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CLAUDIO PATERNITI MARTELLO

L

'otto marzo 2020 il Presidente del Consiglio ha firmato la fine dei colloqui tra detenuti e familiari: troppo alto il rischio di contagi. In molte carceri erano già stati vietati o fortemente ridotti, come le attività scolastiche, sportive e professionali, oltre agli ingressi dei volontari: insomma, tutto ciò che a fatica riempie il grigio quotidiano detentivo. Decisioni figlie della consapevolezza che affollamento e scarse condizioni igieniche fanno del carcere un ottimo terreno di coltura per ogni virus. Sarebbe stato però più previdente informare al contempo i detenuti di quello che stava succedendo, sia fuori che dentro, aumentare subito frequenza e durata di telefonate e videochiamate, mandare in detenzione domiciliare o in liberazione anticipata i tanti a cui restavano pochi mesi da scontare e che sono rimasti dietro la porta. Alcune di queste cose sono state fatte, ma tardi. Se a ciò si aggiunge la mancanza di mascherine e gel, l'iniziale assenza di controlli sugli operatori penitenziari e il malessere che da sempre cova in galera, si capisce come si sia arrivati alle rivolte. 

Da più di due mesi Antigone riceve centinaia di segnalazioni da madri, mogli, figlie e compagne di detenuti che ci chiedono come tirarli fuori o come trovare altre soluzioni per alleviare paure e angosce. Ripercorrerle è utile a rifare il giro degli eventi di questi mesi, osservandoli con gli occhi di chi sta fuori, ma ha qualcuno dentro, che è come stare un po' dentro. 

Hanno iniziato a scriverci prima delle rivolte, a fine febbraio. Si preoccupavano del tempo a venire senza poter toccare e vedere mariti, figli e compagni (1): Sembrava tanto, tutto marzo (2).

XVI Rapporto sulle condizioni di detenzione 9 7 2020 - Antigone ( 1 ) “ O g g i è i l 2 8

f e b b r a i o : d a d u e settimane non possiamo vedere i nostri cari e la situazione sembra possa estendersi a tutto il mese di marzo”

(2) “Siamo consapevoli dell’elevatissimo rischio c o n t a g i o i n c a r c e r e ; chiediamo però che si possa t r o v a r e u n m o d o p e r permetterci di continuare a coltivare i nostri rapporti con i detenuti”

Chiedevano più telefonate, e che si potesse finalmente usare Skype, del cui utilizzo l'Amministrazione Penitenziaria ha fatto gran vanto. Ovviamente si preoccupavano pure che i propri familiari si ammalassero, preoccupazione ingigantita dalle situazioni di grande affollamento. Come si fa a mantenere la distanza quando si è stipati come sarde in padella?(3)

Già come si risolve? Da allora le presenze totali sono diminuite di 7-8 mila unità, grazie a quei magistrati che hanno disposto molte detenzioni domiciliari e al calo degli ingressi quotidiani, più che dimezzati. Non abbastanza, però: perché i detenuti non sono distribuiti in maniera omogenea, e perché restano in carcere 7000 persone in più di quelle che ci entrano.  

Che la pena detentiva pesi sulle spalle di familiari senza colpa è cosa dibattuta non da oggi. Tempo fa un tribunale italiano contestò a un altro la decisione con cui vietava a un detenuto la presenza alla prima comunione del figlio: si ledeva il diritto del minore, che non aveva fatto nulla per meritare ciò. Diritto che si affaccia di continuo nei messaggi giuntici in questi mesi (4).

Non chiedeva poco, a un Parlamento che ha bandito quei termini dal suo vocabolario.

Eppure il ritorno a casa dei padri poteva essere favorito da un più ampio ricorso alle misure alternative (5).

Non ce n'erano, né ci sarebbero state. Le norme votate di lì a poco si sarebbero limitate a snellire le procedure con cui i detenuti a cui restava da scontare meno di un anno e mezzo potevano richiedere i domiciliari. E neanche tutti: quelli anche solo sospettati di aver partecipato alle rivolte non potevano chiederlo; come i detenuti per reati gravi, i cosiddetti 4-bis. Anche se prossimi alla scarcerazione dovevano restare in carcere fino alla fine.

