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Tribunale di Como, 20 maggio 2011 (Albertani).

Il secondo procedimento che merita di essere approfondito, in virtù degli effetti dispiegati ancora una volta dagli accertamenti neuroscientifici, riguarda un caso di omicidio e tentato omicidio, meglio noto come caso Albertani. Nel 2009, a Cirimido, un piccolo paese in provincia di Como, Stefania Albertani, uccideva dapprima sua sorella maggiore, dopo averla sequestrata, segregata in casa e costretta ad assumere psicofarmaci in dosi tali da provocarne il decesso; tentava, poi, di sopprimere il cadavere mediante carbonizzazione. Nei mesi successivi, aveva somministrato quantità elevate di barbiturici al padre, provocandone lo stato di incapacità di intendere e di volere e un ricovero ospedaliero e aveva tentato, in seguito di far esplodere l’autovettura dei genitori onde provocare la morte di questi ultimi. Il disegno criminoso si concludeva, infine, con il tentativo di strangolamento della madre, sventato grazie al tempestivo intervento delle forze dell’ordine, le quali da tempo tenevano sotto controllo l’Albertani, indiziata per la scomparsa della sorella210.

210 Trib. Como (G.i.p.), 20 maggio 2011, n. 536, Albertani, in Guida al diritto on line, 30 agosto

2011, con nota di P. MACIOCCHI, Gip di Como: le neuroscienze entrano e vincono in tribunale e

con nota di D. TERRACINA, Neuroscienze: lo studio della morfologia del cervello determinante

nello stabilire il vizio parziale di mente, in Guida al diritto, 28 gennaio 2012, pp. 63 ss.. In

argomento, cfr. M. BERTOLINO, Prove neuro-psicologiche di verità penale, in Dir. Pen. Con., 8

gennaio 2013, pp. 21 ss.; EAD., Imputabilità: scienza, neuroscienze e diritto penale, in L.

PALAZZANI, R.ZANNOTTI (a cura di), Il diritto nelle neuroscienze. Non siamo i nostri cervelli,

Torino, 2013, pp. 156 ss.; M. T. COLLICA, Il riconoscimento del ruolo delle neuroscienze nel giudizio di imputabilità, in Dir. pen. cont., 15 febbraio 2012, pp. 1 ss.; EAD,Gli sviluppi delle

neuroscienze sul giudizio di imputabilità, in Dir. pen. cont., 20 febbraio 2018, pp. 17 ss.; I.

MERZAGORA BETSOS, Colpevoli si nasce?, cit, pp. 203 ss.; M. A. PASCULLI, Neuroscienze e

giustizia penale, Roma, 2014, pp. 73 ss.; A. SANTOSUOSSO,B.BOTTALICO,ult. op. cit., pp. 76 ss.;

A. CORDA, Neuroscienze forensi e giustizia penale tra diritto e prova (Disorientamenti giurisprudenziali e questioni aperte), in Arch. Pen, 2014, n. 3, pp. 18ss.; F. CASASOLE,

Neuroscienze, genetica comportamentale e processo penale, in Dir. pen. proc, 2012, n.1, pp. 110

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86 L’atteggiamento illogico e contraddittorio della donna, manifestato a seguito della commissione dei suesposti fatti, induceva a ritenere la stessa affetta da anomalie psichiche211. La prima diagnosi atta a saggiare il suo stato di salute mentale è effettuata già in sede di indagini preliminari, durante le quali, il consulente tecnico scelto dalla difesa, dà conto nella propria relazione di un disturbo psicotico, non meglio precisato, idoneo ad escludere la capacità di intendere e di volere della donna al momento dell’ultimo crimine commesso (il tentato omicidio della madre). La perizia in questione si basa, però, esclusivamente su due colloqui clinici: il consulente tecnico non prende in considerazione, infatti, né le emergenze processuali fino ad allora raccolte, né le evidenze ulteriori212. Il lavoro, così svolto, è obliterato dal giudice per le indagini preliminari come poco accurato e insufficiente: si rileva la mancata somministrazione nella perizianda dei test psicodiagnostici tradizionali nonché l’assenza sia di considerazioni riguardanti l’osservazione della paziente sia di un esame obiettivo clinico. Altra nota di demerito sarebbe data dall’incompletezza della perizia, limitata all’analisi del solo stato mentale della donna in occasione dell’ultimo episodio criminale213. Non solo, la consulenza tecnica apparirebbe, sempre stando alla valutazione del giudice, del tutto deficitaria poiché priva di un adeguato percorso logico-argomentativo e viziata altresì nel merito in quanto smentita dai dati anamnestici precedentemente raccolti214.

