• Non ci sono risultati.

La reale portata delle acquisizioni neuroscientifiche alla luce della recente giurisprudenza.

1. Il giudizio di imputabilità.

1.4. La reale portata delle acquisizioni neuroscientifiche alla luce della recente giurisprudenza.

Le pronunce giurisprudenziali esaminate nel precedente capitolo non solo orientano il giurista che si interroga sui campi di possibile interferenza tra neuroscienze e diritto penale, ma vengono altresì in soccorso all’interprete che ricerca i limiti di operatività di tale disciplina nel processo penale. La preoccupazione di visioni riduzioniste394 (tutt’altro che ingiustificata, considerato il tecnicismo della materia) e di un infausto ritorno al diritto penale d’autore risulta stemperata dall’atteggiamento finora estremamente prudente della giurisprudenza. Nei casi analizzati si assiste a un’applicazione delle nuove conoscenze improntata a cautela: in essi alle tecniche neuroscientifiche è stata

392 Ivi, p. 851.

393 Di ciò si preoccupa M. BERTOLINO,ult. op. cit., p. 863, la quale tuttavia auspica che con

riferimento alla perizia psicopatologica si inizi ad esigere «una scientificità del metodo, una maggiore trasparenza metodologica, una chiarificazione preliminare delle procedure peritali e delle conoscenze psicopatologiche che il perito intende seguire».

394 Preoccupazione condivisa in dottrina ed espressa, ex multis, da M. T. COLLICA, Possono incidere le neuroscienze sul giudizio di imputabilità?, cit., § 7.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

142 riservata una funzione integrativa di affiancamento e non di sostituzione dei tradizionali strumenti di valutazione peritale. In nessun procedimento l’accertamento dello status psichico del soggetto in esame si è fondato esclusivamente sulle diagnosi di patologie funzionali. Ma, in linea con le attuali conoscenze medico-psichiatriche che escludono una causalità lineare tra una data condizione psichica e un certo comportamento, nelle perizie si ritiene irrinunciabile un’analisi che tenga conto dei dati anamnestici, delle componenti psicologiche e comportamentali dell’individuo.

Il dato genetico emerso a seguito delle indagini condotte nell’ambito del processo Bayout395 non ha fondato alcun giudizio in ordine alla capacità dell’imputato. Il riscontro della variante allelica MAO-A nel genotipo ha “semplicemente” avvalorato l’analisi clinica e psicopatologica effettuata dagli esperti396 attraverso metodi di indagine tradizionali. A tal proposito occorre sgomberare il campo da un equivoco sorto in relazione al rapporto tra genetica comportamentale e teoria dell’agente criminale. La genetica comportamentale si inserisce all’interno di una matrice interpretativa delle condotta umana di tipo deterministico e, nello specifico, si tratta di un determinismo c.d. polidimensionale che poggia sul binomio geni-ambiente. Tuttavia, il moderno condizionamento genetico, a differenza del condizionamento biologico di stampo lombrosiano, non presenta una natura deterministica, ma è una teoria di tipo probabilistico. Non esiste, allo stato attuale delle conoscenze, un gene che determini causalmente un certo comportamento normale o deviante, tutt’al più si può parlare di geni di suscettibilità, in presenza dei quali un soggetto avrà maggiori probabilità di sviluppare una certa patologia397.

395 Cfr., supra, cap. II, § 2.

396 Dalle perizie era peraltro già emerso un quadro psichico compromesso caratter izzato da una

personalità di tipo dipendente-negativistico con disturbo ansioso-depressivo, pensieri deliranti e disturbi cognitivi connessi a un’incapacità di interpretare correttamente la realtà.

397 S. PELLEGRINI, Il ruolo di fattori genetici nella modulazione del comportamento: le nuove acquisizioni della biologia molecolare genetica, in A. BIANCHI, G. GULOTTA, G. SARTORI,

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

143 La decisione cui è pervenuta la Corte d’assise d’appello di Trieste sulla seminfermità del condannato con un’applicazione nel massimo della diminuente di cui all’art. 89 c.p., tiene conto non solo delle disfunzioni alleliche, ma dei fattori ambientali sfavorevoli e psicologicamente traumatici che hanno caratterizzato il percorso di crescita del Bayout e che ne hanno accentuato la vulnerabilità genetica398.

Anche nella sentenza Albertani la consulenza neuroscientifica è accolta come valido complemento dell’accertamento psichico, in grado di fornire al giudice «spunti ulteriori verso la conferma o la falsificazione di ciò che deve costituire oggetto di prova nel processo penale»399. Gli accertamenti sulla struttura e sulla funzionalità cerebrale dell’imputata unitamente alla valutazione del suo patrimonio genetico sono apprezzati per l’idoneità a «ridurre la variabilità diagnostica e ad offrire risposte meno discrezionali rispetto a quelle ottenibili col solo metodo di indagine tradizionale clinico»400. Alle neuroscienze si riconosce l’attitudine a sollevare l’asticella del coefficiente di scientificità dei pareri sotto il profilo metodologico401. Dalla motivazione emerge con nitidezza come il convincimento del giudice sia ancora una volta determinato dalla somma dei dati di carattere neuroscientifico, delle risultanze processuali, della condotta dell’imputata a seguito dei crimini commessi e delle difficoltà mnestiche della donna402.

Analoghe osservazioni possono essere espresse in relazione agli altri casi processuali nei quali le tecniche neuroscientifiche sono adoperate per saggiare l’imputabilità del soggetto403 e laddove contribuiscono, invece, a verificare la

398 Per tale concetto si rinvia a quanto giù esposto in precedenza. V., supra, cap II, § 2.

399 Trib. Como (G.i.p.), 20 maggio 2011, n. 536, Albertani, in Guida al diritto on line, 30 agosto

2011, p. 43.

400 Ivi, p. 39.

401 V. M. BERTOLINO,Prove neuro-psicologiche di verità penale, cit., p. 22.

402 Cfr., M. T. COLLICA, Il riconoscimento del ruolo delle neuroscienze nel giudizio di imputabilità, cit., p. 23.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

144 veridicità o la falsità delle affermazioni contenute in una prova dichiarativa404. L’irruzione del sapere neuroscientifico nel processo getterebbe insomma le basi per un’innovazione di quest’ultimo attraverso «un arricchimento della tradizionale valutazione psichiatrico-forense, allo scopo di aumentarne oggettività e accuratezza»405.

In tutte le perizie esaminate i disturbi psichici sono valutati secondo il modello biopsicosociale, espressione dell’approccio multidisciplinare alla malattia. Pur tenendo ferme le considerazioni sugli spiragli applicativi del sapere neuroscientifico in tema di infermità406, dalle pronunce giurisprudenziali suddette emerge l’attitudine delle tecniche neuroscientifiche a costituire semplicemente un «valido strumento per il miglioramento della precisione diagnostica» e non anche una «fonte di ricostruzione categoriale né delle malattie in sé né del modo in cui esse vadano valutate in relazione alle norme di diritto»407.