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Tribunale di Venezia, 8 aprile 2013 (Mattiello).

Un ulteriore caso giurisprudenziale che offre spunti di notevole interesse per la materia di cui si tratta riguarda un procedimento per reati in materia sessuale commessi a danno di soggetti minori e definito in secondo grado con sentenza di condanna235. L’imputato, un pediatra incensurato, è accusato, nello specifico, di aver denudato e palpeggiato sei bambine durante le visite periodiche effettuate presso l’asilo nido da queste frequentato, senza alcuna finalità diagnostica, ma approfittando dell’assenza dei genitori e delle insegnanti al momento del controllo sanitario. La condotta criminosa del soggetto, integrando plurime fattispecie penali, determina la formulazione di diversi capi di imputazione: dalla violenza sessuale aggravata e continuata alla corruzione di minorenne e ancora alla pornografia minorile236.

Anche in questo procedimento, le indagini di matrice neuroscientifica entrano in gioco allo scopo di corroborare le argomentazioni della difesa, risoluta nella richiesta di assoluzione dell’imputato in ragione della sua assoluta incapacità di intendere e di volere e, in subordine, di attenuazione della pena per la sussistenza quantomeno di un vizio parziale di mente ex art. 89 c.p. Gli accertamenti operati dalla consulenza tecnica di parte, affidata ai professori Pietro Pietrini e Giuseppe Sartori, comportano la sottoposizione del soggetto a una serie

235 Trib. Venezia, 24 gennaio 2013, dep. 8 aprile 2013, Mattiello, in Riv.it. med. leg., 2013, pp.

1905 ss. In argomento, A. CORDA, Neuroscienze forensi e giustizia penale tra diritto e prova, cit,

pp. 22ss.

236 Risulta integrato, in primis, il reato di violenza sessuale posto in essere con abuso di autorità

(di cui all’art. 609bis comma 1) in considerazione del fatto che le vittime fossero in quel momento sottoposte a visita medica, aggravato sia ai sensi dell’art. 609ter comma 2 poiché commesso a danni di minori di anni dieci, sia in base all’art. 609septies, comma 4, n. 3 c.p., in quanto il soggetto attivo rivestiva la qualifica di incaricato di pubblico servizio nell’esercizio delle proprie funzioni. Rilevano altresì i reati di corruzione di minorenne, avendo l’imputato praticato atti sessuali su una delle vittime in presenza di un’altra minore e il reato di pornografia minorile, essendo stati prodotti video e immagini a contenuto sessuale esplicito in occasione di taluni di questi episodi.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

95 di test psicodiagnostici e alla risonanza magnetica funzionale. Quest’ultima, in particolare, rivela la presenza di un “cordoma del clivus”, una formazione tumorale, la quale, secondo gli esperti, potrebbe aver compresso, nella sua lenta crescita, diverse aree cerebrali. Le disfunzioni della corteccia orbitofrontale e dell’ipotalamo, quali conseguenze di tale compressione, varrebbero altresì a giustificare, sotto un punto di vista scientifico, i disturbi di natura cognitiva e comportamentale manifestati dal pediatra237. Tanto più in considerazione della corrispondenza, da un punto di vista temporale, tra l’insorgenza e l’evoluzione del cordoma e, contestualmente, lo sviluppo delle condotte summenzionate. Gli esiti del test aIAT, cui è stato sottoposto il soggetto per l’identificazione di un ricordo nella sua memoria autobiografica, sembrano confermare, infatti, le dichiarazioni rese dall’imputato in sede di interrogatorio dinnanzi al G.i.p., in relazione al periodo di manifestazione degli impulsi pedofili. Questi ultimi, stando a quanto riferito dal pediatra, sarebbero coincisi con il raggiungimento del punto di massa critica da parte del cordoma cerebrale. In definitiva, secondo gli esperti, la connessione intercorrente tra tale patologia e l’orientamento pedofilo dell’imputato sarebbe idonea a escludere la capacità di intendere e di volere del soggetto al momento del fatto238.

237 La letteratura scientifica conferma la connessione tra le suddette aree cerebrali e determinati

comportamenti. Precisamente e di ciò se ne dà atto nella stessa perizia , la corteccia orbitofrontale presiederebbe all’inibizione di comportamenti impulsivi, disinibiti e socialmente riprovevoli, mentre l’ipotalamo sarebbe deputato al controllo del comportamento sessuale. A ulteriore conferma di questa ricostruzione, i consulenti menzionano due recenti studi della letteratura scientifica internazionale che documentano, rispettivamente, la modificazione dell’orientamento sessuale in un soggetto di sesso maschile a seguito di un ictus all’emisfero destro e la comparsa di disturbi del comportamento sessuale in senso pedofilo in un soggetto parimenti di sesso maschile, a seguito dell’insorgenza di un tumore cerebrale che comprimeva il lobo frontale destro. Nel secondo caso, all’asportazione del tumore per via chirurgica è conseguita la scomparsa di tali disturbi, al pari di ciò che sarebbe avvenuto nel caso dell’imputato.

