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Il paradigma neuroscientifico nella valutazione del vizio di mente: verso un “nuovo” modello di infermità?

1. Il giudizio di imputabilità.

1.2. Il paradigma neuroscientifico nella valutazione del vizio di mente: verso un “nuovo” modello di infermità?

Il modello neuroscientifico propone un’immagine della malattia mentale ancora più riduttiva rispetto a quella offerta dal paradigma medico-organicistico. Gli studi in materia riconducono la devianza alla sua base biologica, ai processi neurali e alla componente genetica, giungendo così a una spiegazione monocausale di essa. È allora il caso di predire un’inversione di rotta nel percorso di individuazione della nozione di infermità penalmente rilevante? L’interesse non è solo teorico, considerata la possibilità, in caso affermativo, di una ridefinizione dei confini dell’istituto stesso dell’imputabilità.

Al fine di tentare, quantomeno, di fornire una risposta a questo interrogativo, pare utile effettuare una breve digressione con lo scopo di tratteggiare, per linee generali, l’evoluzione concettuale del vizio di mente al quale la sistematica del codice Rocco attribuisce valore di causa di esclusione o diminuzione della capacità di intendere e di volere. Gli articoli 88 e 89 del codice penale, relativi rispettivamente alle ipotesi di vizio totale e vizio parziale di mente, disciplinano i casi nei quali, per infermità, il soggetto al momento della commissione del fatto, è da considerarsi totalmente incapace di intendere e di volere o si trova in uno stato di mente tale da scemare grandemente siffatta capacità336.

L’intera struttura di queste due cause di esclusione dell’imputabilità si regge sul significato del termine “infermità”, il quale pone problemi interpretativi che, ad oggi, non consentono ancora la formulazione di una nozione unitaria condivisa di infermità mentale penalmente rilevante. Anzi, il continuo mutamento del concetto di malattia, conseguenza del differente paradigma337 psicopatologico di

336 Cfr. A. CRESPI, voce Imputabilità, cit., pp. 773-7 e letteratura ivi riportata.

337 Il termine è adoperato ancora una volta nella sua accezione kuhniana. V. supra, cap. I, nota n.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

129 volta in volta adoperato dalla psichiatria quale parametro di riferimento338, disvela un panorama scientifico «drammaticamente proteiforme»339. Peraltro, non si tratta di un rilievo di poco conto, considerate le ripercussioni sul piano giuridico: appare infatti indiscutibile che le oscillazioni della giurisprudenza in materia siano chiara espressione di tale incertezza340.

La malattia mentale nasce sotto l’egida del paradigma medico o biologico- organicista il quale è abbracciato da un indirizzo giurisprudenziale diffuso ancora oggi e prevalente nel recente passato. Secondo tale modello, solo il disturbo psichico che origina da una deficienza organica e/o che può essere riferito a un preciso quadro nosografico-clinico può integrare la nozione di infermità mentale341.

Nelle pronunce più recenti342 si riscontra una seppur limitata apertura verso il paradigma psicologico in base al quale il disturbo mentale è considerato una disarmonia dell’apparato psichico, svincolato dal rigido schematismo nosografico. In ragione di ciò, anche i soggetti affetti da disturbi mentali aspecifici e/o di natura transitoria, clinicamente valutabili e determinanti una sintomatologia

338 Nell’economia del presente lavoro non possono che richiamarsi per meri cenni i diversi

modelli di malattia mentale, frutto della continua evoluzione della scienza psichiatrica. Per approfondimenti sul punto si rinvia a M. T. COLLICA, Vizio di mente: nozione, accertamento e

prospettive, Torino, 2007, pp. 41-65; una efficace sintesi dei modelli adoperati dalla psichiatria è

rinvenibile in M. BERTOLINO, La crisi del concetto di imputabilità, in Riv. it. dir. proc. pen., 1981, pp. 193 ss.;

339 L’espressione è di M. BERTOLINO, Il nuovo volto dell’imputabilità penale dal modello positivistico del controllo sociale a quello funzionale-garantista, in Ind. Pen., 1998, p. 367.