Anche l’indagine peritale espletata dal perito nominato d’ufficio, che pure giunge ad esiti opposti, è considerata poco professionale e non convince l’organo giudicante in ragione, ancora una volta, della poca accuratezza. Segnatamente, la perizia, disposta dal G.i.p. mediante incidente probatorio, parla di disturbi

211 L’imputata aveva per esempio lasciato il cadavere carbonizzato della sorella sul luogo del

fatto, senza preoccuparsi di eliminare le tracce che potessero far risalire al delitto commesso.

212 Evidenze che avrebbero potuto svolgere un ruolo determinante, specie in considerazione della

tendenza dell’imputata a distorcere la realtà.

213 V. M. T. COLLICA, Gli sviluppi delle neuroscienze sul giudizio di imputabilità, cit, p. 19. 214 Trib. Como (G.i.p.), 20 maggio 2011, cit., pp. 32 ss.

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87 istrionici della personalità e disturbi dissociativi, i quali, tuttavia, non avrebbero intaccato la capacità dell’agente al momento del fatto. La donna avrebbe partecipato coscientemente alle vicende vissute e non ricorrerebbero, dunque, gli estremi per l’invocazione del vizio di mente ex art. 89 c.p.

Richiesta allo scopo di controbattere quest’ultima analisi, la seconda perizia presentata dalla difesa è stata invece particolarmente apprezzata dal giudice in virtù della «particolare compiutezza degli accertamenti, la valutazione rigorosa del materiale probatorio, la raccolta e la verifica dei dati di anamnesi […] elementi che comprovano la serietà e la professionalità del lavoro svolto»215. Gli esperti216 sostengono il vizio parziale di mente della donna, dovuto a una “pseudologia fantastica, disturbo dissociativo della personalità e grave deficit di intelligenza sociale”.

L’analisi clinica e psicopatologica (già di per sé completa, in quanto frutto di un confronto delle dichiarazioni dell’Albertani con le testimonianze varie e con i dati processuali) è affiancata da tecniche di indagine neuroscientifica volte ad analizzare la struttura e la funzionalità cerebrale, oltre che il patrimonio genetico dell’imputata217. Tra i metodi di accertamento adoperati, si annoverano test psichiatrici, neuropsicologici (Iowa Gambling Test, test di Rorschac) e test della memoria, in particolare l’aIAT218, i quali, associati all’utilizzo

215 Trib. Como (G.i.p.), 20 maggio 2011, cit., p. 38.

216 Anche questa perizia, come nel caso Bayout, è stata espletata dal Prof. Pietrini e dal Prof.

Sartori. Cfr., supra, nota n. 193.

217 Cfr. Tribunale Como, sentenza 20 maggio 2011, Gup Lo Gatto, in Riv.it. med. leg., 2012, p.

250 «Le conclusioni cui sono giunti i consulenti tecnici della difesa sono il frutto dell’analisi e della valutazione di tutti i sintomi del quadro clinico, ma altresì della ricostruzione del correlato anatomo-funzionale della sfera psichica della paziente attraverso le indagini di imaging cerebrale e di genetica molecolare».

