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Tribunale di Cremona, 19 luglio 2011.

L’ultima decisione di merito244 che ci si appresta a esaminare riguarda il caso di un commercialista accusato di molestie sessuali da una stagista245. Gli unici elementi probatori sono dati dalle dichiarazioni rese dalla vittima e dalle testimonianze indirette di compagni di scuola e docenti circa il contenuto delle disvalore delle proprie azioni e residuasse un minimo di senso critico. In argomento, Cass. S.U., 25 gennaio 2005, n. 9163, Raso, in Dir. pen. proc¸2005, pp. 837 ss.; Trib. Venezia, 24 gennaio 2013, cit., p. 27.

243 La sentenza è stata poi riformata in appello solo con riferimento al punto relativo alla

condanna per pornografia minorile (essendo il fatto ritenuto inesistente per l’assenza dell’elemento costitutivo dato dal pericolo concreto di diffusione dei files), con conseguente riduzione della pena a due anni e otto mesi di reclusione e revoca della misura interdittiva. V. C. GRANDI,ult. op. cit, pp. 231-2.

244 Nonostante si tratti di un procedimento definito nel 2011 e, quindi, anteriore cronologicamente

al caso Mattiello, la scelta di esaminarlo in ultima analisi deriva dalla considerazione del differente oggetto di indagine che caratterizza tale caso rispetto a quelli precedentemente trattati. Sotto la lente di ingrandimento neuroscientifica, stavolta, non vi è la categoria dell’imputabilità, ma l’attendibilità delle dichiarazioni del teste.

245 Nel dettaglio, una studentessa di un istituto superiore, la quale aveva effettuato un periodo di

tirocinio legato al progetto scolastico di formazione al lavoro presso lo studio del commercialista in questione, lo accusava di averla molestata con apprezzamenti verbali e di averla in seguito palpeggiata nonostante il rifiuto da lei manifestato. Il soggetto è cosi imputato per violenza sessuale ai sensi dell’art. 609bis commi 1 e 3, riguardante i casi di minore gravità. Il procedimento è stato definito con la sentenza G.u.p. Cremona, 19 luglio 2011, dep. 23 gennaio 2012. Sul punto, Trib. Cremona, 19 luglio 2011, n. 109, in Riv.it. med. leg., 2012, n. 2, pp. 749 ss.; L. ALGERI, Neuroscienze e testimonianza della persona offesa, in Riv.it. med. leg., 2012, n. 3,

pp. 903 ss.; M. BERTOLINO,Prove neuro-psicologiche di verità penale, cit, pp. 23 ss.; A. CORDA,

Neuroscienze forensi e giustizia penale tra diritto e prova, cit, pp. 20 ss.; riferimenti altresì in L.

FERLA, Casi difficili e accertamenti peritali, in Jus-online, 2016, n. 2, p. 24 alla nota 88; I.

MERZAGORA,A.VERDE,C.BARBIERI,A.BOIARDI,Come mente la mente. Un nuovo strumento per valutare la memoria, in Cass. pen., 2014, n. 5, pp. 1896 ss.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

99 confidenze fatte dalla studentessa. L’indagato respinge qualsiasi forma di addebito e propone una ricostruzione fattuale incompatibile con quella fornita dalla querelante246. Anche in questo caso gli accertamenti peritali sono stati condotti associando ai tradizionali test psicodiagnostici, neuro-tecniche volte a indagare la verità delle dichiarazioni rese247. Più precisamente si è fatto ricorso all’aIAT al fine di verificare se la querelante avesse conservato dentro di sé il ricordo dell’evento autobiografico narrato248.

Contrariamente alle valutazioni espresse dal Tribunale di Venezia249, il

G.u.p. di Cremona ritiene l’aIAT un metodo affidabile, peraltro già sperimentato

246 In C. GRANDI, ult. op. cit., p. 234, è illustrata nei particolari la linea difensiva dell’imputato, la

quale mira a valorizzare i dati informatici acquisiti al fine di individuare gli orari precisi di compilazione e di invio dei files dal computer al quale lavorava la vittima. Tali informazioni, infatti, dimostrerebbero che la tempistica lavorativa della giovane è rimasta regolare anche nei lassi di tempo in cui ella asseriva di aver subito molestie. Con ciò la difesa intendeva confutare le dichiarazioni della querelante, dimostrando che, qualora si fossero verificati gli episodi denunciati, le interruzioni e la reazione emotiva avrebbero dovuto causare un aumen to dei tempi di lavoro e una sensibile flessione della produttività. Circostanza che, invece, non è avvenuta.