XVI Rapporto sulle condizioni di detenzione 9 8 2020 - Antigone (3)“Buongiorno, solo la

m o g l i e d i u n d e t e n u t o r i n c h i u s o n e l l a c a s a circondariale di Xxxx. Vi chiediamo aiuto, in una cella ce ne sono 6-7, ognuno di loro soffre di una patologia grave. Se il virus dovesse entrare lì, come si risolve?”

(4) “Ho un bimbo di 3 anni che per la sospensione dei colloqui non vede suo padre già da un mese. E chissà ancora per quanto tempo non potrà vederlo. Ogni giorno la situazione peggiora. Non vi chiediamo molto, vi prego… AMNISTIA, INDULTO, SCONTO DI PENA QUALUNQUE COSA ESSA SIA”

(5) “Mio marito prima di essere un detenuto è padre di 2 figli piccoli, che non vede da oltre un mese e che non vedrà per ancora molto tempo. Sono l’unica sua forza. Fra 6 mesi potrebbe chiedere l’affidamento in prova, non gli manca tantissimo. Non ci sono in previsione misure alternative per quelli come lui?”

Eppure i parenti ci speravano (6).

È andata meglio ai semiliberi, quelli che di giorno vanno a lavorare fuori e alla sera tornano in carcere. Alcuni tribunali di sorveglianza, cioè quelli che si occupano dell'esecuzione della pena, si sono fatti in quattro

per mandarli a casa fino al 30 giugno senza aspettare che intervenisse il Parlamento. Così hanno fatto a Milano, nonostante ci sia messo di mezzo un incendio al Palazzo di Giustizia. Non tutti però: alcuni hanno negato le licenze persino ai semiliberi, facendo regredire la mezza libertà a prigionia completa. Una signora che ci ha scritto che il marito ne ha fatto le spese (7).

Il decreto del 18 marzo li avrebbe finalmente mandati tutti a casa (non tutti in realtà: alcuni sono

rimasti in carcere, perché una casa in cui andare non ce l'avevano). Ma i numeri da far muovere erano alti, e i semiliberi solo 800. 

Non avendo il privilegio di uscire, i più cercavano mascherine e gel: come fuori. E pensare che all'inizio dell'epidemia a molti agenti si raccomandava di non indossarle, per non far preoccupare i detenuti. A vedere il personale troppo imbardato si sarebbero sentiti infetti. I parenti cercavano di farle entrare coi pacchi, ma i tentativi andavano a vuoto. (8 e 9)

Oggi qualcuna la fanno entrare, in alcuni istituti: ma solo se chirurgica, quelle con le valvole no. 

XVI Rapporto sulle condizioni di detenzione 9 9 2020 - Antigone “ B u o n g i o r n o , v o l e v o

ringraziarvi e stimarvi per tutto quello che state facendo. Volevo capire se per il mio detenuto c’era qualche speranza di uscire prima, visto che la sua fine pena è tra due mesi esatti! Ha il 4 bis.”

(7) “Buongiorno, mio marito è detenuto in regime di semilibertà. Sabato 22 febbraio, al rientro serale, gli hanno comunicato che dal giorno dopo non sarebbe più uscito, nemmeno per andare a lavoro.”

(8) “Nel carcere di mio marito hanno messo il d i s i n f e t t a n t e n e i c o r r i d o i , m a l e mascherine le hanno vietate.”

(9)“Nel pacco io una gliel’ho messa, ma gli a g e n t i a l l ’ u f f i c i o preposto non erano cerci c h e a v r e b b e p o t u t o utilizzarla. ”

Le pene dei parenti non erano solo per il virus. Anche a pensare a una giornata senza scuola, senza colloqui e senza volontari si stringe il cuore. (10)

Almeno le telefonate potrebbero concederle. (11)

Avrebbero finito per allargare

le maglie, qualche settimana dopo. Oggi in molte carceri si videochiama con gli smartphone. Si è infranto un vecchio tabù: ci voleva il virus. Per quanto tempo però dipende dal carcere. Tanti detenuti si lamentano: 25 minuti a settimana con uno schermo in mezzo, quando prima ci vedevamo per un'ora e dal vivo. 

Da quando è iniziata questa triste vicenda le voci di contagi sono costanti. Spesso sono false (12).

A volte sono vere, e l'assistenza sanitaria non sempre è all’altezza: (13)

Qualche giorno dopo gli avrebbero fatto il tampone: positivo, trasferito in ospedale.

