CAPITOLO II: Le assicurazioni marittime La disciplina generale del codice civile
2.4 Tipi di assicurazione: l’assicurazione contro danni.
Esaurita la trattazione della disciplina generale applicabile a tutti i tipi di assicurazione, si deve ora precisare che le assicurazioni si dividono in due grandi categorie: l’assicurazione contro i danni e l’assicurazione sulla vita. Per quanto riguarda quest’ultima categoria (artt.1919 - 1927) basti sapere che l’assicuratore si obbliga a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana, quali la morte o la sopravvivenza. Questo tipo di assicurazione è sottratta al principio indennitario, di cui si tratterà fra poco, sicché il capitale o la rendita assicurata possono essere liberamente determinati dalle parti, facendo sì che tale assicurazione risponda anche ad una finalità di risparmio.
È necessario, invece approfondire l’assicurazione contro i danni (artt. 1904 -1918), in quanto, come si vedrà, le assicurazioni marittime sono assicurazioni contro i danni. Innanzitutto è bene vedere le tre diverse tipologie di assicurazioni contro i danni, che differiscono in base all’oggetto esposto al rischio.
La prima che incontriamo è l’assicurazione di cose: in cui esposti a rischio sono determinati beni o diritti dell’assicurato. Può essere assicurato anche un diritto di credito, infatti a un soggetto creditore è concessa facoltà di stipulare un contratto di assicurazione per garantirsi il pagamento in caso di insolvenza del debitore; da notare bene che tale contratto di assicurazione è diverso dalla polizza fideiussoria, contratta dal debitore per garantire il pagamento del creditore26.
La seconda tipologia è l’assicurazione di patrimonio: dove è coperto il rischio cui è esposto l’intero patrimonio dell’assicurato, di cui un esempio può essere l’assicurazione della responsabilità civile verso terzi.
Infine, secondo la dottrina prevalente rientra nella categoria dell’assicurazione danni, costituendone quindi una terza tipologia, l’assicurazione di persone, con la quale sono coperti i danni alla persona per infortuni e malattie.
26 Per un maggior approfondimento al riguardo v. C. RUSSO, Le assicurazioni fideiussorie, Milano, 1997, e
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Lo scopo principale di queste assicurazioni, come si è potuto immaginare, è quella di risarcire i danni subiti dall’assicurato a causa di un evento sfavorevole, con l’intento di ripristinare il suo patrimonio, così come era prima che accadesse l’evento dannoso. Ciò che abbiamo detto rappresenta il cd. principio indennitario27, cioè quel principio grazie al quale l’assicurazione garantisce un soggetto in relazione ad un suo possibile impoverimento, senza però ottenere mai un arricchimento. Infatti, il limite della prestazione dell’assicuratore è saldamente ancorato al valore del danno subito, con il divieto di oltrepassarlo. La ratio di tale vincolo è l’evitare che si passi da un contratto di assicurazione con il fine di prevenzione in relazione ad un evento sfavorevole ad uno strumento a scopo lucrativo.
Il secondo tema da affrontare nell’assicurazione contro i danni riguarda l’interesse dell’assicurato. Questo interesse lo si trova nell’art. 1904 c.c., che è rubricato nullità del contratto stipulato da assicurato privo di interesse, da dove si ricava che nel momento in cui inizia la garanzia il soggetto assicurato deve avere un interesse per un bene particolare e, di conseguenza, per il suo mantenimento. La sussistenza dell’interesse, di regola, si identifica nel rapporto tra il soggetto assicurato, che potrebbe essere diverso dal contraente, e il bene sottoposto a rischio. A seguito di quanto detto se ne deduce che al variare della titolarità dei diritti su quel determinato bene, muti anche il soggetto interessato alla sua protezione. Difatti, facendo un salto nella lettura degli articoli del codice civile si trova l’art. 1918 il quale afferma che nell’ipotesi di trasferimento di cose assicurate, è trasferito anche l’interesse all’assicurazione, con la conseguenza che alla cessione del bene segue la cessione del contratto ex lege in favore dell’avente causa. Quindi all’alienazione dei beni assicurati non segue lo scioglimento del contratto di assicurazione, e, perciò, se l’assicurato non dà comunicazione dell’alienazione all’assicuratore e dell’esistenza di un’assicurazione all’acquirente, rimarrà obbligato al pagamento dei premi anche se posteriori alla cessione del bene. All’opposto se viene data comunicazione dell’esistenza dell’assicurazione sia l’acquirente che l’assicuratore possono liberamente recedere dal contratto: il primo entro un termine di dieci giorni dalla scadenza del primo premio successivo all’alienazione (art. 1918,