247 Sono numerose le tecniche che perseguono tale obiettivo: anche la risonanza magnetica

funzionale pare che individui incrementi delle attività neuronali in talune aree cerebrali che sarebbero indici di affermazioni non veritiere. Tuttavia vi sono numerosi dubbi circa l’attendibilità e l’accuratezza di tali risultati. Per approfondimenti in merito, si veda S. MAFFEI,

Ipnosi, poligrafo, narcoanalisi, risonanza magnetica: sincerità e verità nel processo penale, in Ind. Pen., 2006, pp. 717 ss.

248 Lo stesso strumento è stato adoperato, come si è visto nel paragrafo precedente, nel processo a

carico di Mattiello al fine di sostenere l’esistenza di un vizio di mente penalmente rilevante. Nel caso in esame, invece, tale metodologia d’indagine non è adoperata per saggiare l’imputabilità del reo, ma per valutare l’attendibilità del teste e concorrere, quindi, alla prova dell’accusa. La verifica della credibilità della vittima risulta fondamentale sia da un punto di vista penalistico per la mancanza di ulteriori fonti di prova, sia in ragione dell’ingente richiesta di risarcimento per un asserito danno post-traumatico da stress. Con riferimento alla metodologia in questione, G. SARTORI,S. AGOSTA, Menzogna, cervello e lie detection, in AA.VV, Manuale di neuroscienze

forensi, cit, pp. 9 ss. 249 Cfr., supra, § 4.

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100 in Italia in una consulenza nel noto processo Cogne bis250. Il giudice sottolinea come le tecniche utilizzate dai consulenti soddisfino «i criteri fissati dalla nota sentenza Daubert della Corte Suprema statunitense in tema di ammissibilità della prova scientifica251 nonché gli additional factors richiamati dalla sentenza Cozzini»252. Sulla base degli esiti forniti da tali test, i quali dimostrerebbero l’esistenza del ricordo e il sintomo post traumatico nella sfera psichica della vittima253 (a conferma delle sue dichiarazioni), è riconosciuta la responsabilità dell’imputato in ordine ai fatti ascritti.

L’obiezione più frequente sollevata nei confronti di questo genere di tecniche attiene alla loro limitata idoneità accertativa: in letteratura è stato infatti sottolineato come esista la possibilità che i soggetti sottoposti ai test, se adeguatamente istruiti, possano alterare strategicamente la propria prestazione e

250 La validità scientifica di questo tipo di metodo è messa in discussione da quanti criticano

altresì il presupposto del suo funzionamento, calibrato su un soggetto quasi matematico ben lontano dal complesso soggetto umano. V. M. T. COLLICA,Gli sviluppi delle neuroscienze sul

giudizio di imputabilità, cit, pp. 25-6.

251 Si elencano, quali criteri: «precedenti verifiche e cioè falsificabilità della teoria in senso

popperiano e quindi resistenza del metodo a tentativi di smentita, controllo dei lavori pubblicati da parte di revisori qualificati (“peer review”), accettabilità dei limiti di errore, accoglimento da parte della comunità scientifica». V. Trib. Cremona, 19 luglio 2011, n. 109, cit., p. 751. Contra, M. T. COLLICA, ult. op. cit., p. 26, la quale ritiene, invece, che proprio in ragione

dell’insufficiente revisione critica di questa tecnica da parte della comunità scientifica, non possano considerarsi rispettati i criteri fissati dalla sentenza Daubert.

252 Si tratta di parametri ulteriori quali «la statura scientifica dei consulenti, l’impiego precedente

delle tecniche in ambiti forensi, l’esclusione di margini di “soggettività”nella lettura e nell’interpretazione dei risultati, la chiarezza e la semplicità della metodologia usata». Trib. Cremona, 19 luglio 2011, n. 109, cit.

253 Si legge, in sentenza, come «dalla rapidità e accuratezza della risposta si ric ava quale sia il

ricordo naturale che si è impresso, Il ricordo “naturale”, definito “compatibile”, ha tempi di reazione rapidi mentre l’allungamento dei tempi di reazione e un aumento degli errori rifletteranno il fatto che il soggetto ha dovuto superare un conflitto cognitivo cioè dare una risposta che non è consona al suo ricordo». Ivi, p. 750

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101 falsare così il risultato254. Nella decisione in analisi, tuttavia, il giudice pare tener conto di tale eventualità e, difatti, non esclude che il ricordo del soggetto non corrisponda al vero o possa essere frutto di suggestioni o distorsioni di quanto realmente accaduto. Ma sulla base di ulteriori circostanze concrete emerse, si è ritenuto di escludere tale eventualità255.

254 Sul punto C. GRANDI, ult. op. cit., p. 236 e F. BASILE, G. VALLAR, Neuroscienze e diritto penale, cit, p. 15.

255 La perizia ha infatti escluso la presenza nella vittima di patologie che comportassero forme di

dissociazione dalla realtà o tendenze alla distorsione della realtà o alla menzogna. Trib. Cremona, 19 luglio 2011, n. 109, cit., pp. 752-3.

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EZIONE

II

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A GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