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Il ruolo delle neuroscienze tra profili valutativi ed empirico-fattuali.

1. Il giudizio di imputabilità.

1.1. Il ruolo delle neuroscienze tra profili valutativi ed empirico-fattuali.

321 M. T. COLLICA, Il giudizio di imputabilità tra complessità fenomenica ed esigenze di rigore scientifico, cit., p. 1206.

322 Si segnala altresì l’esistenza, tra gli specialisti, di un orientamento abolizionista della capacità

di intendere e di volere minoritario rispetto a quello che auspica una circoscrizione dei confini della diagnosi clinica , illustrato più approfonditamente in F. INTRONA, Se e come siano da

modificare le vigenti norme sull’imputabilità, in Riv.it. med. leg., 1999, pp. 657 ss. 323 M. T. COLLICA, ult. op. cit., p. 1208.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

125 L’accertamento dell’imputabilità attraverso il sistema c.d. misto offerto dal legislatore del ’30, strutturato sui due livelli patologico e psicologico-normativo, si caratterizza, si è accennato, per i complicati rapporti di convivenza fra il giudizio normativo e quello empirico fattuale324. I problemi si acuiscono in sede di individuazione dei confini dell’infermità penalmente rilevante, atta ad escludere, in base al disposto codicistico, l’imputabilità.

L’indagine sulla rilevanza dell’infermità mentale, secondo l’impostazione appena descritta, impone al giudice di avvalersi dell’«indispensabile apporto e contributo tecnico»325 del perito o del consulente tecnico di parte, oltreché di ogni altro elemento di valutazione e di giudizio che possano desumersi dalle acquisizioni processuali, al fine di esprimersi, infine, sulla responsabilità penale dell’individuo e sulle questioni ad essa connesse326. In quest’ultima valutazione, determinante nel riconoscimento o meno in capo al soggetto della capacità di intendere e di volere, sarebbe dato riscontrare la componente primaria del giudizio di imputabilità: quella normativa327. Tuttavia, ciò non può risolversi in un’astrazione della categoria dogmatica finalizzata a sottrarla dalla verifica della realtà richiesta sul piano processuale328. Il dato empirico perciò, se preciso e rigoroso, dovrebbe concorrere (o forse sarebbe più appropriato “limitarsi”?) a gettare le basi favorevoli per una decisione giudiziale altrettanto rigorosa.

Eppure le neuroscienze non solo sembrano disattendere queste premesse, ma, si è osservato, parrebbero addirittura comportare il rischio di una “saturazione di empiria”. Un rischio inaccettabile per un modello esplicativo, quale quello

324 Cfr., supra, § 1.

325 L’infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite, cit, p. 851.

326 Rientrano in questa fase valutativa altresì l’interpretazione del dato codicistico, l’applicazione

delle categorie dogmatiche, nonché la valutazione delle istanze politico-criminali coinvolte. Si veda, M. BERTOLINO, Il “breve” cammino del vizio di mente. Un ritorno al paradigma organicistico?, in Criminalia, 2008, p. 330.

327 La categoria dell’imputabilità nell’economia del sistema penale rileva pur sempre quale

presupposto perché l’agente possa comprendere il disvalore del fatto e il significato della sanzione ad esso ricollegata. Ne deriva una forte connotazione normativa del concetto di capacità di intendere e di volere, non riducibile alla realtà naturalistica.

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126 dell’imputabilità che ricorre, nel rispetto del vincolo di realtà329, alle scienze empiriche, ma che allo stesso tempo non può esaurirsi nei soli contributi apportati da queste ultime. Le neuroimmagini adoperate in sede diagnostica nei casi di infermità mentale spingerebbero il giudizio oltre tale vincolo, costringendolo a interrompersi al primo livello di accertamento dell’imputabilità. In ragione di ciò, le acquisizioni neuroscientifiche sarebbero accusate di provare “troppo”330, poiché arriverebbero perfino a compromettere i momenti valutativi connessi alla verifica dell’incidenza della patologia sulla capacità di intendere e di volere.