27 Tale principio non trova un’esplicita nelle norme del codice, ma si ricava da alcune norme come gli artt.
1904, 1905, 1908 e 1909 c.c. Inoltre non trova puntuale applicazione nell’assicurazione di persone, in quanto la somma che l’assicuratore deve garantire in caso di infortunio o di malattia è predeterminata all’atto della conclusione del contratto, certamente mantenendo un limite minimo e massimo in relazione al grado di invalidità determinato dall’infortunio. È proprio quest’ultimo aspetto avvicina l’assicurazione di persone all’assicurazione vita. Allo stesso tempo con essa si va a rivalere un danno subito dall’assicurato e ad essa si estende, ex 1916 c.c., il cd. istituto della surroga dell’assicuratore è un istituto tipico delle assicurazioni contro danni. Questo il motivo per cui la bilancia tende a essere sbilanciata verso l’inquadramento nell’assicurazione danni, tanto che questo è confermato anche dalla giurisprudenza più recente. V. al riguardo Cass., 29-4-1988, n. 3234, in Giur. it., 1989; Cass., 20-8-1992, n. 9689, in Nuova giur. civ. 1993; Cass., 25-6-2003, n. 10133 in
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3°comma); l’altro entro un termine di dieci giorni dal giorno in cui ha avuto notizia dell’avvenuta alienazione, con un preavviso di quindici giorni (art. 1918, 4°comma).
In accordo con l’articolo 1905 c.c. al risarcimento del danno è posto un limite: l’assicuratore deve risarcire soltanto il danno effettivamente subito dall’assicurato in conseguenza del sinistro, che quindi è, solitamente, il solo danno emergente, e non anche il lucro cessante. E proprio per questo, salvo patto contrario, l’assicuratore non è tenuto a risarcire neppure i danni prodotti dai vizi intrinseci delle cose assicurate che, però, non gli sono stati comunicati (art. 1906 c.c.). Proseguendo, si considera come ulteriore limite al risarcimento il fattore temporale, così come regolato dall’art. 1908: l’indennizzo non deve superare il valore delle cose perite o danneggiate hanno al tempo del sinistro. Quindi non è escluso che, nonostante si paghi il premio assicurativo per un certo ammontare, a seguito di un sinistro mi venga corrisposto un indennizzo molto minore a causa della diminuzione di valore di quel bene nel tempo. Tuttavia gli stessi articoli 1905 e 1908, al 2° comma derogano a quanto detto finora, poiché nel caso del primo è ammessa l’assicurazione del profitto sperato, e, per quanto riguarda il secondo, il valore risarcibile può essere fissato da ambedue le parti contraenti per mezzo di una stima accertata per iscritto, e dunque l’assicurato non potrà opporre in sede di indennizzo che il valore reale del bene assicurato è inferiore rispetto al valore di stima28.
Dato che si è parlato della variazione di valore del bene assicurato, si coglie ora l’occasione per approfondire i due istituti della soprassicurazione e dell’assicurazione parziale. Per quanto riguarda il primo esso rappresenta l’ipotesi in cui si paghi un premio maggiore rispetto al valore reale della cosa, e le conseguenze variano a seconda che ci sia stato o meno il dolo da parte dell’assicurato. In particolare se l’assicurato ha agito con dolo il contratto è invalido, e quindi annullabile, fatto salvo il diritto dell’assicuratore alla riscossione del premio in corso, se in buona fede. Altrimenti, se non è presente il dolo, l’assicuratore è tenuto a risarcire il danno nei limiti del minor valore assicurabile, ottenendo il contraente il diritto di ottenere una proporzionale riduzione del premio per il futuro.
