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CAPITOLO VI: Il mare che unisce la terra La sicurezza del traffico mercantile e le misure di contrasto alla pirateria.

6.2 La situazione nel Golfo di Guinea.

Se si è assistito negli ultimi anni (in particolare dal picco del 2011) alla diminuzione del fenomeno della pirateria nel Golfo di Aden e a largo delle coste somale, d’altro canto vi è stato un preoccupante incremento dello stesso nell’Africa occidentale, in particolare nel Golfo di Guinea.

Molti sono i fattori che hanno contribuito allo sviluppo della pirateria in questa zona, per esempio: la debolezza legale e giurisdizionale degli Stati; una connotazione geografica-fisica favorevole; la presenza di conflitti e disordini all’interno degli Stati; le politiche permissive che si riflettono nella mancanza di sicurezza; etc.

Nel caso della Nigeria la pirateria marittima è direttamente collegata allo sviluppo del petrolio e alle conseguenti condizioni economiche, sociali e ambientali nel Delta del

209 I testi delle risoluzioni sono consultabili al sito http://www.un.org.

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Niger. Sebbene le organizzazioni terroristiche traggano beneficio dalla cooperazione con i pirati, gli attacchi, in questa zona, sono in gran parte motivati da guadagni finanziari e non politici, non essendo commissionate dunque, da organizzazioni terroristiche. Infatti i cittadini di questa regione dipendono principalmente dal reddito del petrolio, eppure, solo una piccola percentuale delle entrate raggiunge i residenti locali, ma così facendo, venendosi a creare disoccupazione e mancanza di opportunità economiche, molti si rivolgono alla pirateria come mezzo di sostentamento.

Ad aggravare la situazione è l’indifferenza di molti paesi della regione, in particolare Angola, Guinea Equatoriale e Repubblica Democratica del Congo, i quali hanno ampiamente ignorato la questione, nonostante la crescente ondata di pirateria nel Golfo di Guinea. Tali nazioni hanno preferito concentrarsi su questioni interstatali sulla terra, prestando poca attenzione a gravi problemi di sicurezza marittima, portando, assieme alle pessime condizioni socioeconomiche di questi paesi, al risultato inevitabile, dove coloro i quali hanno avuto limitate opportunità economiche sono stati costretti a rivolgersi alla criminalità marittima.

Si evince dunque, che sebbene si possa attribuire ad altre cause (come la presenza del petrolio) lo sviluppo della pirateria marittima, sembrerebbe che elemento necessario e sufficiente sia una cattiva governance (soprattutto nella gestione delle risorse naturali), se non, nei casi più gravi, il “fallimento dello Stato”, come nel caso della Somalia.

In questa situazione, già di per sé tragica, si deve aggiungere che la maggior parte degli armatori locali non è pronta ad equipaggiare le proprie navi in modo equo per difenderle dalla pirateria poiché, si è insistito più volte su questo aspetto, tali costi esosi ridurrebbero notevolmente i loro guadagni. Inoltre, al di là dei costi, vi è diffusa convinzione che la pirateria sia una minaccia che deve essere affrontata dalle forze governative piuttosto che da uno sforzo privato, anche a causa del fatto che le compagnie assicurative coprono il costo delle merci rubate, e ciò comporta che il settore marittimo ha pochi incentivi per combattere la pirateria; tuttavia, le marine locali non sono attrezzate per pattugliare il vasto territorio del Golfo tanto che, spesso, le forze navali, eccetto quelle nigeriane, sono facilmente respinte durante le pattuglie. La Nigeria, infatti, è stato il primo Paese a muoversi, in quanto è l’unico in grado di schierare forze navali a sicurezza dei traffici marittimi.

A seguito degli attacchi alle navi nel Golfo di Guinea che hanno messo in luce la vulnerabilità dello spazio marittimo della regione sono state attuate varie contromisure, in particolare, numerose associazioni regionali sono state coinvolte nella lotta alla pirateria nella regione; queste sono: a) la Commissione del Golfo di Guinea (CCG); b) la Comunità

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economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS); c) la Comunità economica degli Stati centrafricani (ECCAS); d) l’organizzazione marittima dell'Africa occidentale e centrale (MOWCA)211.

In particolare il 24 e il 25 giugno a Yaoundé si è tenuto una Conferenza, in cui hanno partecipato i rappresentanti delle organizzazioni appena citate, come pure delle Nazioni Unite, i capi di Stato e di Governo africani, il quale scopo è stato quello di meglio organizzare una cooperazione a livello regionale per la salvaguardia dei traffici marittimi all’interno dell’area del Golfo di Guinea, arrivando ad adottare un Codice di condotta di Yaoundé.

L’Unione europea è intervenuta a sostegno di tale cooperazione presentando il

Critical Maritime Routes Gulf of Guinea Programme (CRIMGO), un progetto del 2013, il

cui scopo era aumentare la sicurezza delle rotte marittime tra gli Stati della regione (Benin, Camerun, Gabon, Guinea Equatoriale, Nigeria, São Tome e Principe e Togo) mediante la formazione delle Guardie costiere e la costruzione di una rete di informazioni, per poterle condividere tra gli Stati e le organizzazioni regionali212.