Resta ancora da chiarire se gli studi in esame, al pari delle tradizionali diagnosi di tipo descrittivo, esauriscano la propria efficacia sul primo piano del giudizio di imputabilità limitandosi ad acclarare natura, intensità e gravità del disturbo331. Oppure, viceversa, se le risultanze fornite dalle diagnosi funzionali, di sede e di natura, possano utilmente rivelarsi interessanti e proficue anche con riferimento al secondo piano del giudizio, nell’individuazione del nesso eziologico fra disturbo e reato commesso332. In dottrina non vi è unanimità di vedute in

329 Per vincolo di realtà si intende il principio vincolante e costituzionalmente riconosciuto della

verificabilità o falsificabilità dei fatti che costituiscono oggetto di accertamento giudiziale. La Consulta, nella nota sentenza che dichiara l’illegittimità costituzionale del plagio per contrasto con l’art. 25 Cost., sancisce la necessità della chiarezza e dell’intelligibilità dei termini impiegati dal legislatore nella formulazione delle norme, ma altresì l’onere di formulare ipotesi che esprimano fattispecie corrispondenti alla realtà e razionalmente accertabili. Cfr., Corte. Cost. 8 giugno 1981, n, 96, in Foro it., 1981, I, pp. 1815 ss.; D. PULITANÒ, Sui rapporti fra diritto

penale sostanziale e processo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 956 in cui si legge: « Del

garantismo penale sono elementi imprescindibili e inscindibili, sul piano del diritto sostanziale il principio di legalità, e sul piano processuale il cognitivismo: un modello di giurisdizione che ha come condizioni necessarie "la verificabilità o falsificabilità delle ipotesi accusatorie in forza del loro carattere assertivo, e la loro prova empirica in forza di procedure che ne consentano sia la verificazione che la falsificazione"»; M. BERTOLINO, Il “breve” cammino del vizio di mente, cit., p. 327.

330 M. BERTOLINO, Il “breve” cammino del vizio di mente, cit., p. 328. Secondo l’autrice i

momenti valutativi tipici del giudizio in questione sarebbero minacciati da un acritico irrompere dei contributi neuroscientifici. Questi, prosegue la studiosa: «sembrando fornire sicuri referenti naturalistici dell’imputabilità penale, piegano a loro favore la decisione sui criteri di scelta del modello scientifico al quale agganciare la spiegazione normativa».

331 Tesi condivisa da I. MERZAGORA BETSOS, Le probabilità nella psicopatologia forense, in Riv.it. med. leg., 2015, p. 1482; M. BERTOLINO, L’imputabilità penale tra cervello e mente, in

Riv.it. med. leg., 2012, pp. 925 ss.

332 Una maggiore apertura verso questa possibilità sembrerebbe riscontrarsi in M. T. COLLICA, Possono incidere le neuroscienze sul giudizio di imputabilità?, intervento al Convegno “Articoli

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127 proposito, ma sembra prevalere l’orientamento che, escludendo la natura esplicativa del paradigma neuroscientifico, ne riconosce solo l’attitudine a individuare le correlazioni tra funzioni e aree cerebrali e la condotta umana.

Nondimeno, non può essere taciuto che in sede processuale la spiegazione di una malattia su base neuroscientifica rischia di costituire prova inconfutabile della sussistenza di un vizio di mente a causa di una sorta di deferenza verso le tecniche adoperate333, il che però è scientismo, non scienza334. Il timore è che l’accertamento dell’infermità fondato esclusivamente sull’appurata presenza di una patologia funzionale del cervello comporti, come prontamente rilevato, un’oggettivizzazione del secondo grado di giudizio (con buona pace della dimensione normativa dell’imputabilità)335.

Senza voler anticipare riflessioni successive, tuttavia sin da ora è possibile rilevare come tutto ciò contribuisca a determinare una sorta di “processualizzazione” delle categorie dogmatiche, nella quale i principi si svuotano dei contenuti garantistici, gli elementi costitutivi del reato cedono il passo ai canoni probatori e il piano sostanziale dell’oggetto dell’accertamento si confonde con la dimensione processuale degli strumenti di accertamento.

88 e 89 del codice penale. È possibile abrogare il vizio di mente?”, Trieste, 2 febbraio 2018, in www.ordineavvocati.ts.it, p. 6.

333 Le ricerche sperimentali condotte su una serie di casi americani evidenziano un aumento

notevole dei verdetti di non colpevolezza qualora l’insanità mentale venga ricondotta in presenza di danni ai lobi frontali in conseguenza di un trauma cranico. Per approfondimenti sul punto, M.BERTOLINO, Il “breve” cammino del vizio di mente, cit., p. 331 cui si rinvia anche per i numerosi riferimenti bibliografici.

334 Categorica sul punto, I. MERZAGORA BETSOS,La probabilità nella psicopatologia forense, in Riv.it. med. leg., 2015, pp. 1475 ss., a proposito del “fascino indiscreto delle neuroscienze”. 335 E, a catena, della connotazione personalistica della responsabilità penale che, in questa fase,

necessita di una risposta «sul come e il perché dell’attivarsi del funzionamento cerebrale e sullo scopo di esso». Così, M. BERTOLINO, Il “breve” cammino del vizio di mente, cit., p. 333.

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1.2. Il paradigma neuroscientifico nella valutazione del vizio di mente: verso