Nell’ipotesi opposta, cioè quella in cui nel momento del sinistro la cosa assicurata ha un valore reale maggiore rispetto a quello dichiarato nel contratto, si applica la cd. regola proporzionale. Tale regola agisce in questo modo: non solo i danni che eccedono la somma risultante da contratto rimangono a carico dell’assicurato, ma l’assicuratore rivale solo una
28 Su quest’ultimo punto, in verità, non tutti sono d’accordo, anche se la maggioranza della dottrina e la
giurisprudenza ritengono intangibile la stima. V. in particolare G. PARTESOTTI, La polizza stimata, Padova, 1967; per la giurisprudenza E. BOTTIGLIERI, Dell’assicurazione contro i danni, Milano, 2010.
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parte proporzionale del rischio coperto. Per capire meglio tale regola, occorre fare un esempio: si supponga di avere un bene che al momento del sinistro vale 600, ma da contratto risulti assicurato solo per 300 (metà del valore); si supponga inoltre di subire un danno di 150, l’assicuratore in questo caso sarà tenuto a pagare un indennizzo di 75 (metà del danno). Ciò vorrebbe dire che nell’ipotesi di un periodo di inflazione monetaria l’assicurato dovrebbe aggiornare di continuo la propria copertura assicurativa, ma per evitare questa situazione esiste una deroga alla regola proporzionale: la cd. assicurazione a primo rischio, in cui le parti pattuiscono che l’assicuratore è tenuto a risarcire integralmente il danno fino a concorrenza del valore assicurato. Tuttavia, per prevenire il totale disinteresse da parte dell’assicurato nei confronti del sinistro, vi sono nel contratto le cd. franchigie, cioè tramite apposite clausole viene pattuito che parte del danno subito rimanga a carico dell’assicurato. Inerenti al principio indennitario sono presenti nel codice civile due istituti connessi al verificarsi del sinistro: a) l’obbligo di avviso tempestivo (a regola entro 3 giorni) del sinistro all’assicuratore da parte dell’assicurato, affinché quello possa prontamente accertarne le cause e l’entità del danno, ex art. 1913; b) l’obbligo di salvataggio in capo all’assicurato: che si sostanzia nel cercare di fare quanto è possibile per evitare o diminuire l’entità del danno, ponendo però le relative spese a carico dell’assicuratore, ex art. 1914.29 .
Questi obblighi hanno un’importanza rilevante all’interno del tema assicurativo, in quanto l’inosservanza degli stessi comporta altrettanto importanti conseguenze contenute nell’art. 1915: se l’inosservanza degli obblighi è avvenuta con dolo dell’assicurato la conseguenza è la perdita dell’indennità; d’altra parte se vi è stato solo l’ipotesi di colpa, come conseguenza si ha che l’assicuratore matura un diritto a ridurre l’indennità in ragione del pregiudizio sofferto.
Si ponga ora l’ipotesi che un soggetto assicuri un bene immobile contro i danni dovuti da incendi, il quale poi effettivamente subisce dei danni a causa di un incendio doloso appiccato da un terzo, e di conseguenza maturi in capo all’assicurato il diritto a ricevere l’indennità; ma insoddisfatto, magari perché in un caso di soprassicurazione, chieda anche il risarcimento dei danni al terzo. Se all’assicurato venisse corrisposta sia l’indennità che il
29 Da notare bene che: “Le spese fatte a questo scopo dall'assicurato sono a carico dell'assicuratore, in
proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro, anche se il loro ammontare, unitamente a quello del danno, supera la somma assicurata, e anche se non si è raggiunto lo scopo” art. 1914, 2° comma, c.c.; e “L'assicuratore risponde dei danni materiali direttamente derivati alle cose assicurate dai mezzi adoperati dall'assicurato per evitare o diminuire i danni del sinistro” art. 1914, 3° comma, c.c. Da questi obblighi l’assicuratore può liberarsi solo se riesce a dimostrare che l’assicurato ha agito senza l’osservanza della diligenza del buon padre di famiglia. Nel senso che le spese necessarie fin dall’origine ad evitare l’illecito restino a carico dell’assicurato v. Cass. 8-1-2004, n. 83, in Danno e responsabilità, 2004; Cass., 7-11-1991, n. 11877, in Arch. civ., 1992.