XVI Rapporto sulle condizioni di detenzione 1 0 0 2020 - Antigone (10) “Mio marito è a XXX. Sono molto preoccupata che il virus si possa diffondere, ma a l t r e t t a n t o p r e o c c u p a t a dell’abbandono e dell’ulteriore isolamento che stanno vivendo i detenuti in questo momento”.

(11) “Io sono consapevole che c’è un’emergenza sanitaria. Però qualche telefonata in più non farebbe che dare tranquillità sia ai nostri cari che a noi famigliari, soli, confusi e frastornati”.

(12) “Mio marito è in carcere a XXX. Fino a oggi era tutto sotto controllo, ma ora hanno saputo che due persone sono positive, e i detenuti si sono impauriti. L’unica misura che è stata presa sa qual è? Nessuna. Mio padre soffre per i suoi nipoti, che sanno che il loro nonno sta

costruendo una barca…”

(13) “Mio fratello da una settimana si trova in isolamento in infermeria con la febbre alta, tosse, dolori e senso di vomito. Da quattro giorni non mangia. Ha appena chiamato al telefono e piangendo ci ha chiesto di aiutarlo. Da ieri pomeriggio nessuno gli misura la febbre. Stanotte aveva freddo e non venendo nessuno a misurare la febbre

si è messa una

Le notizie sono angoscianti, ma ancora più angosciante è l'assenza di notizie. Alle rivolte di marzo sono seguiti i trasferimenti da un istituto all'altro, che hanno lasciato tante sorelle, mogli e compagne nell'attesa che il telefono squillasse. Attesa resa spesso vana dal fatto che i soldi per chiamare erano rimasti nel vecchio carcere: (14 - 15 - 16).

Altre volte i telefoni erano distrutti. Quando si sa il proprio figlio malato il silenzio diventa troppo pesante (17).

Un terzo dei detenuti nelle carceri italiane è in attesa di giudizio. Con la Costituzione in mano alcuni di loro invocano la presunzione di innocenza (18).

XVI Rapporto sulle condizioni di detenzione 1 0 1 2020 - Antigone (14) “Mio fratello era

detenuto a XXX. Dopo le proteste, il 9 marzo l’hanno portato a XXX. Siamo al 25 marzo e ancora non ho sue notizie.”

(15) “Buongiorno, da

XXX siamo ancora in attesa di chiamate. Dall’8 marzo non ho r i c e v u t o n e s s u n a chiamata”.

(16)“Hello, my husband was in a Sicilian jail, but now someone told me that He's in X. I'm in Pakistan and I'm very scared”.

(17) “Mio figlio ha precedente de malattie pulmonare, i suoi pulmones no resistirano a questo virus. No lo sento dal 8 de marzo. 9 mesi fa ho perso mio figlio più grande. No voglio perdere mi otro figlio. Vi prego, aiuto. Voglio sapere almeno si sta bene”. 

( 1 8 ) “ C o n c o r a g g i o i magistrati ci confinano qui s e n z a a v e r e l a m i n i m a certezza di colpevolezza? È una vergogna per il nostro sistema legislativo, che a livello mondiale è molto riconosciuto e poi si perde

in un bicchiere d’acqua”. 

Chi si oppone alle scarcerazioni sventola da sempre lo spauracchio dei delinquenti all'assalto della società. Anche in questo periodo, e la polemica sui boss non fa che peggiorare le cose. Alcune lettere mostrano, se ce ne fosse bisogno, la caratura criminale della

gran parte di chi sta in galera (19).

Gli esempi sono tanti (20).

Fino a poco tempo fa non si poteva nemmeno spedire un pacco. E non poter nemmeno mandare un delle lenzuola non è cosa da cristiani (21).

