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Massime di esperienza e fallacie cognitive.

2. Il contributo neuroscientifico in sede di accertamento del dolo.

2.1. Massime di esperienza e fallacie cognitive.

Ultimamente si discute sulla possibilità che la scienza psicologica offra al giudice conoscenze tecniche maggiormente affidabili che costituiscano una valida alternativa alle massime comuni di esperienza. Tale prospettiva è accolta con favore specie da coloro i quali, nell’ambito della dottrina penalistica, nutrono forti perplessità proprio sull’affidabilità delle massime di esperienza ed esprimono preoccupazione per i rischi ad esse connessi, quale, ad esempio, il pericolo «della fallace confusione tra generalità e generalizzazione insito nella tendenza ad attribuire carattere di generalità a quelle che potrebbero rivelarsi mere generalizzazioni indebite»417. Il fatto che le massime usate per indagare il dolo risultino mutuate in modo acritico dalla psicologia ingenua le espone costantemente ad attacchi. In particolare l’id quod plerumque accidit alla base di queste generalizzazioni empiriche dalla funzione topico-euristica si rivela gravemente inadeguato quando oggetto di valutazione è qualcosa di inusuale e imprevedibile e, pertanto, incomprensibile e inspiegabile da parte del criterio della verosimiglianza418. Secondo la psicologia dei processi cognitivi, l’inusualità indurrebbe il pensiero spontaneo a fornire una spiegazione del fenomeno insolito per mezzo dell’associazione di quest’ultimo con un altro fatto improbabile. La

416 Si tratta di una parafrasi di quanto esposto in F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale,cit., pp. 325-6.

417 A. COSTANZO,Il processo decisionale del giudice, in P. CHERUBINI (a cura di), Psicologia e società. Diritto, Firenze Milano, 2011, p. 125

418 M. BARTOLINO,Prove neuropsicologiche di verità penale, cit., p. 12 e M. TARUFFO, Fatto, prova e verità (alla luce del principio dell’oltre ragionevole dubbio), in Criminalia, 2009, p. 311,

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

147 congettura che collega i due eventi rappresenta il «prodotto fallace del sistema cognitivo» e costituisce al contempo uno degli errori più pericolosi del ragionamento probatorio. Pertanto, la stessa dottrina individua nel ricorso alle spiegazioni su base scientifica l’unico antidoto contro le insidie del pensiero spontaneo, capace di scongiurare la perdita del rigore formale da parte del ragionamento giudiziario419. In quest’ottica le neuroscienze sarebbero da preferire sia in ragione dei progressi raggiunti nella spiegazione del comportamento umano (risultati da cui le massime di esperienza sono ben lontane) sia poiché in grado di superare il duplice vaglio della legalità sostanziale e di quella processuale420.

I meccanismi di “attribuzione causale” nell’ambito della valutazione dell’elemento soggettivo si presentano come tecniche di mind detection, ossia come «rilevatori delle genuine disposizioni soggettive» atti a saggiare la veridicità delle stesse421. Non dunque strumenti destinati a sondare la sincerità delle affermazioni del dichiarante, ma tecniche che «si riferiscono alla scientificità nella ricostruzione della disposizione soggettiva dell’imputato, a prescindere da qualsiasi sua dichiarazione in merito alla medesima»422. Tale consulenza sulla colpevolezza, differentemente dalla perizia psicologica, non riguarda, si è

419 Con ciò non si vuole predicare l’abbandono delle massime di esperienza, ma la necessità che

in relazione a queste si adoperi una maggiore cautela, onde evitare pericolose distorsioni nel ragionamento probatorio. Come efficacemente precisato, «la mancanza di leggi di spiegazione non vieta al giudice di pervenire al risultato a lui richiesto (positivo o negativo che sia) fondandosi esclusivamente sulle massime di esperienza o sulle generalizzazioni del senso comune purché anche le massime o il senso comune abbiano un solido fondamento scie ntifico che confermi la valutazione che ricollega la condotta all’evento […] ciò che rileva è che l’accertamento in questione sia stato criticamente condotto con metodo scientifico». Così, C. BRUSCO,La causalità giuridica nella più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, in Cass. pen., 2004, p. 2612.