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risarcimento, ci sarebbe un conflitto evidente con il principio indennitario. Ecco allora che per evitare l’arricchimento dell’assicurato mediante questo cumulo, all’art. 1916 c.c. è prevista la surroga dell’assicuratore che ha pagato l’indennità nei diritti dell’assicurato verso il terzo responsabile del sinistro, ovviamente sempre fino a concorrenza dell’ammontare dell’indennità. È principio ormai consolidato in giurisprudenza che tale acquisizione del credito da parte dell’assicuratore avvenga a titolo derivativo, cioè la surrogazione dell’assicuratore non opera automaticamente, perché è necessario che questo notifichi al terzo responsabile l’avvenuto pagamento dell’indennità e la volontà di avvalersi della surroga30, dando così all’assicurato l’opportunità di agire nei confronti dell’autore del danno senza che quest’ultimo gli possa opporre l’incasso dell’indennizzo fino al momento della notizia. Una volta acquisito il diritto di credito, il terzo (autore del danno) può opporre all’assicuratore tutte le eccezioni che poteva opporre all’assicurato-danneggiato. L’assicurato è inoltre responsabile del pregiudizio arrecato al diritto di surrogazione verso l’assicuratore, nonostante questo non possa richiedere al terzo un ammontare superiore all’indennizzo corrisposto all’assicurato.
Anche nel caso di pluralità di assicurazioni, stipulati presso assicuratori differenti, ma per la copertura di uno stesso rischio opera il principio indennitario. Il soggetto assicurato deve dare notizia a ogni assicuratore dei contratti stipulati con gli altri, e può chiedere a ciascuno, secondo i relativi contratti, l’indennità dovuta; tuttavia la somma complessiva corrisposta non può, come sempre, superare l’entità del danno. Colui che corrisponde l’indennità matura un diritto di regresso verso gli altri in proporzione delle somme assicurate presso ciascuno, per ripartire l’indennità corrisposta. Ma al 2° comma dell’art. 1910 è data tutela agli assicuratori contro l’omissione dolosa della comunicazione da parte dell’assicurato: essi infatti, in questo caso, non sono tenuti a pagare l’indennità, anche nel caso in cui le assicurazioni vengono stipulate apparentemente da soggetti diversi e successivamente si scopre che il beneficiario è unico.
Ultimo aspetto dell’assicurazione danni da affrontare è un fenomeno contrapposto alla pluralità di assicurazioni: la coassicurazione, contenuta all’art 1911, in cui più assicuratori assumono ciascuno una quota del rischio assicurato. Tale tipologia di assicurazione viene utilizzata solitamente quando il rischio è talmente ingente che nessun assicuratore potrebbe accollarselo. È chiaro che ogni assicuratore sarà vincolato nella prestazione nei limiti della quota assunta e, dunque, è tenuto al pagamento dell’indennizzo
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solo in proporzione della rispettiva quota. Di regola, i complessi rapporti con l’assicurato vengono semplificati inserendo nel contratto una clausola di delega, per mezzo della quale tutte le imprese di assicurazioni affidano la gestione dei rapporti con l’assicurato ad una di esse31. Si viene quindi a trovare un’obbligazione parziaria, nonostante il contratto sia formalmente unico, e non un’obbligazione solidale come era nel caso della pluralità di assicurazioni.
31 La clausola di delega non obbliga di per sé l’impresa delegata a corrispondere l’intera indennità e si tende
ad escludere anche che la stessa sia investita della processuale, attiva e passiva, dei coassicuratori nei confronti dell’assicurato. V G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale 3. Contratti. Titoli di credito. Procedure
concorsuali., cit.; e per un maggior approfondimento sul punto v. M. RICOLFI, La coassicurazione, Milano,
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