Sempre nel contrasto alla crescente pirateria marittima nel Golfo di Guinea, il 18 dicembre 2013, la Commissione europea ha elaborato una comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni213, con la quale si prevedevano quattro obiettivi da raggiungere, affinché

l’azione dell’Unione Europea fosse efficace. Il primo riguardava la necessità di lavorare in collaborazione con i Paesi della regione e la Comunità internazionale, condividendo le informazioni; il secondo riguarda il potenziamento delle istituzioni e dell’amministrazione marittima, dei governi della regione, affinché acquisiscano consapevolezza della situazione

211 M. M. ABDEL FATTAH, Piracy in Gulf of Guinea causes, efforts and solutions, Alexandria, 2017 212 Utilizzando strumenti di sviluppo delle capacità su misura e in collaborazione con l'Università marittima

regionale di Accra e l'Académie Régionale de Sciences et Techniques de la Mer di Abidjan, CRIMGO ha migliorato le conoscenze e migliorato le competenze delle autorità e delle istituzioni marittime del Golfo della Guinea. CRIMGO ha anche svolto un ruolo cruciale nella creazione del Centro di coordinamento interregionale (ICC), e quindi ha contribuito a rafforzare l'architettura di Yaoundé. CRIMGO si è concluso ufficialmente nell'ottobre 2016. La cerimonia di chiusura ha riunito autorità nazionali, istituzioni regionali ma anche una nuova comunità regionale di professionisti marittimi che dovrebbe contribuire a rafforzare la cooperazione tra agenzie e marittima nella regione. L’unione europea era partner del progetto, assieme a Francia, Portogallo, Spagna, Gran Bretagna, Finlandia e Italia, contribuendo con un budget di 4,5 milioni di euro. Per ulteriori approfondimenti v. il sito http://criticalmaritimeroutes.eu.

213 Uno degli obiettivi espressamente previsti dalla comunicazione della Commissione europea era la riduzione

di “questi rischi [pirateria e di armed robbery] aiutando i paesi del Golfo di Guinea a rafforzare lo Stato di diritto e a garantire in tutta la regione una governance efficace, per esempio attraverso un potenziamento dell’amministrazione marittima e dell’attività di contrasto da parte dei polizia, marina, esercito, guardia costiera, dogane e servizi di immigrazione. […] Punto di partenza è il potenziamento della cooperazione tra gli Stati costieri e gli emergenti meccanismi di coordinamento regionale.

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in mare e possano così garantire sicurezza lungo la costa; con il terzo si mira a sostenere la prosperità economica della regione e la creazione di posti di lavoro, così da recidere il legame tra le comunità più deboli e la pirateria, la quale si presenta come unico mezzo di sostentamento; infine con il quarto obiettivo si incita a rafforzare le strutture di cooperazione tra i paesi della regione e le organizzazioni regionali, così da rendere effettive ed efficienti le misure atte a scongiurare le minacce in mare e sulla terraferma.

A seguito di due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace e della stabilità nella regione del Golfo di Guinea, la 2018 (2011) e la 2039 (2012), anche la NATO ha fornito il suo contributo nel debellare la pirateria in quest’area. Se nella prima risoluzione è presente un’esortazione rivolta all’ECOWAS, all’ECCAS e alla GGC, a sviluppare una strategia contro la pirateria, più rilevante risulta quella del 2012, in cui il Consiglio di Sicurezza ha evidenziato la responsabilità dei Paesi dell’area interessata circa gli atti di pirateria, ma anche di qualunque atto che vada a minare la sicurezza dei traffici marittimi. D’altro canto il Consiglio di Sicurezza nella stessa risoluzione ha incoraggiato ancora una volta i Paesi a cooperare, questa volta, mediante l’istituzione di appositi Tribunali in grado di giudicare i responsabili del compimento di atti di pirateria una volta catturati.

La presenza della pirateria marittima nel Golfo di Guinea, come del resto nelle altre zone, porta a conseguenze negative come l’aumento dei premi assicurativi a carico degli armatori, ma non solo, in paesi così ricchi di materie prime, la presenza di pirati può costituire un deterrente agli investimenti delle aziende che operano nel settore degli idrocarburi e dei combustibili fossili creando certamente un danno economico all’Unione europea, ma in primo luogo allo sviluppo degli Stati dell’Africa stessa.

6.3 Il ruolo della marina mercantile italiana.

Nella breve analisi che segue circa il ruolo primario del naviglio mercantile nell’economia italiana e dell’impatto degli attacchi di pirateria sulla navigazione commerciale italiana si considerano i dati in termini di bandiera, anziché di controllo o proprietà, dato che, in questo capitolo, oggetto d’interesse è la regolamentazione che si applica sulla nave.

