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FEDERICA BRIOSCHI

D

urante questi tempi difficili, Antigone non ha mai smesso di guardarsi attorno e

tramite lo European Prison Observatory ha raccolto e pubblicato in

aggiornamenti settimanali alcune delle misure messe in atto in altri paesi

europei. Le notizie più recenti sono pubblicate in una mappa in cui è incluso anche il

tasso di contagio in carcere, il numero dei contagiati e dei deceduti nelle carceri di ogni paese.

La quasi totalità dei paesi europei ha previsto la gravità di un probabile contagio in carcere e ha velocemente messo in atto misure di prevenzione volte sia alla riduzione della popolazione detenuta, per rendere possibile il distanziamento sociale, sia alla limitazione dei contatti con l’esterno per ridurre le probabilità di contagio all’interno degli istituti. In alcuni casi questo ha dato vita a rivolte e proteste come in Italia, Francia,

Croazia, Svizzera, Romania e in Grecia. Delle proteste in Italia si è parlato

abbondantemente altrove. Di seguito alcuni episodi avvenuti in altri paesi. Nella

prigione francese di Uzerch il 22 marzo 200 detenuti hanno preso il controllo di uno degli edifici dell’istituto, incendiato diversi materassi e reso inutilizzabili quasi 250 celle; le ragioni principali delle rivolte sono state la paura del Coronavirus e l’interruzione dei colloqui. Durante la stessa giornata diverse proteste di minore intensità sono state registrate anche in altre carceri francesi. Il 14 aprile dei detenuti ristretti in Grecia hanno dato vita a una protesta che ha preso la forma di un’astensione dal lavoro; i detenuti, oltre a protestare per la sospensione dei colloqui, chiedevano serie misure per il decongestionamento delle sovraffollate carceri, che non sono mai state adottate dal governo.

Le misure adottate per ridurre la popolazione detenuta sono state molto variegate e generalmente miravano al rilascio di detenuti anziani o con patologie pregresse, detenuti verso il fine pena e ristretti per reati minori o non violenti. In Austria e in Lettonia ad esempio è stata predisposta la sospensione dell’esecuzione delle pene detentive brevi per i reati non violenti. In Catalogna i detenuti che escono quotidianamente dal carcere per svolgere attività all’esterno dell’istituto sono stati autorizzati a passare la notte a casa propria invece che a fare rientro in carcere. In Albania i detenuti con un residuo di pena inferiore ai tre anni, over 60, con patologie croniche e che sono ristretti per reati minori possono ottenere un permesso speciale di tre mesi. La Francia, altro paese dove il sovraffollamento delle carceri è un problema cronico, è riuscita a ridurre di 10.000 persone la popolazione detenuta grazie alla liberazione anticipata dei detenuti con un residuo di pena inferiore ai due mesi e al rilascio di alcuni detenuti in attesa di giudizio. In Olanda sono state modificate le regole sull’arresto di chi compie un reato minore ed è stato incrementato l’utilizzo dei braccialetti elettronici per dare la detenzione domiciliare a più detenuti possibili; inoltre per sopperire alla carenza dei braccialetti sono stati stilati degli accordi con alcune associazioni per evitare che detenuti in attesa di giudizio debbano rimanere in carcere. Il parlamento portoghese ha approvato diverse misure fra cui la grazia del Presidente della Repubblica per i detenuti over 65 con malattie croniche e che non abbiano compiuto reati gravi.

Un caso particolare è rappresentato dal Regno Unito. Al 10 maggio il Regno Unito non solo conta i numeri assoluti più alti (390 detenuti contagiati e 21 morti e 447 operatori

contagiati e 8 morti) ma ha anche il tasso di contagio più alto d’Europa. All’inizio di marzo la Prison Governors’ Association aveva espresso forte preoccupazione per il grave sovraffollamento che rappresentava un terreno fertile per il contagio. Alla fine di marzo sono iniziati i primi contagi e i primi decessi fra i detenuti. Il 4 aprile il Ministero della Giustizia aveva approvato il rilascio di oltre 4.000 detenuti con meno di due mesi di pena residua ma al 12 maggio secondo fonti ufficiali  soltanto 88 detenuti ne avevano beneficiato. Il 17 aprile la Howard League for Penal Reform e il Prison Reform Trust hanno avviato un’azione legale contro il Segretario di Stato delegato alla Giustizia, Robert Buckland, per non aver preso delle misure sufficientemente incisive per contrastare la diffusione del virus nelle carceri.

