L’ultimo espositore da prendere in considerazione ai fini di questo studio è Costantino Sereno, attivo anche per la Rocca Medievale: secondo il Catalogo ufficiale realizzò difatti due vetrate per il castello, una “policroma a figure” ed un'altra di dimensioni minori con lo stemma degli “Challand [sic]”138. Nelle descrizioni del Vayra e del D’Andrade in realtà tali opere non sono
citate, è anzi assente qualunque riferimento alla collaborazione del Sereno: le vetrate si dovrebbero difatti a Pietro Guglielmi – quelle presenti nella Sala baronale, nella Stanza da letto e della Cappella – ed a Gaetano Tubino, relativamente all’Oratorio privato. Eppure, oltre ad essere citato dal Catalogo ufficiale nella sezione della Rocca, l’artista è presente nell’elenco di espositori e fornitori rinvenuto presso l’Archivio Storico dei Musei Civici, dove si è rintracciata anche la sua scheda di partecipazione139. Secondo tali fonti sembrerebbe che il
Sereno avesse presentato solo una vetrata – a differenza di quanto riportato dal catalogo dell’esposizione – “stile secolo XV”, destinata all’Oratorio; le pubblicazioni dell’epoca attribuiscono però la finestra presente in tale stanza al Tubino, il quale avrebbe fornito solo le vetrate della Cappella, mentre a Gugliemi si dovrebbero quelle della Sala da pranzo, della Cappella e della Sala Baronale140. Un’ulteriore versione è avanzata dallo Stella, il quale, nel
profilo biografico di Costantino Sereno, gli attribuisce la vetrata tratta dai sopracitati vetri di Pietro Vaser conservati presso il Museo Civico di Torino141. I bombardamenti che nel 1943
interessarono il Borgo Medievale non hanno sicuramente agevolato la corretta attribuzione delle vetrate, andate completamente distrutte ed attualmente sostituite da copie più o meno simili.
Ciò che interessa in realtà, al di là delle questioni legate all’individuazione delle opere del Sereno, è la partecipazione dell’artista all’impresa del Borgo con un lavoro neomedievale, ispirato al Quattrocento. Oltre a questa commissione risulta presente all’Esposizione Generale, all’interno della divisione “Industrie manifatturiere” – per la classe “Ceramica e vetraria” –, con alcuni dipinti “su vetro e su specchio”: ovviamente con la prima espressione
138 Cfr. L’Esposizione Generale Italiana, cit., 1884, p. 3; si veda inoltre l’Appendice documentaria.
139 Si vedano A.S.M.C.T., C.B.M. 27, Sezione storia dell’arte. Schede espositori – Fornitori ed Espositori; ivi, Piccole schede.
140 A.S.M.C.T., C.B.M. 27, Sezione storia dell’arte. Schede espositori – Fornitori ed Espositori.
141 “[…] all’Esposizione Nazionale del 1884 ne diede un bellissimo saggio [dell’arte vetraria], riproducendo, per la cappella del castello medioevale, una vetrata del XV secolo il cui originale si trova nel nostro Museo Civico”. STELLA, 1893, p. 126.
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erano intese le vetrate eseguite con la tecnica della pittura a smalto, metodo ampiamente diffuso nel corso dell’Ottocento142.
Il Catalogo ufficiale non fornisce altre notizie sulle opere presentate dal Sereno, così come è assente qualunque riferimento alla sua produzione nei periodici coevi all’evento; tuttavia, alla luce dell’attività svolta dall’artista è molto probabile che abbia esposto alcune vetrate di gusto medievaleggiante. La figura del Sereno è difatti nota in ambito piemontese nel campo della pittura: formatosi all’Accademia Albertina di Torino negli anni Quaranta dell’Ottocento, si occupava principalmente di pittura sacra o ispirata a temi tipici del Romanticismo storico, sia nelle opere su tela che nei cicli affrescati; in alcuni casi fu richiesta la sua opera in occasione di interventi di restauro di chiese medievali, come per il cantiere del Duomo di Casale, affidato nel 1858 ad Edoardo Arborio Mella143.
Alla sua attività pittorica, il Sereno affiancò progressivamente altre professioni, tra cui quella di maestro di mosaici – fornì il disegno per la decorazione della chiesa di San Secondo a Torino – e vetratista, progettando opere per numerose commissioni pubbliche, tra cui si ricordano quelle per Santa Maria Ausiliatrice ed il Duomo di Pinerolo144. Anche in tale campo
doveva godere di una discreta notorietà, se si considera che nel 1889 realizzò le finestre della basilica del Sacro Cuore a Roma e fu incaricato del restauro della vetrata di scuola gaudenziana della parrocchiale di Rocapietra presso Varallo Sesia, oltre alla sopracitata collaborazione con il D’Andrade per la Rocca del Valentino145.
Considerando l’impronta stilistica della produzione dell’artista, ispirata in linea di massima ad un certo neomedievalismo, non privo di reinterpretazioni in chiave purista, sembra quanto meno logico ipotizzare che almeno una parte delle vetrate esposte dal Sereno nel 1884 fossero riferibili a tale stile, soprattutto se si considera lo stretto legame che tale tecnica aveva con il Medioevo.