Proprio questa pletora di modelli paradigmatici così differenti e contrastanti ha indotto a definire la psichiatria come scienza «in crisi». Di crisi di identità parlano, ex multis, G. FIANDACA, E. MUSCO,Diritto penale, cit., p. 349; M. BERTOLINO,La crisi del concetto di imputabilità, in Riv.

it. dir. proc. pen., 1981, p. 190;

340 Per una analitica ricostruzione degli orientamenti giurisprudenziali cui si accenna nel presente

lavoro si vedano L. FIORAVANTI, Le infermità psichiche nelle giurisprudenza penale, Padova,

1988; M. BERTOLINO,in E.DOLCINI,G.MARINUCCI,Codice penale commentato, Milano, 2006,

sub artt. 88 e 89.

341 L’analisi dettagliata di tale paradigma, arricchita da pronunce giurisprudenziali in materia è

offerta da M. BERTOLINO,La crisi del concetto di imputabilità, cit., pp. 193-200.

342 Tali pronunce sono espressione di un indirizzo giurisprudenziale considerato minoritario. Sul

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130 psichica tale da compromettere la capacità di intendere e di volere sono annoverati fra gli incapaci ex artt. 88 e 89 c.p.343.

Tale impostazione, inoltre, segna un’evoluzione interpretativa dei concetti di infermità e di malattia, fino ad allora considerati sinonimi e tra i quali, oggi, invece si riconosce l’esistenza di un rapporto di genus ad speciem344. La prima, rispettivamente, è inquadrabile come genus all’interno del quale è dato rinvenire la

species “malattia”345. Così, quest’ultima è definita come «un processo morboso con caratteri peculiari, con una patogenesi e una somatologia proprie e un’evoluzione temporale con un suo inizio, un decorso e una fine»346. L’infermità si ricollega invece alla devianza della funzione, genericamente intesa e comprensiva, pertanto, di altre forme di anomalie psichiche non inquadrabili nel concetto di malattia appena illustrato347.

1.2.1. La pronuncia chiarificatrice delle Sezioni Unite.

343 M. T. COLLICA, ult. op. cit., p. 66. 344 Contra, A. CRESPI,ult.op. cit., p. 774.

345 «Una volta abbandonato lo schema medico-nosografico, il concetto di infermità diventa in

definitiva un concetto meno rigido e di «contenuto più ampio» rispetto a quello di malattia mentale». Secondo l’autrice l’infermità psichica dovrebbe essere intesa come comprensiva anche dei «disturbi mentali transitori, che non potrebbero essere qualificati come malattia mentale o infermità psichica vera e propria». Così M. BERTOLINO,ult. op. cit., pp. 203-5. In tal senso, in

dottrina, anche G. BETTIOL,Diritto penale, Parte generale, Padova, 1982, p. 436; G. GULOTTA,

Psicanalisi e responsabilità penale, Milano, 1972, p. 113; M. ROMANO, in M. ROMANO, G.

GRASSO, Commentario, cit.,art. 88/9. A favore della non sovrapponibilità dei due termini si sono

espresse anche le Sezioni Unite. Si veda, in proposito, L’infermità mentale al vaglio delle Sezioni

Unite, cit., p. 846, punto 10.1.

346 M. T. COLLICA, ult. op. cit., p. 104.

347 Sul punto M. ROMANO,in M. ROMANO,G.GRASSO, Commentario, cit.,art. 88/9. L’Autore si

riferisce a forme di anomalia psichica le cui «manifestazioni si muovono ancora nell’ambito di una certa comprensibilità e non totale assurdità della reazione psichica» e difatti esse «non comportano di per sé una perdita del senso della realtà». Si consigli altresì la lettura di G. PONTI,