I colloqui sono stati sospesi o ridotti quasi ovunque e sono state prese diverse misure per evitare il contagio. Generalmente i nuovi giunti sono isolati dagli altri detenuti per due settimane, in molti casi è stata vietata la ricezione dei pacchi e sono stati sospesi i permessi per evitare le uscite e gli ingressi dei detenuti. Gli avvocati possono ancora accedere nella maggior parte delle giurisdizioni, ma sono fortemente incoraggiate le telefonate; in alcuni casi è previsto il rilevamento della temperatura che può escludere l’ingresso dell’avvocato. Di seguito altre misure di prevenzione adottate in alcune giurisdizioni. In Albania sono stati installati dei tunnel per la disinfezione di tutte le persone che entrano o escono dagli istituti. In Ungheria la presenza di plexiglass, che è stata osteggiata dal Garante dei detenuti ungherese durante l’ordinarietà della vita penitenziaria, è ciò che ha permesso di non sospendere i colloqui durante la pandemia perché permette una totale separazione fra i detenuti e le famiglie in visita. In Portogallo le misure preventive sono state prese in maniera disomogenea sul territorio: l’8 marzo sono stati vietati i colloqui nel nord del paese (senza informare i parenti dei detenuti); il 14 marzo le stesse misure sono state estese all’area di Lisbona e il 16 a tutte le carceri portoghesi.

Per sopperire alla riduzione o alla sospensione delle visite è aumentato l’accesso alle telefonate e alle videochiamate in quasi tutte le giurisdizioni. Nella maggior parte dei casi i detenuti devono sostenere i costi delle telefonate, in molti casi l’amministrazione si fa carico dei costi per i meno abbienti mentre in alcuni casi organizzazioni della società civile si sono attrezzate per dare un aiuto economico. L’organizzazione per la fruizione di questi servizi non è stata priva di intoppi.

Anche la vita penitenziaria si è fermata. Nella quasi totalità dei casi sono state ridotte o sospese le attività che prevedono l’ingresso di personale o volontari, in alcuni casi sono state ridotte le ore d’aria a causa della riduzione del personale e per evitare l’assembramento dei detenuti. In alcune giurisdizioni (Austria, Germania, Polonia, Portogallo, Spagna, Ungheria) le carceri si sono attrezzate (a volte riconvertendo laboratori di sartoria già presenti) per produrre grandi quantità di mascherine che sono utilizzate soprattutto dalla popolazione detenuta.

L’interruzione delle attività del settore della giustizia ha avuto ricadute anche su altri comparti dell’amministrazione della giustizia. Ad esempio in Francia l'Observatoire

Internationale des prisons (OIP) ha rilevato molti casi in cui agli arrestati non è stato

concesso il diritto di essere assistiti da un avvocato né durante la fase dell’arresto né davanti al giudice delle misure cautelari per via delle limitazioni date dal Coronavirus. I sistemi di videoconferenza non sempre funzionano e non sono stati installati ovunque. Questo ha causato una grave lesione del diritto di difesa. Nel Regno Unito, in seguito a segnalazioni di condanne ingiuste, il Crown Prosecution Service riesaminerà ogni singolo caso presentato ai sensi delle leggi sul Coronavirus; apparentemente le forze dell’ordine hanno abusato dei poteri conferitigli dalle nuove leggi emergenziali e hanno arrestato delle persone che si trovavano immotivatamente in luoghi pubblici in assenza di qualsiasi indicazione sulla loro positività al virus.

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ANTIGONE AL TEMPO DEL

COVID-19

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