XVI Rapporto sulle condizioni di detenzione 1 0 2 2020 - Antigone (19) “il mio ex marito si trova a X da un anno per cose stupide. Sbagliate, ma stupide, tipo aver piantato due piantine più di 10 anni fa, così, per gioco, a casa, e poi perché aveva messo dei telefoni in vendita che poi non ha inviato, prendendosi la caparra. Sbagliato, ok, ma sta pagando, ha pagato. Assurdo che per una cosa così debba fare ancora altri 30 mesi. Io sono disposta a farlo venire a casa per stare con suo figlio che non

vede da un anno, che ha 15 anni e ha problemi (tant'è che ha la 104)”. (20) “Buonasera, sono la figlia di un detenuto

napoletano. Mio padre era in affidamento, da 5 anni non commetteva più reati. I reati per cui è stato condannato riguardavano la vendita dei cd musicali masterizzati. Da 5 anni lavorava: collaborava con una squadra di calcio dilettantistico, come magazziniere. Io ho sempre avuto un rapporto conflittuale con lui. Studio giurisprudenza e l’ho sempre condannato, anche a casa, per i suoi sbagli. Ormai però aveva cambiato vita. Purtroppo ha avuto una condanna definitiva per una cosa vecchia, dopo una difesa d’ufficio di cui non avevamo conoscenza. È stato portato nella casa circondariale di XXX dopo

ben 7 anni in cui non metteva piede in un

carcere. Per tutta la famiglia è stato un trauma”.

(21) “dall’ultima telefonata non abbiamo più notizie. Abbiamo appreso delle varie rivolte dai media ma non abbiamo ricevuto nemmeno una telefonata. Siamo piuttosto in ansia, a casa. Lunedì mia madre ha provato a spedire un pacco con lenzuola e biancheria pulita, ma questo pacco sta tornando indietro per causa di forza maggiore. Questo è l’appello di una figlia che non ha notizie dal padre da 8 giorni. Io sono d’accordo sul fatto che debba scontare

una pena e anche sul

fatto che vista questa situazione siano stati sospesi i colloqui, ma siamo

davvero in ansia e non

sappiamo a chi chiedere informazioni su come stia o quando lo faranno chiamare a casa”.

Un ultimo appello, di una mamma come tante (22).

 

Scarcerare queste persone, oltre a fare del paese un posto più giusto, aiuterebbe a schivare il rischio che tanti istituti si trasformino in focolai. Alcuni lo sono già: Torino, Milano, Verona. Forse è meglio fermarsi qui. 

Un ultimo appunto sull'ora d'aria, che molti detenuti, là dove sono venuti fuori casi di contagi, non fanno più. Come quelli di Bologna (23).

XVI Rapporto sulle condizioni di detenzione 1 0 3 2020 - Antigone (23) “il mio compagno mi scrive: «siamo sempre chiusi in 10 mq in 2 o 3 persone h24. Non ci fanno fare l'ora d'aria...non riesco più a dormire se non per 2 max 3 ore a notte....ho paura per questo virus e non mi sento al sicuro». Io mi auguro che il mio compagno non si ammali di esaurimento nervoso!!!!”. (22) “Sono Cristina, una mamma come tante che in questo momento ha un figlio in custodia cautelare nel carcere di X, in attesa di un processo che non si sa quando verrà celebrato. Francisco è accusato di un reato patrimoniale (ancora da dimostrare) e non certo di reati violenti o di particolare allarme sociale. Ed è incensurato. Si stanno esponendo i detenuti tutti ad una infezione che può portare anche alla morte. È di dominio pubblico che le nostre carceri siano sovraffollate, che al loro interno non sia possibile tenere le distanze di sicurezza, né ci sono mascherine e guanti per tutti. Soffre da tanti anni di asma e di obesità. Per questa ragione abbiamo chiesto, attraverso i suoi difensori, non già di liberarlo, ma quanto meno di mandarlo a casa agli arresti domiciliari, fino a quando si terrà il processo. Non sto chiedendo di azzerare la sua posizione, non sto chiedendo di non fare un processo. Non sto chiedendo qualcosa di assurdo: sto implorando di non farlo morire in carcere per un contagio che non perdona. Già questa epidemia ci fa vivere sospesi e senza certezze, ma il saperlo lì a rischio ancor maggiore mi fa impazzire, come certamente fa impazzire altre madri come me! Non lo posso vedere, non posso parlargli perché può fare solo una telefonata a settimana di 10 minuti. Alla fine mi chiedo se non sia condannata più io e i miei familiari oltre a lui! Che ironia sarebbe se alla fine risultasse innocente e fosse morto per coronavirus in carcere! A nome di tante mamme, vi supplico affinché non abbiamo a piangere i nostri figli!”.

2.2

2.2.

COME SI È AFFRONTATO IL

COVID-19.