238 Si rileva, nel dettaglio, una “caduta specifica in compiti di riconoscimento di metafore ed

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96 Le conclusioni formulate nella perizia disposta dal giudice, alle quali quest’ultimo aderisce nella decisione finale, si pongono in antitesi rispetto alla consulenza tecnica appena esaminata. La diagnosi dei periti esclude che la neoplasia in questione abbia compromesso, con la compressione esercitata nelle aree cerebrali dell’encefalo, le regioni orbitofrontali. A sostegno di tale tesi, gli esperti spiegano che le vie orbitofrontali in questione si collocano in una fossa cranica anteriore e distinta dalla regione interessata dal cordoma. Illustrano, inoltre, grazie agli esiti dell’esame elettroencefalografico, come le lesioni cerebrali evidenziate dallo strumento sarebbero, per la loro lieve entità, inidonee a escludere o ridurre grandemente la capacità di intendere e di volere del soggetto.

Il giudice di primo grado accoglie la tesi sviluppata dai periti e chiarifica le ragioni del proprio convincimento nelle motivazioni della sentenza, la quale offre numerosi e interessanti spunti critici di riflessione239. Una prima valutazione espressa dall’organo giudicante attiene all’affidabilità della tesi avanzata dalla consulenza della difesa: in considerazione delle linee guida formulate dalla Suprema Corte in materia di apprezzamento degli apporti scientifici in sede processuale240, essa è ritenuta non sufficientemente affidabile poiché non si nell’inibizione dei comportamenti automatici” e inoltre la “difficoltà di intelligenza sociale e nello specifico di riconoscimento di emozioni quali felicità e rabbia oltre che nella valutazione della gravità di violazioni in contesto sociale”. Il quadro psichico così individuato denota gravi deficit in ordine sia alla capacità di comprendere il disvalore sociale delle proprie condotte, sia in relazione alla capacità di autodeterminarsi liberamente.

239 Un’analitica ricostruzione dell’iter logico-argomentativo del giudice è offerta da C. GRANDI, ult. op. cit, pp. 228 ss.

240 Il provvedimento richiamato è la sentenza Cozzini in materia di responsabilità del datore di

lavoro per i danni derivanti dall’inalazione delle polveri di amianto. I criteri espressi nella sentenza, che sarà oggetto di una specifica trattazione nel III capitolo del presente lavoro, perseguono l’obiettivo di orientare il giudice nell’ardua operazione di stima di una data teoria scientifica. Gli indici proposti in quella sede dalla Cassazione e valutati dal giudice nella decisione in commento, riguardano l’ampiezza, la rigorosità e l’oggettività degli studi a sostegno della tesi proposta, la discussione critica che ha accompagnato gli studi, l’attitudine esplicativa della teoria e ancora l’identità, l’autorità e l’indipendenza dell’autore. V. Cass. pen., sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786, pres. Marzano, est. Blaiotta, ric. Cozzini e altri.

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97 colloca “entro l’essenziale sfondo del sapere condiviso”241. Sempre in relazione al metodo, il giudice evidenzia come la perizia operata dalla consulenza di parte presti il fianco a critiche con riferimento alle tecniche adottate. Nello specifico, il test IAT, sulla scia delle metodiche di lie-detection, si porrebbe in contrasto con una norma processuale, l’art. 188 c.p.p., che vieta l’utilizzo di metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione. Nelle situazioni complesse la capacità del soggetto di ricordare e valutare i fatti potrebbe, infatti, risultare alterata da suggestioni o auto-convincimenti.

Non ha poi remato a favore della considerazione del vizio parziale di mente il disaccordo tra consulenti tecnici e periti circa il ruolo svolto dal tumore nella compressione delle regioni cerebrali deputate al controllo inibitorio dei comportamenti né ha convinto l’allegazione difensiva sulla cessazione delle condotte incriminate a seguito dell’asportazione chirurgica della massa. Altro aspetto considerato dal giudice riguarda la dottrina scientifica richiamata dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, che esclude che la pedofilia possa essere considerata un’infermità tale da elidere la capacità di intendere e di volere dell’agente.

Peraltro, tali pulsioni pedofile, pur integrando un evidente disturbo di personalità, non hanno raggiunto quella soglia di consistenza, intensità e gravità richieste affinché assumano rilievo nell’ambito del giudizio di imputabilità242.

241 Trib. Venezia, 24 gennaio 2013, cit., con nota di L. ALGERI, Accertamenti neuroscientifici, infermità mentale e credibilità delle dichiarazioni, in Riv.it. med. leg., 2013, p. 1918.

242 Nel provvedimento in oggetto si richiama la celebre pronuncia delle Sezioni Unite del 2005,

che esclude la rilevanza penale di mere anomalie di tipo caratteriale nonché quanto affermato dalla Cassazione, sez VI, il 27 ottobre 2009, nella sentenza n. 43285, la quale precisa come, affinché i disturbi della personalità assurgano a patologie penalmente rilevanti, i processi intellettivi e volitivi devono risultare alterati in modo quantitativamente significativo. Nel caso di specie, emblematico è un episodio emerso in sede di indagini preliminari: il pediatra, sorpreso in atteggiamenti equivoci e sospetti durante una visita alle minori, aveva, alla vista dell’insegnante, immediatamente interrotto i palpeggiamenti e tentato di abbozzare una giustificazione plausibile. Una simile condotta induce a ritenere che il soggetto fosse in quel momento cosciente del

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98 L’imputato è così condannato ad anni sette e mesi sei di reclusione, ridotti a cinque per la scelta del giudizio abbreviato, con pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici243.