218 Lo IAT (Implicit Association Test), in estrema sintesi, consiste in una procedura empirica che,

attraverso l’analisi dei tempi di reazione, è in grado di verificare con un livello di accuratezza pari al 92%, l’esistenza di una certa informazione nel soggetto esaminato. Tale informazion e può essere di carattere “mnestico” o di tipo “disposizionale”. L’autobiographical Implicit Association

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88 dell’elettroencefalogramma (EEG), della risonanza magnetica funzionale (fMRI) e della morfometria basata sui voxel219, evidenziano nell’esaminanda un aumento del rischio di sviluppare certi comportamenti. Maggiore rischio confermato, inoltre, dall’individuazione di specifiche varianti alleliche. In linea con queste risultanze, la tesi dei consulenti tecnici illustra un stato psischico compromesso, caratterizzato dall’assenza nell’Albertani di una piena capacità di controllare i propri atti, di indirizzarli, di percepire il disvalore della propria condotta e di autodeterminarsi liberamente.

Al pari di quanto occorso durante il giudizio di primo grado del caso Bayout, anche in questo procedimento, il perito nominato dal giudice e i consulenti tecnici della difesa formulano tre differenti diagnosi, pervenendo così a conclusioni tra loro inconciliabili. Tra le opposte valutazioni empiriche, la piena imputabilità e il vizio totale di mente sostenuti, rispettivamente dal perito d’ufficio e dalla prima consulenza tecnica della difesa, il G.u.p. fa propria la tesi e le argomentazioni della seconda consulenza tecnica di parte, giustificando tale adesione con competenza e scrupolo220. Il risultato è una sentenza analitica e articolata, nella traccia della memoria autobiografica. Può essere inoltre tarato alla rilevazione degli stati soggettivi presenti e passati. Per una puntuale descrizione dello strumento, si veda L. SAMMICHELI, G. SARTORI, Accertamenti tecnici ed elemento soggettivo del reato, in Dir. pen.

cont., 2015, n. 2., pp. 281-2.

219 La Voxel-Based Morphometry è una tecnica utilizzata «al fine di analizzare la morfologia

della corteccia cerebrale […] ed in particolare […] dei lobi frontali deputati, tra le altre cose, al controllo del comportamento e all’inibizione degli impulsi, al giudizio cri tico, al senso morale, alla discriminazione tra bene e male». Così Trib. Como (G.i.p.), 20 maggio 2011, cit, p. 52. Proprio da questo esame sarebbe emerso un difetto di integrità e funzionalità del cingolato anteriore e dell’insula, parti del cervello, le cui alterazioni, stando alla letteratura specialistica citata nella perizia, sono collegate all’insorgenza di disturbi ossessivi-compulsivi e di atteggiamenti aggressivi. Ciò perché difetterebbe nel soggetto affetto da tali lesioni, la capacità di sostituire un comportamento automatico con un altro differente e adeguato. Così, A. SANTOSUOSSO,B.BOTTALICO,ult. op. cit., p. 76.

220 Si legge, al riguardo: «Quando, come nel caso di specie, le conclusioni specialistiche sullo

stato mentale dell’imputato sono insanabilmente divergenti, non resta al giudice, ed è quello che si cercherà di fare nel prosieguo, che esplicitare i criteri in base ai quali è stata operata la scelta

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89 quale l’organo giudicante, nell’illustrare il proprio convincimento, precisa come quest’ultimo sia il frutto non solo della valutazione degli esiti neuroscientifici, ma di tutte le risultanze processuali, nonché della condotta dell’imputata221.

Gli accertamenti tecnici sulla struttura, sulla funzionalità cerebrale e sul genoma sono procedure che si caratterizzano per essere in grado di «ridurre la variabile diagnostica e di offrire risposte meno discrezionali rispetto a quelle ottenibili col solo metodo di indagine tradizionale clinico»222. A codesti accertamenti, che pure hanno avuto un peso specifico notevole sulla decisione volta a riconoscere la sussistenza di un vizio parziale di mente, è riconosciuto, tuttavia, un ruolo complementare rispetto ai tradizionali metodi diagnostici223.