I.MERZAGORA BETSOS,Psichiatria e giustizia, Milano, 1993, pp. 100 ss. Nel testo, si sottolinea

come anche sul terreno penalistico la nozione di infermità abbia perduto «ogni valore da quando essa ha maturato il principio che il disturbo mentale non è solo malattia, ma un’entità ben più complessa, non definibile, di cui ben poche certezze si hanno sull’eziologia, ma che in definitiva può intendersi come la risultante di una condizione sistemica nella quale concorrono il patrimonio genetico, la costituzione, le vicende di vita, le esperienze maturate, gli stress, il tipo di ambiente, la qualità delle comunicazioni intra ed extra-familiari, l’individuale diversa “plasticità” dell’encefalo, i meccanismi psicodinamici, le peculiare modalità di reagire, di opporsi, di difendersi. Dunque una visione plurifattoriale integrata della malattia mentale […]».

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

131 I problemi interpretativi sono sorti in relazione ai disturbi “ai confini con la normalità”, qualificati dalla moderna psicopatologia come disturbi mentali. I divergenti e contrastanti indirizzi giurisprudenziali sul punto348 hanno determinato l’intervento delle Sezioni Unite penali della Cassazione. Con la sentenza n. 9163 del 25 gennaio 2005349, considerata una pietra miliare nell’elaborazione giurisprudenziale in materia di imputabilità, la Suprema Corte, in adempimento della funzione di nomofiliachia, ha provveduto dapprima a un inquadramento sistematico dell’istituto350 e all’analisi della relativa disciplina351 per poi fornire

un’interpretazione estensiva e adeguatrice dell’espressione «infermità»352. In ordine al primo profilo, che involge la teoria generale del reato e l’analisi dell’imputabilità nella sua valenza di principio costituzionale e di categoria dogmatica, si è avuto modo di disquisire nelle pagine precedenti353.

Tuttavia, il punto centrale della decisione si può individuare nell’imposizione di una nuova interpretazione del concetto di infermità, resa necessaria dall’esigenza di adeguare il dato giuridico alle attuali acquisizioni medico-scientifiche354. L’approdo ermeneutico cui è pervenuta la Suprema Corte,

348 Per una rassegna di tali indirizzi si rinvia a M. BERTOLINO, in E.DOLCINI, G.MARINUCCI, Codice penale commentato, Milano, 2006, sub artt. 88 e 89.

349 L’infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite, cit, pp. 837 ss.; per un commento della

sentenza de qua si vedano M. BERTOLINO,Commento alla sentenza delle Sezioni Unite, in Dir. pen. proc, n. 7/2005, pp. 853 ss.; M. T. COLLICA, Anche i« disturbi della personalità» sono

infermità, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, pp. 420 ss.; F. PULEIO,Brevi note a margine della

sentenza S.U. n. 9163 del 25 gennaio 2005, in Riv. pen., 2006, pp. 827 ss.; C. COLOMBO,

Infermità estesa ai gravi disturbi. Uno stretto legame tra problematiche mediche, criminologiche e tutela dell’individuo, in Riv. pen., 2005, pp. 1075 ss.; G. FIDELBO, Le Sezioni unite riconoscono

rilevanza ai disturbi della personalità, Cass. pen., 2005, p. 1873; I. MERZAGORA BETSOS, I nomi

e le cose, in Riv.it. med. leg., 2005, pp. 403 ss.; U. FORNARI, I disturbi gravi di personalità rientrano nel concetto di infermità, in Cass. pen., 2006, pp. 274 ss.; F. CENTONZE,

L’imputabilità, il vizio di mente e i disturbi di personalità, in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, pp.

247 ss.

