteristiche oggettive proprie del criterio probatorio da quest’ultimo suggerito, che non solo devono orientare il giudizio, ma devono comparire altresì nella motivazione finale laddove il giudice dà conto dell’apprezzamento compiuto512. Tali criteri di razionalità si rendono indispensabili nell’approccio alla

scienza quale «logos non disponibile da parte del nomos, ma che è per così dire presupposto dal nomos, e che preclude al giudice (di legittimià e di merito) di farsi creatore di leggi causali»513.

7.1.1. Il ridefinito ruolo del giudice.

Alla pronuncia in esame si deve tanto la ridefinizione del ruolo dell’organo giudicante quanto la messa a fuoco dell’assetto dei rapporti tra quest’ultimo e il sapere specialistico. Il giudice si smarca dalla condizione di passività rispetto al sapere degli esperti senza tuttavia rivestire i panni del peritus peritorum, non perlomeno secondo l’accezione tradizionale del brocardo 514. Ciò, per utilizzare le parole della Corte, significa che seppure egli non disponga «delle conoscenze e

511 Ibidem.

512 Cass. pen., sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, Cozzini, p. 37.

513 Si riporta l’eloquente espressione di D. PULITANÒ,Personalità della responsabilità: problemi e prospettive, in Riv. it. dir. proc. pen., 2012, p. 1240.

514 Cfr. F. GIUNTA,Questioni scientifiche e prova scientifica tra categorie sostanziali e regole di giudizio, cit., p. 70; Cass., pen., sez. V, 27 marzo 2015, n. 36080, Knox, par. 7, in cui si legge: «

Il dibattito culturale, pur nel rispetto del principio del libero convincimento del giudice, si propone anche di rivisitare criticamente la nozione, oramai obsoleta e di assai dubbia credibilità, del giudice "peritus peritorum". In effetti, l'antico brocardo esprime un modello culturale non più attuale e, anzi, decisamente anacronistico, quanto meno nella misura in cui pretenda di assegnare al giudice reale capacità di governare il flusso di conoscenze scientifiche che le parti riversino nel processo, ove invece una più realistica impostazione lo vuole del tutto ignaro di quei contributi, che sono il frutto di un sapere scientifico che non gli appartiene e non può - né deve - appartenergli».

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173 delle competenze per esperire un’indagine siffatta» in solitaria515, non per questo può giustificarsi un suo ruolo passivo di fronte allo scenario del sapere scientifico, essendo egli chiamato ad esprimere un giudizio critico sulle valutazioni tecniche compiute nel processo516 e ad essere «custode e garante della scientificità della conoscenza fattuale espressa»517. L’espressione “iudex peritus peritorum”, reinterpretata alla luce di queste considerazioni, è indicativa del vaglio cui è tenuto il giudice, particolarmente complicato nel caso di «questioni scientifiche non ancora dissodate»518 e consistente nello scrutinio e nel recepimento delle

informazioni specialistiche, sotto la sorveglianza di altri addetti ai lavori519. Il controllo operato a livello dell’individuazione del criterio probatorio proposto dell’esperto e sul piano dell’applicazione dello stesso si risolve in una valutazione di carattere epistemologico, non specialistica. L’oggetto della stessa è rappresentato dalla verifica del rispetto degli standards minimi di razionalità espistemica da parte del criterio in questione. In quest’ottica tale modello di custode del metodo costituisce una garanzia per i principi di determinatezza e tassatività penale520.

515 Cass. pen., sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, Cozzini, p. 45. 516 Ivi, p. 37.

517 Ibidem. 518 Ivi, p. 67.

519 Meritano di essere citate anche le “bitte” della sentenza Cantore, nella quale, sulla scorta di

quanto già precisato dal dictum Cozzini, si denunciano le falle della valutazione giuridica del dato scientifico nei termini seguiti: «la mancanza di cultura scientifica dei giudici, gli interessi che talvolta stanno dietro le opinioni degli esperti, le negoziazioni informali oppure occulte tra i membri di una comunità scientifica; la provvisorietà e mutabilità delle opinioni scientifiche; addirittura, in qualche caso, la manipolazione dei dati; la presenza di pseudoscienza in realtà priva dei necessari connotati di rigore; gli interessi dei committenti delle ricerche». Pertanto, secondo i giudici di legittimità «il giudice non può certamente assumere un ruolo passivo di fronte allo scenario del sapere scientifico, ma deve svolgere un penetrante ruolo critico, divenendo (come è stato suggestivamente affermato) custode del metodo scientifico». Cass. pen. sez. IV, 29 gennaio 2013 n. 16237, Cantore, in CED Cass., 2013, rv. 255105.

520 Ivi, pp. 113-4. Gli autori pervengono a tale considerazione osservando come: «Imponendo di

far uso soltanto di criteri specialistici di sicura affidabilità, esso riduce l’area dei dati fattua li deducibili nel processo penale, circoscrive dunque la portata delle fattispecie incriminanti e, in definitiva, limita il potere giudiziario di individuazione di quest’ultima»

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