Dai dati dell’UNCTAD214 risulta che la flotta mercantile italiana di bandiera è la

in 25° posizione a livello mondiale (e 9° in Europa) per tonnellaggio di portata lorda con un

214 Nell’ambito delle Nazioni Unite, l’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) è il

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valore complessivo di 17,8 milioni di DWT (Dead-weight tonnage), e si colloca in 12° posizione (3° in Europa) se si prende in considerazione il numero di navi battenti bandiera nazionale215.

La flotta mercantile mondiale nell’ultimo anno è cresciuta del 2,6%, seguendo l’andamento negativo del tasso di crescita dal 2011, in cui si è avuto il picco del 10%, e l’Italia dal canto suo ha visto una diminuzione, rispetto all’anno precedente, del 9,5% dei DWT mondiali e dell’11% per numero di navi battenti bandiera nazionale. Tuttavia, nonostante questo andamento negativo, si deve ricordare che lo sviluppo del naviglio mercantile è iniziato nel 1998, innovandosi continuamente, al punto che da una posizione arretrata, la marina mercantile è arrivata a collocarsi come seconda flotta dell’Unione europea e quarta nel mondo per tonnellaggio di portata lorda, nel 2017216.

Dal punto di vista economico analizzando l’ultimo “Rapporto sull’economia del mare”217, si nota come il valore del settore marittimo è indicato complessivamente pari al

2,0% del PIL nazionale per il 2018, dato che riflette l’importanza primaria del cluster marittimo nel peso economico, anche considerando la quantità di personale occupato: il 3,5% della forza lavoro nazionale, pari a 885,2 mila addetti. Tuttavia, ciò che meglio rende visibile nell’importanza della flotta mercantile nell’economia italiana, tanto da essere definita un interesse nazionale, è il ruolo che essa ricopre nel continuo scambio di flussi materiali in entrata e in uscita. Infatti sempre dai dati elaborati da Confitarma, circa il 50 % del commercio estero, in termini di import ed export, da e per l’Italia transita via mare, dato questo che mette il Paese al quarto posto in Europa per importanza del commercio nazionale marittimo, ed è tra i primi quattro movimentatori di merci su navi in ambito comunitario con il 79,3% di esportazioni al di fuori dell’Unione europea e l’84,2 % delle importazioni. Commercio che riguarda anche le risorse energetiche (rivolte a uso interno e non), tanto che il 10% del gas naturale importato raggiunge il Paese via mare e il 43,8% delle merci in navigazione internazionale imbarcate o sbarcate nei porti italiani è di tipo petrolifero. Da quanto detto si ha piena consapevolezza degli effetti negativi degli atti ostili contro il

aree dell’investimento, finanza, tecnologia, imprenditoria e sviluppo sostenibile. Creata nel 1964, l’UNCTAD promuove il processo di integrazione dei Paesi in via di sviluppo nell’economia mondiale. L’Organizzazione ha sede a Ginevra e riunisce attualmente 194 Paesi. Per ulteriori informazioni sulla struttura e sugli obiettivi dell’organo v. sito http://www.unctad.org.

215 Dati raccolti nel Review of Maritime Transport del 1 novembre 2019. 216 Secondo i dati raccolti da Confitarma il 20 giugno 2017.

217 Il “Rapporto sull’economia del mare” è un documento promosso dalla Camera di commercio di Latina e

presenta un quadro delle caratteristiche e delle potenzialità della filiera dell’economia del mare, al cui interno operano imprese e persone che basano sulla risorsa “mare” il proprio processo produttivo e il proprio percorso di sviluppo professionale.

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naviglio mercantile, i quali hanno avuto un picco nel 2011 per poi diminuire e manifestarsi più o meno frequentemente nelle tre zone analizzate nei due paragrafi precedenti.

Nonostante la gran parte del traffico marittimo italiano sia svolto all’interno delle acque del Mar Mediterraneo, circa 1300 navi battenti bandiera italiana ogni anno attraversano il Canale di Suez, e tra esse ve ne sono anche alcune, le cd. volandiere, ossia noleggiate a terzi per esigenze di traposto, che con regolarità attraversano la zona a rischio compresa tra il Golfo di Aden e l’Oceano indiano, senza contare che le nuove navi costruite nei cantieri dell’Estremo Oriente, per giungere in Italia devono, per forza di cose, attraversare tali acque rischiose.

Tuttavia, a seguito della diminuzione degli attacchi di pirateria contro il naviglio mercantile italiano, si possono fare due considerazioni: la prima riguarda la legislazione introdotta nel 2011, la quale sarà oggetto del prossimo paragrafo; la seconda riguarda il fatto che non si deve abbandonare quell’atteggiamento di prudenza durante la navigazione, che venne adottato nel corso del periodo 2009-2011, in cui gli attacchi hanno assunto una dimensione tragica, a causa dei lunghi sequestri di navi e di equipaggio, poiché saltuariamente (si vedano i 201 attacchi registrati nel 2018, 21 in più rispetto al 2017), le navi mercantili costituiscono ancora oggetto di tali attacchi, e abbassare la guardia sarebbe un grave errore.

6.4 Il personale armato a bordo dei mercantili italiani: dal modello duale al modello