142 L’Esposizione Generale Italiana, cit., 1884, p. 607; si rimanda all’Appendice documentaria. 143
Su Costantino Sereno (1829-1893) cfr. STELLA, 1893, pp. 124-128; DE GUBERNATIS, 1906, p. 470; A. M. BESSONE AURELJ, Dizionario dei pittori italiani, Città di Castello 1915 [1947], p. 495; THIEME, BECKER, vol. XXX, 1936, p. 507; Dizionario enciclopedico Bolaffi, cit., 1972-1976, vol. X, p. 274; D’AGOSTINO, Cinquant’anni di fervente attività: per una biografia dell’artista, in G. MAZZA, C. SPANTIGATI (a cura di), Costantino Sereno a Casale: i cartoni della Cattedrale di Sant’Evasio, cat. della mostra, Casale Monferrato 1990, pp. 7-22; C. THELLUNG, Costantino Sereno, in La pittura in Italia, cit., 1991, tomo secondo, p. 1022; SILVESTRI, 2006, p. 219 n.
144 STELLA, 1893, p. 127; BESSONE AURELJ, 1915, p. 495; D’AGOSTINO, 1990, p. 16. 145 D’AGOSTINO, 1990, pp. 16-17; SLVESTRI, 2006, p. 219 n.
165 Tav. 1. Giusto di Ravensburg, Annunciazione, particolare. Genova, Santa Maria di Castello.
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Esposizione Mondiale Vaticana (1888).
Diciotto anni dopo l’Esposizione romana delle opere di ogni arte eseguite pel culto cattolico Roma fu teatro di un evento analogo, volto a celebrare il giubileo sacerdotale di Leone XIII, eletto pontefice dopo la morte di Pio IX. Il lasso di tempo intercorso tra le due mostre vide una progressiva evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa: il Papa si rivelò difatti meno intransigente del suo predecessore, anche se non abrogò il Non expedit di Pio IX. Roma era inoltre ancora in fermento per il nuovo ruolo di capitale del Regno, e proprio intorno al suo modello – urbanistico, ma non solo – si incentravano dibattiti ed iniziative1.
Il giubileo sacerdotale del pontefice sembra in realtà costituire quasi un pretesto per mostrare alla città ed al mondo intero l’importanza che ancora aveva il Papa, celebrato dai doni di tutta la cristianità, nonostante la perdita del potere temporale. Come rilevato dalla Fedeli Bernardini, la mostra celebrava la figura di Leone XIII sia come capo religioso che in quanto “capo di stato spodestato”, ancora legato al ruolo di Papa prigioniero già proclamato dal suo predecessore, Pio IX2. A confermare i rapporti tesi tra la Chiesa ed il neonato Stato italiano è l’assenza di doni da parte di Umberto I, mentre l’evento vide la partecipazione dei governanti delle principali potenze del mondo, anche dei paesi non cristiani: la regina d’Inghilterra, i sovrani del Portogallo, gli imperatori del Brasile,il sultano della Turchia, l’impero austro- ungarico, perfino l’imperatore del Giappone erano presenti all’esposizione tramite i loro doni3.
Rispetto all’edizione precedente l’esposizione sembra godere di una migliore organizzazione: vi è un apposito comitato promotore dell’iniziativa – la “Commissione promotrice delle Feste e dell’Esposizione Vaticana” – e le relative pubblicazioni dell’epoca – periodiche e non – sono più numerose, così come gli espositori. Caratteristica esclusiva dell’evento è la dimensione puramente celebrativa del pontefice: tutti gli oggetti esposti sono difatti doni recati al Papa, destinati ad entrare in seguito nelle collezioni museali del Vaticano o ad essere riutilizzati per l’arredo dei Palazzi Vaticani. Una parte degli oggetti offerti sarà invece inviata
1 Sulla situazione romana dopo l’annessione al Regno d’Italia si veda M. MANIERI ELIA, Roma capitale:
strategie urbane e uso delle memorie, in A. CARACCIOLO (a cura di), Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità ad oggi. Il Lazio, Torino 1991, pp. 513-560; R. MORELLO, Alla ricerca di un’identità: operai e sviluppo economico nella capitale (1870-1910), ivi, pp. 43-82.
2 F. FEDELI BERNARDINI, L’esposizione vaticana del 1888, in EAD. (a cura di), La Reggia dei Volsci, cat. della mostra, Roma 2006, p. 199.
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da Leone XIII a chiese e comunità religiose di tutt’Italia. Poiché le opere esposte sono donate al pontefice, nella quasi totalità dei casi si tratta di oggetti eseguiti su commissione; probabilmente per tale motivo i periodici legati all’esposizione si concentrarono in particolar modo sull’identità del donatore, tralasciando in alcuni casi persino il nome dell’autore dell’opera, considerato di fatto un mero esecutore4
.
Un’ulteriore differenza dagli altri eventi indagati è costituita dalla mancata commercializzazione dei prodotti esposti: essi erano difatti doni recati al Pontefice, il quale in seguito scelse se conservarli in sede – una parte è attualmente conservata presso le Sacrestie Papali – o donarli a chiese o altri luoghi di culto. A differenza delle Esposizioni Generali indagate finora, in questo caso si è potuta facilmente individuare buona parte degli oggetti presentati all’esposizione, ancora conservati presso il Vaticano. Naturalmente, considerata l’identità del personaggio a cui erano offerti i doni, si trattava nella maggior parte dei casi di opere di uso religioso, per le quali era tendenzialmente privilegiato lo stile neomedievale, o “ogivale”, come anche il bizantino, quantomeno secondo le pubblicazioni dell’epoca. Considerato il cospicuo numero di oggetti rispondenti ai canoni della presente ricerca, si è scelto di concentrarsi sulle opere le cui riproduzioni sono state pubblicate dai periodici ottocenteschi o da recenti studi, rimandando per le altre all’Appendice documentaria5
.
4 Sulla dimensione celebrativa del dono a Leone XIII e, più in generale, sull’Esposizione Vaticana, si veda FEDELI BERNARDINI, 2006, pp. 197-212.
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