CAPITOLO III: Le assicurazioni marittime Linee generali e confronto con la disciplina comune
3.2 Il ricorso a formulari stranieri.
Il tema delle fonti normative in materia di assicurazioni marittime non si esaurisce, dunque, nel dialogo tra il codice civile e quello della navigazione, ma va presa in considerazione anche la normativa internazionale.
Una prima conseguenza di questa interferenza dell’ordinamento internazionale la si può vedere nei clausolari utilizzati in questo settore. Come per gli altri rami dell’assicurazione, anche qui si utilizzano formulari standard (molto dettagliati), in maniera tale da poter indentificare con precisione la copertura e per avere una più corretta ed
37 Cass., 25-10-1984, in Dir. mar., 1985. Il caso riguardava la possibilità di disapplicare l’art. 1901 c.c. in
favore della disciplina del cod. nav.
38 Sul favor interpretativo delle clausole contrattuali dei contratti assicurativi dal punto di vista del contraente,
come parte “debole”, non sembra ci possano essere dubbi. Non solo la recente giurisprudenza italiana ma anche quella della Corte di Giustizia propende in tal senso. V. Corte Giustizia UE, sez. V, 29-4.2015, n.51; ma anche per un maggior approfondimento A. PALMIERI, La prassi contrattuale assicurativa fa i conti con le clausole
abusive: perplessità e segnali incoraggianti, in Danno e resp., 2005; E. SCONDITTI, Clausole abusive nel contratto di assicurazione: il consumatore ha diritto al risarcimento del danno?, in Danno e resp., 2005.
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efficiente gestione dell’impresa assicurativa a fronte delle esigenze di omogeneità nella raccolta dei rischi e di standardizzazione. Ogni mercato assicurativo nazionale, quindi, si è dotato di un formulario di riferimento, molto spesso, però, gli assicuratori utilizzano formulari stranieri (di solito inglesi) per stipulare contratti, derogando a quello nazionale, poiché questi si sono storicamente affermati come testi standard di riferimento nel mercato internazionale grazie ai seguenti motivi.
In primis, gli assicuratori utilizzano tutt’ora tali clausolari quando devono offrire ai clienti stranieri una copertura assicurativa, cosicché si possa stipulare un contratto con condizioni già note al cliente. Poi, in un’ipotesi di coassicurazione relativo ad uno stesso rischio, con assicuratori di diversa nazionalità, spesso si utilizza un formulario di tipo inglese, in quanto le condizioni inglesi della copertura sono conosciute a tutti i coassicuratori e sarà più facile stipulare la polizza assicurativa, a differenza di quanto avverrebbe nel caso in cui si applicassero le condizioni nazionali, difficilmente note agli assicuratori stranieri. Ma, soprattutto, applicando le clausole nazionali il coassicuratore non potrebbe conoscere con sufficiente precisione la tipologia di rischio per la quale assume una quota della copertura, andando in contrasto con lo scopo proprio dei formulari standard e, in secondo luogo, in contrasto con le esigenze della tecnica assicurativa sopracitate, la cui funzione è quella di garantire l’assunzione di rischi tendenzialmente omogenei.
Altro motivo del perché si ricorra ai formulari provenienti dall’ordinamento inglese è rappresentato dalle caratteristiche del mercato assicurativo connesse all’istituto tipico della riassicurazione, che permette all’assicuratore di rendere omogenea la massa dei rischi da lui assunti rispetto a quelli trasferiti sul riassicuratore. Il mercato assicurativo inglese infatti, nonostante il fenomeno della Brexit, rappresenta ancora il mercato assicurativo più importante, ed è dunque prevedibile, guardando il fenomeno da questo punto di vista, che gli assicuratori non inglesi utilizzino comunque formulari e clausole provenienti da questo ordinamento per stipulare i propri contratti, in maniera tale da poter poi riassicurare su Londra i rischi assunti sul proprio mercato nazionale. Il riassicuratore inglese avrebbe in questo modo certezza del rischio che si andrebbe ad assumere, riuscendo a valutare con precisione la copertura, in quanto prestata a condizioni a loro già note, al contrario di quanto avverrebbe se gli assicuratori di altri paesi utilizzassero i propri formulari, rendendo difficilmente apprezzabile l’effettiva portata della copertura da parte del riassicuratore, rendendo di conseguenza più difficile piazzare il rischio.
Tutto ciò però può creare delle difficoltà di interpretazione. Infatti, l’utilizzo di formulari elaborati in ordinamenti giuridici stranieri e lo scarso coordinamento tra i vari
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clausolari nel contratto, viene a generare il problema di quale significato attribuire alle clausole. In più, in quest’ambito giuridico, va ricordato che non basta una semplice traduzione, in quanto la terminologia utilizzata è specifica, assumendo un significato proprio, che con molta probabilità potrebbe essere differente da quello comune, soprattutto se tale significato specifico si è venuto a formare a seguito di interpretazioni e decisioni giurisprudenziali. Dunque, la singola clausola non può essere avulsa dall’ordinamento in cui è stata concepita e innestata nel contratto di un altro ordinamento, ma va interpretata ricostruendone il significato facendo riferimento all’ambiente giuridico in cui il termine viene utilizzato. Così, l’interpretare il clausolario straniero inserito nella polizza nello stesso modo e con lo stesso significato assunto da questo nel Paese di origine è proprio la soluzione che viene solitamente utilizzata.
Si noti però che tale metodo interpretativo è soggetto a forti limitazioni, in quanto è stato evidenziato in alcune decisioni39 che a meno che non sia espressamente convenuto dalle parti, non si può operare questo completo rinvio ricettizio, configurandosi anche la possibilità che si possa arrivare a soluzioni che rappresenterebbero una “vera e propria applicazione di norme di legge straniere, anche se rappresentanti il fondamento nel quale il clausolario straniero è innestato”. Sia che si tratti di prassi del mercato o di prassi dettata dalla giurisprudenza, questa diviene criterio interpretativo, ex art 1368 c.c., purché essa sia unanime e consolidata, e, inoltre, deve essere strettamente attinente al clausolario considerato. Solamente quando ricorrono suddette condizioni l’interprete potrà ricorrere la prassi interpretativa, anche se è da precisare che il clausolario e la prassi interpretativa ad esso relativa sono oggetto di una recezione meramente contrattuale, e come tale non può, in ogni caso derogare rispetto alle norme imperative della legge regolatrice della fattispecie40.
3.3 Le previsioni del codice della navigazione e il contributo della prassi assicurativa.