420 La stessa dottrina che, agli esordi del dibattito in materia di neuroscienze e diritto, e sprimeva

preoccupazioni per un’eventuale saturazione di empiria determinata dalle neuroscienze rivaluta ora l’idoneità accertativa delle tecniche in questione anche con riferimento all’accertamento dell’elemento soggettivo. M. BERTOLINO,ult. op. cit., pp. 12-13.

421 L. SAMMICHELI, G.SARTORI, Accertamenti tecnici ed elemento soggettivo del reato, cit., p.

279. In questo contributo scientifico gli autori prospettano diverse declinazioni delle tecniche di accertamento suesposte. Esse potrebbero essere impiegate per rilevare le dimensioni psichiche indagate o, in alternativa per falsificare nel caso concreto la fondatezza della massima di esperienza applicabile nella ricostruzione della volontà colpevole.

Maria Teresa Filindeu, Diritto penale e neuroscienze: una riflessione su limiti e prospettive, Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di Sassari

148 precisato, la personalità o il carattere del soggetto, ma ha per oggetto una dimensione psichica temporalmente delimitata che riguarda «il modo, storicamente circoscritto, con cui il soggetto si pone in relazione al proprio comportamento» 423.

Le eventuali euforie neuroscientifiche vanno ridimensionate: ferme le considerazioni sull’evoluzione dell’attitudine accertativa delle neuroscienze in materia di dolo, si è ancora distanti dall’ipotizzare che le tecniche suesposte siano in grado di setacciare la sfera psichica del soggetto e di isolare un ipotetico dolo. Nondimeno, l’idoneità di detti studi a individuare specificità neurobiologiche incompatibili con la formazione di un certo stato psicologico rende plausibile un loro ausilio nell’accertamento c.d. in negativo. In altre parole sarebbe ammissibile una loro capacità euristica unidirezionale in bonam partem424 volta a confermare o smentire il ragionamento inferenziale di ricostruzione della sfera psichica dell’individuo.

Tra i casi giurisprudenziali passati in rassegna nel capitolo precedente425 si è illustrata una decisione del Tribunale di Cremona in cui era risultata fondamentale la valutazione della dichiarazione resa dalla persona offesa ai fini del riconoscimento della responsabilità penale per molestie sessuali dell’allora imputato. L’attendibilità della dichiarazione venne confermata dal metodo neuroscientifico di accertamento utilizzato, l’ aIAT, i cui esisti contribuirono a provare l’esistenza del ricordo autobiografico narrato nella mente della querelante. Secondo i cultori delle neuroscienze, tali tecniche possono essere utilmente

423 Ivi, p. 278. Così come presentata dai cultori delle scienze forensi, l’analisi della c.d.

disposizione psicologica temporanea del soggetto non incorrerebbe nel divieto di perizia psicologica di cui all’art. 220 c.p.p. Tuttavia, parte della dottrina non sembra esser persuasa dalle argomentazioni in proposito e teme che, al di là delle premesse e degli auspici contrari, la psicologizzazione dell’elemento soggettivo conduca a un giudizio sulla colpevolezza concentrato a valutare come l’imputato abbia contribuito a costruire la sua personalità. In questo senso O. DI

GIOVINE,Il dolo (eventuale) tra psicologia scientifica e psicologia del senso comune , in Dir. pen

cont., 30 gennaio 2017, p. 18.

424 L’espressione è presa in prestito da C. GRANDI, Neuroscienze e responsabilità penale, cit., p.

244.

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149 impiegate anche al di là della valutazione sull’attendibilità di un teste e in dottrina si discute sulle prospettive che ciò potrebbe aprire in relazione alle ipotesi più complesse che riguardano le fattispecie dolose426, con particolare riferimento al dolo eventuale427.