A tal proposito, infatti, sempre nei motivi del provvedimento giurisdizionale si puntualizza come ci si trovi ben lungi sia dal prefigurare una rivoluzione copernicana in materia di accertamento, diagnosi e valutazione delle patologie psichiche, che dal perorare tesi di natura deterministica per cui in presenza di date alterazioni morfologiche cerebrali si riscontrano altrettanti comportamenti. Nessuna oggettivizzazione e standardizzazione del giudizio224: le neuroscienze e la genetica comportamentale consentono, tutt’al più, di ricostruire un quadro più preciso dell’infermità mentale, ma non giustificano deterministicamente la causazione di alcun reato225.

per una delle opposte tesi scientifiche, dandone congrua motivazione e dimostrando di non aver aderito ad una tesi piuttosto che all’altra in modo acritico e passivo.» alla pag. 31 del provvedimento in esame.

221 Cfr., M. T. COLLICA, Gli sviluppi delle neuroscienze sul giudizio di imputabilità, cit, p. 20. 222 Trib. Como (G.i.p.), 20 maggio 2011, cit, p. 39.

223 I protocolli clinici tradizionali avevano peraltro già isolato un quadro clinico caratterizzato da

numerose patologie psichiatriche.

224 L’espressione è di D. TERRACINA, Neuroscienze: lo studio della morfologia del cervello determinante nello stabilire il vizio parziale di mente, cit, p. 67.

225 Nel caso in esame, la predisposizione genetica della variante allelica di bassa intensità

rappresenta un elemento di maggiore vulnerabilità genetica a eventi esterni di maggior rischio criminogenetico, ma non determina lo sviluppo di un comportamento deviante. Così S. PELLEGRINI, Il ruolo dei fattori genetici nella modulazione del comportamento: le nuove

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90 Non solo; i risultati ottenuti, una volta analizzati nella loro rilevanza giuridica alla luce di tutte le emergenze processuali, devono essere sottoposti a una valutazione logica. Il G.u.p. di Como, appurata l’incongruenza di talune condotte dell’imputata rispetto al disegno criminoso perseguito e considerati alcuni comportamenti “altamente disorganizzati” nella commissione dei reati commessi, valuta l’azione criminosa come il frutto di una mente, al contempo, razionale e folle. Da ciò il convincimento del giudice, in accordo con le conclusioni rassegnate dalla seconda consulenza tecnica, che l’Albertani, al momento del fatto, fosse affetta da problemi psichici che, seppur parzialmente, hanno avuto un’efficienza causale sulla sua condotta226. Tale iter logico emerge nella decisione in oggetto, la quale si premura di completare il giudizio di imputabilità individuando la connessione eziologica esistente tra le anomalie suddette e i reati commessi227. Riconosciuto il vizio parziale di mente, l’imputata è così condannata a venti anni di reclusione228, a seguito della riduzione sulla pena operata per la scelta del rito abbreviato.

acquisizioni della biologia molecolare genetica, in AA.VV., Manuale di neuroscienze forensi, Milano, 2009, pp. 80-1.

226 Cfr., D. TERRACINA, Neuroscienze: lo studio della morfologia del cervello determinante nello stabilire il vizio parziale di mente, cit, p. 67.

227 Sul punto, il giudice precisa come «sia le emergenze psichiatriche, completate dalle risultanze

dell’imaging cerebrale e di genetica molecolare, che quelle processuali consentono di rivelare gravi segni di disfunzionalità psichica, eterogenei ma convergenti nell’indicare un nesso di causalità tra i disturbi dell’imputata ed i suoi comportamenti illeciti». Trib. Como (G.i.p.), 20 maggio 2011, cit, p. 59.

228 In fase di commisurazione della pena, il giudizio di bilanciamento delle circostanze si è

concluso con un’equivalenza dell’attenuante per vizio parziale di mente ex art. 89 c.p. e le circostanze aggravanti contestate; la pena base è individuata in anni 22 di reclusione per l’omicidio della sorella, cui si sommano ulteriori otto anni per gli aumenti dati dalla continuazione di tutti gli altri reati e si arriva così ad anni 30 di reclusione. La scelta del rito abbreviato comporta, tuttavia, la riduzione di un terzo della pena e con ciò una condanna a 20 anni di reclusione.

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