350 L’infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite, cit, pp. 839 ss. 351 Ivi, pp. 841 ss.

352 Ivi, pp. 846 ss.

353 Cfr., supra, diffusamente, § 1.

354 Si legge in sentenza: «[…] è appena il caso di ricordare che quel testo normativo veniva

emanato sotto l’egida condizionante dell’ideologia dell’epoca» e pertanto non può «ritenersi cristallizzato, come definitivamente acquisito dal nostro ordinamento, un precedente parametro extragiuridico di riferimento, ove lo stesso sia superato ed affrancato, nella sua inattualità ed

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132 auspicato da tempo e visto con favore dalla dottrina penalistica, comporta una definizione “aperta” di infermità, nel cui alveo semantico rientrano anche i c.d. disturbi della personalità, oltre che le nevrosi e le psicopatie355. Quand’anche non inquadrabili nelle tradizionali classificazioni nosografiche, i suddetti disturbi valgono a integrare un’infermità penalmente rilevante ai sensi degli artt. 88 e 89 c.p., quando siano tali da pregiudicare totalmente o scemare grandemente la capacità intellettiva e volitiva del soggetto.

La prova che l’imputato versava in tale condizione di deficienza psichica al momento del fatto costituisce il c.d. nesso cronologico necessario ma da solo non sufficiente ad accertare la reale incidenza del disturbo sull’imputabilità. A tal fine occorre, infatti, verificare la sussistenza di un duplice presupposto. In primo luogo, i disturbi devono essere connotati da una «consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla capacità di intendere e di volere»356. Il secondo requisito indefettibile riguarda la sussistenza del nesso eziologico che riconduca causalmente il comportamento deviante al disturbo diagnosticato357. La sinergia funzionale tra questi elementi conduce, in definitiva, a un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’istituto, ispirata ai canoni in

obsolescenza, da altri (e veritieri) termini di riferimento, e dovendosi invece, perciò, in proposito procedere in costante aderenza della norma all’evoluzione scientifica, cui in sostanza quella ab

imis rimandava». L’infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite, cit., p. 846.

355 Il rifiuto di un rigido modello definitorio in favore di una formula “aperta” di infermità,

idonea a ricomprendere più ipotesi di devianza, rappresenta una scelta legislativa - condivisa dalle Sezioni Unite - che si pone nel solco tracciato anche da legislazioni di altri Paesi europei.

Ivi, p. 849.

356 I giudici proseguono, precisando che debba trattarsi di «un disturbo idoneo a determinare (e

che abbia, in effetti, determinato) una situazione di assetto psichico incontrollabile ed ingestibile (totalmente o in grave misura), che, incolpevolmente rende l’agente incapace di esercitare il dovuto controllo dei propri atti, di conseguentemente indirizzarli, di percepire il disvalore sociale del fatto, di autonomamente, liberamente, autodeterminarsi […]». Ivi, p. 851.

357 Affermazione, come prontamente osservato, non inedita per la dottrina. In argomento, I.

MERZAGORA BETSOS, I nomi e le cose, in Riv.it. med. leg., 2005, pp. 408 ss.; M. BERTOLINO,

Dall’infermità di mente ai disturbi della personalità: evoluzione e/o involuzione della prassi giurisprudenziale in tema di vizio di mente, in Riv.it. med. leg., 2004, pp. 508 ss. Sul nesso

eziologico quale espressione della c.d. causalità individuale, ancor prima di tale pronuncia, si veda A. FIORI,Il nesso causale e la medicina legale: un chiarimento indifferibile, in Riv.it. med.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

133 tema di funzione della pena, ai principi di responsabilità penale e di colpevolezza358.

L’evoluzione interpretativa illustrata è da ritenersi la logica conseguenza del modello integrato di malattia mentale diffuso nella scienza psichiatrica attuale che supera i paradigmi medico-nosografico, psicologico e sociologico affermatisi nel secolo scorso. Come precisato dal giudice nomofilattico, si tratta di una concezione multifattoriale integrata di malattia mentale che tiene conto «di tutte le variabili biologiche, psicologiche, sociali, relazionali, che entrano in gioco nel determinismo della malattia»359. I più recenti indirizzi della scienza psichiatrica rifiutano l’approccio unimodale di spiegazione dei disturbi mentali, in favore di un pluralismo esplicativo360.